SINIBALDO
Forumer attivo
1° Parte
Le società si affollano di consiglieri indipendenti. Solo a parole.
Tra loro Della Valle, Montezemolo, Grande Stevens e Gnutti.
___________________________________________________________
Ci sono quelli in carriera come Sergio Marchionne, che ha smesso gli abiti da consigliere indipendente della Fiat per diventare amministratore
delegato del gruppo torinese.
Poi abbiamo i padroni mascherati.
E' il caso di Diego Della Valle, che riesce a conciliare il ruolo di promotore del sindacato di controllo della Bnl con quello di amministratore
indipendente della banca romana.
E che dire di Franzo Grande Stevens?
Il professionista di fiducia della famiglia Agnelli figura nel board della Campari come consigliere indipendente.
Proprio lui che l’anno scorso ha incassato dall’azienda del bitter la bellezza di 1,2 milioni di euro come parcelle per consulenze legali.
Tre esempi tra i tanti per dimostrare che non sempre l’etichetta di indipendente corrisponde a quanto il mercato si attenderebbe
da questa particolare figura di amministratore.
E pensare che in Italia, ma anche all’estero, i gruppi quotati,
grandi e meno grandi, fanno a gara per dimostrare agli investitori che nei loro consigli di amministrazione abbondano professionisti e manager al di sopra delle parti.
Nomi importanti, a volte.
Professori universitari o commercialisti chiamati a vigilare sul rispetto delle regole di buona gestione garantendo al mercato una maggiore
autonomia di giudizio rispetto agli altri amministratori, che invece sono
espressione dei soci di controllo.
L‘onda lunga degli scandali finanziari, dalla Enron americana fino alla Parmalat nostrana, ha provocato un soprassalto di attenzione da parte degli investitori sulle questioni della cosiddetta corporate governance, cioè le regole di gestione societaria.
Per l’Italia è una novità.
Giusto l’anno scorso Calisto Tanzi era riuscito
a nominare il suo braccio destro Faustino Tonna nel comitato di controllo
del gruppo di Collecchio.
Come dire: controllore di se stesso.
Tra gli operatori di Borsa nessuno aveva fatto una piega.
Adesso il clima è cambiato.
AI punto che si è aperta una nicchia di mercato ad hoc per una grande società internazionale come Protiviti, appena sbarcata in Italia
proprio per fornire consulenza alle azieiide in tema di corporate governance.
Anche la politica ha colto il passaggio di stagione.
Il disegno di legge sul risparmo, che tornerà in discussione in Parlamento, prevede importanti novità in tema di nomine e responsabilità degli amministratori.
E, se Roma tarda a passare dalle parole ai fatti, sarà Bruxelles a richiamarla all’ordine.
Ai primi d’agosto, infarti, la Commissione europea ha pubblicato una bozza di raccomandazione con le linee guida sulla qualifica di concorporate
governance.
I governi nazionali saranno poi chiamati a rendere conto alla Commissione delle iniziative adottate per adeguarsi ai principi sanciti dall' Unione.
Nel frattempo, molte aziende quotate si sono già mosse.
E così, di recente, Marco Tronchetti Provera ha chiamato nel board di Telecom Italia l’ex commissario Consob Marco Onado, insieme al manager
Domenico De Sole, che ha da poco lasciato il timone della Gucci.
Alla Ras invece è approdato il giornalista Ferruccio de Bortoii, fino all’anno scorso direttore del “Corriere della Sera”.
In casi come questi il prestigio dei nomi garantisce quantomeno un ritorno d'immagine per l'azienda.
Peccato che, a ben guardare, tutto rischia di risolversi in un'abile operazione di marketing.
La qualifica di consigliere indipendente ormai è diventata un grande ombrello che copre situazioni diversissime tra loro.
Del resto la valutazione dei requisiti di indipendenza spetta agli stessi consigli di amministrazione, sulla base di un codice di autodisciplina
fissato a suo tempo proprio da un gruppo di esperti designati dalle
aziende quotate e adottato dalla Borsa italiana.
Insomma ogniuno è giudice di se stesso.
Risultato finale: ogni società riesce a piegare le regole in base alle
proprie esigenze. (l'Espresso)
(continua)
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SINIBALDO
Le società si affollano di consiglieri indipendenti. Solo a parole.
Tra loro Della Valle, Montezemolo, Grande Stevens e Gnutti.
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Ci sono quelli in carriera come Sergio Marchionne, che ha smesso gli abiti da consigliere indipendente della Fiat per diventare amministratore
delegato del gruppo torinese.
Poi abbiamo i padroni mascherati.
E' il caso di Diego Della Valle, che riesce a conciliare il ruolo di promotore del sindacato di controllo della Bnl con quello di amministratore
indipendente della banca romana.
E che dire di Franzo Grande Stevens?
Il professionista di fiducia della famiglia Agnelli figura nel board della Campari come consigliere indipendente.
Proprio lui che l’anno scorso ha incassato dall’azienda del bitter la bellezza di 1,2 milioni di euro come parcelle per consulenze legali.
Tre esempi tra i tanti per dimostrare che non sempre l’etichetta di indipendente corrisponde a quanto il mercato si attenderebbe
da questa particolare figura di amministratore.
E pensare che in Italia, ma anche all’estero, i gruppi quotati,
grandi e meno grandi, fanno a gara per dimostrare agli investitori che nei loro consigli di amministrazione abbondano professionisti e manager al di sopra delle parti.
Nomi importanti, a volte.
Professori universitari o commercialisti chiamati a vigilare sul rispetto delle regole di buona gestione garantendo al mercato una maggiore
autonomia di giudizio rispetto agli altri amministratori, che invece sono
espressione dei soci di controllo.
L‘onda lunga degli scandali finanziari, dalla Enron americana fino alla Parmalat nostrana, ha provocato un soprassalto di attenzione da parte degli investitori sulle questioni della cosiddetta corporate governance, cioè le regole di gestione societaria.
Per l’Italia è una novità.
Giusto l’anno scorso Calisto Tanzi era riuscito
a nominare il suo braccio destro Faustino Tonna nel comitato di controllo
del gruppo di Collecchio.
Come dire: controllore di se stesso.
Tra gli operatori di Borsa nessuno aveva fatto una piega.
Adesso il clima è cambiato.
AI punto che si è aperta una nicchia di mercato ad hoc per una grande società internazionale come Protiviti, appena sbarcata in Italia
proprio per fornire consulenza alle azieiide in tema di corporate governance.
Anche la politica ha colto il passaggio di stagione.
Il disegno di legge sul risparmo, che tornerà in discussione in Parlamento, prevede importanti novità in tema di nomine e responsabilità degli amministratori.
E, se Roma tarda a passare dalle parole ai fatti, sarà Bruxelles a richiamarla all’ordine.
Ai primi d’agosto, infarti, la Commissione europea ha pubblicato una bozza di raccomandazione con le linee guida sulla qualifica di concorporate
governance.
I governi nazionali saranno poi chiamati a rendere conto alla Commissione delle iniziative adottate per adeguarsi ai principi sanciti dall' Unione.
Nel frattempo, molte aziende quotate si sono già mosse.
E così, di recente, Marco Tronchetti Provera ha chiamato nel board di Telecom Italia l’ex commissario Consob Marco Onado, insieme al manager
Domenico De Sole, che ha da poco lasciato il timone della Gucci.
Alla Ras invece è approdato il giornalista Ferruccio de Bortoii, fino all’anno scorso direttore del “Corriere della Sera”.
In casi come questi il prestigio dei nomi garantisce quantomeno un ritorno d'immagine per l'azienda.
Peccato che, a ben guardare, tutto rischia di risolversi in un'abile operazione di marketing.
La qualifica di consigliere indipendente ormai è diventata un grande ombrello che copre situazioni diversissime tra loro.
Del resto la valutazione dei requisiti di indipendenza spetta agli stessi consigli di amministrazione, sulla base di un codice di autodisciplina
fissato a suo tempo proprio da un gruppo di esperti designati dalle
aziende quotate e adottato dalla Borsa italiana.
Insomma ogniuno è giudice di se stesso.
Risultato finale: ogni società riesce a piegare le regole in base alle
proprie esigenze. (l'Espresso)
(continua)
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