18°Puntata GUERRE TRA BANCHE...La Banca Vaticana !!!!!!!!!!!

SINIBALDO

Forumer attivo
18°Puntata

Gli affari sporchi .......... della banca vaticana !!!!!!!!!!!!!!!!

Un elemento fondamentale manca a completare, anche se sommariamente, il quadro della faccenda del banchiere Roberto Calvi: il ruolo del Vaticano.

Per quanto inattaccabile, grazie al diritto di extraterritorialità di cui gode, lo IOR, la banca vaticana, guidata al tempo da Monsignor Paul Casimir Marcinkus è risultata, a seguito di molte inchieste andatesi a schiantare sul più maestoso muro di gomma della storia, coinvolta in più crimini.

E non è solo storia passata. Il caso riportato alla ribalta dai quotidiani di tutto il mondo, in Italia dal settimanale l’Espresso, conferma che la finanza vaticana è a tutt’oggi gestita da personaggi senza scrupoli disposti a tutto pur di mantenere e accrescere il proprio potere.

Ripartiamo dalle origini.

Uno per tutti...

Ormai sono innumerevoli le investigazioni condotte da più parti che confermano al di là di ogni ragionevole dubbio che Sindona, Marcinkus e Calvi operarono in concerto al fine di raggiungere un obiettivo ben preciso: creare un polo finanziario cattolico capace di competere con la finanza laica internazionale.

E a ragione si può dire che ci riuscirono.

Il Banco Ambrosiano divenne, grazie anche all'insostituibile apporto della massoneria guidata da Licio Gelli e da Ortolani, una gigantesca macchina fabbrica soldi finalizzata al finanziamento dei più disparati progetti di potere in tutto il mondo.

L'obiettivo non è solo il mero accumulo di denaro, ma di disporne in quantità inimmaginabili e del tutto virtuali, per consentire ai controllori del sistema costituito, di orientare pensieri, guerre, alleanze, e traffici di ogni genere...

Forse per questa ragione, più di ogni altra, meritano l'appellativo de "i banchieri di Dio", perché i milioni di miliardi che gestiscono, sottraendoli illecitamente al popolo del mondo, li inebriano a tal punto da far sì che si arroghino il diritto di disporre della vita e della morte.

E' un malcostume radicato, sostiene Carlo Calvi. Purtroppo è molto peggio, è una strategia perfettamente ordita.

Torniamo ai fatti.

Fu Mussolini a dare il via al moderno impero vaticano. All’indomani dei patti lateranensi l'Italia, oltre a riconoscere al nuovo Stato "Città del vaticano" l'esenzione dalla tasse e dai dazi sulle merci importate, predispose un "risarcimento" per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito all’unità d’Italia.

L'Art. 1 lo quantifica nella "somma di 750 milioni di lire (e di ulteriori) azioni di Stato consolidate al 5 per cento al portatore per un valore nominale di un miliardo di lire".
(Alcune fonti riferiscono di un valore di azioni pari a 81 milioni di dollari al cambio del 1929). Una cifra complessiva, insomma che si aggirerebbe oggi attorno ai 2.000 miliardi delle vecchie lire.

Il giorno stesso papa Pio XI istituisce l'"Amministrazione speciale delle Opere di religione" per amministrare l'ingente patrimonio ereditato, e lo affida a Bernardino Nogara, che grazie alla sua abilità, la trasforma in un impero edilizio, industriale e soprattutto economico.

Tale istituzione diverrà IOR, Istituto per le opere religiose, nel 1942 per volontà di Pio XII che sancisce il varo di una vera e propria Banca vaticana, dotata di "un’autonoma personalità giuridica" allo scopo non più solo di raccogliere i beni della Santa Sede, bensì quello di amministrare il denaro e le proprietà cedute o affidate all’Istituto stesso da persone fisiche o giuridiche per fini di opere religiose e opere di pietà cristiana".

Benché la presidenza venga affidata al cardinale Alberto di Jorio, l’effettiva gestione rimane nelle mani di Nogara affiancato da un altro abilissimo finanziere: il principe Massimo Spada, noto avvocato e agente di cambio. Entrambi non si pongono alcuno scrupolo nel tipo di affari da concludere...

Nel 1967 lo IOR vantava già un ruolo determinante in Borsa, ma è anche l’anno in cui finisce per la banca vaticana l’esenzione totale dal pagamento delle tasse.

Infatti la nuova legislazione fiscale italiana dal dicembre del 1962 impone una tassazione fino al 30% sui profitti derivanti dai dividendi azionari, la Democrazia Cristiana fa scudo crociato al Vaticano, ma il Partito socialista (che sostiene il primo governo di centro-sinistra guidato da Aldo Moro) si oppone. Il Vaticano è tenuto a pagare.

Un bel danno per la Santa Sede che decide di esportare il suo patrimonio all'estero. Qui entra in scena Michele Sindona, già amico di Paolo VI per avergli curato gli affari quando Giovanni Battista Montini era arcivescovo di Milano.

Sindona gli aveva trovato terreni e fondi per l'edificazione della Casa della Madonnina, divenendo così il "consulente finanziario" della curia milanese che si sposta poi in blocco a Palazzo con l'elezione di Montini a papa.

Tanto che negli ambienti vaticani era stata ribattezzata "la mafia milanese" a causa delle amicizie poco raccomandabili del consulente esterno.

Sindona, del resto, che ha già esteso il suo raggio d'affari negli Stati Uniti dove ottiene uno strepitoso successo sui rotocalchi che contano, ha fatto le amicizie "giuste": il banchiere David M. Kennedy (presidente della Continental Illinois Bank, al quale Sindona cederà il 22% della sua Banca Privata Finanziaria), l'avvocato Richard Nixon e il boss mafioso italo-americano Joe Doto, noto all’FBI come "Joe Adonis", che affida al finanziere di Patti le sue più riservate e spericolate operazioni finanziarie.

Su incarico di Adonis, Sindona si reca a New York dove viene accolto dalla famiglia mafiosa di Don Vito Genovese, per il conto della quale, Sindona si occupa di creare i canali per il riciclaggio dei proventi illeciti di varia natura.

Era infatti già esperto di banche off-shore dove far transitare eurodollari esentasse: la soluzione giusta anche per le esigenze di Papa Montini.

Ad affiancare Sindona nelle varie operazioni dall’interno dello IOR Paolo VI sceglie il vescovo Paul Marcinkus, americano di origine lituana, amico personale del papa, nonché sua guardia del corpo. Il duo si diletta immediatamente in acrobazie finanziarie con la doppia finalità di fare miliardi e di evadere il fisco italiano.

E se come si dice, non c’è due senza tre, si unisce allo spericolata coppia un terzo personaggio: Roberto Calvi.

Il primo grande affare del trio ha inizio con la spartizione della società anonima Compendium, punto di partenza di una ragnatela societaria costituita dal scatole cinesi attraverso cui avvengono vorticosi passaggi di pacchetti azionari tra le varie off-shore.

Subito dopo viene fondata a Nassau, Bahamas, dalla Compendium stessa controllata dall’Ambrosiano, la Cisalpine Overseas Bank, un istituto di credito la cui presidenza viene affidata a Marcinkus.

Sindona ha un altro compito molto importante da portare avanti: riciclare i soldi della mafia. Tra i vari casi un esempio è l’affare Finambro in cui il finanziere ha a disposizione da "investire" 200 milioni di dollari di quegli anni, la cui provenienza è sconosciuta. Per "lavarli" vengono costituite società intestate a prestanome e a piccoli istituti di credito i cui capitali minimi aumentano improvvisamente e soprattutto vertiginosamente.

Coinvolti nell’affare ovviamente anche Calvi e Marcinkus, ma devono restare anonimi. Solo più avanti l’UIC (Ufficio Italiano Cambi) accerterà che la grossa capitalizzazione della Finambro era avvenuta grazie ai versamenti di una finanziaria lussemburghese: la Capisec Holding Sa, controllata dalla triade.

La particolare situazione dello IOR, dovuta proprio alla extraterritorialità dello Stato vaticano rispetto all’Italia, consentiva l’esportazione "legale" dei capitali italiani all’estero.

Le modalità sono spiegate da Sindona stesso nel libro Il mistero Sindona (Nick Tosches, Sugarco, Milano, 1986): "Tra il 1971 e il 1973 Sindona e Marcinkus arrivano a maneggiare obbligazioni falsificate di provenienza mafiosa per un miliardo di dollari.

Sarebbero state utili per realizzare una delle imprese più ardite di Sindona: il tentativo di impadronirsi della Bastogi, ossia della "Società Italiana per le strade ferrate meridionali", sempre in concerto con il prelato.

L’operazione fallì per motivi tuttora non chiariti, ma verosimilmente ricostruiti attraverso le investigazioni di due agenti dell’FBI e della testimonianza di Leopold Ledl, portaborse invischiato in un grosso affare di obbligazioni falsificate dalla mafia americana e commissionate dal Vaticano.

I giochi però, non possono durare per sempre; le rocambolesche speculazioni di Sindona cominciano ad insospettire le autorità tanto in Italia quanto negli Usa.

Come in un tragico domino con la crisi della DC in patria, lo scandalo Watergate in America ed una sfavorevole congiuntura generale che creano gravi problemi di liquidità per Sindona, crollano una per una le banche del finanziere: la Banca Privata, la cui liquidazione sarà affidata all’avvocato Giorgio Ambrosoli ucciso da un sicario mafioso su mandato di Sindona, la Franklin Bank negli Usa e la Finabank a Ginevra...

Marcinkus e Calvi corrono ai ripari per proteggere i loro capitali del dissesto del socio. Sindona vuole vendicarsi e, con una lettera firmata da un certo Cavallo alla Banca D’Italia, dà il via, forse anche al di là delle sue reali intenzioni, alla capitolazione del Banco Ambrosiano.

Ma ci vorrà ancora un po’ di tempo, perché mentre Sindona precipita l’unico referente rimasto per Marcinkus, Gelli e la mafia è proprio Roberto Calvi.

Il vento però è cambiato e a complicare la faccenda subentra la morte di Paolo VI, da molti considerato il vero e proprio ispiratore della triade Sindona-Marcinkus-Calvi.

Gli succede l’ex patriarca di Venezia, Albino Luciani, Giovanni Paolo II, inviso a Marcinkus e soprattutto per niente incline alle relazioni pericolose. Tra i suoi primi intenti quello di ripulire l’economia vaticana e l’immagine della Chiesa imbrattata dal fango dei vari scandali, compresa la pubblicazione sul settimanale "Op" diretto dal piduista Pecorelli della lista di quei prelati presuntamente affiliati alla massoneria.

Tra i vari nomi quello di Marcinkus. Tra le priorità di papa Luciani, quindi c’è sicuramente l’allontanamento del tanto discusso vescovo e degli altri "compagni d’avventura".

"Ci sono altri cambiamenti all’interno dello IOR che devono esser operati immediatamente - disse Luciani al segretario di Stato Jean Villot - Marcinkus, Mennini, De Strobel e Monsignor De Bonis devono essere sostituti.

Subito... Voglio che siano interrotti tutti i nostri rapporti con il Banco Ambrosiano, e ciò deve avvenire nell’immediato futuro".

La mattina del 29 settembre 1978, poche ore dopo il succitato colloquio, Giovanni Paolo I viene ritrovato morto.

Il mistero attorno alla sua scomparsa non è mai stato svelato poiché il cadavere, frettolosamente imbalsamato, non venne mai sottoposto ad autopsia.

Con l’elezione di Giovanni Paolo II tutto torna alla "normalità", infatti Marcinkus godeva di un certo favore presso papa Wojtyla.

Continuano quindi gli investimenti pericolosi tra l’Ambrosiano e lo IOR. Tra le tante attività, un miliardo e trecento milioni di dollari vengono investiti nel finanziamento dei regimi militari di Argentina, Uruguay e Paraguay; a sostegno degli scioperanti di Solidarnosc a Danzica; nell’acquisto di missili Exocet per la guerra nelle isole Falkland, per pagare tangenti ai politici e nei fondi neri pronti ad ogni evenienza.

Questi dati sono il frutto della ricerca condotta dal giudice Antonio Pizzi che fu il primo a formulare un atto d’accusa allo IOR per il concorso di Bancarotta fraudolenta verso il vertice della banca vaticana.

Fabrizio Rizzi nel suo libro Ambrosiano e Vaticano sintetizza così il documento del giudice Pizzi: """"""lo IOR, collaboratore occulto, canale chiave dei passaggi di denaro con operazioni fraudolente e distrattive che hanno distrutto il patrimonio della banca di Calvi"""".

In sostanza la struttura dell’Ambrosiano era così concepita: Milano era la capogruppo, all’estero, nei paradisi fiscali, la Holding del Lussemburgo, l’Overseas di Nassau (nel cui consiglio di amministrazione sedeva Marcinkus), il Banco Commercial di Managua e il Banco Andino operavano attraverso una ventina di società (le principali erano la Manic di Panama e Utc di Lussemburgo) dove venivano depositati o fatti transitare conti miliardari e titoli azionari.

I fondi giungevano in deposito diretti o "back to back", vale a dire attraverso un prestito delle banche internazionali.

In questo gioco acrobatico lo IOR "svolgeva la funzione di importante strumento operativo nella esecuzione della strategia gestionale dell’intero gruppo adottata dal vertice del Banco Ambrosiano" poiché come già accennato, sfruttava la sua posizione di "legalità", per consentire tali passaggi.

A conclusione si legge "L’esistenza di un legame tra IOR e Ambrosiano andava ben oltre i rapporti normalmente intercorrenti tra istituti di credito, essendo tale da giustificare le intestazione fiduciarie e i depositi fiduciari" il supporto di Marcinkus consenti alla banca di Calvi di "gestire delle risorse in modo diverso rispetto a quello apparente, con tutte le possibilità di abusi che queste situazioni comportano".

Ne consegue che la versione della Santa Sede di disconoscere le operazioni effettuate dalle consociate del Banco non può essere verosimile, le famose lettere di patronage sono una prova in tal senso.

Non appena uscito dal carcere Calvi deve far fronte, alla richiesta dei vertici delle consociate estere del Perù e del Nicaragua di poter coprire una parte dei debiti, solo per l’Andino si parla di 900 milioni di dollari.

E’ per questo che il banchiere riesce a farsi firmare alcune lettere in cui la banca vaticana ammette di controllare determinate società, ma Marcinkus, in cambio chiede a sua volta un impegno di Manleva, vale a dire lettere firmate da Calvi in cui questi "garantiva contestualmente che il Banco Ambrosiano Overseas Ltd sollevava lo IOR da ogni possibile conseguenza verso terzi originata dal rilascio delle lettere di patronage e che queste avrebbero avuto effetto solamente all’interno delle banche a cui erano state indirizzate.

Calvi si impegnava inoltre a operare in modo che l’indebitamento di tali società nei confronti del Banco Ambrosiano Andino e dell’Ambrosiano Group Banco Comercial venisse diminuito e che entro il 30 giugno 1982 venisse eliminato anche qualsiasi collegamento formale con lo IOR" (La storia del Banco Ambrosiano).

Con la firma di Marcinkus Calvi riesce a tamponare momentaneamente l’emorragia, ma la situazione andrà precipitando inesorabilmente.

Infatti le lettere di patronage si rivelano essere l’arma che affonda definitivamente il Banco nel giro di sei mesi.

Secondo gli inquirenti "le lettere sono la prova che lo IOR voleva supportare Calvi ad ogni costo, pur nella concreta prospettiva di un aggravamento traumatico della già pesantissima situazione patrimoniale"

Secondariamente, scrive ancora il giudice, "ai dirigenti dello IOR non poteva sfuggire il fine fraudolento della emissione delle lettere di patronage", quindi non è credibile la difesa dell’istituto vaticano che si professa "vittima di Calvi".

Non è concepibile, rincara Rizzi, visto che Marcinkus sedeva nel consiglio di amministrazione dell’Overseas di Nassau "che costituiva uno dei nodi nevralgici del sistema operativo" così come è assurdo pensare che lo IOR potesse ignorare il modus operandi di Calvi e le finalità da lui perseguite, in particolare, essendo intestatario della UTC, che muoveva miliardi di lire.

I commissari liquidatori del Banco hanno lasciato in proposito una nota "Appare improponibile l’ipotesi che lo IOR sia stato imbrogliato da Calvi mentre appare difficilmente contestabile che lo IOR fosse consapevole - se non a livello di singole operazioni, quanto meno a livello di insieme - che Calvi stava realizzando un costruzione di operazioni poco limpide".

Non ha dubbi dunque il giudice Prizzi quando chiede il rinvio a giudizio e spicca il mandato di cattura. "Al di là di ogni ragionevole perplessità vi sono sufficienti elementi di consapevolezza, precisi e inequivocabili pur nella contestabile complessità della vicenda" per dichiarare monsignore e i due dirigenti IOR "bancarottieri".

Al processo però Marcinkus, De Strobel e Mennini non arriveranno mai.

Infatti appellandosi all'Art. 11 del trattato del Laterano che esplicita la "non ingerenza negli affari degli enti centrali della chiesa", la quinta sezione della Corte di Cassazione decreta il diritto all’immunità........ di Marcinkus.

Dopo un lunghissimo braccio di ferro il 25 maggio 1984, a Ginevra, viene firmato l’accordo in base al quale il Vaticano versa ai creditori del Banco 240 miliardi di lire, ma nel documento si legge di un "contributo volontario" da parte della banca vaticana, motivandolo "unicamente in ragione della sua speciale posizione". Un atto di misericordia... chiosa il giornalista Mario Guarino.

Marcinkus rimarrà alla guida dello IOR fino al 19 giugno 1989 per poi ritornarsene nella natia Chigago.

Solo il 16 aprile 1992 il Tribunale di Milano comminerà pesanti pene detentive per la bancarotta fraudolenta dell'Ambrosiano.

...tutti per uno !!!!!!!!!!!!!!!!!

Merita veramente un capitolo a parte il legame tra mafia e vaticano. Un rapporto che come abbiamo visto avveniva attraverso diversi intermediari.

Sono moltissimi i collaboratori di giustizia, ex uomini d’onore per lo più appartenenti a Cosa Nostra, che hanno riferito nel corso di innumerevoli processi, del ruolo svolto da Sindona e Calvi nel riciclaggio degli immensi proventi illeciti frutto di vari traffici.

Il più confacente alla nostra inchiesta è senza dubbio il pentito Vincenzo Calcara, boss di Castel Vetrano, che, interrogato dai magistrati Luca Tescaroli e Anna Maria Monteleone per oltre sette ore, ha rivelato che il Presidente del Banco Ambrosiano era stato ucciso dalla mafia perché non aveva saputo gestire i miliardi che Cosa Nostra gli aveva affidato.

Poi ha aggiunto di aver portato due valigie con dieci miliardi di lire del boss della Cupola Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, oggi uno dei più ricercati e pericolosi latitanti di Cosa Nostra, a Roma a casa del notaio Salvatore Albano (che vantava tra i suoi clienti Frank Coppola e Luciano Liggio) da destinare a Calvi affinché li "investisse".

Infatti Calcara ricorda che proprio in quell’occasione vide salire nell’abitazione del professionista, in via Cassia a Roma, il Presidente dell’Ambrosiano e Monsignor Marcinkus. "Ho già scontato le mie condanne, non sono più sotto protezione e non ne voglio e se parlo - ha voluto sottolineare ai due pm - è una questione di coscienza e lealtà verso la giustizia e per chi è morto per essa"........!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Il riferimento è al giudice Paolo Borsellino a cui Calcara fece per primo il nome del notaio Albano, ma non verbalizzò e non scese nei particolari poiché il tenente Canale, stretto collaboratore del giudice lo dissuase "mi disse di non rendere dichiarazioni sul trasferimento del denaro ad Albano, sulla presenza di Calvi, sul trasporto in Calabria di kalashnikov e sul fatto che ero un uomo d’onore riservato", in sostanza, spiega " di non parlare di argomenti di cui non potevo dare i riscontri perché, altrimenti, sarei finito ai pesci......... e quelle dichiarazioni si sarebbero rivoltate contro di me". (Il tenente Canale è sotto processo a Palermo per associazione mafiosa).

A conferma di quanto da lui sostenuto il pentito cita anche le dichiarazioni di un altro mafioso di spicco, Giuseppe (?) Lucchese, reggente del mandamento di Ciaculli, il quale gli disse "che c’erano anche altre persone, oltre ad Albano, che intrattenevano rapporti finanziari per conto di Cosa Nostra con Calvi. Non mi fece i nomi".

Il 31 dicembre 1989 il giornale inglese "Sunday Correspondent" titola "Noriega ricatta il Vaticano?"

E' lo scrittore Mario Guarino a riproporre il caso.

Nell’articolo si prospetta che il Vaticano possa offrire al dittatore panamense (ricercato per traffico internazionale di cocaina) la possibilità di sfuggire alle autorità Usa. La motivazione sarebbe da ricercarsi nel fatto che Noriega riciclava i capitali del narcotraffico anche tramite la Bellatrix, società appartenente al trio Sindona, Marcinkus e Calvi.

La secca reazione della Santa sede affidata al portavoce Joaquin Navarro Valls, è apparsa piuttosto debole, scrive l’Espresso che ha riportato la notizia.....................

(continua)

SINIBALDO
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto