SINIBALDO
Forumer attivo
1° PARTE:
http://www.investireoggi.it/forum/viewtopic.php?t=21317&sid=1a39e0876643a5ec0142c2f7ca62d062
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«Il vero problema non è se esistano risorse sufficienti sul terreno, ma se queste risorse siano in grado di arrivare alla pompa di benzina sotto casa».
Non bastasse, non è possibile neanche intervenire sulla domanda, come accadeva in passato.
«Negli anni Settanta usavamo il petrolio anche per riscaldare le case.
Quando si alzarono i prezzi, passammo al gas» ricorda Birol.
«Oggi non abbiamo alternativa. Nel serbatoio delle auto non possiamo mettere né carbone né vento».
Particolarmente a rischio, l'Europa.
«Nel Vecchio continente assistiamo a due tendenze: l'aumento della domanda e il crollo della produzione.
La differenza deve essere importata da altri continenti.
E questa è una cattiva notizia, perché non sono molti i produttori che possono aumentare la produzione: l'Arabia Saudita, l'Iran, l'Iraq, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, la Russia e alcuni paesi del mar Caspio.
Nel resto del mondo è rimasto ben poco: nel mare del Nord, negli Usa e in Nigeria la produzione sta crollando».
Un'emergenza percepita anche in Italia, che nel novembre 2007 ospiterà a Roma il congresso del World energy council.
Vie d'uscita?
Birol è categorico.
«Le nazioni consumatrici non hanno scelta: devono cambiare rotta.
E introdurre nuove politiche energetiche. In sostanza, possono aumentare l'efficienza delle auto, cercare fonti alternative (come l'etanolo e l'idrogeno) e incoraggiare i trasporti pubblici».
Ma se ne parla da decenni... «Oggi è diverso.
Devo dire che, per la prima volta, vedo una seria volontà politica: al momento, in tutto il mondo sono in discussione 1.200 linee di condotta energetiche, che vanno dall'aumento delle energie rinnovabili all'incremento degli ecocarburanti.
Nel nostro rapporto in uscita a novembre c'è uno scenario su come cambiare i sistemi energetici, nell'ambito di uno sviluppo sostenibile».
E salverà il mondo dalla catastrofe?
«Migliorerà la situazione, perché ridurrà la domanda e quindi i prezzi. Se le nostre indicazioni verranno recepite, si potrà conseguire un risparmio energetico del 16 per cento nei prossimi 20 anni».
Eppure c'è anche qualche voce ottimista: Leonardo Maugeri, direttore strategico dell'Eni, per esempio.
«L'alto costo attuale è la conseguenza dei prezzi bassi che per quasi due decenni hanno scoraggiato la ricerca e lo sviluppo di nuovi giacimenti» ha scritto.
«Se l'attuale ciclo di investimenti continuerà, entro il 2010 la capacità produttiva mondiale di petrolio potrebbe crescere di 12-15 milioni di barili al giorno, ben più di quanto sembra destinata a crescere la domanda».
Ma nuovi investimenti e rigide politiche energetiche basteranno per scongiurare l'avvento della nuova guerra fredda?
Gli scettici sono numerosi.
Ma c'è anche chi va oltre.
E parla di terza guerra mondiale.
In Francia, l'editore First ha appena pubblicato un libro che annuncia una guerra imminente fra Pechino e Washington: Chine-Usa.
La guerre programmée.
«Una nuova guerra fredda è inverosimile» scrive l'autore, l'analista geopolitico Jean-François Susbielle.
«Perché la Cina non dispone della forza di dissuasione necessaria per stabilire un equilibrio basato sul terrore.
Un conflitto aperto è l'ipotesi più probabile».(di E.Burba)
(FINE)
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SINIBALDO
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«Il vero problema non è se esistano risorse sufficienti sul terreno, ma se queste risorse siano in grado di arrivare alla pompa di benzina sotto casa».
Non bastasse, non è possibile neanche intervenire sulla domanda, come accadeva in passato.
«Negli anni Settanta usavamo il petrolio anche per riscaldare le case.
Quando si alzarono i prezzi, passammo al gas» ricorda Birol.
«Oggi non abbiamo alternativa. Nel serbatoio delle auto non possiamo mettere né carbone né vento».
Particolarmente a rischio, l'Europa.
«Nel Vecchio continente assistiamo a due tendenze: l'aumento della domanda e il crollo della produzione.
La differenza deve essere importata da altri continenti.
E questa è una cattiva notizia, perché non sono molti i produttori che possono aumentare la produzione: l'Arabia Saudita, l'Iran, l'Iraq, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, la Russia e alcuni paesi del mar Caspio.
Nel resto del mondo è rimasto ben poco: nel mare del Nord, negli Usa e in Nigeria la produzione sta crollando».
Un'emergenza percepita anche in Italia, che nel novembre 2007 ospiterà a Roma il congresso del World energy council.
Vie d'uscita?
Birol è categorico.
«Le nazioni consumatrici non hanno scelta: devono cambiare rotta.
E introdurre nuove politiche energetiche. In sostanza, possono aumentare l'efficienza delle auto, cercare fonti alternative (come l'etanolo e l'idrogeno) e incoraggiare i trasporti pubblici».
Ma se ne parla da decenni... «Oggi è diverso.
Devo dire che, per la prima volta, vedo una seria volontà politica: al momento, in tutto il mondo sono in discussione 1.200 linee di condotta energetiche, che vanno dall'aumento delle energie rinnovabili all'incremento degli ecocarburanti.
Nel nostro rapporto in uscita a novembre c'è uno scenario su come cambiare i sistemi energetici, nell'ambito di uno sviluppo sostenibile».
E salverà il mondo dalla catastrofe?
«Migliorerà la situazione, perché ridurrà la domanda e quindi i prezzi. Se le nostre indicazioni verranno recepite, si potrà conseguire un risparmio energetico del 16 per cento nei prossimi 20 anni».
Eppure c'è anche qualche voce ottimista: Leonardo Maugeri, direttore strategico dell'Eni, per esempio.
«L'alto costo attuale è la conseguenza dei prezzi bassi che per quasi due decenni hanno scoraggiato la ricerca e lo sviluppo di nuovi giacimenti» ha scritto.
«Se l'attuale ciclo di investimenti continuerà, entro il 2010 la capacità produttiva mondiale di petrolio potrebbe crescere di 12-15 milioni di barili al giorno, ben più di quanto sembra destinata a crescere la domanda».
Ma nuovi investimenti e rigide politiche energetiche basteranno per scongiurare l'avvento della nuova guerra fredda?
Gli scettici sono numerosi.
Ma c'è anche chi va oltre.
E parla di terza guerra mondiale.
In Francia, l'editore First ha appena pubblicato un libro che annuncia una guerra imminente fra Pechino e Washington: Chine-Usa.
La guerre programmée.
«Una nuova guerra fredda è inverosimile» scrive l'autore, l'analista geopolitico Jean-François Susbielle.
«Perché la Cina non dispone della forza di dissuasione necessaria per stabilire un equilibrio basato sul terrore.
Un conflitto aperto è l'ipotesi più probabile».(di E.Burba)
(FINE)
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