SINIBALDO
Forumer attivo
Ciao Mauro,
ti leggo sempre con simpatia e attenzione e nel tuo 3d:
"I grandi debitori" a mio parere il problema è stato affrontato partendo
per la "tangente" senza arrivare al........ "centro" delle cause che hanno prima prodotto e poi determinata............. l'attuale situazione !!!!!!!!!!!!!!
Se leggi attentamente e con riflessione queste puntate ti accorgi che gli "attori" di..........questo "scenario" sono il risultato di quei tempi passati !!!!!!!!!!!!!!
SINIBALDO
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1°Puntata: http://www.investireoggi.it/forum/viewtopic.php?t=16898&highlight=
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3°Puntata: http://www.investireoggi.it/forum/viewtopic.php?t=16935&highlight=
[LINK:fe5503ce9c]4°Puntata:http://www.investireoggi.it/forum/viewtopic.php?t=16962&highlight=
5°Puntata:http://www.investireoggi.it/forum/viewtopic.php?t=16978&highlight=[/LINK:fe5503ce9c]_______________________________________________________
Siena, Ds contro i Ds
Si scopre che Stefano Ricucci, lo scalatore di Rcs, piace anche al segretario Ds Piero Fassino, che il 7 luglio dichiara al Sole 24 ore:
«Non c’è un’attività imprenditoriale che sia pregiudizialmente migliore o peggiore di un’altra. (...)
È tanto nobile costruire automobili o essere concessionario di telefonia, quanto operare nel settore finanziario o immobiliare».
Gli risponde Andrea Pininfarina, vicepresidente della Confindustria:
«Non mi pare il caso di mettere sullo stesso piano, dal punto di vista dello sviluppo di tutto il Paese, chi fa impresa e chi di mestiere fa il raider finanziario».
Il 12 luglio dice la sua anche Mario Baccini, Udc, ministro della Funzione pubblica:
«Più industria, meno finanza», chiede in sostanza, affermando che quelli di Ricucci sono affari che sembrano «catene di Sant’Antonio, che non producono ricchezza».
Mentre Ricucci (sposo il 9 luglio) è sotto indagine penale e la sua trasparenza è vicina allo zero, Fassino sembra non vedere il problema:
«Spetta a Consob, Antitrust, Autorità delle comunicazioni, Vigilanza della Banca d’Italia garantire le regole, non a me», dice il segretario Ds.
Che concede la sua benedizione anche alla rischiosa scalata di Unipol su Bnl.
«Se le cooperative crescono, a me fa piacere», aggiunge Fassino.
Per conquistare Bnl, Giovanni Consorte, numero uno di Unipol, tratta con gli immobiliaristi del contropatto, che controllano il 27,5 per cento della banca romana.
Trattativa che si dimostra più lunga e complicata del previsto.
Consorte deve trovare i soldi, 2-2,5 miliardi di euro per un aumento di capitale, e realizzare cessioni che non intacchino i ratios della compagnia.
Poi deve ottenere i via libera delle autorità di controllo. E il tempo stringe: il 22 luglio terminerà l’opa su Bnl degli spagnoli di Bbva.
Sul fronte della scalata Antonveneta, gli olandesi di Abn Amro ottengono una proroga della loro opa tutta in contanti fino al 22 luglio.
Un comunicato di Bankitalia il 5 luglio difende il suo direttore centrale della Vigilanza, Francesco Frasca, indagato per non aver vigilato sulla scalata sotterranea della Popolare di Lodi.
Un comunicato non era stato stilato neppure quando la procura di Trani aveva indagato il governatore Antonio Fazio in persona, per il collocamento di prodotti MyWay e 4You.
Indagati dalla procura di Roma anche Giovanni Benevento e Gianpiero Fiorani (presidente e amministratore delegato della Popolare di Lodi, ora Bpi) per ostacolo all’attività di vigilanza.
Bankitalia non ha ancora dato il via libera all’opas di Fiorani su Antonveneta.
Gli analisti moltiplicano le domande sul modo con cui Fiorani ha ricostruito il patrimonio primario della sua banca, ipotizzando che le dismissioni (per 1,08 miliardi) siano prestiti mascherati.
Nel frattempo al Monte dei Paschi (Mps) arriva una doppia condanna, dal tribunale di Firenze e da quello di Brindisi, per mancata trasparenza
proprio sui prodotti finanziari MyWay e 4You dei tempi della Banca 121 di Vincenzo De Bustis, oggi alla Deutsche Bank Italia.
Mps questa volta sta fuori dalla partita, non sostiene Consorte e critica Fassino.
«Il Monte con Bnl», dichiara il sindaco di Siena Maurizio Cenni, «sarebbe stato una banca che per tre, quattro anni non avrebbe prodotto reddito».
E Giuseppe Mussari, presidente della Fondazione Montepaschi, dichiara, dubbioso, al Mondo:
«Il punto è capire se i capitali che sono derivati legittimamente dalla bolla immobiliare si tradurranno poi in iniziative imprenditoriali vere, capaci di produrre ricchezza nuova e reale».
«Compagno Ricucci» e Consorte
Che scandalo per quel «Compagno Ricucci»
Proteste, scuotimenti di teste, sorrisi di sufficienza.
Per dire cose simili, aveva dichiarato Massimo D’Alema, bisogna essere «stupidi o mascalzoni».
Ora che è partito l’assalto di Unipol a Bnl, quel «Compagno Ricucci» – che semplicemente poneva sul tappeto in modo giornalistico il problema della «finanza rossa» e dei suoi strani alleati – ha una sua consacrazione dai fatti.
In queste sei settimane abbiamo avuto ripetute dichiarazioni di Massimo D’Alema, Piero Fassino, Pierluigi Bersani e altri esponenti Ds in difesa
degli immobiliaristi, tanto costruire automobili vale quanto vendere case e poi Ricucci «non c’ha la rogna».
Qualcuno, saggiamente, ha ribattuto che il capitalismo non sarà questione di pedigree, ma di trasparenza sì. Inascoltato, mentre la Consob e
almeno tre Procure (Roma, Milano, Brescia) indagano proprio sulla scarsa trasparenza di Ricucci e compagni.
Ma che importa? «È tanto nobile costruire automobili o essere concessionario di telefonia, quanto operare nel settore finanziario o immobiliare», dice Fassino senza fare un plissé.
Così, sdoganata politicamente la «rude razza romana», alleata a geometria variabile con i «capitani coraggiosi» che tanto piacevano a
D’Alema fin dai tempi della scalata Telecom e con i «banchieri padani» stile Gianpiero Fiorani, ora la «finanza rossa» passa in prima linea e punta direttamente su Bnl.
Adesso chi continuava a chiedersi chi c’è dietro a Ricucci e chi gli ha dato i soldi, avrà finalmente una risposta:
«La finanza rossa», dice sorridendo un banchiere, indicando i 210 milioni di euro che saranno versati a Ricucci da Unipol.
La compagnia assicurativa guidata da Giovanni Consorte, infatti, pagherà complessivamente 1,2 miliardi di euro per il 27,5 per cento di azioni Bnl nelle mani del cosiddetto «contropatto degli immobiliaristi».
Così Ricucci, Francesco Gaetano Caltagirone, Giuseppe Statuto, Danilo Coppola, Vito Bonsignore e compagni di scalata avranno carburante per nuove avventure: l’assalto a Rcs? a Mediobanca? a Generali?
Se Ricucci ora conquisterà il Corriere, magari – chissà – per offrirlo a Berlusconi, sarà chiaro da quale Bicamerale sotterranea della finanza sarà nata la spartizione delle spoglie degli ex salotti buoni del capitalismo italiano in declino.
Ma questa è fantascienza, delirio complottista.
Più concreto è il meccanismo da cui l’assalto Unipol-Bnl nasce. C’è un’uguaglianza asimmetrica, nell’operazione.
Gli azionisti sono tutti uguali – come dice Fassino – quando si tratta di legittimare oscuri speculatori con soldi tirati fuori da chissà dove.
Non sono tutti uguali quando invece si tratta di pagare:
ci sono gli azionisti normali e gli azionisti furbi (quelli del «contropatto»), ricompensati con plusvalenze da favola.
Tanto le scalate, in Italia, non si fanno con le regole, ma con manovre di palazzo.
Come l’altra scalata, quella all’Antonveneta lanciata da Gianpiero Fiorani e dalla sua Popolare di Lodi diventata Banca popolare italiana (Bpi, la stessa sigla – guarda gli scherzi del destino – della Banca privata italiana di Michele Sindona).
Fiorani trova i soldi per andare alla conquista dell’istituto padovano con cessioni che sembrano tanto prestiti travestiti.
E con il parere negativo dei tecnici di Bankitalia (per assenza dei requisiti patrimoniali), superato d’imperio dal governatore Antonio Fazio.
L’Europa ci guarda e allibisce.
Saranno anche stranieri, gli olandesi dell’Abn-Amro e gli spagnoli del Banco di Bilbao, ma avevano fatto offerte pubbliche chiare e trasparenti, per Antonveneta e per Bnl, secondo le regole che sembravano vigenti in Italia.
Ora si sono accorti che le regole non sono uguali per tutti.
[b]Che in Italia è possibile fare scalate a debito, con cordate occulte, mentendo spudoratamente alle autorità di controllo e al mercato, potendo contare per di più sul sostegno di quello che dovrebbe essere l’arbitro (e cioè il governatore di Bankitalia). [/b]
Se il colpo riesce, i vincitori faranno pagare alle prede i costi della stangata.
Gli uomini nuovi della finanza italiana fanno così, così si muovono i Fiorani, i Consorte, i Ricucci, a cui piace il palcoscenico e lo show più che i conti e i bilanci.
Tanto per fare un esempio, Mario Gerevini spiega sul Corriere economia che il primo azionista della Popolare di Lodi (con il 4,1 per cento) è il fondo Victoria&Eagle, domiciliato alle Cayman.
Chi c’è dietro?
La stessa Popolare di Lodi, che ci ha investito 153,5 milioni di euro:
giochetti simili non li faceva un certo Roberto Calvi, nelle sue filiali andine?
Eppure i vertici del maggior partito della sinistra italiana non vedono nulla di strano in questa corsa senza regole a costruire il nuovo capitalismo nel Paese rimasto senza un Enrico Cuccia e in pieno declino industriale.
In questo quadro, perfino Marco Follini, segretario dell’Udc, riesce a dire una cosa saggia, replicando sul Sole 24 ore a Piero Fassino:
«Credo che ci sia un certo eccesso di zelo in una cultura politica che ha scoperto il mercato in tarda età e ha finito qualche volta per farsi affascinare dai suoi aspetti più ambigui e tortuosi».
Ma Consorte esulta, il mondo cooperativo è in tripudio, la sinistra è felice e si appresta così a entrare in campagna elettorale contro il partito-azienda di Silvio Berlusconi.
Colpo di scena, signore e signori, in questa grande storia italiana, anzi europea, di soldi, banche e potere:
lunedì 25 luglio la procura di Milano ha ordinato il sequestro d’urgenza del 40 per cento delle azioni Antonveneta in mano agli scalatori
(il Gianpiero Fiorani della Popolare di Lodi e altri sette suoi amiconi, tra cui il finanziere bresciano Chicco Gnutti e gli immobiliaristi romani Stefano Ricucci e Danilo Coppola). (G.B.)
(Continua)
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SINIBALDO
ti leggo sempre con simpatia e attenzione e nel tuo 3d:
"I grandi debitori" a mio parere il problema è stato affrontato partendo
per la "tangente" senza arrivare al........ "centro" delle cause che hanno prima prodotto e poi determinata............. l'attuale situazione !!!!!!!!!!!!!!
Se leggi attentamente e con riflessione queste puntate ti accorgi che gli "attori" di..........questo "scenario" sono il risultato di quei tempi passati !!!!!!!!!!!!!!
SINIBALDO
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Siena, Ds contro i Ds
Si scopre che Stefano Ricucci, lo scalatore di Rcs, piace anche al segretario Ds Piero Fassino, che il 7 luglio dichiara al Sole 24 ore:
«Non c’è un’attività imprenditoriale che sia pregiudizialmente migliore o peggiore di un’altra. (...)
È tanto nobile costruire automobili o essere concessionario di telefonia, quanto operare nel settore finanziario o immobiliare».
Gli risponde Andrea Pininfarina, vicepresidente della Confindustria:
«Non mi pare il caso di mettere sullo stesso piano, dal punto di vista dello sviluppo di tutto il Paese, chi fa impresa e chi di mestiere fa il raider finanziario».
Il 12 luglio dice la sua anche Mario Baccini, Udc, ministro della Funzione pubblica:
«Più industria, meno finanza», chiede in sostanza, affermando che quelli di Ricucci sono affari che sembrano «catene di Sant’Antonio, che non producono ricchezza».
Mentre Ricucci (sposo il 9 luglio) è sotto indagine penale e la sua trasparenza è vicina allo zero, Fassino sembra non vedere il problema:
«Spetta a Consob, Antitrust, Autorità delle comunicazioni, Vigilanza della Banca d’Italia garantire le regole, non a me», dice il segretario Ds.
Che concede la sua benedizione anche alla rischiosa scalata di Unipol su Bnl.
«Se le cooperative crescono, a me fa piacere», aggiunge Fassino.
Per conquistare Bnl, Giovanni Consorte, numero uno di Unipol, tratta con gli immobiliaristi del contropatto, che controllano il 27,5 per cento della banca romana.
Trattativa che si dimostra più lunga e complicata del previsto.
Consorte deve trovare i soldi, 2-2,5 miliardi di euro per un aumento di capitale, e realizzare cessioni che non intacchino i ratios della compagnia.
Poi deve ottenere i via libera delle autorità di controllo. E il tempo stringe: il 22 luglio terminerà l’opa su Bnl degli spagnoli di Bbva.
Sul fronte della scalata Antonveneta, gli olandesi di Abn Amro ottengono una proroga della loro opa tutta in contanti fino al 22 luglio.
Un comunicato di Bankitalia il 5 luglio difende il suo direttore centrale della Vigilanza, Francesco Frasca, indagato per non aver vigilato sulla scalata sotterranea della Popolare di Lodi.
Un comunicato non era stato stilato neppure quando la procura di Trani aveva indagato il governatore Antonio Fazio in persona, per il collocamento di prodotti MyWay e 4You.
Indagati dalla procura di Roma anche Giovanni Benevento e Gianpiero Fiorani (presidente e amministratore delegato della Popolare di Lodi, ora Bpi) per ostacolo all’attività di vigilanza.
Bankitalia non ha ancora dato il via libera all’opas di Fiorani su Antonveneta.
Gli analisti moltiplicano le domande sul modo con cui Fiorani ha ricostruito il patrimonio primario della sua banca, ipotizzando che le dismissioni (per 1,08 miliardi) siano prestiti mascherati.
Nel frattempo al Monte dei Paschi (Mps) arriva una doppia condanna, dal tribunale di Firenze e da quello di Brindisi, per mancata trasparenza
proprio sui prodotti finanziari MyWay e 4You dei tempi della Banca 121 di Vincenzo De Bustis, oggi alla Deutsche Bank Italia.
Mps questa volta sta fuori dalla partita, non sostiene Consorte e critica Fassino.
«Il Monte con Bnl», dichiara il sindaco di Siena Maurizio Cenni, «sarebbe stato una banca che per tre, quattro anni non avrebbe prodotto reddito».
E Giuseppe Mussari, presidente della Fondazione Montepaschi, dichiara, dubbioso, al Mondo:
«Il punto è capire se i capitali che sono derivati legittimamente dalla bolla immobiliare si tradurranno poi in iniziative imprenditoriali vere, capaci di produrre ricchezza nuova e reale».
«Compagno Ricucci» e Consorte
Che scandalo per quel «Compagno Ricucci»
Proteste, scuotimenti di teste, sorrisi di sufficienza.
Per dire cose simili, aveva dichiarato Massimo D’Alema, bisogna essere «stupidi o mascalzoni».
Ora che è partito l’assalto di Unipol a Bnl, quel «Compagno Ricucci» – che semplicemente poneva sul tappeto in modo giornalistico il problema della «finanza rossa» e dei suoi strani alleati – ha una sua consacrazione dai fatti.
In queste sei settimane abbiamo avuto ripetute dichiarazioni di Massimo D’Alema, Piero Fassino, Pierluigi Bersani e altri esponenti Ds in difesa
degli immobiliaristi, tanto costruire automobili vale quanto vendere case e poi Ricucci «non c’ha la rogna».
Qualcuno, saggiamente, ha ribattuto che il capitalismo non sarà questione di pedigree, ma di trasparenza sì. Inascoltato, mentre la Consob e
almeno tre Procure (Roma, Milano, Brescia) indagano proprio sulla scarsa trasparenza di Ricucci e compagni.
Ma che importa? «È tanto nobile costruire automobili o essere concessionario di telefonia, quanto operare nel settore finanziario o immobiliare», dice Fassino senza fare un plissé.
Così, sdoganata politicamente la «rude razza romana», alleata a geometria variabile con i «capitani coraggiosi» che tanto piacevano a
D’Alema fin dai tempi della scalata Telecom e con i «banchieri padani» stile Gianpiero Fiorani, ora la «finanza rossa» passa in prima linea e punta direttamente su Bnl.
Adesso chi continuava a chiedersi chi c’è dietro a Ricucci e chi gli ha dato i soldi, avrà finalmente una risposta:
«La finanza rossa», dice sorridendo un banchiere, indicando i 210 milioni di euro che saranno versati a Ricucci da Unipol.
La compagnia assicurativa guidata da Giovanni Consorte, infatti, pagherà complessivamente 1,2 miliardi di euro per il 27,5 per cento di azioni Bnl nelle mani del cosiddetto «contropatto degli immobiliaristi».
Così Ricucci, Francesco Gaetano Caltagirone, Giuseppe Statuto, Danilo Coppola, Vito Bonsignore e compagni di scalata avranno carburante per nuove avventure: l’assalto a Rcs? a Mediobanca? a Generali?
Se Ricucci ora conquisterà il Corriere, magari – chissà – per offrirlo a Berlusconi, sarà chiaro da quale Bicamerale sotterranea della finanza sarà nata la spartizione delle spoglie degli ex salotti buoni del capitalismo italiano in declino.
Ma questa è fantascienza, delirio complottista.
Più concreto è il meccanismo da cui l’assalto Unipol-Bnl nasce. C’è un’uguaglianza asimmetrica, nell’operazione.
Gli azionisti sono tutti uguali – come dice Fassino – quando si tratta di legittimare oscuri speculatori con soldi tirati fuori da chissà dove.
Non sono tutti uguali quando invece si tratta di pagare:
ci sono gli azionisti normali e gli azionisti furbi (quelli del «contropatto»), ricompensati con plusvalenze da favola.
Tanto le scalate, in Italia, non si fanno con le regole, ma con manovre di palazzo.
Come l’altra scalata, quella all’Antonveneta lanciata da Gianpiero Fiorani e dalla sua Popolare di Lodi diventata Banca popolare italiana (Bpi, la stessa sigla – guarda gli scherzi del destino – della Banca privata italiana di Michele Sindona).
Fiorani trova i soldi per andare alla conquista dell’istituto padovano con cessioni che sembrano tanto prestiti travestiti.
E con il parere negativo dei tecnici di Bankitalia (per assenza dei requisiti patrimoniali), superato d’imperio dal governatore Antonio Fazio.
L’Europa ci guarda e allibisce.
Saranno anche stranieri, gli olandesi dell’Abn-Amro e gli spagnoli del Banco di Bilbao, ma avevano fatto offerte pubbliche chiare e trasparenti, per Antonveneta e per Bnl, secondo le regole che sembravano vigenti in Italia.
Ora si sono accorti che le regole non sono uguali per tutti.
[b]Che in Italia è possibile fare scalate a debito, con cordate occulte, mentendo spudoratamente alle autorità di controllo e al mercato, potendo contare per di più sul sostegno di quello che dovrebbe essere l’arbitro (e cioè il governatore di Bankitalia). [/b]
Se il colpo riesce, i vincitori faranno pagare alle prede i costi della stangata.
Gli uomini nuovi della finanza italiana fanno così, così si muovono i Fiorani, i Consorte, i Ricucci, a cui piace il palcoscenico e lo show più che i conti e i bilanci.
Tanto per fare un esempio, Mario Gerevini spiega sul Corriere economia che il primo azionista della Popolare di Lodi (con il 4,1 per cento) è il fondo Victoria&Eagle, domiciliato alle Cayman.
Chi c’è dietro?
La stessa Popolare di Lodi, che ci ha investito 153,5 milioni di euro:
giochetti simili non li faceva un certo Roberto Calvi, nelle sue filiali andine?
Eppure i vertici del maggior partito della sinistra italiana non vedono nulla di strano in questa corsa senza regole a costruire il nuovo capitalismo nel Paese rimasto senza un Enrico Cuccia e in pieno declino industriale.
In questo quadro, perfino Marco Follini, segretario dell’Udc, riesce a dire una cosa saggia, replicando sul Sole 24 ore a Piero Fassino:
«Credo che ci sia un certo eccesso di zelo in una cultura politica che ha scoperto il mercato in tarda età e ha finito qualche volta per farsi affascinare dai suoi aspetti più ambigui e tortuosi».
Ma Consorte esulta, il mondo cooperativo è in tripudio, la sinistra è felice e si appresta così a entrare in campagna elettorale contro il partito-azienda di Silvio Berlusconi.
Colpo di scena, signore e signori, in questa grande storia italiana, anzi europea, di soldi, banche e potere:
lunedì 25 luglio la procura di Milano ha ordinato il sequestro d’urgenza del 40 per cento delle azioni Antonveneta in mano agli scalatori
(il Gianpiero Fiorani della Popolare di Lodi e altri sette suoi amiconi, tra cui il finanziere bresciano Chicco Gnutti e gli immobiliaristi romani Stefano Ricucci e Danilo Coppola). (G.B.)
(Continua)
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