Abolire le province

Fleursdumal

फूल की बुराई
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AVVISO AI NAVIGANTI
Primo: abolire le province
di Massimo Riva
Per rimettere in sesto la finanza pubblica serve un atto di coraggio. Una prova di buona volontà sarebbe l'abolizione di enti pubblici inutili e costosi


Ha detto Romano Prodi ai suoi ministri che a questo governo "serve il coraggio di stupire". È una formula ben trovata: a patto, naturalmente, che sia anche messa in pratica. Quest'anno, infatti, il passaggio dalle parole ai fatti - banco di prova cruciale per qualunque compagine di governo - s'annuncia di particolare difficoltà. Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti nella loro ritirata hanno avvelenato i pozzi della finanza pubblica, lasciandosi alle spalle un bilancio disastrato: tanto a livello di conti dello Stato centrale quanto per aver chiuso gli occhi sugli sfondamenti nei saldi degli enti locali.

Si fa presto a promettere o a reclamare un ritorno al rigore nel vasto arcipelago delle amministrazioni pubbliche. Ma descrivere il problema è ben più agevole che non indicarne la soluzione, perché si è di fronte a un sistema che sembra costruito apposta per moltiplicare le sue esigenze di cassa. Come prova il fatto che la spesa pubblica negli ultimi anni ha continuato a crescere indisturbata, a dispetto di tagli, tetti, plafonamenti e quant'altro espediente escogitato invano. Quindi, al di là delle pur necessarie manovre di tamponamento urgente che si dovranno fare presto, risulta indispensabile un'opera di revisione radicale del bosco della spesa pubblica: che va ridisegnato non tanto con la potatura di qualche ramo più o meno secco, quanto con l'abbattimento di interi alberi.

Un esempio concreto: a proposito dei guasti della finanza degli enti locali, si insiste ( per altro non senza buone ragioni) a dibattere sulla spesa di comuni e regioni, mentre - chissà perché? - nessuno si preoccupa delle province. Un'istituzione che sarebbe già dovuta scomparire al momento della nascita delle amministrazioni regionali e che, viceversa, ha conosciuto proprio nell'ultimo decennio una fortuna insperata e soprattutto largamente immotivata. Tanto che ne sono state create parecchie di nuove e numerose altre sono ancora reclamate in un delirio di localismo lontano da ogni buon senso nell'era di Internet.


Si è ormai arrivati ad avere un centinaio di province. Il che significa un centinaio di giunte, di consigli provinciali, di prefetture, di questure e così via, spendendo più soldi per funzioni che potrebbero essere tranquillamente assorbite nelle competenze degli enti minori o maggiori. Certo, abolire questi organismi non significa tagliare immediatamente gli oneri relativi a tutto il loro personale, che finirebbe a carico di comuni o regioni. Ma altrettanto di sicuro significa prosciugare in prospettiva una fonte di uscite altrimenti destinata, inevitabilmente, a caricare pesi sempre maggiori sul bilancio della pubblica amministrazione nel suo complesso.

Per un governo che ha annunciato di voler predisporre un Dpef (Documento di programmazione economica e finanziaria) sull'arco di un quinquennio, questo intervento radicale sulle province si presenta come un test eccellente della vera volontà di cambiare strada. Non solo: sarebbe anche un ottimo segnale per quelle agenzie di 'rating' che tengono sotto tiro l'andamento del nostro debito pubblico. Coraggio, presidente Prodi: ci stupisca.
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RIFORME: PROTESTA PROVINCE, LE MODIFICHE VANNO CONCORDATE
(ANSA) - ROMA, 11 SET - Le Province chiedono al governo di
dare uno stop alle voci che si stanno rincorrendo sul futuro
delle Province e di ripartire con un confronto "reale e
corretto" nel quale definire insieme quali riforme siano
davvero utili al Paese. A chiederlo è l'Ufficio di Presidenza
dell'UPI, riunito oggi a Siracusa per discutere della prossima
manovra finanziaria e di riassetto istituzionale.
"Qualunque processo di riforma istituzionale sottolinea il
presidente Fabio Melilli può essere avviato solo a partire
dall'assunto che le Province sono una parte essenziale ed
insostituibile del sistema istituzionale del nostro Paese. Se
questa è la considerazione di fondo, allora siamo pronti a
discutere delle possibili soluzioni per rendere più efficienti
e moderne le nostre amministrazioni".
L'Ufficio di Presidenza ha poi sottolineato la disponibilità
a lavorare insieme a governo e Parlamento per bloccare il
processo di proliferazione di nuove Province, un processo
rispetto al quale l'Upi ha sempre espresso la propria
contrarietà.
Chiarezza è stata chiesta anche sui possibili provvedimenti
per l'istituzione delle Città metropolitane. "Non c'é un
quadro chiaro da parte del governo su quante debbano essere le
città metropolitane né quali funzioni saranno chiamate a
svolgere dice il presidente Melilli - a parere dell'Upi
l'istituzione delle città metropolitane deve innanzitutto
riguardare Roma, Milano e Napoli, che rappresentano le tre
grandi aree metropolitane del Paese. Tutto possiamo fare meno
che aprire ad una proliferazione di nuovi enti poco funzionali
alle reali necessità dei territori e dei cittadini".
Quanto alla finanziaria, l'Upi, pur apprezzando la decisione
del governo di modificare il patto di stabilità interno, dando
seguito alle richieste delle Province di abbandonare il tetto di
spesa ritornando ai saldi, ribadisce la richiesta di arrivare a
definire una manovra che sia sostenibile per le Province e che
non impedisca alle amministrazioni di svolgere le loro funzioni
fondamentali. "Domani conclude il presidente Melilli
incontreremo il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa:
ci auguriamo che in questa sede si metta definitivamente la
parola fine alle indiscrezioni che si sono susseguite in questi
giorni e che si concordi un quadro chiaro e coerente del
contributo che saremo chiamati a dare per risanare il Paese e
partecipare attivamente allo sviluppo. Sul versante delle
eventuali riforme istituzionali, porteremo le nostre richieste
all'attenzione del ministro delle Regioni e delle Autonomie
locali, Linda Lanzillotta e del ministro dell'Interno, Giuliano
Amato, negli incontri che si svolgeranno nei prossimi giorni".
Su questi temi, l'Ufficio di Presidenza ha inoltre deciso di
convocare l'Assemblea dei Presidenti di Provincia, per martedì
19 settembre a Roma
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Conservatori di Provincia
di Massimo Riva
Dalla Valtellina alla Sicilia è esplosa una reazione indignata all'insegna del "giù le mani dalle Prefetture". Al centro delle proteste i temuti tagli della Finanziaria alla struttura amministrativa dello Stato


Tirare pomodori contro la Finanziaria del governo Prodi è diventato uno sport fin troppo facile. Anche perché ci sono ministri o viceministri, come il responsabile delle Finanze, Vincenzo Visco, che stanno facendo il possibile e l'impossibile per alimentare lo sconcerto e la protesta con continui mutamenti di rotta. L'Iva per i subappalti prima no e poi forse sì, la tassa di successione prima no e poi sì, le aliquote Irpef prima in un modo e poi in un altro. Non c'è dubbio che questo andirivieni fiscale sembra fatto apposta per regalare argomenti di dileggio alla platea degli interessi di volta in volta colpiti da questa o quella misura. Di correzioni alla Finanziaria in corso d'opera se ne sono sempre viste, ma un'altalena di scelte come quest'anno segna davvero un primato.

Detto questo sul zig zag del governo, occorre però aggiungere che anche i critici della manovra non scherzano. Nei primi giorni la loro attenzione si è concentrata tutta sulla parte fiscale del provvedimento in un generale avvitamento delle proteste contro gli aumenti delle tasse. Altro che far crescere la pressione tributaria- hanno ripetuto in coro tanti, tantissimi, dietro i quali si sono infiltrati anche i più abili protettori dell'evasione fiscale - la via maestra doveva essere quella di realizzare tagli robusti nella spesa di uno Stato inefficiente e sprecone.

Ma ora che l'esame della Finanziaria si va facendo un poco più accurato e si scende nei dettagli, il vento della protesta sembra cambiare direzione. E' in agitazione il mondo della scuola e in parte anche quello della magistratura accomunati dall'opposizione contro le sforbiciate ai rispettivi bilanci. Ma dove la contestazione sta assumendo toni ancora più accesi con pronunciamenti a livello istituzionale è sul terreno dei tagli alla struttura amministrativa dello Stato. In particolare a difesa di uno dei livelli più inutili e obsoleti dell'organizzazione pubblica: le Province.


Non che Prodi e Padoa Schioppa abbiano preso il toro per le corna, annunciando una radicale soppressione di questo arcaico istituto. In realtà essi si sono limitati al minimo indispensabile proponendo: 1. Di fermare la corsa alla creazione di nuove Province; 2. Di abolire, con opportuni accorpamenti, gli uffici di Prefettura e di Questura nei capoluoghi con un numero di abitanti inferiore a una ragionevole soglia. Apriti cielo: dalla Valtellina alla Sicilia è esplosa una reazione a catena di indignate proteste all'insegna del 'giù le mani dalle Prefetture'. Reazione che ha subito trovato sponda nei parlamentari locali, i quali si dicono già pronti a fare fuoco e fiamme nel corso delle votazioni sulla Finanziaria.

Sarebbe stato logico attendersi che i tanti critici della versione 'ipertributari' della manovra spezzassero qualcuna delle loro acuminate lance almeno in favore di questi contestati tentativi di segare la pletorica struttura dello Stato. Viceversa, nulla. Si reclamano tagli nella pubblica amministrazione, ma non si spende una parola per difendere quelli che sono proposti. Il governo fa molto poco per dare credibilità alla sua manovra. Ma al riguardo anche i suoi critici non sono da meno.
 
ABOLIRE LE PROVINCE E ISTITUIRE LE AREE METROPOLITANE

Roma, 14 Agosto 2006. La proposta del vicedirettore de Il Sole24ore, Gianfranco Fabi, di abolire le Province ha il senso della provocazione, al pari di un sasso lanciato nello stagno della politica-politicista. Purtroppo si e' creata qualche onda, peraltro immediatamente assorbita. Eppure e' quel che si dovrebbe fare contestualmente all'istituzione delle Aree metropolitane. La legge che ne stabiliva la nascita, la n.142 del 1990 e successive modifiche, non e' stata mai attuata, nondimeno e' una delle poche buone leggi varate nel decennio scorso. La norma prevede che alcune aree, caratterizzate da insediamenti che abbiano rapporti di stretta integrazione in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonche' alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali e facenti capo a citta' di medie-grandi dimensioni, assumano una nuova dimensione politico-amministrativa. Apriti cielo! Si vogliono eliminare comuni che hanno il solo cartello stradale che li differenzia? Giammai! Cosi' citta' come Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Torino, Venezia, Palermo, Catania, Messina, Cagliari e Trieste sono rimaste strette nei loro confini, con l'impossibilita' di ben governare agglomerati contigui e omogenei. Il ben governare agevola il cittadino, fare nuove Province serve al ceto politico locale e ad altri in cerca di ricollocazione. Siamo passati dalle 92 Province degli anni '60 alle 110 attuali, il che ha solo complicato la vita del cittadino e aumentato i costi della pubblica amministrazione. Istituire le Aree metropolitane significa rivedere l'attuale assetto delle Province: infatti, che senso avrebbe varare l'Area metropolitana di Roma e mantenere in piedi la Provincia di Roma? Verrebbe automatico accorpare le province limitrofe; anzi, ci si potrebbe chiedere a cosa serva la regione Lazio, quando il viterbese potrebbe essere accorpato alla Toscana, il reatino e parte del frusinate all'Abruzzo-Molise, il rimanente alla Campania. Si potrebbe continuare cosi' fino ad eliminare le Province, unificare alcune Regioni e proseguire per aree omogenee europee. Piano sovversivo? No, funzionale ai cittadini.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc
 
spettacolare il caso della novella provincia BAT , moderno cerbero a 3 teste Barletta, Andria , Trani. Si stanno scannando da mesi per la suddivisione dei vari uffici, Corato che non aveva avuto niente con un referendum ha deciso di rimanere con la provincia di Bari.
 
concordo xfettamente con l' abolizione di questo ente locale: inutile, con poke competenze dal contenuto rindondante....un moderno pozzo di san patrizio della nostra finanza pubblika
l' istiuzione di 3 nuove province ad opera del governo non fa altro che confermare la tendenza in questi anni di una conduzione clientelare e partitocratika, senza strategie logike e serie, della nostra "pessima" classe dirigente
posso capire nelle regioni pre-afrikane dove nuove istituzioni possono significare nuovi posti di lavoro ma rendere autonoma Monza da Milano mi sembra illogiko quanto meno, visto soprattutto alla luce delle recenti intese programmatike tese a rendere il nord ovest un sistema coordinato e non + frammentato in un ottika di strategie di lungo periodo
Benvenga il Bat nella regione pre-afrikana, ma almeno si risparmi il nord dalla moltiplicazione di inutili carrozzoni :( grazie x non aver fatto la Pronvincia di Pinerolo :help: e concludo con lo slogan: "No Pinerolo si TAV" :-o
 
come non dimenticare la provincia pre-barbara del Verbano Cusio Ossola istituita per Decreto Legislativo n° 277 del 30 aprile 1992 e abitata da ben 160k raffinati montanari :-o
 
avevamo fatto un programma politico proprio in questa sede nel 2000... Punto primo era proprio l'abolizione delle provincie e soprattutto delle circoscrizioni. Da allora si sono moltiplicate...
 

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