Anche in USA il Partito Democratico subisce il risentimento

tontolina

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IRAQ: 5 ANNI, IL PREZZO PAGATO DA AMERICA PER LA GUERRA/ANSA (di Cristiano Del Riccio) (ANSA) - WASHINGTON, 17 MAR -
L'America sta pagando per la guerra in Iraq, a cinque anni dall'inizio, un prezzo ben maggiore di quanto immaginato dalla Casa Bianca e dal Pentagono.

Al costo in sangue, con quasi 4.000 soldati Usa morti, ed al costo in denaro, con una spesa che raggiungera' i 650 miliardi di dollari alla fine del 2008, bisogna infatti aggiungere le lacerazioni interne e i danni all'immagine internazionale degli Stati Uniti causati dalla decisione del presidente George W. Bush di invadere nel marzo del 2003 il paese di Saddam Hussein.

Le ragioni addotte da Bush per giustificare l'invasione - il presunto possesso di armi di sterminio da parte di Saddam ed i collegamenti tra il presidente iracheno ed Al Qaida - si sono rivelate entrambe false.

La doppia menzogna ha aperto una ferita, ancora non rimarginata, nei rapporti tra gli americani e il loro presidente. Una crisi di fiducia che ha visto precipitare a livelli incredibilmente bassi non solo la popolarita' di Bush tra gli americani ma anche il rapporto di fiducia tra la gente e l'istituzione presidenziale. Decine di sondaggi hanno mostrato che la stragrande maggioranza degli americani e' convinta che il paese stia avanzando in direzione sbagliata.

La sfiducia degli americani e' rimbalzata anche sul Congresso colpevole ai loro pochi di non aver fatto il suo dovere, consentendo alla nazione di infilarsi nella palude Iraq. Notevole il risentimento verso i democratici che dopo avere conquistato la maggioranza del Congresso 18 mesi fa con la promessa di mettere fine al conflitto e far tornare a casa i soldati americani non sono riusciti a mantenere la promessa.

Il triangolo del risentimento e' stato completato dalla frustrazione mostrata da molti parlamentari, non solo democratici, per avere accettato a suo tempo le giustificazioni date dalla amministrazione Bush sulla necessita' della guerra per strappare al Congresso il consenso alla invasione dell'Iraq.

Molti senatori rimpiangono adesso amaramente il loro voto a favore del conflitto, un voto che adesso pagano nella campagna elettorale in corso, a cominciare dalla senatrice Hillary Clinton (attaccata senza sosta dal rivale Barack Obama, che all'epoca non era ancora in Senato ma che comunque si era espresso contro la guerra) per passare a tutti i parlamentari i cui seggi sono in gioco nel voto del novembre prossimo.

Il costo della guerra in Iraq e' stato pesante anche per la immagine esterna degli Stati Uniti. Vicende come quelle degli abusi sui detenuti del carcere di Abu Ghraib, delle stragi di Haditha (l'uccisione immotivata di 24 civili iracheni) e di Mahmudiya (dove una famiglia e' stata massacrata per consentire ai soldati Usa di violentare una bimba di 14 anni) hanno rievocato gli orrori mai dimenticati del Vietnam.

La difficolta' del Pentagono nel mantenere il livello di truppe richiesto in Iraq e di operare nello stesso tempo in Afghanistan e sugli altri fronti dove sono schierate truppe americane ha portato da una parte all'allungamento delle missioni e dall'altra ad un abbassamento dello standard richiesto per indossare la divisa (aprendo la porta, ad esempio, a gente con precedenti criminali).

Nello stesso tempo sono aumentate le frizioni tra gli Stati Uniti e gli alleati Nato che partecipano alle operazioni comuni in Afghanistan: Washington chiede con sempre maggiore insistenza agli alleati di dare un contributo maggiore in truppe, una richiesta che crea (soprattutto per il modo pressante e non troppo diplomatico in cui viene fatta) attriti tra gli Stati Uniti ed i paesi amici.

Anche questo e' un costo della guerra in Iraq. (ANSA).
 
ma non è il solo problema che usa hanno e che fanno ricadere sulla popolazione

gli amricani sono stati sfruttati da banche avide ed ora pagano il prezzo.....


da
http://www.effedieffe.com/content/view/2524/164/
In USA stanno nascendo strane tendopoli: sono le famiglie che hanno perso la casa perché non possono pagare il mutuo. Tendopoli alla periferia di Los Angeles. Tendopoli alla periferia di Ontario, California (1). Qui, gli attendati sono 400 e più. Chiese e volontari locali portano cibo e coperte. Gli attendati fanno di tutto per tener pulito, portare via la spazzatura, cercare acqua per lavare sé e la biancheria.
 
rima la buona notizia, se la si può chiamar così: la domanda mondiale di petrolio e suoi derivati è calata del 3,4 % nell’ultimo mese (1). Segno che la recessione sta intaccando i consumi di prodotti petroliferi, il che fa prevedere che il prezzo del petrolio possa scendere. Ciò darebbe ragione a Ben Bernanke, il capo della banca centrale USA, che ha dichiarato che i rincari in corso da settimane (non solo del petrolio ma delle materie prime) sono un fenomeno speculativo di breve respiro: «I guadagni speculativi non possono essere sostenuti, ‘fondamentali’ non li supportano. Se la Federal Reserve e i mercati futures vedono giusto, i prezzi saranno più bassi, non più alti, da qui a un anno».

I «fondamentali» dicono dunque che i consumi diminuiscono, diminuiscono le richieste di energia delle industrie e le esportazioni per la recessione (o depressione) in corso, con almeno il vantaggio di raffreddare i rincari. Solo un evento potrebbe far balzare il greggio a 200 dollari il barile, come prevede Goldman Sachs: un attacco preventivo all’Iran.E qui la cattiva notizia.

Il presidente Bush si appresta a rilevare dal comando la personalità che con più decisione e coraggio si è opposta ad una guerra all’Iran: l’ammiraglio William Fallon, comandante del CENTCOM (US Central Command), ossia il responsabile del teatro bellico del Medio Oriente e Asia Centrale, che è responsabile delle flotte americane presenti nel Golfo Persico. Lo ha rivelato un ex ufficiale del Pentagono diventato giornalista, P.M. Barnett, sulla rivista Esquire (2), raccontando come Fallon, l’autunno scorso, abbia «focosamente contraddetto» Bush e Cheney che gli ordinavano l’attacco. Un vero e proprio litigio alla Casa Bianca.
.... continua.....
http://www.effedieffe.com/content/view/2409/164/
 
Il mio pensiero è che stiamo assistendo al probabile inizio della caduta dell'impero americano che ha dominato l'ultimo secolo.
Una caduta lenta ma inesorabile, difficile da cogliere ma innegabile! Gli Stati Uniti d'America subiscono colpi a livello politico, militare ed economico. E' senza dubbio sarà l'economia il fattore scatenante principale che contribuirà a questa debacle e di cui ne stiamo osservando i primi effetti. Il fallimento di un'economia sorretta dal consumismo più spinto fin oltre i limiti fisiologici, il dollaro pronto a cedere il trono di moneta di scambio di riferimento, una classe politica che ha ingannato l'opinione pubblica mondiale per perseguire i propri obiettivi; troppi interrogativi e dubbi lasciano questi ultimi anni, dal complotto delle Twin Towers all'invasione dell'Irak.
Questo scenario probabilmente non avverrà senza sconti per il mondo intero.
Le nazioni moderate (mi riferisco soprattutto a quelle europee) nonchè le istituzioni come l'ONU penso debbano tenere alto l'allerta su molte questioni onde scongiurare pericoli. Non escluderei nel prossimo futuro che gli USA consci di tutto ciò, per mantenere la leadership mondiale politico-militare spingano verso inopportune guerre (es Iran, Siria ecc) atte solo a rinforzare la tensione con la cultura araba oppure su un dualismo con la Cina che il mondo intero non può permettersi sotto molteplici aspetti. In uno di questi modi senza dubbio si comporterebbe l'attuale amministrazione Bush... forse un po' di credito maggiore lo lascerei per alcuni degli attuali partecipanti per l'elezione alla Case Bianca.
Cosa accadrà non lo so, non so nemmeno se l'epilogo lo vedremo noi oppure lo lasceremo in eredità ai nostri figli.
 
segnalo
http://workingideas.wordpress.com/2008/03/17/1929-2009-from-capitalism-to-zionist-socialism/
1929-2009: From Capitalism to Zionist Socialism

March 17, 2008 at 10:49 am · Filed under finance, power structure, system

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JP Morgan ha comprato Bear Stearns per due dollari per azione, ovvero per 236 milioni di dollari, BearStern capitalizzava, un anno fa, 20 MILIARDI di dollari.


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Da un lato il mercato dovrebbe essere tranquillo, dall’altro, ancora una volta è segno che questa è una crisi non di mancanza di liquidità ma di solvibilità… e pare che qualcuno finalmente lo stia capendo… e le borse crollano nonostante, o forse proprio a causa, del salvataggio e l’inatteso taglio del tasso primario di 0,25% della FED.

Chi è il prossimo? Lehman Brothers, Deutsche Bank, UBS, Monte Dei Paschi di Siena?

La FED ha comunicato il taglio del lending rate dal 3,5% al 3,25%.

FED, che fino a giovedì prestava solo alle banche comunica che dopo aver prestato i soldi anche al broker Bear Stearn è pronta a prestarne ancora ad altri brokers.

Martedì la FED taglierà i tassi di interesse, magari di 1% mentre l’inflazione corre al ritmo del 5%.

Questa è in sostanza la “nazionalizzazione” del sistema finanziario americano, ovvero la morte del capitalismo e la nascita del vero comunismo americano.

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Un comunismo più iniquo di quello Marxista poiché agli americani hanno deciso di togliere tutto per concentrare i profitti sui ricchi e redistribuire su tutti le perdite.

Tre giorni fa la Bear Stearns (quinto broker americano) tranquillizzò la comunità finanziaria mondiale assicurando (con un comunicato ufficiale) sulla sua solidità finanziaria.

Ieri JP Morgan l’ha salvata dal fallimento certo, rilevandola.

Domani potrebbero raccontarci che Citigroup, UBS, Barclays o UniCredito non hanno problemi, e il giorno dopo potrebbe essere dichiarata l’insolvenza.

“Too big to fail”… non regge più.

La ricchezza finanziaria creata dal fiat money viene risucchiata dai soggetti rimasti solventi, che sono proprio coloro che hanno inventato il sistema, voluto, strutturato.

E’ esattamente quello che successe nel 1929, esattamente il motivo per cui quella crisi fu manovrata, ed esattamente il motivo per cui ritengo che anche questa crisi sia manovrata.

L’effetto “netto” di questa crisi è un enorme rastrellamento, a prezzo di realizzo, di beni ed aziende “reali”, cioè una enorme, gigantesca concentrazione di ricchezza reale, non speculativa né finanziaria, nelle mani dei soliti pochi grandi operata a mezzo di una enorme emissione di “falsa” ricchezza unicamente speculativa fondata sul nulla, “fiat money” appunto.

Alcuni analisti che hanno un “bias americaneggiante” confondono a volte quello che succede negli USA con quello che succede in altri Paesi. Se da un lato è vero che le economie dei vari Paesi sono molto strettamente correlate le une alle altre ed in particolare a quella USA, dall’altro il meccanismo del contagio è diverso da Paese a Paese.

In Italia l’euribor è salito molto, sintomo di mancanza di fiducia, e gli scambi si sono ridotti.

I BTP sono più cari dei bund tedeschi, segno che c’è meno fiducia nell’Italia che nella Germania, cioè il debito italiano è percepito come più rischioso di quello tedesco, l’aumento dello spread e la riduzione dei volumi sono indicatori di “rischio default”.

Il costo del debito pubblico italiano è aumentato del 12% lo scorso anno (con un incremento di quindi 8,5 miliardi di euro, altro che aumento del rastrellamento fiscale di Visco…).
Allo stesso tempo lo stock di debito è aumentato di poco e i tassi non sono aumentati.

Come mai?

Anche dividendo il totale dello stock di debito per il totale dei costi, si otterrebbe un costo percentuale più alto di quello del mercato.

Il Ministero del Tesoro lo sa? Fornisce spiegazioni?
Oppure c’è la paura è di un mega buco causato dai derivati?

Da un po’ sostengo che il più grosso grattacapo che il prossimo governo si troverà a dover affrontare sarà proprio “l’esplosione dei derivati”.

Molti Enti pubblici italiani (Comuni e Regioni) hanno nascosto negli anni scorsi i cronici buchi di bilancio con l’acquisto di prodotti finanziari che consentivano di non portare in bilancio i medesimi nascondendo così, per l’amministrazione corrente, le passività.

Ora questi strumenti di speculazione finanziaria stanno esplodendo uno dopo l’altro… lasciando voragini miliardarie nei bilanci degli Enti che, su consiglio di “esperti” dell’attuale amministrazione (tra le più esposte la Regione Piemonte e la Regione Campania, tutte in “odor” DS), si sono “strette al collo” contratti derivati.

Nel frattempo le banchette commerciali, in preda ad una “sete” di liquidità di cui non hanno memoria, emettono obbligazioni strutturate e subordinate a tutto andare nascondendo l’alto rischio della subordinazione in caso d’insolvenza offrendo tassi attraenti.

Questo è il meccanismo con qui il rastrellamento di “ricchezza reale” si sta propagando in Italia.

Qualcuno potrà intravedere il fatto che “nel gioco” c’è solo una categoria di soggetti che non perde mai… cui appunto appartiene JP Morgan, e le ben note altre 4 sorelle.

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Economia http://www.investireoggi.it/economia/usa-leading-indicator-febbraio-scende-dello-0-3-p567858.html

Usa: leading indicator febbraio scende dello 0,3%
20 Mar 2008 ore 16:36 - fo64

Usa: leading indicator febbraio scende dello 0,3%, come attese

In calo dello 0,3% il superindice Usa relativo al mese di febbraio. L'indice infatti si è attestato a 135 punti
dopo aver registrato una variazione del -0,4% a gennaio (dato rivisto dal -0,1% preliminare)
e del -0,1% a dicembre.

Il dato, comunicato dal Conference Board degli Stati Uniti, risulta in linea con le attese degli analisti.
 

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