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pool mani pulite si creano casi ad hoc per usi politici.
POLITICA
Svolta dalla rogatoria alla banca Paribas per far luce
sui conti indicati come traccia della tangente
I dollari virtuali
di Telekom Serbia
I pm a Monaco scoprono che il fondo Marini era vuoto
Un falso elettronico, si cerca l'impiegato corrotto
di ALBERTO CUSTODERO
Igor Marini
TORINO - Svolta nell'inchiesta Telekom Serbia: la procura di Torino ha scoperto che sui conti della banca Paribas di Monaco i 120 milioni di dollari indicati da Igor Marini come traccia della tangente non sono mai esistiti, né in contanti, né sotto forma di garanzia bancaria. Per i magistrati torinesi, il caso Telekom Serbia legato alle dichiarazioni del faccendiere è, dunque, a un passo dalla soluzione giudiziaria. Se alla Paribas di Monaco i soldi non sono mai stati depositati, infatti, non ci può essere stata, come sostenuto dal "grande accusatore" dei leader dell´Ulivo, un'operazione di riciclaggio internazionale di denaro proveniente dalla presunta maxi tangente Telekom Serbia. Ecco cos'hanno scoperto il procuratore Marcello Maddalena e il suo aggiunto Bruno Tinti, che, giovedì, si sono recati nel Principato per interrogare, in forza di una rogatoria ottenuta a tempi record, gli uomini di Michel Pébereau, chairman of the board of director di Paribas, lesclusivo istituto che a Monaco si trova accanto al Casinò.
I due magistrati hanno accertato che la banca monegasca è stata con ogni probabilità vittima di una truffa. Qualcuno, forse un funzionario infedele o corrotto, dal suo interno ha inserito nei circuiti elettronici internazionali (nome in gergo: euroclear) un titolo bancario chiamato "fondo blocchi", che in questo caso era del tutto inventato. Fino all´altro giorno, si credeva che quel titolo provenisse dalla Amro di Lussemburgo e che, una volta depositato alla Paribas sul conto corrente 265550001293/008, non fosse mai stato movimentato nel periodo indicato da Marini, fra agosto, settembre e ottobre del 2000. La svolta impressa dalla rogatoria di Montecarlo ha aggiunto ora un ulteriore tassello alla ricostruzione della verità: quel titolo era addirittura inesistente.
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Appariva sugli schermi bancari solo perché qualcuno ce lo aveva inserito in modo truffaldino. Ma non c'era nulla (soldi, valori, immobili o altro bene economico) che ne garantisse un'esistenza reale. S'è trattato di un autentico falso elettronico che ha prodotto un'entità virtuale, appunto il "fondo blocchi" da 120 milioni di dollari, che un gruppo di presunti truffatori (Marini, Paoletti, Boscaro, Persen, Tomic, Mares, con la complicità di Formica e Perrotta) ha tentato di utilizzare come se fosse stato vero.
La truffa funzionava così. Qualcuno (che la procura sta tentando di identificare) è riuscito, forse corrompendo un funzionario della Paribas, a fare inserire sul circuito internazionale bancario elettronico dei titoli (euroclear), il "fondo blocchi" da 120 milioni di dollari ufficialmente proveniente dalla filiale lussemburghese della Amro, banca di Amsterdam. Quindi, lo ha offerto "a noleggio" a Perrotta, Formica e soci che hanno tentato - senza però riuscirvi - di trasformare quel titolo virtuale in una linea di credito reale. Cioè, in soldi. Una ulteriore conferma alla rogatoria monegasca i magistrati Maddalena e Tinti l'hanno incassata ieri durante l'interrogatorio durato 4 ore di uno degli imputati, Thomas Mares, assistito dall'avvocato Giuseppe Del Sorbo. Mares ha confermato l'esistenza solo "virtuale" di quel titolo.
Il consulente finanziario italo-cinese ha poi aggiunto alcune informazioni sulla sua società Zara International, sede nelle Isole Vergini, sul cui omonimo conto corrente presso una banca di Innsbruck (secondo Marini), sarebbe transitata una parte della tangente serba. La società era stata fondata dal mobiliere torinese Trussoni. Alla sua morte, è diventata di proprietà di Mares che, ieri, ai pm torinesi, ha negato ancora una volta che sul quel conto austriaco siano transitati soldi o tangenti. Anzi, dal '98 all'agosto del 2003, non è mai stato depositato neppure un euro.
(21 settembre 2003)
POLITICA
Svolta dalla rogatoria alla banca Paribas per far luce
sui conti indicati come traccia della tangente
I dollari virtuali
di Telekom Serbia
I pm a Monaco scoprono che il fondo Marini era vuoto
Un falso elettronico, si cerca l'impiegato corrotto
di ALBERTO CUSTODERO
Igor Marini
TORINO - Svolta nell'inchiesta Telekom Serbia: la procura di Torino ha scoperto che sui conti della banca Paribas di Monaco i 120 milioni di dollari indicati da Igor Marini come traccia della tangente non sono mai esistiti, né in contanti, né sotto forma di garanzia bancaria. Per i magistrati torinesi, il caso Telekom Serbia legato alle dichiarazioni del faccendiere è, dunque, a un passo dalla soluzione giudiziaria. Se alla Paribas di Monaco i soldi non sono mai stati depositati, infatti, non ci può essere stata, come sostenuto dal "grande accusatore" dei leader dell´Ulivo, un'operazione di riciclaggio internazionale di denaro proveniente dalla presunta maxi tangente Telekom Serbia. Ecco cos'hanno scoperto il procuratore Marcello Maddalena e il suo aggiunto Bruno Tinti, che, giovedì, si sono recati nel Principato per interrogare, in forza di una rogatoria ottenuta a tempi record, gli uomini di Michel Pébereau, chairman of the board of director di Paribas, lesclusivo istituto che a Monaco si trova accanto al Casinò.
I due magistrati hanno accertato che la banca monegasca è stata con ogni probabilità vittima di una truffa. Qualcuno, forse un funzionario infedele o corrotto, dal suo interno ha inserito nei circuiti elettronici internazionali (nome in gergo: euroclear) un titolo bancario chiamato "fondo blocchi", che in questo caso era del tutto inventato. Fino all´altro giorno, si credeva che quel titolo provenisse dalla Amro di Lussemburgo e che, una volta depositato alla Paribas sul conto corrente 265550001293/008, non fosse mai stato movimentato nel periodo indicato da Marini, fra agosto, settembre e ottobre del 2000. La svolta impressa dalla rogatoria di Montecarlo ha aggiunto ora un ulteriore tassello alla ricostruzione della verità: quel titolo era addirittura inesistente.
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Appariva sugli schermi bancari solo perché qualcuno ce lo aveva inserito in modo truffaldino. Ma non c'era nulla (soldi, valori, immobili o altro bene economico) che ne garantisse un'esistenza reale. S'è trattato di un autentico falso elettronico che ha prodotto un'entità virtuale, appunto il "fondo blocchi" da 120 milioni di dollari, che un gruppo di presunti truffatori (Marini, Paoletti, Boscaro, Persen, Tomic, Mares, con la complicità di Formica e Perrotta) ha tentato di utilizzare come se fosse stato vero.
La truffa funzionava così. Qualcuno (che la procura sta tentando di identificare) è riuscito, forse corrompendo un funzionario della Paribas, a fare inserire sul circuito internazionale bancario elettronico dei titoli (euroclear), il "fondo blocchi" da 120 milioni di dollari ufficialmente proveniente dalla filiale lussemburghese della Amro, banca di Amsterdam. Quindi, lo ha offerto "a noleggio" a Perrotta, Formica e soci che hanno tentato - senza però riuscirvi - di trasformare quel titolo virtuale in una linea di credito reale. Cioè, in soldi. Una ulteriore conferma alla rogatoria monegasca i magistrati Maddalena e Tinti l'hanno incassata ieri durante l'interrogatorio durato 4 ore di uno degli imputati, Thomas Mares, assistito dall'avvocato Giuseppe Del Sorbo. Mares ha confermato l'esistenza solo "virtuale" di quel titolo.
Il consulente finanziario italo-cinese ha poi aggiunto alcune informazioni sulla sua società Zara International, sede nelle Isole Vergini, sul cui omonimo conto corrente presso una banca di Innsbruck (secondo Marini), sarebbe transitata una parte della tangente serba. La società era stata fondata dal mobiliere torinese Trussoni. Alla sua morte, è diventata di proprietà di Mares che, ieri, ai pm torinesi, ha negato ancora una volta che sul quel conto austriaco siano transitati soldi o tangenti. Anzi, dal '98 all'agosto del 2003, non è mai stato depositato neppure un euro.
(21 settembre 2003)