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Nuovo forumer
Mi capita scherzosamente di argomentare che il quotidiano cartaceo più rivoluzionario d’Italia sia quello che appartiene alla Confindustria. Lo sostengo scherzosamente per riservarmi una via di fuga dialettica ma è quello che penso spesso in cuor mio. “Nessuno è perfetto” avrebbe osservato Billy Wilder ma il contributo d’approfondimento critico sulle tematiche finanziarie che il quotidiano rosa offre è generalmente di grande livello e di analogo livello il suo contributo alla formazione di una coscienza civile documentata.
In data 23 Settembre u.s. Il Sole 24 Ore ha pubblicato ampi stralci dell’intervento del(l’allora) Mi-nistro dell’Economia Siniscalpo al workshop Ambrosetti. È un documento di straordinario interesse che consiglio vivamente di leggere. Le cronache parlano di una standing ovation al termine dell’intervento del Ministro.
Tra le altre cose, Siniscalco ha detto:
“La nostra banca centrale [la Banca d’Italia, n.d.a.] è monocratica e non collegiale e non è esatta-mente un campione di trasparenza, ha delle regole, se voi andate a vedere le istruzioni di vigilanza, che sono il regno della discrezionalità, si parla di “termini congrui”, si parla di “autorizzazione appropriata”, c’è addirittura un’informativa che si può rendere in forma orale ed a cui, nella leg-genda metropolitana, non si rispondeva nemmeno oralmente ma con cenni del sopracciglio, quindi è evidente che siamo (…) in un mondo arcaico”.
Un mondo “arcaico”, regno della discrezionalità, incapace d’auto-riformarsi nel tempo, refrattario ad ogni riforma esterna, che ha coltivato, proprio a causa della discrezionalità in cui operava, una mutazione genetica degenerativa. Eppure, un mondo ossequiato, blandito ed assecondato fino a ieri oltre ogni ragionevole logica. Questo era Bankitalia ancora prima delle intercettazioni telefoniche, i cui contenuti devono essere considerati solo un sintomo del male, l’aspetto più folcloristico del ma-le e non il male in se stesso. Il male era pre-esistente e Bankitalia era apparentemente (per i medici distratti) un portatore sano, asintomatico.
Tuttavia, quando Bankitalia impose al Banco di Bilbao l’obbligo inedito di raggiungere il 51% nel controllo della BNL come condizione per renderne valida l’OPA, estrasse dal cilindro della discre-zionalità l’ennesimo coniglio deforme. Quella condizione fu precipitosamente ritirata ma, ancora una volta, nel Paese non emerse adeguata consapevolezza che quello era l’ennesimo sintomo di un virus devastante che, dal ceppo originario della “discrezionalità”, aveva subito un mutamento gene-tico nel puro “arbitrio”. Tristemente, il Paese s’è svegliato dal sonno solo grazie al gossip delle in-tercettazioni telefoniche.
Credo che, una volta depositata la polvere delle “macerie” lasciate da Antonio Fazio (secondo la co-lorita ma centrata espressione usata da Salvatore Brigantini), dovrà giungere il momento per una ri-flessione più profonda sul funzionamento delle Authority finanziarie in Italia ed in Europa.
Un Paese civile non può restare ostaggio di regole immutabili e di giochi pilateschi. Da questo pun-to di vista la Banca Centrale Europea non è esente da responsabilità nella situazione che si è creata. Sostenere, come ha fatto il Governatore Trichet, che i governatori nazionali non possono essere ri-mossi dai rispettivi governi nazionali (specie con una norma ad hoc, giudicata “disastrosa” per il precedente che creerebbe) e, al tempo stesso, sostenere che la BCE non è competente per la loro ri-mozione, significa operare, di fatto, per lasciare l’Italia nella palude o affidarsi ciecamente ad un organo autoreferenziale come il Consiglio Superiore della Banca d’Italia.
Consideriamo laicamente la situazione. Con la cessione alla BCE della prerogativa di controllare l’offerta di moneta, Bankitalia ha preservato fino ad oggi la competenza sulla vigilanza e la concor-renza bancaria. Tuttavia, a ben guardare, storicamente sono sempre state unicamente (a) la preroga-tiva di battere moneta e (b) il compito preservare la stabilità monetaria e di amministrare le riserve valutarie le ragioni vere ed ultime per garantire l’indipendenza di Bankitalia dai governi nazionali, indipendenza completata in Italia solo con il “divorzio” del 1981 tra Ministero del Tesoro (ministro Andreatta) e la Banca Centrale (governatore Ciampi).
Con la cessione della “prerogativa monetaria” alla BCE, Bankitalia è diventata sostanzialmente un’Authority finanziaria non dissimile, per funzione, da quelle che controllano i mercati finanziari (Consob), le assicurazioni (Isvap), i fondi pensione (Covip), ecc.. La legge costitutiva della Consob attribuisce al Presidente del Consiglio il potere, sia pure in casi eccezionali d’estrema gravità, di ri-muovere la Commissione Consob. Non si vede ragione razionale per cui Bankitalia oggi, senza più il privilegio del signoraggio, dovrebbe essere soggetta ad una regola diversa. Eppure, il dibattito in corso nel Paese (ed anche in Europa) su questo tema assomiglia più ad uno scontro ideologico tra idee preconcette e preconfezionate che ad una pacata riflessione sui poteri delle Authority finanzia-rie e sulle regole di funzionamento e di garanzia verso il mercato ed i cittadini (accountability) cui dovrebbero essere assoggettate.
L’idolatria, specie se istituzionale, non è parte di una società moderna: il vitello d’oro dell’intoccabilità di Bankitalia va fuso e trasformato in lingotti. Anche con norme ad hoc. Perché cambiare gli uomini senza cambiare le regole non serve a nulla.
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In data 23 Settembre u.s. Il Sole 24 Ore ha pubblicato ampi stralci dell’intervento del(l’allora) Mi-nistro dell’Economia Siniscalpo al workshop Ambrosetti. È un documento di straordinario interesse che consiglio vivamente di leggere. Le cronache parlano di una standing ovation al termine dell’intervento del Ministro.
Tra le altre cose, Siniscalco ha detto:
“La nostra banca centrale [la Banca d’Italia, n.d.a.] è monocratica e non collegiale e non è esatta-mente un campione di trasparenza, ha delle regole, se voi andate a vedere le istruzioni di vigilanza, che sono il regno della discrezionalità, si parla di “termini congrui”, si parla di “autorizzazione appropriata”, c’è addirittura un’informativa che si può rendere in forma orale ed a cui, nella leg-genda metropolitana, non si rispondeva nemmeno oralmente ma con cenni del sopracciglio, quindi è evidente che siamo (…) in un mondo arcaico”.
Un mondo “arcaico”, regno della discrezionalità, incapace d’auto-riformarsi nel tempo, refrattario ad ogni riforma esterna, che ha coltivato, proprio a causa della discrezionalità in cui operava, una mutazione genetica degenerativa. Eppure, un mondo ossequiato, blandito ed assecondato fino a ieri oltre ogni ragionevole logica. Questo era Bankitalia ancora prima delle intercettazioni telefoniche, i cui contenuti devono essere considerati solo un sintomo del male, l’aspetto più folcloristico del ma-le e non il male in se stesso. Il male era pre-esistente e Bankitalia era apparentemente (per i medici distratti) un portatore sano, asintomatico.
Tuttavia, quando Bankitalia impose al Banco di Bilbao l’obbligo inedito di raggiungere il 51% nel controllo della BNL come condizione per renderne valida l’OPA, estrasse dal cilindro della discre-zionalità l’ennesimo coniglio deforme. Quella condizione fu precipitosamente ritirata ma, ancora una volta, nel Paese non emerse adeguata consapevolezza che quello era l’ennesimo sintomo di un virus devastante che, dal ceppo originario della “discrezionalità”, aveva subito un mutamento gene-tico nel puro “arbitrio”. Tristemente, il Paese s’è svegliato dal sonno solo grazie al gossip delle in-tercettazioni telefoniche.
Credo che, una volta depositata la polvere delle “macerie” lasciate da Antonio Fazio (secondo la co-lorita ma centrata espressione usata da Salvatore Brigantini), dovrà giungere il momento per una ri-flessione più profonda sul funzionamento delle Authority finanziarie in Italia ed in Europa.
Un Paese civile non può restare ostaggio di regole immutabili e di giochi pilateschi. Da questo pun-to di vista la Banca Centrale Europea non è esente da responsabilità nella situazione che si è creata. Sostenere, come ha fatto il Governatore Trichet, che i governatori nazionali non possono essere ri-mossi dai rispettivi governi nazionali (specie con una norma ad hoc, giudicata “disastrosa” per il precedente che creerebbe) e, al tempo stesso, sostenere che la BCE non è competente per la loro ri-mozione, significa operare, di fatto, per lasciare l’Italia nella palude o affidarsi ciecamente ad un organo autoreferenziale come il Consiglio Superiore della Banca d’Italia.
Consideriamo laicamente la situazione. Con la cessione alla BCE della prerogativa di controllare l’offerta di moneta, Bankitalia ha preservato fino ad oggi la competenza sulla vigilanza e la concor-renza bancaria. Tuttavia, a ben guardare, storicamente sono sempre state unicamente (a) la preroga-tiva di battere moneta e (b) il compito preservare la stabilità monetaria e di amministrare le riserve valutarie le ragioni vere ed ultime per garantire l’indipendenza di Bankitalia dai governi nazionali, indipendenza completata in Italia solo con il “divorzio” del 1981 tra Ministero del Tesoro (ministro Andreatta) e la Banca Centrale (governatore Ciampi).
Con la cessione della “prerogativa monetaria” alla BCE, Bankitalia è diventata sostanzialmente un’Authority finanziaria non dissimile, per funzione, da quelle che controllano i mercati finanziari (Consob), le assicurazioni (Isvap), i fondi pensione (Covip), ecc.. La legge costitutiva della Consob attribuisce al Presidente del Consiglio il potere, sia pure in casi eccezionali d’estrema gravità, di ri-muovere la Commissione Consob. Non si vede ragione razionale per cui Bankitalia oggi, senza più il privilegio del signoraggio, dovrebbe essere soggetta ad una regola diversa. Eppure, il dibattito in corso nel Paese (ed anche in Europa) su questo tema assomiglia più ad uno scontro ideologico tra idee preconcette e preconfezionate che ad una pacata riflessione sui poteri delle Authority finanzia-rie e sulle regole di funzionamento e di garanzia verso il mercato ed i cittadini (accountability) cui dovrebbero essere assoggettate.
L’idolatria, specie se istituzionale, non è parte di una società moderna: il vitello d’oro dell’intoccabilità di Bankitalia va fuso e trasformato in lingotti. Anche con norme ad hoc. Perché cambiare gli uomini senza cambiare le regole non serve a nulla.
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