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CAPITALE/LAVORO pagina 08
Risparmiatori da tutelare: le banche nel caso Parmalat
FRANCESCO PICCIONI
La «giornata del risparmiatore» organizzata dal Comune di Roma
rischiava di trascorrere tra dotte analisi sulle caratteristiche -
positive e negative - del sistema bancario italiano, sui
provvedimenti normativi che si possono prendere e quelli (non
proprio bellissimi) già presi dal governo uscente. Peggio ancora, ci
si sarebbe potuti chiedere - dopo l'intervento dell'avvocato della
Abi, l'associazione delle banche - se i risparmiatori in fondo non
se la vadano a cercare, investendo i loro soldi nel mercato
finanziario, visto che sono così ignoranti da aver bisogno di
essere «alfabetizzati». L'intervento di Marcello Orefice,
vicepresidente dei piccoli azionisti Parmalat - quelli truffati alla
grande nel tracollo di Calisto Tanzi - ha riportato le cose nella
loro giusta dimensione: la tutela reale del risparmiatore. Il caso
Parmalat è davvero da manuale dell'orrore, perché le banche
(principali azioniste prima e dopo il crack), con il «concordato»
per il risanamento dell'azienda sotto la guida di Enrico Bondi,
hanno prima ottenuto di veder salvaguardata la propria quota
azionaria a scapito dei piccoli risparmiatori (26.000 persone); poi
di promuovere un'azione di risarcimento contro le banche (in alcuni
casi le stesse!) che avevano supportato Tanzi fino a sbolognare le
azioni e i bond alla propria clientela opportunamente «consigliata»;
e infine di ricollocare l'azienda in borsa con una quotazione che è
rapidamente salita proprio in virtù delle attese sulla positiva
conclusione dell'azione di risarcimento.
E il bello è che questi «piccoli risparmiatori» truffati non stanno
lì a pietire di riavere i loro soldi. No, chiedono che ci sia un
apposito aumento di capitale che loro possano sottoscrivere «al
prezzo nominale» (non a quello di mercato ovviamente), in modo da
rientrare nella condizione di azionisti e godere (o rischiare) sul
futuro di Parmalat con «qualcosa» in mano. Altrimenti,
garantiscono, «partiranno 26.000 cause», quasi certamente vincenti.
Roba da stendere nuovamente l'azienda.
Il caso, però, diventa anche l'esempio concreto del «problema del
conflitto di interesse» che il prof. Marcello Messori aveva
illustrato pochi minuti prima: banche «universali» che raccolgono il
risparmio, finanziano le aziende, ne accompagnano il collocamento in
borsa, diffondono studi sulla profittabilità futura, «consigliano» i
clienti... e salvano sempre i propri bilanci.
Con qualche perla tutta nuova infilata dal governo Berlusconi, come
i «fondi di ristoro per i risparmiatori truffati». Il prof. Vella
centra il problema con chiarezza: non è chiaro da dove vengano le
risorse pubbliche, ma in ogni caso non possono essere fondi erga
omnes»; perché un conto è risarcire la vecchietta che ha investito
tutta la propria liquidazione sotto il consiglio del cassiere di
banca «imbeccato» dalla direzione, un'altra è
l'investitore «professionale» con un portafoglio titoli assai
differenziato. Il «fondo», in questo caso, rischia di essere la
solita «socializzazione delle perdite», a beneficio addirittura
degli speculatori.
L'iniziativa dei consiglieri Pino Galeota e Giacomo Vizzani assumerà
una cadenza annuale; è sperabile che resti vivace e utile come
quella di ieri.
Ecco la Strada da seguire
Marcello Orefice
Per andare all'homepage dell'Associazione e iscriversi Gratis:
http://it.groups.yahoo.com/group/azionistiparmalat/
Risparmiatori da tutelare: le banche nel caso Parmalat
FRANCESCO PICCIONI
La «giornata del risparmiatore» organizzata dal Comune di Roma
rischiava di trascorrere tra dotte analisi sulle caratteristiche -
positive e negative - del sistema bancario italiano, sui
provvedimenti normativi che si possono prendere e quelli (non
proprio bellissimi) già presi dal governo uscente. Peggio ancora, ci
si sarebbe potuti chiedere - dopo l'intervento dell'avvocato della
Abi, l'associazione delle banche - se i risparmiatori in fondo non
se la vadano a cercare, investendo i loro soldi nel mercato
finanziario, visto che sono così ignoranti da aver bisogno di
essere «alfabetizzati». L'intervento di Marcello Orefice,
vicepresidente dei piccoli azionisti Parmalat - quelli truffati alla
grande nel tracollo di Calisto Tanzi - ha riportato le cose nella
loro giusta dimensione: la tutela reale del risparmiatore. Il caso
Parmalat è davvero da manuale dell'orrore, perché le banche
(principali azioniste prima e dopo il crack), con il «concordato»
per il risanamento dell'azienda sotto la guida di Enrico Bondi,
hanno prima ottenuto di veder salvaguardata la propria quota
azionaria a scapito dei piccoli risparmiatori (26.000 persone); poi
di promuovere un'azione di risarcimento contro le banche (in alcuni
casi le stesse!) che avevano supportato Tanzi fino a sbolognare le
azioni e i bond alla propria clientela opportunamente «consigliata»;
e infine di ricollocare l'azienda in borsa con una quotazione che è
rapidamente salita proprio in virtù delle attese sulla positiva
conclusione dell'azione di risarcimento.
E il bello è che questi «piccoli risparmiatori» truffati non stanno
lì a pietire di riavere i loro soldi. No, chiedono che ci sia un
apposito aumento di capitale che loro possano sottoscrivere «al
prezzo nominale» (non a quello di mercato ovviamente), in modo da
rientrare nella condizione di azionisti e godere (o rischiare) sul
futuro di Parmalat con «qualcosa» in mano. Altrimenti,
garantiscono, «partiranno 26.000 cause», quasi certamente vincenti.
Roba da stendere nuovamente l'azienda.
Il caso, però, diventa anche l'esempio concreto del «problema del
conflitto di interesse» che il prof. Marcello Messori aveva
illustrato pochi minuti prima: banche «universali» che raccolgono il
risparmio, finanziano le aziende, ne accompagnano il collocamento in
borsa, diffondono studi sulla profittabilità futura, «consigliano» i
clienti... e salvano sempre i propri bilanci.
Con qualche perla tutta nuova infilata dal governo Berlusconi, come
i «fondi di ristoro per i risparmiatori truffati». Il prof. Vella
centra il problema con chiarezza: non è chiaro da dove vengano le
risorse pubbliche, ma in ogni caso non possono essere fondi erga
omnes»; perché un conto è risarcire la vecchietta che ha investito
tutta la propria liquidazione sotto il consiglio del cassiere di
banca «imbeccato» dalla direzione, un'altra è
l'investitore «professionale» con un portafoglio titoli assai
differenziato. Il «fondo», in questo caso, rischia di essere la
solita «socializzazione delle perdite», a beneficio addirittura
degli speculatori.
L'iniziativa dei consiglieri Pino Galeota e Giacomo Vizzani assumerà
una cadenza annuale; è sperabile che resti vivace e utile come
quella di ieri.
Ecco la Strada da seguire
Marcello Orefice
Per andare all'homepage dell'Associazione e iscriversi Gratis:
http://it.groups.yahoo.com/group/azionistiparmalat/