f4f ha scritto:
tu te aspetta con fiducia il capital gain
Mi sa che ci vorrà ben altro... qua si prospetta una tegola mica da ridere
Da Repubblica:
Secondo i conteggi del Tesoro nel 2005 si possono trovare al massimo sei miliardi di euro per la riforma fiscale.
Siniscalco frena Berlusconi "Le tasse tagliamole in 2 anni"
"Le misure vanno concordate con le parti sociali"
di ROBERTO MANIA e CLAUDIO TITO
ROMA - "Sono entrato al governo come un tecnico e non come un politico. Quindi faccio parlare i numeri. Ve li giro così come me li ha forniti la fonte istituzionale, cioè la Ragioneria generale dello Stato. Io vi dico come stanno davvero le cose". Domenico Siniscalco, neoministro dell'Economia, si è presentato così ieri al suo primo vertice di maggioranza. Non una battuta in più, nessuna polemica. Si è presentato come "l'uomo dei numeri". A tutti è parso chiaro che una stagione, quella di Giulio Tremonti, era finita. E la seconda sorpresa è arrivata poco dopo quando Siniscalco ha detto che per ridurre le tasse ci vorranno almeno due anni.
"Spetta a voi politici decidere - ha aggiunto -. Ma i numeri che vi ho dato spiegano che in un anno il taglio non si può fare". La stagione di Tremonti era cominciata più o meno tre anni fa in diretta televisiva con Tremonti che parlava del buco ereditato dal centrosinistra. Da ieri anche Siniscalco ha la sua eredità, quella di una situazione economica molto seria. L'ha illustrata ai politici della maggioranza del centrodestra riuniti in vista del varo del prossimo Dpef. Affidandosi solo ai numeri. E quei numeri sono pessimi. Come già sapevano tutti. Come scriveva ieri il Financial Times, citato dallo stesso Siniscalco.
Quei numeri dicono innanzitutto una cosa: le tasse potranno scendere ma non in un anno. Ce ne vorranno almeno due. E poi si deve tagliare. Nessuno ha fiatato ieri sera al primo piano di Palazzo Chigi. Di fronte al tecnico e ai suoi numeri. Né Fini, né il premier. Solo Gianni Letta ha rotto il ghiaccio, ma quando Siniscalco aveva già cominciato a parlare, senza preamboli.
Quelli - avrà pensato - appartengono alla politica. Lo ha interrotto Letta per dire: "Tutti voi lo conoscete...è il nuovo ministro dell'Economia. Veniva spesso qui per accompagnare il ministro Tremonti". Cenni di cortesi saluti. Poi i numeri, "quelli veri". "Se vogliano restare all'interno dei vincoli del Patto di stabilità e crescita, dobbiamo mettere in cantiere
una manovra da 24 miliardi di euro, di cui 17 di tagli e 7 di misure una tantum".
A molti, di quelli seduti intorno al tavolo, sono venute in mente le stangate, quelle a cavallo tra la prima e la seconda Repubblica. "Dunque - spiega il "tecnico" di via XX settembre - possiamo crescere del 2 per cento nel 2004 e far scendere il debito dal 106 al 100 per cento. Quanto al deficit il tendenziale vero del rapporto con il Pil è intorno al 4,4 per cento". Ben al di sopra del mitico 3 per cento. "Possiamo andare al 2,7 per cento, e per farlo servono interventi pari a 24 miliardi di euro". E già passato un po' di tempo, Siniscalco sta parlando da diversi minuti ma la parola tasse non è stata ancora pronunciata.
Ci arriva poco dopo. Per dire: "Spetta a voi politici decidere. Ma sappiate che i margini sono modestissimi". Tutti capiscono - nella pausa che segue - il senso dell'affermazione del tecnico-ministro: ai 24 miliardi si deve aggiungere qualcosa se si vogliono tagliare le tasse. Siniscalco riprende: "La mia opinione è che una riduzione della pressione fiscale possa realizzarsi solo gradualmente. Ma, insisto, siete voi che dovete decidere e scegliere".
Fino ad un certo punto. Perché i numeri - quelli "veri" - non lasciano molto spazio. Facciamo un passo indietro, alla proposta iniziale del leader di Forza Italia. Berlusconi pensava ad una riduzione delle tasse pari a 12 miliardi di euro in un solo anno, nel 2005. "È chiaro - ha detto ai suoi silenti interlocutori il tecnico-ministro - che sarebbe una follia mettere in campo una manovra correttiva di 24 miliardi più 12 miliardi per finanziare la riduzione fiscale. Nessuno al mondo l'ha mai fatto. Sarebbe come dimagrire 20 chili in tre mesi".
Traduzione: la riduzione fiscale - se si vuole fare - ha bisogno di più tempo, almeno due anni. Tutti - ancora silenti - ma consapevoli che quella è la realtà. "È chiaro a tutti - ha insistito - che la decisione è politica. Potete scegliere come distribuire nel biennio le riduzioni: 5 miliardi nel 2005 e 7 nel 2006; oppure 4 e 8". Lo "strappo", fino a quel punto, era ancora parziale. Siniscalco doveva aggiungere un tassello, decisivo. Quello della concertazione. Giulio Tremonti l'aveva sempre osteggiata.
Per comunicare il buco in tv abbandonò una riunione con Cgil, Cisl e Uil. Ma lui di mega-manovra tipo anni Novanta non le ha mai fatte. Quelle le fece Giuliano Amato. Nel '92 fu di 90 mila miliardi di lire. Eravamo sull'orlo del tracollo finanziario. Fu indispensabile l'accordo con le confederazioni sindacali. Domenico Siniscalco se lo ricorda e ieri lo ha ricordato anche ai politici. "Guardate - ha avvertito - che non esistono tagli indolori. Guardate - ha insistito - che non possiamo pensare che la questione pensioni sia archiviata e rimandata al 2008. È una questione grossa e il problema c'è. Sono qui per fare un'operazione trasparenza. E questa è la situazione".
La crisi è pesante, pesantissima. Ma se ne può uscire. Anche il governo Amato ne uscì. La chiave fu un rapporto costruttivo con i sindacati, più in generale con le parti sociali. Servono ancora loro. "Chiamatela come volete, dialogo, concertazione, consenso, ma un'operazione di queste dimensioni, di questa entità, non si può fare senza il consenso sociale. Giuliano (Amato, ndr)- dice Siniscalco guardando il premier - se li chiamò uno per uno". Anche quel Bruno Trentin che per senso di responsabilità firmò l'accordo poi si dimise da segretario generale della Cgil.
"Non voglio limitarmi a illustrare alle parti sociali il Dpef. Voglio consultarle e se possibile accogliere anche i loro suggerimenti. Concertare vuol dire ascoltare". A molti è parso di ascoltare le parole del presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo. Attraverso i sindacati, dunque, può passare l'appoggio sociale alle misure necessarie per risollevare l'economia e provare a cogliere la ripresa in atto. Nel '92 andò proprio così e non avevamo il paracadute dell'euro mentre c'era quella svalutazione competitiva che tanto ha rovinato la nostra cultura imprenditoriale.
Ma c'è un altro corno del problema che Siniscalco ha affrontato ieri con i leader della maggioranza: quello della nostra credibilità sui mercati internazionali. Tremonti tentò fino alla fine di evitare il declassamento. E ci riuscì, almeno personalmente, perché il downgrading da parte di Standard & Poor's è arrivato dopo le sue dimissioni. Ora ci vuole riuscire anche Siniscalco. Nei giorni scorsi ha incontrato le agenzie internazionali di rating e si è recato anche in via Nazionale, alla Banca d'Italia.
Il tecnico, per definizione, non può essere ottimista. E il quadro che ieri ha descritto ai "politici" non permette di esserlo. In ogni caso il ministro Siniscalco punta ad una crescita del Pil per il 2004 del 2 per cento.
(23 luglio 2004)