Ottimo articolo sul tema di giusto un anno fa.
LA DURA LEGGE DEL DENARO - di Massimo Fini dal Gazzettino del 23/12/03
Dopo i crack della Cirio e della Parmalat i giornali sono pieni zeppi di
piagnistei, articoli dolenti e partecipati per la sorte dei poveri
risparmiatori e di consigli degli esperti perché non si facciano più
gabbare.
Sono articoli ipocriti. Perché tutti costoro sanno che il risparmiatore è il
fesso istituzionale del gran gioco del denaro, colui che è destinato a
perderlo e che peraltro è indispensabile perché sulla sua dabbenaggine si
regge l'intero sistema. I ricchi, gli imprenditori, i finanzieri, coloro
cioè che sanno bene che cos'è il denaro e hanno capito il gioco, non
risparmiano una lira, fanno debiti.
Perché conoscono quella legge generale per cui, come scrive Vittorio Mathieu
nella sua "Filosofia del denaro" «alla lunga i debiti non vengono pagati».
Per cui è meglio avere debito che crediti.
I ricchi, gli imprenditori, fanno quindi debiti. Con chi? Con i
risparmiatori che gli prestano il denaro attraverso l'intermediazione delle
banche. I poveri, o comunque le persone di piccolo e medio reddito, prestano
quindi denaro ai ricchi perché diventino sempre più ricchi. Il povero
risparmia, il ricco investe. Investe il denaro del povero cui accolla, in
definitiva, il rischio dell'investimento perché se c'è un crack a menarci
non è chi ha investito più denaro di tasca sua, ma il risparmiatore che è
stato così fesso da prestarglielo. Il risparmio quindi non è funzionale a
chi risparmia, ma a chi spende, investe denaro non suo, fa la bella vita e
compra squadre di calcio.
D'altro canto la persona di piccolo e medio reddito non ha scampo.
Non ha denaro sufficiente per investirlo, per farlo girare vorticosamente,
che è l'unico modo di usare il denaro se non si vuole perderlo (infatti
poiché il denaro è una entità virtuale, basata sulla fiducia che se ne ha,
bisogna ternelo in mano il meno possibile per passarlo al momento giusto,
come il cerino acceso, a colui che lo perderà), né credito per farselo
prestare se non a usura, ed è costretto quindi a detenerlo. Ma se lo tiene
fermo lo perde per l'inflazione, se lo muove glielo mangia la speculazione.
Ma la persona di piccolo e medio reddito non può neanche difendersi
spendendo tutto il denaro che ha e vivendo alla giornata. È costretta al
risparmio. Perché è il solo modo per garantirsi un po' di tranquillità per
il futuro. Così almeno egli crede. Ma poiché i crediti "alla lunga non
vengono onorati" (e il denaro è credito, è una promessa di pagamento) questo
risparmio è destinato inesorabilmente ad essere sottratto, o lentamente, nel
corso del tempo, in modo un po' più indolore, o nell' "espace d'un matin"
come nei casi dei crack Cirio e Parmalat o del tracollo argentino.
Insomma, cari lettori, una parte del vostro denaro dovete spenderla "per
aiutare l'economia" (mentre, a rigor di logica, dovrebbe essere l'economia
ad aiutare voi), l'altra dovete invece risparmiarla per aiutare certi tycoon
a realizzare grandi affari accollandovene i rischi. Il sistema si regge su
di voi. E sarebbero guai seri se un giorno improvvisamente scopriste il
trucco, vi stufaste di farvi tosare come pecore belanti e di essere privati
dei frutti del vostro agro sudore.
Massimo Fini