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I conti non tornano, è proprio il caso di dirlo: secondo i tecnici del Servizio Bilancio del Senato, gli 80 euro di detassazione previsti dal decreto Irpef, nonché il taglio del 10% dell’Irap, hanno coperture incerte, ballerine, se non addirittura a rischio di incostituzionalità. Vediamo perché.
L’Iva legata al pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione potrebbe essere inferiore alle attese
Il governo stima di poter incassare 600 milioni di Iva dal pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione; 600 milioni che concorrono a coprire il taglio dell’Irpef di 80 euro. I tecnici del Senato, però, segnalano:
«La possibilità (più che verosimile) che una parte dei pagamenti ricevuti dai creditori delle amministrazioni pubbliche sia dagli stessi utilizzata per regolare a loro volta posizioni debitorie nei confronti dei propri fornitori. In tal modo, correndosi il rischio in sede erariale di una stima ‘eccessiva’ del maggior gettito erariale atteso, sottovalutandosi, soprattutto, gli effetti di compensazione ‘impliciti’ nella procedura di liquidazione periodica dell’iva che, operando ‘per massa’, può ridurre (fino ad azzerarla del tutto) l’iva a debito che il contribuente è tenuto a versare effettivamente all’erario».
C’è il rischio, in sostanza, che i creditori della Pa possano utilizzare il danaro per saldare, a loro volta, i propri debiti. Se questo avvenisse, gli incassi Iva per lo stato, rispetto alle previsioni del governo, risulterebbero molto meno consistenti (se non addirittura nulli) e le coperture del decreto salterebbero.
Le entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale potrebbero essere sovrastimate
Nel 2015, il governo Renzi prevede d’incassare 2 miliardi in più, rispetto al 2013, dalla lotta all’evasione fiscale (anche questo danaro serve a coprire lo sconto Irpef). Il punto, rilevano i tecnici di Palazzo Madama, è che non si capisce cosa dovrebbe garantire queste maggiori entrate:
«Non è stata fornita alcuna informazione in ordine a eventuali strumenti o a metodologie che si ipotizza di utilizzare per il raggiungimento dell’obiettivo, in aggiunta a quanto già posto in essere dall’amministrazione finanziaria o è già possibile attuare sulla base della legislazione vigente, né si prefigurano specifici interventi o azioni nel caso in cui il risultato indicato non fosse raggiunto».
L’incremento della tassazione sulle quote di Bankitalia a rischio incostituzionalità
Il governo valuta di poter introitare 1,8 miliardi (anch’essi per finanziare lo sconto Irpef) dall’incremento del prelievo (dal 12 al 26%) sulle plusvalenze realizzate dagli istituti di credito, che detengono partecipazioni in Bankitalia, per effetto delle rivalutazioni delle quote di quest’ultima; e di farlo, rispetto a precedenti deliberazioni, in un’unica soluzione, anziché in tre rate. Questo, avvertono i tecnici del Senato, potrebbe delineare profili di incostituzionalità:
«Il provvedimento in esame riscrive ora integralmente il comma 148 che riguardava i profili fiscali della rivalutazione delle quote della Banca d’Italia senza chiarire la portata e la ratio della novella. In proposito, considerati anche il venir meno della possibilità di rateazione triennale del pagamento dell’imposta, l’innalzamento significativo dell’aliquota del tributo e il carattere obbligatorio della rivalutazione, andrebbe valutato con attenzione se quanto sopra rappresentato possa determinare una lesione del principio dell’affidamento legittimo del contribuente alla certezza dell’ordinamento giuridico. Repentini mutamenti del quadro normativo potrebbero in altri termini finire per definire la tassazione postuma di una ricchezza non più attuale ovvero non garantire quell’esigenza di anticipata conoscenza da parte del contribuente del carico fiscale posto sulle proprie attività economiche, con conseguente possibile violazione di precetti costituzionali (artt. 41, 53, 97 della Cost). Andrebbero pertanto valutati con attenzione i profili di compatibilità della norma in esame con il predetto dettato costituzionale, anche in considerazione delle ricadute sul gettito di eventuali contenziosi».
A rischio, tuttavia, non sono solo le coperture del bonus Irpef di 80 euro, ma anche quelle che dovrebbero consentire il taglio del 10% dell’Irap.
L’incremento del prelievo sulle rendite finanziarie potrebbe generare un effetto sostituzione, provocando minori entrate
L’esecutivo stima di poter incassare 700 milioni, 3 miliardi a regime (cioè a partire dal 2015), dall’incremento del prelievo sul risparmio. La questione, segnalano sempre i tecnici di Palazzo Madama, è che esso non ha considerato il probabile effetto sostituzione che da quell’incremento scaturirà; ovvero lo spostamento di risorse verso quelle attività, Buoni del Tesoro in primis, non soggette all’aggravio d’imposta (dal 20 al 26%):
«Non sembra siano stati stimati possibili effetti sostitutivi che la nuova disciplina potrebbe determinare nelle scelte di investimento, ad esempio tra attività finanziarie nazionali ed estere, così come anche tra le prime e le attività reali (ad esempio immobili esteri o beni rifugio) a cui conseguirebbe un minor gettito. La normativa in esame lascia inalterata la vigente aliquota agevolata del 12,5% sui redditi di alcune tipologie di titoli tra cui quelli di stato, quelli emessi da stati esteri white list e loro enti locali e quelli di risparmio per l’economia meridionale, nonché l’aliquota dell’11% sul risultato netto maturato della gestione dei fondi pensione. Pur comprendendo le ragioni di tale distinguo è evidente che per la determinazione nella composizione del portafoglio degli investitori non sarà indifferente il trattamento fiscale e che anzi, qualora gli investitori dovessero optare, in sostituzione di parte degli investimenti effettuati, ad esempio, verso forme di previdenza complementare, questa opzione consentirà loro di usufruire anche di deduzioni dal reddito imponibile, con ulteriori specifici effetti di minor gettito a titolo di imposte dirette che la relazione tecnica non sembra aver preso in considerazione».
Il taglio dell’Irap potrebbe costare di più alle casse dello stato
Scrivono i tecnici:
«La quantificazione di minor gettito contenuta nella relazione tecnica, pari a 2.059 milioni in ragione d’anno, corrisponde all’8,3% rispetto alle entrate del 2014 indicato dal predetto Bollettino delle entrate (24.813 mln); tale percentuale è sensibilmente inferiore a quanto previsto dalla normativa, dato che le variazioni in riduzione vanno dal 9,52 al 10,53 per cento, a seconda del settore di attività. Per questo motivo, si ritiene che gli effetti di minor gettito derivanti dalle disposizioni in esame possano verosimilmente attestarsi su importi più significativi di quelli esposti in relazione tecnica. L’aver assunto un andamento di minor gettito come costante nel tempo non appare prudenziale, considerando i dati in crescita del gettito Irap riportati nel Bollettino delle entrate tributarie negli anni 2011-2013 (23.962 mln nel 2011, 24.422 mln nel 2012 e 24.813 mln per il 2013); la considerazione di tale crescita comporterebbe anche un incremento, nel corso degli anni, del minor gettito associabile alla riduzione delle aliquote».
Insomma, a quanto pare, il decreto fa acqua da tutte le parti.
5/5/2014
Bonus di 80 euro e taglio dell?Irap, i tecnici del servizio Bilancio del Senato avvertono: a rischio le coperture ? Camelot Destra Ideale
L’Iva legata al pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione potrebbe essere inferiore alle attese
Il governo stima di poter incassare 600 milioni di Iva dal pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione; 600 milioni che concorrono a coprire il taglio dell’Irpef di 80 euro. I tecnici del Senato, però, segnalano:
«La possibilità (più che verosimile) che una parte dei pagamenti ricevuti dai creditori delle amministrazioni pubbliche sia dagli stessi utilizzata per regolare a loro volta posizioni debitorie nei confronti dei propri fornitori. In tal modo, correndosi il rischio in sede erariale di una stima ‘eccessiva’ del maggior gettito erariale atteso, sottovalutandosi, soprattutto, gli effetti di compensazione ‘impliciti’ nella procedura di liquidazione periodica dell’iva che, operando ‘per massa’, può ridurre (fino ad azzerarla del tutto) l’iva a debito che il contribuente è tenuto a versare effettivamente all’erario».
C’è il rischio, in sostanza, che i creditori della Pa possano utilizzare il danaro per saldare, a loro volta, i propri debiti. Se questo avvenisse, gli incassi Iva per lo stato, rispetto alle previsioni del governo, risulterebbero molto meno consistenti (se non addirittura nulli) e le coperture del decreto salterebbero.
Le entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale potrebbero essere sovrastimate
Nel 2015, il governo Renzi prevede d’incassare 2 miliardi in più, rispetto al 2013, dalla lotta all’evasione fiscale (anche questo danaro serve a coprire lo sconto Irpef). Il punto, rilevano i tecnici di Palazzo Madama, è che non si capisce cosa dovrebbe garantire queste maggiori entrate:
«Non è stata fornita alcuna informazione in ordine a eventuali strumenti o a metodologie che si ipotizza di utilizzare per il raggiungimento dell’obiettivo, in aggiunta a quanto già posto in essere dall’amministrazione finanziaria o è già possibile attuare sulla base della legislazione vigente, né si prefigurano specifici interventi o azioni nel caso in cui il risultato indicato non fosse raggiunto».
L’incremento della tassazione sulle quote di Bankitalia a rischio incostituzionalità
Il governo valuta di poter introitare 1,8 miliardi (anch’essi per finanziare lo sconto Irpef) dall’incremento del prelievo (dal 12 al 26%) sulle plusvalenze realizzate dagli istituti di credito, che detengono partecipazioni in Bankitalia, per effetto delle rivalutazioni delle quote di quest’ultima; e di farlo, rispetto a precedenti deliberazioni, in un’unica soluzione, anziché in tre rate. Questo, avvertono i tecnici del Senato, potrebbe delineare profili di incostituzionalità:
«Il provvedimento in esame riscrive ora integralmente il comma 148 che riguardava i profili fiscali della rivalutazione delle quote della Banca d’Italia senza chiarire la portata e la ratio della novella. In proposito, considerati anche il venir meno della possibilità di rateazione triennale del pagamento dell’imposta, l’innalzamento significativo dell’aliquota del tributo e il carattere obbligatorio della rivalutazione, andrebbe valutato con attenzione se quanto sopra rappresentato possa determinare una lesione del principio dell’affidamento legittimo del contribuente alla certezza dell’ordinamento giuridico. Repentini mutamenti del quadro normativo potrebbero in altri termini finire per definire la tassazione postuma di una ricchezza non più attuale ovvero non garantire quell’esigenza di anticipata conoscenza da parte del contribuente del carico fiscale posto sulle proprie attività economiche, con conseguente possibile violazione di precetti costituzionali (artt. 41, 53, 97 della Cost). Andrebbero pertanto valutati con attenzione i profili di compatibilità della norma in esame con il predetto dettato costituzionale, anche in considerazione delle ricadute sul gettito di eventuali contenziosi».
A rischio, tuttavia, non sono solo le coperture del bonus Irpef di 80 euro, ma anche quelle che dovrebbero consentire il taglio del 10% dell’Irap.
L’incremento del prelievo sulle rendite finanziarie potrebbe generare un effetto sostituzione, provocando minori entrate
L’esecutivo stima di poter incassare 700 milioni, 3 miliardi a regime (cioè a partire dal 2015), dall’incremento del prelievo sul risparmio. La questione, segnalano sempre i tecnici di Palazzo Madama, è che esso non ha considerato il probabile effetto sostituzione che da quell’incremento scaturirà; ovvero lo spostamento di risorse verso quelle attività, Buoni del Tesoro in primis, non soggette all’aggravio d’imposta (dal 20 al 26%):
«Non sembra siano stati stimati possibili effetti sostitutivi che la nuova disciplina potrebbe determinare nelle scelte di investimento, ad esempio tra attività finanziarie nazionali ed estere, così come anche tra le prime e le attività reali (ad esempio immobili esteri o beni rifugio) a cui conseguirebbe un minor gettito. La normativa in esame lascia inalterata la vigente aliquota agevolata del 12,5% sui redditi di alcune tipologie di titoli tra cui quelli di stato, quelli emessi da stati esteri white list e loro enti locali e quelli di risparmio per l’economia meridionale, nonché l’aliquota dell’11% sul risultato netto maturato della gestione dei fondi pensione. Pur comprendendo le ragioni di tale distinguo è evidente che per la determinazione nella composizione del portafoglio degli investitori non sarà indifferente il trattamento fiscale e che anzi, qualora gli investitori dovessero optare, in sostituzione di parte degli investimenti effettuati, ad esempio, verso forme di previdenza complementare, questa opzione consentirà loro di usufruire anche di deduzioni dal reddito imponibile, con ulteriori specifici effetti di minor gettito a titolo di imposte dirette che la relazione tecnica non sembra aver preso in considerazione».
Il taglio dell’Irap potrebbe costare di più alle casse dello stato
Scrivono i tecnici:
«La quantificazione di minor gettito contenuta nella relazione tecnica, pari a 2.059 milioni in ragione d’anno, corrisponde all’8,3% rispetto alle entrate del 2014 indicato dal predetto Bollettino delle entrate (24.813 mln); tale percentuale è sensibilmente inferiore a quanto previsto dalla normativa, dato che le variazioni in riduzione vanno dal 9,52 al 10,53 per cento, a seconda del settore di attività. Per questo motivo, si ritiene che gli effetti di minor gettito derivanti dalle disposizioni in esame possano verosimilmente attestarsi su importi più significativi di quelli esposti in relazione tecnica. L’aver assunto un andamento di minor gettito come costante nel tempo non appare prudenziale, considerando i dati in crescita del gettito Irap riportati nel Bollettino delle entrate tributarie negli anni 2011-2013 (23.962 mln nel 2011, 24.422 mln nel 2012 e 24.813 mln per il 2013); la considerazione di tale crescita comporterebbe anche un incremento, nel corso degli anni, del minor gettito associabile alla riduzione delle aliquote».
Insomma, a quanto pare, il decreto fa acqua da tutte le parti.
5/5/2014
Bonus di 80 euro e taglio dell?Irap, i tecnici del servizio Bilancio del Senato avvertono: a rischio le coperture ? Camelot Destra Ideale
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