Borse in caduta per la crisi immobiliare Usa

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Borse in caduta per la crisi immobiliare Usa
Alfonso Tuor

Dopo una settimana di relativa tregua, le Borse hanno ricominciato a scendere. Questi pesanti ribassi non sembrano la manifestazione di una normale correzione tecnica dopo l’ininterrotta marcia rialzista degli ultimi mesi. Sembrano invece dovuti alla crisi del mercato immobiliare americano, che comincia a colpire alcune parti del settore finanziario (soprattutto quelle che avevano speculato sul segmento di mercato più a rischio) e al timore che la crisi immobiliare sia destinata prossimamente ad intaccare la crescita dell’economia statunitense attraverso una prevedibile contrazione dei livelli occupazionali e dei consumi.
Le Borse dunque stanno cercando di valutare l’impatto complessivo della crisi immobiliare sui diversi settori e adeguando le loro valutazioni borsistiche in base ai dati e alle notizie che man mano vengono diffusi. Dunque, non si tratta di una correzione, ma di un’analisi empirica dei mercati sulle conseguenze di questa crisi. Questo giudizio è confortato dalla causa che ha scatenato, ad esempio, la caduta di martedì scorso: la crisi della New Century Financial (una società che eroga ipoteche a rischio) e la pubblicazione dei dati che indicano che le insolvenze sui crediti ipotecari hanno raggiunto negli ultimi tre mesi dell’anno scorso il massimo degli ultimi 37 anni. Per formulare previsioni sull’evoluzione futura delle Borse, occorre quindi cercare di capire l’entità di questa crisi del mercato immobiliare statunitense e formulare delle ipotesi sulle sue conseguenze sul settore finanziario e sull’insieme dell’economia americana.
La crisi del mercato immobiliare sembra per il momento confinata al segmento delle ipoteche a maggior rischio, ossia il cosiddetto «subprime mortgage market», e alle società finanziarie che hanno erogato queste ipoteche. Il caso della New Century Financial è emblematico: finanziata dalle grandi banche di investimento (tra cui UBS, che le avrebbe prestato 1,5 miliardi di dollari, e il CS poco più di mezzo miliardo) è oramai sull’orlo della bancarotta. Attraverso questa via la crisi tocca dunque anche i grandi nomi della finanza internazionale. Sebbene molto grandi, queste perdite possono essere comunque assorbite senza difficoltà dalle grandi banche. Come del resto, aveva già cominciato a fare alcune settimane orsono il colosso britannico HSBC, che aveva deciso di accantonare 10 miliardi dollari contro i crediti ipotecari a rischio negli Stati Uniti. Il problema è che tutti sono consapevoli che il caso New Century Financial non è isolato. E infatti cominciano ad emergere i nomi (in Europa finora sconosciuti) di altre società in crisi. Ad esempio, la Accredited Home Lenders of California, che ancora l’anno scorso aveva una capitalizzazione di un miliardo di dollari e che ha visto crollare il proprio titolo poiché la si ritiene prossima a chiedere la protezione dai creditori, ossia il famoso Chapter Eleven. Ma i nomi di società in difficoltà si stanno moltiplicando e si stanno moltiplicando anche gli sforzi per individuare le banche che hanno concesso crediti a queste società. Ma la storia non finisce qui. Infatti, gran parte di queste ipoteche a rischio negli ultimi anni sono state assemblate, cartolarizzate e quindi piazzate sul mercato. Dunque, la crisi non è destinata a colpire solo le «star» della finanza internazionale, ma anche tutti quelli che hanno sottoscritto queste obbligazioni. Tra le potenziali «vittime» figurano assicurazioni e casse pensioni. E non è ancora finita. Infatti ci si interroga sullo stato di salute dei due giganti nel mercato ipotecario statunitense, Freddie Mac e Fannie Mae, che vanterebbero una discussa garanzia statale e che sono i maggiori emittenti di obbligazioni negli Stati Uniti. Se la crisi dovesse colpire anche loro, la situazione da difficile diventerebbe molto seria e preoccupante.
Se gli effetti sul sistema finanziario delle difficoltà del mercato immobiliare cominciano a vedersi, non sono invece ancora emersi chiaramente i prevedibili effetti economici di questa crisi sui livelli occupazionali e sui consumi. Da ciò dipenderà se la crescita americana subirà unicamente un rallentamento oppure se, come non ha escluso nemmeno Alan Greenspan, l’economia finirà in recessione. In tal caso gli attuali scossoni delle Borse rappresenterebbero solo i segnali precursori di un prolungato movimento al ribasso dei mercati.

CdT 14/03/2007
 

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