Breve introduzione all'AT

Max Breakeven

Forumer attivo
“Ho sentito che il PIL è atteso più basso del trimestre precedente!”
“Sembra che nelle parole di Greenspan si possa intuire che non abbasserà i tassi!”
“Si dice che quel colosso dell’industria automobilistica fornirà risultati migliori delle aspettative!”
“L’Opec ridurrà la produzione di greggio di 1 milione di barili al giorno!”

Ogni giorno, analisti e semplici investitori sono letteralmente travolti da una quantità enorme di affermazioni di questo tipo. Quante volte abbiamo sentito dire, e continuiamo a sentire, che “il mercato potrebbe reagire positivamente o negativamente all’uscita dei nuovi dati attesi”?

Bene. Un modo per chiarire quale sia la principale caratteristica dell’AT può essere così riassunto: non importa la singola causa economica, politica o psicologica che conduce alla formazione dei prezzi, ma è sufficiente seguire l’andamento dei prezzi (ed eventualmente dei volumi) così come essi si muovono nei mercati.

Ok, ma se i prezzi scontano tutto, come possiamo sfruttare questa convinzione per prevederne l’andamento futuro? E già, perché a noi interesserebbe capire come si muovono i prezzi per poter riuscire a realizzare il sogno per eccellenza di tutti gli investitori: comprare a prezzi bassi e vendere a prezzi alti! E’ solo un sogno o si può fare qualcosa che ci avvicini a questa agognata meta? Quali regole si possono seguire e in base a quali presupposti?

Il presupposto principale è che nei mercati le situazioni sono suscettibili di ripetizione. Insomma, come viene spesso detto, “la storia si ripete”. Ma se è così, allora è possibile analizzare le situazioni passate per cercare di individuare delle “regole” o, per essere più precisi, delle situazioni che risultano più probabili di altre e che quindi potrebbero consigliare a scegliere una operazione finanziaria piuttosto di un’altra.

Ecco allora che l’AT si nutre di dati, di serie storiche e quindi di modelli statistici o grafici. Ma è sufficiente assegnare delle probabilità ad un evento (cioè, in parole semplici, la possibilità che il prezzo salga o scenda) oppure è necessario anche qualcos’altro?

Per poter correttamente utilizzare i principi dell’AT occorre anche (anzi permettetemi di dire soprattutto) un metodo capace di disciplinare l’attività e dare un significato “statisticamente rilevante” alle nostre azioni concrete. Ricordiamo un fatto: un trader che utilizza l’AT è considerato molto bravo se la sua percentuale di successo raggiunge il 60%, mentre nel restante 40% ... perde!!!

La questione del metodo è di grande importanza e coinvolge molti fattori che quasi sempre influiscono in modo determinante sul successo o meno dell’investitore. Per il momento accontentiamoci di dire che nell’ambito dell’AT è di estremamente importante riuscire ad individuare i cosiddetti “trend” (in parole semplici, le direzioni principali dei prezzi) e questo proprio perché è l’individuazione dei “falsi segnali” che permette di cambiare posizione sul mercato (sempre esemplificando, passando da compratori a venditori di un titolo, di una valuta o di altro strumento finanziario) evitando di subire passivamente gli inevitabili errori di interpretazione.

Termino qui queste veloci riflessioni introduttive. Capisco che tutti noi vorremmo subito arrivare ... “al sodo”, ma la fretta è sicuramente una cattiva consigliera! Di più. Questi pochi concetti che sembrano facili e quindi trascurabili contengono invece, a mio avviso, fattori di riflessione determinanti per chiunque voglia seriamente prendere in considerazione di applicare concretamente i principi dell’AT.

Dobbiamo partire da un dato di fatto: anche il miglior metodo o le più elevate conoscenze non servono a molto se non si è capaci di governarle. Cominciamo quindi a conoscere le nostre reazioni, i nostri comportamenti, il nostro modo di intendere le cose. Trascurare questo punto sarebbe molto grave, come le numerose esperienze che si sentono raccontare non mancano di confermare.

A tutti coloro che sono già abilitati ad entrare nel forum (siamo una decina per adesso), chiedo di iniziare ad essere interattivi inviandomi un messaggio privato contenente commenti, suggerimenti, domande, idee, critiche, ecc.. su quanto scritto. Questo è solo il primo piccolo passo e tra breve l’interazione sarà coordinata fra tutti noi nel forum ed anche tramite le reciproche email. Solo ancora un pò di pazienza. Ricordate? La fretta è una cattiva consigliera!!!

Iniziamo a conoscerci così. ;-)

A presto

Max

<font size=-1>[ Questo messaggio è stato modificato da: Max Breakeven il 2002-04-29 18:57 ]</font>
 
Questa riflessione di Galbraith mi sembra in tema:

“La qualifica più comune di chi fa previsioni in campo economico consiste non già nel sapere, ma nel non sapere di non sapere. Il suo grande vantaggio è che tutte le previsioni, giuste o sbagliate che siano, vengono rapidamente dimenticate.

[…] Se il sapere economico fosse realmente ineccepibile, il sistema economico attualmente in vigore nel mondo non socialista non potrebbe sopravvivere.

Se un tale, infatti, avesse la possibilità di conoscere con precisione e certezza quel che avverrà dei salari, dei tassi di interesse, dei prezzi delle materie prime, quali saranno i risultati delle diverse imprese e industrie e quali i prezzi delle azioni e delle obbligazioni, questo felice mortale non regalerebbe né venderebbe le sue informazioni agli altri, ma le sfrutterebbe personalmente. E in un mondo ricco di incertezze come questo, il suo monopolio del “certo” sarebbe estremamente redditizio. Egli si troverebbe rapidamente in possesso di tutte le risorse fruibili, mentre tutti coloro che lottassero con un sapere del genere sarebbero destinati a soccombere.

[…] In realtà il moderno sistema economico sopravvive non grazie all’eccellenza del lavoro di coloro che ne prevedono il futuro, ma grazie alla loro estremamente affidabile fedeltà all’errore.

Esiste tuttavia una possibilità di salvezza: possiamo tentare infatti di comprendere il presente, in quanto, ineluttabilmente, il futuro conserverà aspetti rilevanti della realtà attuale. E il presente è a sua volta, in un senso profondo, un prodotto del passato.”

[John Kenneth Galbraith, “Economics in perspective”, 1987]
 
In data 2002-05-11 01:10, mazzok scrive:
D'accordo, ma sapere di non sapre è di Aristotele come il conosci te stesso.
ciao

caro mazzok, apro e chiudo la parentesi filosofica ;)

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[...] Perciò Socrate prese come suo motto ciò che era scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, e cioè gnoti sauton, "conosci te stesso". E "conosci te stesso" vuole appunto dire: riconosci in primo luogo quello che sei, e cioè un uomo, per cui un abisso ti separa dal divino!

[...] con Socrate, si vuole conoscere qual è l'elemento universale, il Bene, che fa del coraggio, della giustizia, della forza altrettanti beni. A questo problema, come sappiamo, Socrate non giunse a rispondere. E' celeberrima la sua affermazione a riguardo: io so di non sapere! (cfr. Apologia, 21-23 c).

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1. Aristotele non ha detto "conosci te stesso";

2. Socrate ha detto sia "conosci te stesso" che "so di non sapere";

3. Ergo (sillogismo aristotelico) Aristotele non è Socrate!

:D :D

buonanotte, caro amico luca, come hai capito a quest'ora sragiono anche io! ;)

Max
 
Ehi Max la stanchezza ha preso il sopravvento tanto da farmi scrivere questo madornale strafalcione confondendo i due sommi e tu mi hai giustamente punito. Chiedo umilmente perdono e mo prostro. Anni di liceo classico buttati!! Ma sapessi da quale postazione ti scrivo: via de rossi!!!!!
 
se ben ricordo Socrate avversò la sofistica e la retorica. la "tecnica" consisteva nel far scoprire la verità ai discepoli ponendo loro delle domande e invitandoli a trovare da soli le contraddizioni in cui cadevano (maieutica)

... mi piace sempre di + questo nostro corso "socratico"!!! ;) ;)
 

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