Carry Trade

Fleursdumal

फूल की बुराई
Carry Trade

http://www.borsaitaliana.it/documenti/rubriche/sottolalente/carrytrade.htm


Una strategia di investimento sui mercati internazionali




Con l’espressione Carry Trade si fa riferimento ad una delle numerose strategie di investimento che è possibile porre in essere sui mercati finanziari internazionali. Il carry trade consiste nel prendere a prestito capitali in una data valuta per investire gli stessi in strumenti finanziari (raramente in beni reali) denominati in altre valute e comunque con un rendimento superiore al costo del finanziamento. Il profitto che si ottiene è appunto pari alla differenza tra rendimento dell’investimento e costo del finanziamento. carry trade

Affinché l’operazione di carry trade sia profittevole è necessario che le valute scelte godano di un rapporto pressoché stabile nel tempo e in particolare nel periodo che intercorre tra il momento in cui viene contratto il prestito e quello in cui viene restituito, altrimenti le perdite sul cambio assottiglierebbero i guadagni realizzati fino ad annullarli.

L’investimento è solitamente rivolto a strumenti a basso rischio, come ad esempio i titoli di Stato.

Negli ultimi anni, visti i bassi tassi di interesse giapponesi, è risultato piuttosto conveniente indebitarsi in yen. Gli investimenti effettuati con i capitali presi in prestito in Giappone sono stati soprattutto nei mercati azionari emergenti e nei bond ad alto rendimento di Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia e Regno Unito.

La relativa stabilità del tasso di cambio tra dollaro statunitense e yen degli ultimi anni ha reso profittevoli operazioni di carry trade basate sull’indebitamento in yen, sulla successiva conversione degli yen in valute straniere e sull’investimento dei capitali così ottenuti in titoli di stato o altri strumenti finanziari a rischio nullo che presentavano un rendimento pari almeno al 3%. Scaduto il titolo di stato, il denaro veniva riconvertito dalla moneta straniera in yen e utilizzato per ripagare il debito contratto in Giappone.

Teoricamente quest’operazione non dovrebbe tuttavia essere possibile. Se un’area è caratterizzata da bassi tassi di interesse vuol dire che vi sono minori rischi di deprezzamento della valuta, dato che il tasso di crescita della quantità di moneta è inferiore. Se per contro le altre aree valutarie hanno tassi di interessi maggiori significa che il valore delle altre valute nei confronti di quella con bassi tassi di interesse è destinato a diminuire nel tempo in modo da annullare il differenziale dei tassi.

Questo non è avvenuto però in Giappone, dove la Banca centrale negli ultimi dieci/quindici anni ha ridotto al minimo i tassi ed ha cercato di aumentare la massa monetaria. Per effetto di questa politica lo yen non solo non si è rivalutato nei confronti della altre valute, ma si è addirittura deprezzato. L’indebolimento della valuta asiatica è stato anche determinato dal fatto che l’indebitamento in yen comporta la vendita di questa moneta, che quindi è stata messa sotto pressione da vendite continue, contro l’acquisto di un’altra valuta.


Se queste operazioni vengono portate all’estremo, loro diretta conseguenza è quindi anche la ipervalutazione delle valute acquistate a fronte delle vendite di yen.

Il carry trade sulla valuta nipponica è tuttavia reso sempre più rischioso dalle prospettive di rialzo dei tassi di interesse nel Paese del Sol Levante che potrebbero favorire un repentino recupero dello yen nei confronti delle altre valute come già accaduto nell'ottobre del 1998 quando un’ondata di avversione al rischio scosse proprio il carry trade sullo yen, favorendo in soli quattro giorni un apprezzamento della valuta nipponica del 15% nei confronti del dollaro statunitense.
 
Mister Red ha scritto:
Carry Trade

http://www.borsaitaliana.it/documenti/rubriche/sottolalente/carrytrade.htm


Una strategia di investimento sui mercati internazionali




Con l’espressione Carry Trade si fa riferimento ad una delle numerose strategie di investimento che è possibile porre in essere sui mercati finanziari internazionali. Il carry trade consiste nel prendere a prestito capitali in una data valuta per investire gli stessi in strumenti finanziari (raramente in beni reali) denominati in altre valute e comunque con un rendimento superiore al costo del finanziamento. Il profitto che si ottiene è appunto pari alla differenza tra rendimento dell’investimento e costo del finanziamento. carry trade

Affinché l’operazione di carry trade sia profittevole è necessario che le valute scelte godano di un rapporto pressoché stabile nel tempo e in particolare nel periodo che intercorre tra il momento in cui viene contratto il prestito e quello in cui viene restituito, altrimenti le perdite sul cambio assottiglierebbero i guadagni realizzati fino ad annullarli.

L’investimento è solitamente rivolto a strumenti a basso rischio, come ad esempio i titoli di Stato.

Negli ultimi anni, visti i bassi tassi di interesse giapponesi, è risultato piuttosto conveniente indebitarsi in yen. Gli investimenti effettuati con i capitali presi in prestito in Giappone sono stati soprattutto nei mercati azionari emergenti e nei bond ad alto rendimento di Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia e Regno Unito.

La relativa stabilità del tasso di cambio tra dollaro statunitense e yen degli ultimi anni ha reso profittevoli operazioni di carry trade basate sull’indebitamento in yen, sulla successiva conversione degli yen in valute straniere e sull’investimento dei capitali così ottenuti in titoli di stato o altri strumenti finanziari a rischio nullo che presentavano un rendimento pari almeno al 3%. Scaduto il titolo di stato, il denaro veniva riconvertito dalla moneta straniera in yen e utilizzato per ripagare il debito contratto in Giappone.

Teoricamente quest’operazione non dovrebbe tuttavia essere possibile. Se un’area è caratterizzata da bassi tassi di interesse vuol dire che vi sono minori rischi di deprezzamento della valuta, dato che il tasso di crescita della quantità di moneta è inferiore. Se per contro le altre aree valutarie hanno tassi di interessi maggiori significa che il valore delle altre valute nei confronti di quella con bassi tassi di interesse è destinato a diminuire nel tempo in modo da annullare il differenziale dei tassi.

Questo non è avvenuto però in Giappone, dove la Banca centrale negli ultimi dieci/quindici anni ha ridotto al minimo i tassi ed ha cercato di aumentare la massa monetaria. Per effetto di questa politica lo yen non solo non si è rivalutato nei confronti della altre valute, ma si è addirittura deprezzato. L’indebolimento della valuta asiatica è stato anche determinato dal fatto che l’indebitamento in yen comporta la vendita di questa moneta, che quindi è stata messa sotto pressione da vendite continue, contro l’acquisto di un’altra valuta.


Se queste operazioni vengono portate all’estremo, loro diretta conseguenza è quindi anche la ipervalutazione delle valute acquistate a fronte delle vendite di yen.

Il carry trade sulla valuta nipponica è tuttavia reso sempre più rischioso dalle prospettive di rialzo dei tassi di interesse nel Paese del Sol Levante che potrebbero favorire un repentino recupero dello yen nei confronti delle altre valute come già accaduto nell'ottobre del 1998 quando un’ondata di avversione al rischio scosse proprio il carry trade sullo yen, favorendo in soli quattro giorni un apprezzamento della valuta nipponica del 15% nei confronti del dollaro statunitense.

il carry trade non é invenzione di oggi... e purtroppo non viene utilizzato solo per arbitraggi monetari ma anche per pure attività speculative e di investimento, non a caso si guarda più allo yen che non al petrolio o quant'altro ed il motivo é semplicissimo..

da anni , da quando cioé i tassi giapponesi sono prossimi allo zero, vi é stata la corsa ad indebitarsi in yen per reinvestire il denaro in aree od attività a maggiore rendita ed anche rischio più elevato, non esclusi i derivati o quant'altro..mi ricordo una mia piccola speculazione di qualche anno fa, nel giugno 2001, indebitata in yen e reinvestito in rand sudafricani, mi é andata bene ...ma l'indenitamento in yen, il carry trade, é stato il leit motiv delle bolle speculative degli ultimi anni, la bolla high teck conclusasi nel marzo 2000 e la bolla cinese attuale...ancora da scoppiare, per questo si guarda sempre con grande prreoccupazione alla politica monetaria giapponese ed il cambio...le banche giapponesi sono tutt'ora le più grandi creditrici al mondo, ora come 7 anni fa...

limitiamoci alla bolla cinese...

il fatto che un lettore dvd costi 20 dollari negli Usa od altro, é sopratutto indice di surplus di produzione che il mercato mondiale non é più in grado di assorbire (si te li tirano dietro, come si suol dire e non solo i lettori dvd, basta guardare al veloce deprezzamento dei telefonini e non solo in Italia) , le aziende che investono in Cina contando su vari fattori, tra i quali il basso costo della manodopera sono per lo più indebitate in yen proprio grazie al carry trade, il fenomeno riguarda più aziende europee che non americane..siamo dunque in fase di surplus di produzione e di aziende, sopratutto europee superindebitate in yen, basta sommare il fattore surplus di produzione ad una eventuale rivalutazione dello yen ... per comprendere quanto l'eventuale crash possa essere plausibile..

paradossalmente, per quanto l'invasione di prodotti di derivazione cinese debba essere vista vista come deleteria , viviamo in una fase "economica" in cui si é obbligati a sostenerla per non crollare..e se poi aggiungiamo una rivalutazione dello yen sulla quale i debiti contratti vanno onorati..

la differenza tra americani ed europei, nell'eventualità, sta nel fatto che gli americani sono padroni della propria politica monetaria e moneta (e sapranno e/o potranno fronteggiare l'eventualità) , noi europei no

solo un paio di economisti e banchieri centrali “ubriaconi” potevano legiferare in quel di Maastricht che si..era cosa giusta e conveniente assoggettare paesi che si trovavano in diversi cicli economici ad unica politica monetaria e sotto unica moneta..la conseguenza diretta è stato il “patto di stabilità” e l’ingessatura della BCE , dato che un efficace ritocco dei tassi (che non sia a "rimorchio"), se per alcuni paesi sarebbe auspicabile , condannerebbe a morte altri, per cui sono i cittadini dei singoli paesi (in difficoltà) con lacrime e sangue a dover mantenere quel patto di stabilità e quei parametri..e non un'adeguata ed efficace politica monetaria a servirli, come ben fanno gli americani da che esiste la Fed
 
Cip1 ha scritto:
solo un paio di economisti e banchieri centrali “ubriaconi” potevano legiferare in quel di Maastricht che si..era cosa giusta e conveniente assoggettare paesi che si trovavano in diversi cicli economici ad unica politica monetaria e sotto unica moneta..la conseguenza diretta è stato il “patto di stabilità” e l’ingessatura della BCE , dato che un efficace ritocco dei tassi (che non sia a "rimorchio"), se per alcuni paesi sarebbe auspicabile , condannerebbe a morte altri, per cui sono i cittadini dei singoli paesi (in difficoltà) con lacrime e sangue a dover mantenere quel patto di stabilità e quei parametri..e non un'adeguata ed efficace politica monetaria a servirli, come ben fanno gli americani da che esiste la Fed


Ma magari sono gli stessi paesi che hanno avuto forti benefici derivanti dall'entrate in europea che ha trasformato la loro "rurale" economia in qualcosa di può serio e per chi non ci crede li invito a farsi un giro nei paesi all'esterno del confine dove sembra di essere tornati indietro di ALMENO 40 anni e dove il volto delle persone è realmente segnato dalle fatiche giornaliere
 
volendocela raccontare proprio tutta..

l'Euro é sevito solo a spalmare su tutti i paesi membri (su tutta Europa) i costi "immani" della riunificazione tedesca, fatti solo due conti.... i milioni di cittadini dell'Est che dall'oggi al domani sono diventati cittadini tedeschi ad ogni effetto, benefici, sussidi, disoccupazione , social dienst ecc. ecc.... senza contare che la DDR ha cambiato ad uno col marco tedesco (quello vero) immediatamente...

gli inglesi che non sono scemi, se ne sono stati fuori
 

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