Catania,"Comune sfratta se stesso" (2 lettori)

Monsignore

Forumer attivo
Non paga l'affitto da 8 mesi


"Il comune di Catania non paga da otto mesi l'affitto all'ufficio notifiche. E adesso è costretto a sfrattare se stesso. Siamo giunti, oramai, al tragicomico...". Così, con un comunicato i consiglieri comunali della Margherita rendono noto quanto sta succedendo in Comune chiedendo, inoltre, spiegazioni alla Giunta Scapagnini sui clamorosi risvolti dello sfratto per morosità divenuto ormai esecutivo.


I consiglieri sono esterrefetti. Per questo la decisione di rendere noto quanto sta succedendo in un comunicato: "In otto mesi si sono susseguirti ben tre avvisi di ingiunzione di pagamento ed ora, ironia della sorte, lo sfratto dovrà essere eseguito dagli stessi ufficiali giudiziari che lavorano negli uffici di via D'Annunzio. Come se non bastasse, continuano gli esponenti del centrosinistra, i 70 dipendenti catanesi dell'Ufficio notifiche, tra ufficiali e coadiutori, non sanno dove dovranno trasferirsi per effettuare il loro lavoro. Al sindaco Scapagnini - evidenziano - chiediamo dunque di conoscere quali sono i tempi per onorare i pagamenti".


:D

sciarnin commenti :-?
 

sharnin

Forumer attivo
Monsignore ha scritto:
Non paga l'affitto da 8 mesi


"Il comune di Catania non paga da otto mesi l'affitto all'ufficio notifiche. E adesso è costretto a sfrattare se stesso. Siamo giunti, oramai, al tragicomico...". Così, con un comunicato i consiglieri comunali della Margherita rendono noto quanto sta succedendo in Comune chiedendo, inoltre, spiegazioni alla Giunta Scapagnini sui clamorosi risvolti dello sfratto per morosità divenuto ormai esecutivo.


I consiglieri sono esterrefetti. Per questo la decisione di rendere noto quanto sta succedendo in un comunicato: "In otto mesi si sono susseguirti ben tre avvisi di ingiunzione di pagamento ed ora, ironia della sorte, lo sfratto dovrà essere eseguito dagli stessi ufficiali giudiziari che lavorano negli uffici di via D'Annunzio. Come se non bastasse, continuano gli esponenti del centrosinistra, i 70 dipendenti catanesi dell'Ufficio notifiche, tra ufficiali e coadiutori, non sanno dove dovranno trasferirsi per effettuare il loro lavoro. Al sindaco Scapagnini - evidenziano - chiediamo dunque di conoscere quali sono i tempi per onorare i pagamenti".


:D

sciarnin commenti :-?

Su quel cialtrone di Scapagnini? ahah?
Quello delle basole? L'unica cosa che ha fatto, peraltro con i contributi europei.
Quello che qualche mattina fa su Rai3 diceva con la più gran faccia di bronzo di questo mondo che a Catania aveva fatto soprattutto per i quartieri poveri, per cui non ha fatto assolutamente nulla?
Quello che insultavano per la strada e allo stadio e non si sa come ha fatto a rivincere le elezioni? Che Berlusconi deve aver rovesciato su Catania almeno metà del suo reddito.
E' vero che oramai coi tagli dei trasferimenti ai Comuni tutti i comuni si trovano nella m. ma le incapacità amministrative di Scapagnini sono leggendarie, almeno Bianco la gente sapeva farla lavorare!
 

Fleursdumal

फूल की बुराई
a Taranto , ora commissariata, l'ex sindaco fi ( alias nanowoman) di bello ha letteralmente mandato in bancarotta la città con debito che si stima possa arrivare sino a 500mln di euro :eek: :eek:
 

Fleursdumal

फूल की बुराई
Una commissione di inchiesta interna al Comune ha accertato che la mega truffa organizzata da dirigenti e impiegati ha provocato un «buco» di 30 milioni
Taranto, il caso degli «illicenziabili»
Si aumentarono lo stipendio per anni, quasi tutti al loro posto

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Come osano, sospenderlo dal servizio? Francesco Grassi, uno dei ventitré dirigenti e impiegati del comune di Taranto arrestati ai primi di luglio perché si erano auto-regalati sontuose buste paga per un totale di 5 milioni di euro in cinque anni, ha già fatto ricorso. Gli altri sei obbligati a non ripresentarsi in ufficio il ricorso lo stanno preparando. Gli altri ancora, sono tornati alla loro scrivania da un pezzo. Per non dire di tutti gli altri dipendenti ancora che, per la commissione d'inchiesta interna, si sarebbero complessivamente fregati almeno da 21 a 30 milioni di euro. Un decimo del gigantesco buco nel quale è precipitata l'ex capitale industriale della Puglia, dichiarata in bancarotta. Stando alle accuse, mosse dalle denunce di un ex consigliere comunale, Nello De Gregorio, Grassi si sarebbe fatto dei regalini nello stipendio, dal 2001 al 2006, con compensi extra per misteriosi lavori «a progetto», per 389 mila euro. Dice però che non è stato ancora rinviato a giudizio e la legge è legge, signori e signore: come si è permesso, il commissario Tommaso Blonda, di sospendere lui e i protagonisti degli altri casi più gravi? Si dirà che, come ha accertato il comandante della Finanza Emanuele Fisicaro, c'è chi in un mese si era fatto omaggio di 19.439 euro e chi di 39.160: ma che c'entra? Certo, c'è chi è accusato come Nicola Blasi, di essersi preso coi ritocchi in busta paga 434 mila euro, chi come Giuseppe Cuccaro 429 mila, chi come Orazio Massafra 422 mila e chi come Cataldo Ricchiuti (al quale sono stati sequestrati 12 fabbricati e un terreno e 124 mila euro in banca: mica male per un funzionario comunale...) addirittura 567 mila.
Ma perché non dovrebbero tornare al loro posto, in attesa del rinvio a giudizio e poi della decisione del Gip e poi del processo in Assise e poi di quello in Appello e poi di quello in Cassazione e magari ancora di qualche ricorso alla corte costituzionale? E il bello è che la magistratura potrebbe dare loro ragione. Perché qui è lo scandalo: Francesco Boccia, mandato da Amato a Taranto come liquidatore (primo caso in Italia per una grande città) ha le mani legate da leggi e leggine così pelosamente garantiste da impedirgli di fatto di usare la mano pesante. Una impotenza che, oltre ad alleggerire la posizione di quella massa di persone coinvolte nella maxi- truffa sugli stipendi (tutte assolutamente convinte che un giorno o l'altro il can-can finirà e magari con l'aiuto dell'indulto anche questa seccatura dell'inchiesta evaporerà in una nuvoletta) rischia di lanciare un pessimo segnale a una città allo sbando. Mario Pazzaglia, il veneto-marchigiano incaricato con Giuseppe Caricati di mettere il naso nei conti, fa professione di ottimismo e cerca di incoraggiare Taranto a reagire spiegando che «con uno scatto di orgoglio la città può recuperare e rinascere». Ma certo il baratro nei conti lasciato dalla giunta guidata dalla forzista Rossana Di Bello (dimessasi pochi mesi dopo una trionfale rielezione in seguito a una condanna per gli appalti dell'inceneritore) gela il sangue: finora siamo già a un buco accertato di 382 milioni di euro. Pari a oltre sei mila euro di «rosso» per ogni famiglia. Un disastro. Sul quale non è avviata solo un'opera di rilettura dei bilanci (che potrebbe rivelare un abisso finanziario che qualcuno paventa addirittura intorno al miliardo di euro) ma si sono aperte un mucchio di inchieste penali. Per falsità in bilancio. Per un appalto da 28 milioni per la pubblica illuminazione. Per il Parco Cimino dato in gestione per 1.000 euro l'anno (neppure pagati) a un ristoratore che faceva lavori edilizi (anche abusivi) e poi mandava il conto al Comune. Per una specie di fontana da due milioni di euro piazzata in mezzo al mare e mai usata. E altro ancora. Una gestione sciagurata.
E meno male che non è andato in porto il progetto un po' megalomane di costruire il Colosso di Zeus, un bestione che avrebbe dovuto ricordare un'antica opera di Lisippo. E magari avrebbe ricordato anche il monumentale sindaco Giancarlo Cito, che prima di finire in galera fu il Re di Taranto e prometteva di far di Taranto «la Svizzera del Sud» e minacciava Di Pietro di «riempirgli la bocca di cemento a presa rapida» e quando si prese pure la squadra di calcio ordinò ai giocatori di darsi da morire sul campo sennò avrebbe «messo le gambe dei più brocchi a mollo in una vasca di piranha». Ma torniamo ai nostri «eroi». La difficoltà di licenziare o perfino di sospendere i dipendenti infedeli del Comune di Taranto, coincidenza, nei giorni in cui un pezzo della sinistra vorrebbe arruolare d'un colpo, senza filtri, 300 mila precari, dei quali moltissimi saranno bravissimi ma una parte certo una palla al piede. E dà ragione a chi, come scriveva Pietro Ichino ieri sul Corriere, sostiene che «la precarietà degli uni è l'altra faccia dell'iperprotezione e inamovibilità degli altri». Cioè di chi, avuto un posto pubblico, non può più essere rimosso da qui all'eternità. Sapete quante notizie Ansa escono, su milioni e milioni di takes dal 1981 ad oggi, incrociando le parole «dipendenti comunali» + «licenziati», declinate al plurale o al singolare? Dodici. Ma nella stragrande maggioranza non raccontano di licenziamenti (come quello di 9 becchini triestini, sbattuti fuori perché davvero nessuno se la sentì di difenderli dopo che avevano aperto un sacco di tombe per rubare ori e orologi ai morti) ma di rimozioni tenacemente intralciate dal sindacato o da un giudice. Come nel caso di Fabrizio Filippi, accusato dal comune di Livorno di essere un lavativo e finalmente messo fuori, dopo una accanita guerriglia processuale, solo dopo 13 anni di sentenze e di ricorsi. O di quello spazzino licenziato dal comune di Latisana dopo un'assenza non giustificata di 15 giorni e fatto riassumere dalla magistratura perché, essendo l'uomo sempre ubriaco, «non era provata la volontà dell'inottemperanza al dovere di prestare servizio». Per non dire di un caso simile a quello di Taranto. Ricordate cosa successe a Napoli? Finirono sotto inchiesta in 321, quattro anni fa, per essersi gonfiati lo stipendio. Molti dichiarando con l'autocertificazione di avere a casa a proprio carico una tale quantità di nonni, suoceri, cugini, zie, cognate e consuocere da ottenere fino a 15 o 20 mila euro di arretrati. Altri perché si erano ritoccati le buste paga attribuendosi fino a 32 milioni al mese. E «voci accessorie» fino a 105 l'anno. Bene: solo uno, il dirigente dell'ufficio Aldo Buono, è stato rimosso. Gli altri, se non se ne sono andati per godersi la «meritata pensione», stanno ancora lì. E con l'indulto di quest'anno si sono tolti pure il pensiero del processo: marameo!
Gian Antonio Stella
 

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