giuseppe.d'orta
Forumer storico
Il 20 Settembre la Camera dei Deputati ha approvato la Legge Comunitaria 2006, approvando, contestualmente, un emendamento che fornisce i principi ed i criteri direttivi per il recepimento della direttiva comunitaria 2004/39/CEE sui servizi d'investimento.
E' molto positivo che il Governo si stia muovendo per recepire rapidamente questa importante direttiva (per la quale c'è stata concessa una proroga rispetto alla scadenza dello scorso aprile, si veda il nostro precedente editoriale: A quando il recepimento della direttiva comunitaria 2004/39/CEE? - http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=148223).
La fretta, però, talvolta è cattiva consigliera, e non vorremmo che in questo caso ci sia stato anche lo zampino di consiglieri più "interessati" della fretta.
Come è noto ai lettori di Aduc-Investire Informati, in Italia esiste uno sparuto gruppo di liberi professionisti che svolgono l'attività di consulenza finanziaria indipendente, retribuiti esclusivamente dalla parcella degli investitori che si rivolgono a loro per avere consigli del tutto scollegati dalle esigenze di profitto degli intermediari finanziari.
Tutti i collaborati di Aduc – Investire Informati sono professionisti di questo tipo.
Recentemente è nata anche un'associazione, denominata NAFOP (www.nafop.it) che riunisce tutti i consulenti finanziari retribuiti esclusivamente a parcella.
Al momento, il loro numero è piuttosto contenuto, poco più di cento in tutta Italia, ma si tratta di una professione in forte crescita e della quale, tutti gli investitori che ne sentono parlare, avvertono il bisogno per liberarsi dai consigli interessati degli intermediari finanziari.
Ebbene, tutto questo rischia di scomparire se l'emendamento del Governo di cui abbiamo detto non verrà modificato al Senato.
Vediamo, più nel dettaglio, come si sta preparando questo pasticcio, contrario non solo al buon senso ed alla tutela degli investitori, ma alle stesse direttive comunitarie che la legge intende recepire.
L'emendamento in questione (8.0100) che riforma l'articolo 8 dell'AC 1042 riguarda – come detto - il recepimento della direttiva comunitaria 2004/39/CEE che si occupa dei servizi d'investimento. Una delle novità significative di questa direttiva è l'introduzione del servizio di consulenza finanziaria come servizio principale (e non più accessorio) e quindi soggetto ad autorizzazione da parte dell'autorità di vigilanza (Consob) per essere svolto.
La direttiva in questione disciplina i requisiti, anche di natura patrimoniale ed organizzativi, per svolgere i servizi d'investimento. Nel caso di imprese che svolgono esclusivamente il servizio consulenza finanziaria è prevista una notevole diminuzione dei requisiti patrimoniali (si veda l'art. 67, dir. 2004/39/CEE). La direttiva prevede un capitale minimo di 50.000 euro, che puo' essere anche derogato in caso di sottoscrizione di polizze professionali.
In sostanza, quindi, l'Europa ha previsto che la consulenza finanziaria (se esercitata a titolo esclusivo) possa essere svolta da liberi professionisti o da piccole società di liberi professionisti.
L'emendamento del Governo approvato alla Camera, al contrario, dispone:
"c) prevedere che l'esercizio nei confronti del pubblico, a titolo professionale, dei servizi e delle attività di investimento sia riservato alle banche e ai soggetti abilitati costituiti in forma di società per azioni" (articolo 9-bis comma 1 punto c) della legge 18 aprile 2005, n. 62, così come introdotto dall'art. 8 della legge comunitaria 2006 in corso di approvazione dal parlamento – AC 1042 – grazie all'emendamento del Governo 8.0100 approvato il 20 Settembre 2006 alla Camera)
Questa parte dell'emendamento del Governo, non distinguendo fra servizio di consulenza finanziaria ed altri servizi d'investimento, di fatto, pone a carico di coloro che intendono svolgere esclusivamente il servizio di consulenza finanziaria dei requisiti organizzativi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalla direttiva comunitaria. Questo aggiungere requisiti non giustificati da particolari rischi per gli investitori o all'integrità del mercato è espressamente proibito dalla Direttiva Comunitaria di attuazione.
Per comprendere come questo emendamento sia contrario ai principi della Comunità Europea è sufficiente leggere la direttiva di attuazione (progetto 30.06.2006). Al punto 7 dei "considerando" iniziali si legge:
Per assicurare l’applicazione uniforme delle varie disposizioni della direttiva 2004/39/CE, è necessario stabilire una serie di requisiti armonizzati in materia di organizzazione e di esercizio dell’attività delle imprese di investimento. Di conseguenza gli Stati membri e le autorità competenti non devono aggiungere regole vincolanti supplementari all’atto del recepimento e dell'applicazione delle disposizioni contenute nella presente direttiva, salvo qualora quest’ultima lo preveda espressamente.
Tuttavia, in circostanze eccezionali, gli Stati membri devono avere la facoltà di imporre alle imprese di investimento requisiti aggiuntivi a quelli previsti nelle norme di esecuzione. Tale intervento deve essere però ristretto ai casi in cui vi siano rischi specifici per la tutela degli investitori o l’integrità del mercato, compresi quelli relativi alla stabilità del sistema finanziario, non adeguatamente affrontati dalla legislazione comunitaria, e deve essere strettamente proporzionato.
E' evidente che obbligare coloro che esercitano esclusivamente l'attività di consulenza come libero professionista, non avendo alcun servizio d'intermediazione da svolgere, a costituirsi in forma di Società per Azioni significa imporre notevoli vincoli aggiuntivi (un capitale sociale molto più alto e costi di gestione molto più elevati).
Per comprendere ancora meglio quanto questo sia contrario alla legge comunitaria, vale la pena citare l'articolo 4 della direttiva di attuazione:
1. Gli Stati membri possono mantenere o imporre obblighi aggiuntivi a quelli previsti nella presente direttiva solo nei casi eccezionali in cui tali obblighi siano obiettivamente giustificati e proporzionati, vista la necessità di far fronte a rischi specifici per la protezione degli investitori o l’integrità del mercato che non siano adeguatamente trattati dalla presente direttiva e purché una delle seguenti condizioni sia soddisfatta:
a) i rischi specifici cui gli obblighi sono volti a far fronte sono di particolare importanza data la struttura del mercato di tale Stato membro;
b) gli obblighi sono volti a far fronte a rischi o problemi che emergano o diventino evidenti dopo la data di applicazione della presente direttiva e che non siano altrimenti regolamentati da altre misure comunitarie o nell’ambito di esse.
3. Gli Stati membri notificano alla Commissione: a) gli eventuali obblighi che intendono mantenere in applicazione del paragrafo 1 prima della data di attuazione della presente direttiva; e
b) gli eventuali obblighi che intendono imporre in applicazione del paragrafo 1 almeno un mese prima della data prevista per l’entrata in vigore di tali obblighi.
In ogni caso, la notifica include la giustificazione di tali obblighi.
La Commissione comunica agli Stati membri e pubblica sul suo sito Internet le notifiche che riceve in conformità del presente paragrafo.
4. Entro il 31 dicembre 2009 la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del presente articolo.
Siamo curiosi di vedere come farà, l'Italia a giustificare in Europa l'introduzione di questo vincolo aggiuntivo, se la legge comunitaria non venisse modificata al Senato. Ma la domanda che ci poniamo è: perché il governo ha predisposto un emendamento che andava chiaramente contro i principi comunitari?
La prima risposta che ci viene in mente, non volendo credere alla malafede di nessuno, è quella di un semplicissimo errore. Ad un esame frettoloso, infatti, la Direttiva Comunitaria potrebbe apparire riservata esclusivamente agli intermediari finanziari (come lo era, di fatto, la precedente direttiva). Se così fosse stato, il citato provvedimento non avrebbe avuto alcun effetto distorsivo.
E' possibile, quindi, che coloro che hanno redatto questo emendamento abbiano semplicemente commesso una svista. In questo caso, il Senato ha tutto il tempo per emendare questo errore.
Una versione più maliziosa, invece, è stata fatta circolare in alcuni ambienti giornalistici: sembrerebbe, infatti, che la proposta delle associazioni delle lobby del risparmio gestito fosse quella di riservare la consulenza finanziaria alle banche ed alle imprese autorizzate che si avvalgono di "agenti collegati" (termine che significa, in Italia, Promotori Finanziari).
Questa proposta, proveniente dal mondo della promozione finanziaria sembra, per il momento, essere recepita. Quanto volontariamente, o quanto per errore...lo vedremo al Senato nelle prossime settimane.
E' molto positivo che il Governo si stia muovendo per recepire rapidamente questa importante direttiva (per la quale c'è stata concessa una proroga rispetto alla scadenza dello scorso aprile, si veda il nostro precedente editoriale: A quando il recepimento della direttiva comunitaria 2004/39/CEE? - http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=148223).
La fretta, però, talvolta è cattiva consigliera, e non vorremmo che in questo caso ci sia stato anche lo zampino di consiglieri più "interessati" della fretta.
Come è noto ai lettori di Aduc-Investire Informati, in Italia esiste uno sparuto gruppo di liberi professionisti che svolgono l'attività di consulenza finanziaria indipendente, retribuiti esclusivamente dalla parcella degli investitori che si rivolgono a loro per avere consigli del tutto scollegati dalle esigenze di profitto degli intermediari finanziari.
Tutti i collaborati di Aduc – Investire Informati sono professionisti di questo tipo.
Recentemente è nata anche un'associazione, denominata NAFOP (www.nafop.it) che riunisce tutti i consulenti finanziari retribuiti esclusivamente a parcella.
Al momento, il loro numero è piuttosto contenuto, poco più di cento in tutta Italia, ma si tratta di una professione in forte crescita e della quale, tutti gli investitori che ne sentono parlare, avvertono il bisogno per liberarsi dai consigli interessati degli intermediari finanziari.
Ebbene, tutto questo rischia di scomparire se l'emendamento del Governo di cui abbiamo detto non verrà modificato al Senato.
Vediamo, più nel dettaglio, come si sta preparando questo pasticcio, contrario non solo al buon senso ed alla tutela degli investitori, ma alle stesse direttive comunitarie che la legge intende recepire.
L'emendamento in questione (8.0100) che riforma l'articolo 8 dell'AC 1042 riguarda – come detto - il recepimento della direttiva comunitaria 2004/39/CEE che si occupa dei servizi d'investimento. Una delle novità significative di questa direttiva è l'introduzione del servizio di consulenza finanziaria come servizio principale (e non più accessorio) e quindi soggetto ad autorizzazione da parte dell'autorità di vigilanza (Consob) per essere svolto.
La direttiva in questione disciplina i requisiti, anche di natura patrimoniale ed organizzativi, per svolgere i servizi d'investimento. Nel caso di imprese che svolgono esclusivamente il servizio consulenza finanziaria è prevista una notevole diminuzione dei requisiti patrimoniali (si veda l'art. 67, dir. 2004/39/CEE). La direttiva prevede un capitale minimo di 50.000 euro, che puo' essere anche derogato in caso di sottoscrizione di polizze professionali.
In sostanza, quindi, l'Europa ha previsto che la consulenza finanziaria (se esercitata a titolo esclusivo) possa essere svolta da liberi professionisti o da piccole società di liberi professionisti.
L'emendamento del Governo approvato alla Camera, al contrario, dispone:
"c) prevedere che l'esercizio nei confronti del pubblico, a titolo professionale, dei servizi e delle attività di investimento sia riservato alle banche e ai soggetti abilitati costituiti in forma di società per azioni" (articolo 9-bis comma 1 punto c) della legge 18 aprile 2005, n. 62, così come introdotto dall'art. 8 della legge comunitaria 2006 in corso di approvazione dal parlamento – AC 1042 – grazie all'emendamento del Governo 8.0100 approvato il 20 Settembre 2006 alla Camera)
Questa parte dell'emendamento del Governo, non distinguendo fra servizio di consulenza finanziaria ed altri servizi d'investimento, di fatto, pone a carico di coloro che intendono svolgere esclusivamente il servizio di consulenza finanziaria dei requisiti organizzativi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalla direttiva comunitaria. Questo aggiungere requisiti non giustificati da particolari rischi per gli investitori o all'integrità del mercato è espressamente proibito dalla Direttiva Comunitaria di attuazione.
Per comprendere come questo emendamento sia contrario ai principi della Comunità Europea è sufficiente leggere la direttiva di attuazione (progetto 30.06.2006). Al punto 7 dei "considerando" iniziali si legge:
Per assicurare l’applicazione uniforme delle varie disposizioni della direttiva 2004/39/CE, è necessario stabilire una serie di requisiti armonizzati in materia di organizzazione e di esercizio dell’attività delle imprese di investimento. Di conseguenza gli Stati membri e le autorità competenti non devono aggiungere regole vincolanti supplementari all’atto del recepimento e dell'applicazione delle disposizioni contenute nella presente direttiva, salvo qualora quest’ultima lo preveda espressamente.
Tuttavia, in circostanze eccezionali, gli Stati membri devono avere la facoltà di imporre alle imprese di investimento requisiti aggiuntivi a quelli previsti nelle norme di esecuzione. Tale intervento deve essere però ristretto ai casi in cui vi siano rischi specifici per la tutela degli investitori o l’integrità del mercato, compresi quelli relativi alla stabilità del sistema finanziario, non adeguatamente affrontati dalla legislazione comunitaria, e deve essere strettamente proporzionato.
E' evidente che obbligare coloro che esercitano esclusivamente l'attività di consulenza come libero professionista, non avendo alcun servizio d'intermediazione da svolgere, a costituirsi in forma di Società per Azioni significa imporre notevoli vincoli aggiuntivi (un capitale sociale molto più alto e costi di gestione molto più elevati).
Per comprendere ancora meglio quanto questo sia contrario alla legge comunitaria, vale la pena citare l'articolo 4 della direttiva di attuazione:
1. Gli Stati membri possono mantenere o imporre obblighi aggiuntivi a quelli previsti nella presente direttiva solo nei casi eccezionali in cui tali obblighi siano obiettivamente giustificati e proporzionati, vista la necessità di far fronte a rischi specifici per la protezione degli investitori o l’integrità del mercato che non siano adeguatamente trattati dalla presente direttiva e purché una delle seguenti condizioni sia soddisfatta:
a) i rischi specifici cui gli obblighi sono volti a far fronte sono di particolare importanza data la struttura del mercato di tale Stato membro;
b) gli obblighi sono volti a far fronte a rischi o problemi che emergano o diventino evidenti dopo la data di applicazione della presente direttiva e che non siano altrimenti regolamentati da altre misure comunitarie o nell’ambito di esse.
3. Gli Stati membri notificano alla Commissione: a) gli eventuali obblighi che intendono mantenere in applicazione del paragrafo 1 prima della data di attuazione della presente direttiva; e
b) gli eventuali obblighi che intendono imporre in applicazione del paragrafo 1 almeno un mese prima della data prevista per l’entrata in vigore di tali obblighi.
In ogni caso, la notifica include la giustificazione di tali obblighi.
La Commissione comunica agli Stati membri e pubblica sul suo sito Internet le notifiche che riceve in conformità del presente paragrafo.
4. Entro il 31 dicembre 2009 la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del presente articolo.
Siamo curiosi di vedere come farà, l'Italia a giustificare in Europa l'introduzione di questo vincolo aggiuntivo, se la legge comunitaria non venisse modificata al Senato. Ma la domanda che ci poniamo è: perché il governo ha predisposto un emendamento che andava chiaramente contro i principi comunitari?
La prima risposta che ci viene in mente, non volendo credere alla malafede di nessuno, è quella di un semplicissimo errore. Ad un esame frettoloso, infatti, la Direttiva Comunitaria potrebbe apparire riservata esclusivamente agli intermediari finanziari (come lo era, di fatto, la precedente direttiva). Se così fosse stato, il citato provvedimento non avrebbe avuto alcun effetto distorsivo.
E' possibile, quindi, che coloro che hanno redatto questo emendamento abbiano semplicemente commesso una svista. In questo caso, il Senato ha tutto il tempo per emendare questo errore.
Una versione più maliziosa, invece, è stata fatta circolare in alcuni ambienti giornalistici: sembrerebbe, infatti, che la proposta delle associazioni delle lobby del risparmio gestito fosse quella di riservare la consulenza finanziaria alle banche ed alle imprese autorizzate che si avvalgono di "agenti collegati" (termine che significa, in Italia, Promotori Finanziari).
Questa proposta, proveniente dal mondo della promozione finanziaria sembra, per il momento, essere recepita. Quanto volontariamente, o quanto per errore...lo vedremo al Senato nelle prossime settimane.