COMPRO AZIONI ALITALIA!

ricpast

Sono un tipo serio
Dico seriamente.

Ditemi quanti pezzi siete disposti a vendermi e io vi farò una proposta d'acquisto.

Costo dei bolli del fissato bollato a carico del venditore
 
NON HA VOLUTO SVENDERLE AD AIRFRANCE MA COSI QUALCOSA ANDAVA AGLI AZIONISTI MA INVECE LE REGALA AI SUOI AMICI DANDO NIENTE AGLI AZIONISTI E ALLO STATO CHE SIAMO POI SEMPRE NOI....
IL SOLITO REGALO FRA POTENTI,SI DIVIDONO LE MERENDINE...QUESTA è L'ITALIA ED ALITALIA
 
ricpast ha scritto:
Dico seriamente.

Ditemi quanti pezzi siete disposti a vendermi e io vi farò una proposta d'acquisto.

Costo dei bolli del fissato bollato a carico del venditore

rik ma sei short?
 
BLOCCHIAMO ALITALIA, BERLUSCONI, LIGRESTI, COLANNINO, PASSER

BLOCCHIAMO ALITALIA, BERLUSCONI, LIGRESTI, COLANNINO, PASSERA E TUTTI I FILISTEI....
http://mercatoliberonews.blogspot.com/2008/09/blocchiamo-alitalia-berlusconi-ligresti.html


UN DECOLLO CHE SFIDA LE LEGGIdi Lorenzo Stanghellini 02.09.2008

Il mercato ha le sue leggi, una delle quali dice che un'impresa che spende più di quello che incassa prima o poi ne esce per liquidazione volontaria o per fallimento. Il mercato aveva già decretato la morte di Alitalia, in perdita da anni, in marzo.

I sindacati hanno confidato nell'aiuto della politica e hanno avuto ragione, perché governo e il Parlamento hanno dato alla compagnia altro denaro da bruciare. Si è trattato, però, di una vittoria di Pirro.

Dopo soli quattro mesi, i soldi sono finiti e siamo giunti al capolinea. Ora quali scenari si aprono con il decreto Alitalia?
Le mele non cadono dal basso verso l’alto, nemmeno se i sindacati lo chiedono e una legge dello Stato italiano lo dispone. Il mercato ha le sue leggi, una delle quali dice che un’impresa che spende più di quello che incassa prima o poi esce dal mercato, per liquidazione volontaria o per fallimento. In primavera, il mercato aveva già decretato la morte di Alitalia, che perdeva da anni.
Le riserve di liquidità erano ormai esigue e un acquirente (Air France) era disposto a comprare le azioni, pagare tutti i creditori, proseguire l’attività, a condizione che i sindacati accettassero un accordo di pesante riduzione degli organici. I sindacati hanno detto no, confidando nell’aiuto della politica, e hanno avuto ragione, perché il governo e il Parlamento hanno dato ad Alitalia altro denaro da bruciare.Si è trattato, però, di una vittoria di Pirro. Dopo soli quattro mesi, il denaro è finito di nuovo e Alitalia è giunta al capolinea.
Il governo ha adottato un decreto-legge che contiene una serie di norme speciali, dettate per Alitalia.
Ma cosa è esattamente il “decreto Alitalia”?
Qual è lo scenario che si prospetta?
Chi sono gli sconfitti?
Ci sono, almeno, alcuni vincitori?


PROCEDURA PARMALAT PER TUTTE LE GRANDI IMPRESE INSOLVENTI
Quando le grandi imprese divengono insolventi “ falliscono”, scatta per loro la procedura di amministrazione straordinaria. Si tratta di una procedura analoga al fallimento (riservato alle piccole imprese), ma con un forte controllo politico, poiché il commissario straordinario è nominato dal ministro delle Attività produttive e a lui risponde.
In occasione del crack Parmalat si è creata una variante più rapida della procedura di amministrazione straordinaria (cosiddetta “Marzano”), riservata alle imprese con grandi debiti, ma capaci di camminare con le proprie forze grazie ai ricavi dell’attività, una volta ridotti i debiti a un livello sostenibile. È per questo che Parmalat ha potuto essere ristrutturata e quotata nuovamente in borsa.
Alitalia non ha assolutamente quelle caratteristiche: ogni giorno perde denaro. Per le imprese in questo stato, il problema non sono i debiti accumulati, che all’occorrenza possono essere “falciati”, con un processo doloroso e inevitabile, ma le perdite che continuano a prodursi.
Nonostante ciò, con il decreto Alitalia si è ritenuto di aprire l'amministrazione straordinaria “modello Parmalat” anche alle imprese che non possono ristrutturarsi e che hanno come unica prospettiva quella di trovare un acquirente che compri quello che c’è rimasto di buono.
Fin qui, nulla di veramente grave: si è scelto di incanalare Alitalia su una procedura più rapida, anche se proprio per questo meno garantista per i creditori.

VENDITA IMMEDIATA, PASSANDO SOPRA TUTTI
Questo, evidentemente, non era sufficiente. Il decreto Alitalia ha dunque previsto, per le imprese che erogano “servizi pubblici essenziali”, che il commissario venga dotato di poteri ancor più “straordinari”, e in particolare del potere di vendere l’azienda a trattativa privata, cioè senza una gara fra potenziali acquirenti, ma solo sulla base della stima di un “esperto indipendente”, e in deroga alla normativa antitrust sulle concentrazioni.
Questo appare grave: la trattativa privata potrebbe non dare ai creditori il massimo realizzo possibile e il compratore potrebbe acquisire una posizione di monopolio che danneggia la concorrenza (cioè i consumatori e le imprese, che utilizzano il servizio a costi maggiori).

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che normalmente dovrebbe autorizzare preventivamente la vendita, verrà chiamata solo a rimettere insieme i cocci della concorrenza, prescrivendo misure che prevengano uno sfruttamento di posizione dominante. Un pannicello caldo, di solito poco efficace e che fa svolgere all’Autorità un ruolo di regolatore che non le è proprio.



LA “BAD COMPANY” E I SUOI ORFANI
Alitalia è stata posta in procedura di amministrazione straordinaria sulla base della nuova legge. Salvo imprevisti (ad esempio un’offerta di un concorrente estero), il commissario continuerà ora a far volare gli aerei con i pochi soldi che restano in cassa, o con finanza-ponte e poi venderà una parte dell’azienda, a trattativa privata, a Compagnia aerea italiana.

Ciò che resterà alla vecchia Alitalia, ormai bad company, saranno dunque, per lo più, i beni di scarso valore, i debiti, e soprattutto i lavoratori in eccesso.

Visto che in primavera non si riusciva a licenziarli, in estate si è deciso di vendere l’azienda alleggerita dal loro peso. Il risultato non pare molto diverso.
Con tutta probabilità, il prezzo di vendita di aerei e rotte “buone” non basterà a pagare tutti i creditori.
Dalle notizie di stampa si legge che il commissario pagherebbe i creditori bancari e non gli obbligazionisti, ma ciò non sembra possibile: almeno fino a oggi, tutti i creditori di Alitalia hanno gli stessi diritti.
In questa situazione di deficit patrimoniale, agli azionisti, che sono postergati ai creditori, il commissario di Alitalia non riuscirà a distribuire nemmeno un euro.


NON CI SONO VINCITORI
A marzo, con il piano Air France, i creditori sarebbero stati pagati per intero (la società sarebbe stata ricapitalizzata), e gli azionisti avrebbero potuto vendere le azioni (a prezzo basso, ma maggiore di zero).
Cinque mesi dopo, lo Stato sta per perdere 300 milioni del suo prestito-ponte, i creditori (fra cui ancora lo Stato) parte dei loro crediti e gli azionisti hanno già perso tutto. I lavoratori che Air France non voleva, e che nemmeno Compagnia aerea italiana vuole, godranno di indennità per un periodo molto lungo, ma verranno comunque licenziati.
Un bilancio triste.
Proprio perché lo Stato [e la propaganda elettorale di Berlusconi] ha fatto di tutto per interferire nella gestione di Alitalia, danneggiando azionisti e creditori (e contribuenti),
il decreto Alitalia contiene due ultime “perle”:
a) esonera gli amministratori, i sindaci e i manager di Alitalia da qualunque responsabilità per qualsiasi illecito eventualmente commesso nello sciagurato ultimo anno di vita della società;
b) dispone che gli azionisti e gli obbligazionisti di Alitalia vengano trattati come risparmiatori vittime di frodi finanziarie, ammessi agli incerti benefici di un fondo pubblico su cui tanti vantano pretese.
Ma, a parte il fatto che la misura si applica solo ai piccoli risparmiatori e non allo Stato né agli investitori istituzionali, che non avranno tutela, l’unico danno qui lo ha arrecato lo Stato italiano, che ha sottratto Alitalia alle regole che valgono per tutte le altre imprese.
Dinanzi a una Corte Costituzionale sensibile ai valori che fondano il nostro sistema economico, queste norme non reggerebbero. Se qualcuno avrà il coraggio di impugnarle, vedremo se è così.
Nel frattempo, l’Unione europea potrebbe dichiarare che, con la serie di leggi speciali che l’hanno sospesa in volo, Alitalia ha goduto di un aiuto di stato, essendo stata assoggettata a un regime di favore con oneri per lo Stato, che qualcuno sarà allora chiamato a rimborsare. Quando sarà calata la polvere di queste settimane concitate, si potrebbe dunque aprire una nuova fase di conflitti, dall’esito alquanto incerto.
 
ALITALIA : BLOCCHIAMOLIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII !!!

ALITALIA : BLOCCHIAMOLIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII !!!




ALITALIA: CHI HA PERSO LA SCOMMESSAdi Michele Polo 02.09.2008
Presentato come una scommessa vinta per il paese, il Piano Fenice sembra invece un vistoso passo indietro rispetto alla proposta Air France-Klm, fatta naufragare in marzo per necessità elettorali del PDL




La nuova Alitalia sarà un vettore incentrato sul mercato italiano, con un sostanziale monopolio sulla rotta Milano-Roma per la fusione delle attività con Airone. In più, l'intera operazione è caratterizzata da un bassissimo grado di trasparenza. Ma a suscitare preoccupazione è soprattutto il modo in cui i media hanno affrontato la questione.



.... continua
http://mercatoliberonews.blogspot.com/2008/09/alitalia-blocchiamoliiiiiiiiiiiiiiiiiii.html
 
da
http://www.effedieffe.com/content/view/4368/169/

Tremonti si tiene alla larga da questa defecazione chiamata «cordata Alitalia», nata tutta da un'alzata d'ingegno improvvisata del Salame. Perchè il cosiddetto salvataggio costerà parecchio alle vuote casse dello Stato, ossia ai noi contribuenti. Quanto?
....
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Ma per la cordata, l'affare si presenta bene. Ora sono una mezza dozzina le compagnie aeree straniere interessate al catorcio Alitalia, dopo Air France e Lufthansa, persino British Airways. Sfido: i debiti del catorcio sono a carico di noi contribuenti (prima, Air France se li accollava, a noi non sarebbe costato niente).

Finirà che gli imprenditori della cordata venderanno le loro quote, che hanno comprato su insistenza del Salame in cambio di vari favori («Specie nell'immobiliare», dice Epifani dall'oltretomba, «altri perchè titolari di concessioni, Benetton perchè azionista di Aeroporti di Roma»), e ci faranno pure un profitto. Lorsignori ci guadagnano sempre. A perderci, siamo sempre solo noi.

Una parentesi: dedicata ai lettori che se la sono presa a male per la mia «violenza» verbale (insulti) contro il Salame spendaccione dei soldi nostri.. Non è cristiano, dicono.

Temo facciano fatica a capire da dove vengano miliardi spesi per il salvataggio Alitalia, dilapidato in trenta nuovi aerei di Stato; da dove vengono i soldi che serviranno a coprire i danni fatti dalla teppa tifosa napoletana ai treni. Quei soldi, lo Stato li ruba ai poveri.
Perchè questo Stato, le tasse, le fa pagare ai poveri: ossia alla massa di lavoratori dipendendi con 12 mila euro annuali.. Già a quel livello si pagano le tasse (in Spagna, si comincia a pagarle dai 22 mila euro annui in sù). Quando si parla di «contribuenti», in Italia, si deve intendere «i poveri»; più precisamente, i poveri che lavorano o sono pensionati.
 
ALITALIA E LA MAFIETTA ITALIANA
http://mercatoliberonews.blogspot.com/2008/09/alitalia-e-la-mafietta-italiana.html

INTERESSI IN CORDATA – GLI INTRECCI TRA IL GOVERNO E GLI IMPRENDITORI “SALVA ALITALIA” – LE TARIFFE AEROPORTUALI PER I BENETTON, LA TIRRENIA PER APONTE, IL PONTE SULLO STRETTO PER LIGRESTI E GAVIO…

Luca Fornovo per “La Stampa”

Da una parte c’è la partita Alitalia. Dall’altra quella che il governo Berlusconi sta giocando su altre infrastrutture del sistema Italia con alcuni dei soci forti (Benetton, Ligresti, Gavio, Aponte e Sposito) della Cai, la cordata salva-Alitalia. Si tratta di un’intricata ragnatela di interessi.

Restando nelle vie del cielo, l’esecutivo è ormai in dirittura d’arrivo per approvare un ritocco del 6-12% alle tariffe aeroportuali, cosa che sarà sicuramente gradita ad alcuni aeroporti italiani, tra cui l’Aeroporto di Roma (AdR), di cui la famiglia Benetton possiede una bella fetta del capitale, attraverso la sua partecipazione in Gemina. Il governo ha, poi, intenzione di avviare progetti ambiziosi nelle infrastrutture del mare, con la privatizzazione di Tirrenia, attesa entro fine anno.

E nelle infrastrutture di terra, Palazzo Chigi e la statale Società Stretto di Messina sono al lavoro per stringere a breve un accordo con Impregilo sui costi del Ponte di Messina. Progetti che forse, non a caso, attirano l’interesse di alcuni dei soci della Cai. Alla privatizzazione di Tirrenia potrebbero partecipare insieme a un gruppo di armatori Gianluigi Aponte, presidente di Msc, la Mediterranea shipping company, e della Snav e il numero uno del fondo Clessidra, Claudio Sposito.

Non va, poi, dimenticato che i tre soci - con quote paritetiche - di Impregilo, il futuro costruttore del Ponte sullo Stretto, sono Benetton, Ligresti e Gavio. Tutti soci anche della cordata salva-Alitalia. Nel giro di pochi mesi Impregilo dovrebbe formalizzare la nuova offerta per la realizzazione del Ponte.

Tre anni fa il primo gruppo italiano di costruzioni si aggiudicò la gara per 3,9 miliardi. La nuova offerta dovrebbe aggirarsi tra i 4,3 e i 4,4 miliardi di euro. Cioè rivista al rialzo di 4-500 milioni. Un aumento che, giusto per fare due calcoli, rappresenta più del doppio di quanto Benetton, Ligresti, Gavio hanno investito nella Cai. Il rialzo è però giustificato dal rincaro delle materie prime. «I costi del Ponte aumenteranno - ha spiegato di recente Alberto Rubegni, ad di Impregilo - perchè avevamo fatto un’offerta con il petrolio a 32 dollari al barile». Oggi l’oro nero quota poco sotto i 110 dollari.

Anche per il finanziamento del Ponte, che complessivamente costerà poco più di 6 miliardi di euro, la soluzione sembra molto vicina. Lo schema allo studio del governo prevede che l’opera venga finanziata per circa il 40% attraverso un aumento di capitale che verrà varato dal Ministero dell’Economia (nel progetto precedente era Fintecna a metterci i soldi) e al 60% facendo ricorso al mercato internazionale dei capitali. La progettazione definitiva, curata da Impregilo, potrebbe essere avviata già a gennaio e l’apertura dei cantieri a metà del 2010, dopo aver superato alcuni passaggi burocratici, tra cui l’approvazione del Cipe e del Ministero delle Infrastrutture.

Oltre al Ponte per i Benetton, come si è detto, una partita importante resta anche quella delle tariffe aeroportuali.

Il governo starebbe per avviare un aumento pari all’inflazione programmata, che ora è all’1,7%. La notizia è positiva per la loro partecipata AdR (Aeroporto di Fiumicino e Ciampino) che attende dal 2000, un ritocco al rialzo. Ma i Benetton non possono comunque lamentarsi.

La famiglia di Ponzano Veneto, che è anche azionista di Atlantia (la ex Autostrade), ha già incassato dall’attuale governo un vantaggioso adeguamento tariffario per le autostrade (il 70% dell’inflazione effettiva). Un successo per Atlantia e i Benetton, visto che la redditività, secondo gli analisti, è garantita fino al 2038.

Un po’ meno per gli italiani che dovranno pagare pedaggi più salati.

Infine, tempi stretti anche per Tirrenia: il 31 dicembre scadono le convenzioni statali che finora hanno permesso alla compagnia di navigazione di sopravvivere coprendo le perdite operative sulle tratte di interesse pubblico.

Tirrenia che fattura 620 milioni, ha perdite vicino al miliardo di euro. Il premier Berlusconi ha confermato la volontà di privatizzare perché Tirrenia fa «concorerenza sleale ai privati che hanno posizioni di leadership. E qui potrebbe entrare presto in scena Aponte che oltre a corteggiare Tirrenia ha interesse nelle sue controllate regionali: la campana Caremar, la sarda Saremar, la toscana Toremar e la siciliana Siremar che fanno concorrenza alla Snav.

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Pubblicato da MERCATO LIBERO a 0.03
 
IL MITICO BEPPE SCIENZA E LA SCHIFEZZA DI ALITALIA!!!
I costi del salvataggio
«Alitalia atterra sui risparmiatori»
Gli obbligazionisti rischiano di rimpiangere l’offerta Air France.
Serve un regolamento sui conti dormienti.
Era meglio il metodo Parmalat?

http://mercatoliberonews.blogspot.com/2008/09/il-mitico-beppe-scienza-e-la-schifezza.htm


ldi Beppe Scienza

Libero Mercato,
Un salvataggio sulla pelle dei risparmiatori?

I giochi non sono ancora tutti fatti, ma c’è qualcosa che stride nel piano Fenice, a prescindere da ogni simpatia o antipatia politica.

Sarà anche vero che non è un fallimento, ma allora bisogna che qualcuno lo spieghi agli obbligazionisti dell’Alitalia, che temono di fare la fine di quelli della Parmalat.

D’altronde a rigore di termini pure la Parmalat non è fallita.
Infatti ai creditori importa solo relativamente il tipo di procedura concorsuale in cui incappano, che può essere un fallimento in senso stretto, la Legge Marzano o una sua modifica.
Quel che conta è quanto recuperano del loro credito.

Debt to equity.
Per cominciare molti obbligazionisti si chiedono se non era meglio proprio una procedura alla Parmalat, magari con qualche adattamento della legge Marzano, ma conservandone l’impianto generale.
Con essa gli attivi e i passivi vengono separati e i secondi congelati.
Intanto il commissario manda avanti l’attività della società, procedendo a una riduzione del personale, se è il caso (e per l’Alitalia questo nessuno lo nega).
Ma poi gli obbligazionisti diventano azionisti della società risanata: è il cosiddetto debt to equity.
Sarebbero quindi loro, al posto o insieme a Roberto Colaninno e soci, ad attendersi un’altra redditività dai capitali che hanno messo, nolenti o volenti, nella nuova Alitalia.

Merita ricordare che i creditori della Parmalat ricevettero azioni del valore nominale di un euro, il cui prezzo di mercato si stabilizzò però presto sopra i 2 €, anche a prescindere dalle quotazioni molto più alte delle prime settimane, in qualche modo anomale. L’exploit dei 3,02 € in primissima battuta delle contrattazioni il 6 ottobre 2005 dipese anche dai ritardi nella consegna dei titoli.

Ma ai possessori del prestito Alitalia 7,5% 2010 è stato precluso di avvantaggiarsi del futuro probabile buon andamento della società. Il trattamento che riceveranno dipenderà soprattutto dal prezzo a cui il commissario Augusto Fantozzi venderà le attività della società: aerei, slot, terreni, marchio, avviamento ecc.
Corrono però voci che il ricavato non sarebbe sufficiente, nel qual caso dovrebbe intervere il fondo per i crac finanziari, su cui Libero Mercato ha riferito accuratamente più volte, anche di recente.

L’offerta di Air France.
Alcuni dicono che i risparmiatori abbiano una memoria da elefante, anche se sussiste qualche dubbio sulla validità generale di tale regola.
Non sono però richieste particolari doti mnemoniche per rordarsi quanto offriva neanche sei mesi fa Air France, cioè l’85% del nominale delle obbligazioni e l’equivalente in titoli Air France di 0,10 euro ogni azione.
Tanto per completare il discorso la tabellina che segue ???? riporta anche gli ultimi prezzi prima che la Borsa Italiana sospendesse i titoli il 3-6-2008.

Azioni e obbligazioni Alitalia
titolo.....................ultimo prezzo di Borsa..... offerta di Air France

obbligazioni..........65 per cento ...................... 85 per cento*


azioni.................. ..0,44 euro..............................0,10 euro*


* Air France offriva 0,3145 € in contanti per ogni obbligazione unitaria del valore nominale di 0,37 € e il concambio delle azioni Alitalia in proprie azioni valutando le Alitalia 0,10 euro per azione

Si può definire il piano Fenice la meraviglie delle meraviglie, magari potrà anche esserlo per la compagnia aerea in sé, ma come reagirà un risparmiatore?
Se a conti fatti otterrà meno di 85 euro per cento di nominale, avrà fondati motivi per prendersela con chi ha fatto saltare l’accordo coi cugini d’Oltralpe.
Anzi, a ben vedere è il Tesoro che avrebbe ceduto il suo credito ai francesi all’85%. Quasi tutti gli altri possessori di obbligazioni se le sarebbero tenute per incassare il 100% a scadenza, escludendo un fallimento di Air France nell’arco dei prossimi due anni.

Un affare per altri.
Merita aggiungere en passant che molto probabilmente una compagnia aerea straniera, Air France o un’altra, magari non acquisirà subito il controllo, ma riuscirà a mettere non uno zampino ma un piede nella nuova società, senza pagare lo scotto di accollarsi neppure una quota del suo debito obbligazionario, che Air France si era offerta di rilevare in toto. Inoltre, visti i toni patriottici dell’impresa, perché Banca Intesa non ha pensato di permettere ai risparmiatori italiani di rischiare anche loro i propri soldi sottoscrivendo azioni di assoluta minoranza della nuova Alitalia che sta per nascere dal piano Fenice?

Le azioni Alitalia.
Più complesso il caso degli azionisti. Per cominciare qui il prezzo previsto dall’offerta pubblica d’acquisto (opa) annunciata da Air France è un termine di paragone non significativo. L’offerta di scambio azionario, valutando 0,10 euro ogni azione Alitalia, avrebbe permesso al Tesoro di acquisire un pacchetto azionario, anziché nulla come adesso, ma era priva di interesse per un investitore di minoranza. Infatti in quei frangenti in Borsa il titolo batteva sugli 0,40-0,50 euro. Chi lo comprava o comunque se lo teneva, anziché semmai venderlo e comprare azioni Air France, non faceva conto di darlo all’opa. Pensava piuttosto che le quotazioni sarebbero salite, una volta risanata la società.
Un caso a parte, su cui voglio muoversi associazioni di consumatori di matrice sindacale, sono poi quei dipendenti diventati azionisti per aver sottoscritto le azioni offertegli a condizioni relativamente vantaggiose. Come tutti quanti hanno mantenuto in portafoglio azioni della compagnia italiana cosiddetta di bandiera, anche loro ci hanno rimesso pesantemente. Sul fatto però che (moralmente) gli spetti un indennizzo, le opinioni sono molto discordanti. È infatti presumibile che le azioni della società siano scese così tanto anche per il livello delle loro retribuzioni. Con una battuta trita e volgare viene da dire che è difficile avere la botte piena e la moglie ubriaca.

Perdite pubbliche.
Il direttore di questo giornale, Oscar Giannino, ha giustamente osservato riguardo al costo dei dipendenti in esubero da Alitalia che “quando i debiti li ha fatti una compagnia di Stato, non si vede perché e come non se li debba accollare chi li ha fatti. A spese di noi tutti” (26-8-2008, pag. 5).
Ciò vale anche e a maggior ragione per le obbligazioni. Mentre infatti un dipendente non può cambiare senza problemi l’azienda dove lavorare, un risparmiatore può farlo coi suoi investimenti. Se in particolare ha scelto le obbligazioni Alitalia, con rendimenti alti ma non stratosferici, è perché si sentiva garantito dall’azionista pubblico e soprattutto dalle continue dichiarazioni dei suoi amministratori. Infatti costoro, nominati dal Tesoro, hanno sempre fatto riferimento e indotto i risparmiatori a fare affidamento sulla continuità aziendale.

Né ora sono sufficienti dichiarazioni d’intenti di esponenti del governo, quale per esempio il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli (AN) che riguardo agli obbligazionisti ha detto il 27-8-2008 che esso “intende tutelarli, scongiurando un nuovo caso Parmalat”.
In ogni caso distinguere gli obbligazionisti fra piccoli e meno piccoli cozza col dettato dell’articolo 47 della Costituzione che afferma che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”, senza riferirsi solo al piccolo risparmio. Tale restrizione sarebbe giustificata semmai per le azioni, interpretando in tal senso l’aggettivo popolare del secondo comma che aggiunge che essa “favorisce l’accesso del risparmio popolare a [...] l’investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

Conti dormienti.
Dal governo è stato annunciato il ricorso al nascente fondo alimentato dai cosiddetti conti dormienti. Le norme relative sono state migliorate rispetto alla bozza iniziale e comunque il principio a monte è condivisibile. È meglio che sia lo Stato a disporre di soldi dimenticati, anziché finiscano a essere le banche ad appropriarsene.
Per funzionare per l’Alitalia dovrà essere opportunamente formulato il regolamento applicativo, cosa ovviamente possibile. Tale fondo era stato pensato per le vittime di illeciti finanziari come nel caso di Cirio e Parmalat, ma nulla vieta di estenderne l’utilizzo a una fattispecie diversa.
Certo che gli italiani si erano disabituati ai crac a danno degli obbligazionisti.
Sono passati oltre sei anni da quando andò a gambe all’aria la Cirio di Sergio Cragnotti e poco meno di cinque dal default della Parmalat di Calisto Tanzi.
Vi sarà ora una nuova puntata con decine di migliaia di vittime di un altro dissesto, per giunta di una società del settore pubblico e proprio con Giulio Tremonti ministro dell’economia?
Oppure, in un modo o nell’altro, i loro risparmi verranno salvati e/o reintegrati?
Pubblicato da MERCATO LIBERO a 23.58
 
ALITALIA: LUSI (PD), GOVERNO CHIARISCA CLAUSOLE SEGRETE
(ANSA) - ROMA, 5 SET - ''Il Governo chiarisca immediatamente
se corrisponde al vero quanto riportato oggi da un autorevole
quotidiano economico francese, 'La Tribune', a proposito di una
presunta offerta di Banca Intesa ad Air France - KLM di
diventare azionista di maggioranza di Alitalia nel 2013''. Lo
chiede Luigi Lusi (Pd), componente della commissione Bilancio
del Senato.
''Dal momento che il governo ha dato ampio mandato
all'operazione Alitalia - ha aggiunto Lusi - si chiede se sia
vero o meno che esisterebbe tale tacito accordo; se esistano
clausole segrete, zone d'ombra che possano portare all'esito
prefigurato dal quotidiano francese, con il rischio cioe' che la
compagnia di bandiera italiana diventi di Air France entro pochi
anni''. (ANSA).
 

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