con la nuova guerra in Libia i migranti diventano rifugiati; sì ma solo i libici!

tontolina

Forumer storico
Libia: Trenta, con la guerra i migranti diventano rifugiati
'Vanno accolti. Errore pensare attacco sarebbe soluzione'

"In questa fase il pericolo che possano aumentare gli sbarchi è assoluto, è vero. Ancora di più dobbiamo portare l'Europa dalla nostra parte, non è possibile farlo andando a parlare con quei partiti, movimenti e Paesi in Europa che impediscono di raggiungere gli obiettivi dell'Italia. Dobbiamo insistere per una soluzione europea". Lo ha detto il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, a 'Circo Massimo' su Radio Capital, parlando delle conseguenze della situazione in Libia.

"In caso di una nuova guerra non avremmo migranti ma rifugiati. E i rifugiati si accolgono. Chi dice che pensa al possibile attacco in Libia per risolvere il problema dei migranti sta facendo un errore enorme". Lo ha detto il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, a 'Circo Massimo su Radio Capital, aggiungendo che "le conseguenze in termini di destabilizzazione ricadrebbero soprattutto sull'Italia".
 
«Dalla Libia 800mila verso l'Italia»
Mario Landi
Un esercito di «800 mila migranti pronti ad invadere l'Italia».
E in questo enorme numero, ci sarebbero anche criminali e soprattutto jihadisti legati all'Isis. Lo sostiene il premier libico Fayez al-Sarraj, in un'intervista al Corriere della Sera.
Un allarme che segue solo di quanche ora quello dei Servizi segreti italiani, che hanno allartato il Viminale sui rischi che la guerra in Libria rischia di scatenare sulle coste deò Belpaese nelle prossime settimane.

LA BATTAGLIA DEI PORTI. L'ingresso in Italia è ovviamente in primis quello che viene dal mare.
Ma il ministro dell'Interno Matteo Salvini proprio ieri è stato categorico: «Gli altri ministri possono dire quello che vogliono, ma finchè ci sarò io al Viminale i porti italiani restano chiusi».Il riferimento è alle ultime dichiarazioni della ministra Trenta (Difesa) e dell'altro vicepremier Di Maio circa il fatto che «la chiusira dei porti non può che essere una misura temporanea».

ESCALATION DI VIOLENZE. In Libia le forze di Khalifa Haftar hanno lanciato cinque missili Grad nel corso della scorsa notte sul quartiere di Abu Slim, a ridosso del centro di Tripoli. Un missile ha centrato un'abitazione, causando almeno tre feriti, e distruggendo diverse auto parcheggiate.

147 MORTI. Il nuovo bilancio diffuso dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla situazione in Libia afferma che - dall'inizio dell'offensiva di Khalifa Haftar contro Tripoli, lanciata il 4 aprile scorso - gli scontri hanno prodotto almeno 147 morti e 614 feriti, oltre a 18mila sfollati.

APPELLO DI TAJANI. «A Italia e Francia dico: bisogna chiudere la stagione del braccio di ferro e arrivare a una soluzione per stabilizzare la Libia». Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo ai microfoni di Rai Radio1 prosegue: «Andando avanti così, ci saranno solo morti e migranti che arriveranno sulle nostre coste. Bisogna intervenire subito. I francesi hanno commesso degli errori ma l'Italia ha una presenza troppo debole per essere incisiva».

SOLUZIONE ITALIANA. «Chi pensava che un'opzione militare potesse favorire la stabilità della Libia viene smentito: le soluzioni di forza affidate all'uso delle armi non portano mai a soluzioni risolutive e sostenibili». Lo ha detto il premier Giuseppe Conte dopo il confronto sulla Libia avuto a Palazzo Chigi con il vicepremier e ministro degli Affari esteri dello Stato del Qatar, Mohammed Al Thani: «Dobbiamo scongiurare una crisi umanitaria che potrebbe rivelarsi devastante»,
 
Libia, Di Maio: "Non permetteremo mai l'arrivo di 800mila migranti"
"Non permetteremo mai che arrivino 800mila migranti in Italia e questo non si può fare solo con la politica che abbiamo adottato finora come Italia.
Lo si deve fare intervenendo come Europa, con una politica di ridistribuzione che deve valere sempre, con una cooperazione per stabilizzare la Libia". Così il vicepremier, Luigi Di Maio, da Dubai, rispondendo alle domande dei cronisti sulle tensioni in Libia e le dichiarazioni del presidente Al Serraj.
Poi la frecciatina a Salvini sull’indagine aperta nei suoi confronti per il caso Sea Watch: "Io ieri ho ricevuto la stessa notifica. Sono indagato, ma non mi sento Napoleone".


Libia, Di Maio: "Non permetteremo mai l'arrivo di 800mila migranti" - QuotidianoNet
 
Libia, l'appello del premier Sarraj: «Fate presto, 800mila tra libici ...

https://www.corriere.it/.../libia...800mila...italia.../d37b0acc-5f6c-11e9-b974-356c261cf...

23 ore fa - Libia, l'appello del premier Sarraj: «Fate presto, 800mila tra libici, migranti (e molti terroristi) pronti a invadere l'Italia e ... A ormai dodici giorni dalla scelta dell'uomo forte della Cirenaica, ... Lei ha parlato del pericolo delle cellule di Isis e dell'eventualità di partenze di migranti e libici in massa verso l'Italia.



Terroristi?... abbiamo già troppi nigeriani e marocchini che stuprano, sgozzano, accoltellano... visto che è la francia che appoggia questa guerra, se li prenda pure tutti!
 
Scontro aperto tra ministra della Difesa, sig.ra Trenta e ministro dell'interno sig. Salvini

a terza direttiva firmata da Salvini sul contrasto all'immigrazione clandestina alza oltre il livello di guardia la tensione nel governo tra Viminale e ministero della Difesa. Irritazione dei vertici militari per quello che viene giudicato uno sconfinamento.


Già ieri la ministra della Difesa Trenta si era pronunciata in maniera netta contro la chiusura dei porti nei fatti decisa da Salvini per bloccare le navi umanitarie, ma oggi la diffusione della terza direttiva emanata ad hoc per bloccare la nuova missione della Mare Jonio, la nave umanitaria di Mediterranrea, ha scatenato grandi malumori negli ambienti dello Stato maggiore della Difesa perchè la direttiva ( ma in realtà anche le due precedenti) sono indirizzare anche al capo di Stato maggiore della Difesa e a quello della Marina militare, forze armate che non sono dipendenti dal Viminale.

Migranti, tensione tra il Viminale e la Difesa sulla direttiva Salvini.


se non trovano l'accordo ... salta il governo giallo-verde.....
vedremo un governo giallo-PD?
già PD e PDL fanno il tifo
 
Cosa sta facendo la Francia in Libia
Macron ha deciso di puntare da tempo sul principale rivale del governo libico riconosciuto dall'ONU (e appoggiato dall'Italia): perché?
Cosa sta facendo la Francia in Libia - Il Post

Da più di tre settimane molte delle notizie che arrivano dalla Libia riguardano l’offensiva militare lanciata dal maresciallo libico Khalifa Haftar contro Tripoli, città dove ha sede il governo riconosciuto dall’ONU e guidato dal primo ministro Fayez al Serraj. La battaglia per il controllo di Tripoli, che secondo diversi osservatori potrebbe causare l’inizio della terza guerra civile libica, è iniziata improvvisamente il 4 aprile scorso e sembra abbia sorpreso anche alcuni alleati dello stesso Haftar, tra cui la Francia. Il governo francese di Emmanuel Macron è accusato da tempo di portare avanti una politica molto ambigua in Libia, di rottura rispetto alla posizione ufficiale di appoggio del governo di Serraj: è accusato di avere puntato tutto su Haftar, senza però riconoscerlo in maniera aperta e pubblica.

L’impegno della Francia a fianco di Haftar, nonostante a parole sia stato negato dal governo francese, è ormai un fatto riconosciuto da analisti, esperti e governi stranieri. Negli ultimi anni, per esempio, l’Italia si è scontrata in diverse occasioni con la Francia per intense divergenze sulle Libia: era successo durante il governo di Paolo Gentiloni e sta risuccedendo con il governo di Lega-Movimento 5 Stelle. La cosa che non è del tutto chiara è il tipo di appoggio che il governo di Macron ha fornito ad Haftar, al di là di quello politico.

Da un punto di vista militare non si hanno troppe informazioni sull’impegno in Libia della Francia, paese che guidò l’intervento NATO del 2011 contro il leader libico Muammar Gheddafi. Nel febbraio 2016 Le Monde pubblicò un’inchiesta che sosteneva che forze speciali e agenti dell’intelligence francese erano in Libia dall’anno precedente per svolgere operazioni segrete contro lo Stato Islamico e per assistere la coalizione che si stava formando attorno ad Haftar. Un funzionario della Difesa francese citato da Le Monde disse che per il governo di Parigi era importante agire con discrezione, con azioni militari non ufficiali. La Francia sperava così di aiutare Haftar a imporre l’ordine in Libia, ripristinando la normale produzione di petrolio e tenendo sotto controllo la diffusione di gruppi islamisti e jihadisti: l’architetto di questa strategia era il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, che sotto la presidenza di Macron sarebbe diventato ministro degli Esteri.

Pochi mesi dopo, a luglio, il governo dell’ex presidente François Hollande fu costretto a riconoscere la presenza militare della Francia in Libia dopo un incidente che coinvolse un elicottero vicino a Bengasi, città considerata quartier generale di Haftar, che provocò la morte di tre soldati francesi. Hollande confermò che agenti francesi stavano conducendo «pericolose operazioni di intelligence in Libia», ma non diede molti altri dettagli. La Francia comunque non era il solo paese occidentale ad avere suoi soldati in territorio libico: anche Regno Unito e Stati Uniti avevano mandato agenti dell’intelligence a monitorare le attività dei gruppi jihadisti.

L’appoggio francese nei confronti di Haftar divenne ancora più rilevante sotto la presidenza di Macron, a partire dalla seconda metà del 2017.

In una delle sue prime iniziative diplomatiche di alto profilo, Macron invitò a Parigi sia Serraj che Haftar, escludendo l’Italia, che fino a quel momento aveva guidato l’iniziativa dell’Unione Europea in Libia. Macron cercò di presentarsi come mediatore e risolutore della complicata crisi libica e allo stesso tempo diede forte legittimità politica ad Haftar. Le cose non andarono però come aveva previsto il governo francese. Tarek Magerisi, ricercatore libico del think tank European Council on Foreign Relations, ha detto a Politico: «Macron fu consigliato male nel pensare che la Libia potesse essere una vittoria facile da ottenere tramite il suo carisma. Sottovalutò la complessità del paese. Fu un po’ ingenuità, un po’ opportunismo. Tentò di affidarsi ai militari per risolvere un problema politico».

Il 29 maggio 2018, a quasi un anno di distanza dal primo vertice, Macron ne convocò un altro, invitando i due leader libici e di nuovo escludendo l’Italia, che non la prese bene. Al termine della riunione si decise che entro la fine dell’anno si sarebbero tenute elezioni «credibili e pacifiche» in Libia, un piano che comunque non si concretizzò mai e che fu criticato fin da subito dal governo italiano.


Emmanuel Macron
✔@EmmanuelMacron
·
29 mag 2018

En juillet 2017, nous avions accueilli une première rencontre importante sur la Libye. Un travail très important a été conduit depuis.https://twitter.com/EmmanuelMacron/status/889895207248044033 …


Emmanuel Macron
✔@EmmanuelMacron

Nous vivons aujourd’hui un moment historique pour les Libyens, fruit d'un travail de longue haleine pour accompagner une sortie de crise en Libye. pic.twitter.com/UMosbRSpkm
15:01 - 29 mag 2018


La scelta di schierarsi di fatto con Haftar non è stata legata nel tempo solo alle ambizioni di Hollande e poi di Macron. Ci sono stati anche motivi economici, in particolare gli interessi energetici della società francese Total in Libia, e motivi strategici, spiegabili con la necessità di fermare il flusso di armi e finanziamenti verso gruppi jihadisti operanti in Niger, Ciad e Mali, tre paesi della regione nei quali la Francia è operativa tramite la missione Barkhane, finalizzata alla lotta al terrorismo e al jihadismo. I governi francesi fecero inoltre un ragionamento legato alle alleanze internazionali del paese. La Francia è schierata con Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto, a cui ha venduto armi per miliardi di euro: cioè è alleata di un fronte che in Libia è dalla parte di Haftar e che si contrappone a quello formato dal Qatar, dalla Turchia e dal movimento politico religioso dei Fratelli Musulmani.


L’impegno francese in Libia è continuato fino a oggi, così come l’ambiguità di sostenere pubblicamente Serraj e appoggiare segretamente Haftar. L’attacco di Haftar contro Tripoli delle ultime settimane ha messo però la Francia in una posizione complicata.

Il governo Macron ha negato fin dal principio di essere stato a conoscenza dei piani di Haftar contro Tripoli, che tra le altre cose hanno costretto l’ONU a rimandare a tempo indefinito un’importante conferenza di pace sulla Libia che si sarebbe dovuta tenere a metà aprile. Non si sa con certezza cosa sapesse il governo francese, ma le critiche sono state molte. Macron è stato accusato di avere dato una sorta di via libera implicito ad Haftar, il quale sapeva che la Francia sarebbe stata dalla sua parte e avrebbe bloccato qualsiasi azione punitiva contro il maresciallo intrapresa dall’Unione Europea e dall’ONU. Il governo di Serraj ha annunciato la sua intenzione di interrompere tutti i rapporti bilaterali con la Francia.

In generale – e questo si dice da un po’ di tempo – Macron è stato il presidente che ha dato legittimità politica ad Haftar, trasformandolo di fatto da capo militare a capo di stato e interlocutore politico con cui parlare.

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Emad Badi@emad_badi

#GNA's Minister of Interior Bashagha demands that the head of the international relations & cooperation committee cease all its bilateral activities and agreements with #France (including in security cooperation) due to #Paris' relentless backing of #Haftar. #Libya
17:47 - 18 apr 2019

La mossa di Haftar, nonostante tutte le critiche, potrebbe però avere dato un’opportunità nuova e inaspettata alla Francia, anche se è ancora presto per dirlo con certezza.


Questa opportunità potrebbe essere arrivata dal presidente statunitense Donald Trump, che in una delle sue molte svolte improvvise in politica estera ha deciso di recente che la sua amministrazione avrebbe cominciato ad appoggiare Haftar, che considera un baluardo contro la diffusione dell’estremismo islamista in Libia. Quella di Trump è stata una svolta rilevante. Nel luglio 2018, durante una visita ufficiale del presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte a Washington, Trump aveva infatti riconosciuto il ruolo guida dell’Italia nella complicata crisi libica, di fatto squalificando l’iniziativa francese. L’appoggio ad Haftar va invece in direzione contraria e potrebbe restituire alla Francia la credibilità perduta nelle ultime settimane.


 

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