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Forumer storico
Cosa hanno scoperto i cardiologi inglesi
Maurizio Blondet 16 Settembre 2021
Ricerca dei cardiologi britannici ( British Heart Association ): Spike si lega alle cellule del cuore, con o senza virus, provoca cambiamenti nelle cellule dei vasi sanguigni del cuore interrompendo la funzione cellulare, rilasciando sostanze che causano l’infiammazione
La proteina spike trovata sulla superficie delle cellule del virus Covid-19 provoca cambiamenti nelle cellule dei piccoli vasi sanguigni del cuore, secondo una ricerca da noi finanziata presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia.
I ricercatori dell’Università di Bristol hanno scoperto che la proteina spike si lega alle cellule chiamate periciti che rivestono i piccoli vasi del cuore. Questo legame innesca una cascata di cambiamenti che interrompono la normale funzione cellulare e portano al rilascio di sostanze chimiche che causano l’infiammazione. Questo è successo anche quando la proteina non era più attaccata al virus.
Ci sono alcune prove precedenti che suggeriscono che la proteina spike può rimanere nel flusso sanguigno dopo che il virus è scomparso e viaggiare lontano dal sito di infezione. In questo studio, i ricercatori hanno studiato solo i periciti dai piccoli vasi sanguigni all’interno del cuore. Tuttavia, i periciti si trovano all’interno di piccoli vasi sanguigni in tutto il corpo, compreso nel cervello e nel sistema nervoso centrale.
Quest’ultima scoperta potrebbe iniziare a spiegare l’effetto del virus sugli organi lontani dal sito dell’infezione da Covid-19.
I ricercatori hanno prelevato piccole cellule del vaso dal cuore e le hanno esposte alla proteina spike.
Hanno scoperto che la sola proteina spike era sufficiente per interrompere la normale funzione cellulare e portare al rilascio di sostanze chimiche che causano l’infiammazione.
Hanno quindi bloccato il recettore CD147 e hanno scoperto che ciò impediva alla proteina spike di causare alcuni dei cambiamenti alle cellule. Tuttavia, l’infiammazione è continuata. Ora i ricercatori sperano di scoprire se un farmaco che blocca il CD147 nell’uomo può aiutare a proteggere le persone da alcune delle complicazioni derivanti dal Covid-19.
Il professor James Leiper, il nostro direttore medico associato, ha dichiarato: “Il Covid-19 ha presentato una sfida senza precedenti per la comunità della ricerca cardiovascolare. C’è ancora molto da sapere su come il virus può avere un impatto sulla nostra salute a lungo termine, ma questa ricerca ci avvicina di un passo alla comprensione migliore di come il Covid-19 influenzi il cuore e il sistema circolatorio e alla fine possa portare a nuovi modi per proteggere il cuore.
Coronavirus and your health
I vaccinati con più di 50 anni si ammalano di variante Delta (e muoiono) più dei non vaccinati: lo dicono i dati inglesi
Il Public Health England, l’agenzia governativa del Ministero della Salute, ha pubblicato il 20 agosto scorso il rapporto tecnico con i dati aggiornati al 15 agosto. E i numeri sono sorprendenti
DI PB
LONDRA – L’Inghilterra è una delle nazioni che sta compiendo più di tutte un’operazione di trasparenza sui dati relativi alle infezioni da Sars Cov2 e ai decessi tra popolazione vaccinata e non. Il Public Health England, l’agenzia governativa del Ministero della Salute, ha pubblicato il 20 agosto scorso il rapporto tecnico con i dati aggiornati al 15 agosto.
Analizzando la tabella sui ricoveri ospedalieri e i decessi di persone infettate dalla variante Delta, in base allo stato di vaccinazione emergono dati sui quali è necessario porre attenzione.
Il totale dei casi di variante Delta registrati dal primo febbraio al 15 agosto sono 386’735.
Di questi 183’133 sono persone non vaccinate, 163’329 sono vaccinate.
I casi di persone infettate nonostante la vaccinazione sono suddivisi in: infettate entro i primi 21 giorni dalla prima dose, infettate dopo 21 giorni dalla prima dose e infettate quattordici giorni dopo la seconda dose.
La tabella divide la popolazione in over 50 e under 50. I dati più preoccupanti risultano proprio nella fascia di popolazione sopra i cinquant’anni, dunque quella maggiormente a rischio in caso di malattia con sintomatologia grave.
Il totale delle persone infettate nella fascia di popolazione over 50 è 48’264.
Di queste 4’891 sono non vaccinate e ben 39’131 sono vaccinate. Portando queste cifre in percentuali significa che i vaccinati over 50 infettati dalla variante Delta costituiscono l’88,9% delle persone infettate a fronte dell’11% di non vaccinati.
Scendendo poi nell’analisi specifica dei 39’131 soggetti vaccinati emerge un ulteriore dato preoccupante: dei 39’131 infettati ben 32’828 sono persone che hanno ricevuto la doppia dose, dunque che hanno terminato il ciclo vaccinale. Sono 6’075 quelle infettate a distanza di 21 giorni dalla prima dose e solo 228 quelle che hanno preso il virus entro i primi 21 giorni dalla prima dose.
Si vedano poi i numeri dei decessi sempre con riferimento alla fascia di popolazione con più di cinquant’anni di età. La tabella del Public Health prende in esame le morti verificatesi entro 28 giorni dalla data del risultato di positività al test.
I decessi totali di over 50 sono 1’076: 318 non vaccinati e 745 vaccinati, di cui ben 652 vaccinati con doppia dose.
Numeri che pongono interrogativi.
Fonte: Ticino libero
Maurizio Blondet 16 Settembre 2021
Cosa hanno scoperto i cardiologi inglesi
Sono fake news Ricerca dei cardiologi britannici (British Heart Association): Spike si lega alle cellule del cuore, con o senza virus, provoca cambiamenti nelle cellule dei vasi sanguigni del cuore […]
www.maurizioblondet.it
Ricerca dei cardiologi britannici ( British Heart Association ): Spike si lega alle cellule del cuore, con o senza virus, provoca cambiamenti nelle cellule dei vasi sanguigni del cuore interrompendo la funzione cellulare, rilasciando sostanze che causano l’infiammazione
La proteina spike trovata sulla superficie delle cellule del virus Covid-19 provoca cambiamenti nelle cellule dei piccoli vasi sanguigni del cuore, secondo una ricerca da noi finanziata presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia.
I ricercatori dell’Università di Bristol hanno scoperto che la proteina spike si lega alle cellule chiamate periciti che rivestono i piccoli vasi del cuore. Questo legame innesca una cascata di cambiamenti che interrompono la normale funzione cellulare e portano al rilascio di sostanze chimiche che causano l’infiammazione. Questo è successo anche quando la proteina non era più attaccata al virus.
Ci sono alcune prove precedenti che suggeriscono che la proteina spike può rimanere nel flusso sanguigno dopo che il virus è scomparso e viaggiare lontano dal sito di infezione. In questo studio, i ricercatori hanno studiato solo i periciti dai piccoli vasi sanguigni all’interno del cuore. Tuttavia, i periciti si trovano all’interno di piccoli vasi sanguigni in tutto il corpo, compreso nel cervello e nel sistema nervoso centrale.
Quest’ultima scoperta potrebbe iniziare a spiegare l’effetto del virus sugli organi lontani dal sito dell’infezione da Covid-19.
I ricercatori hanno prelevato piccole cellule del vaso dal cuore e le hanno esposte alla proteina spike.
Hanno scoperto che la sola proteina spike era sufficiente per interrompere la normale funzione cellulare e portare al rilascio di sostanze chimiche che causano l’infiammazione.
Hanno quindi bloccato il recettore CD147 e hanno scoperto che ciò impediva alla proteina spike di causare alcuni dei cambiamenti alle cellule. Tuttavia, l’infiammazione è continuata. Ora i ricercatori sperano di scoprire se un farmaco che blocca il CD147 nell’uomo può aiutare a proteggere le persone da alcune delle complicazioni derivanti dal Covid-19.
Il professor James Leiper, il nostro direttore medico associato, ha dichiarato: “Il Covid-19 ha presentato una sfida senza precedenti per la comunità della ricerca cardiovascolare. C’è ancora molto da sapere su come il virus può avere un impatto sulla nostra salute a lungo termine, ma questa ricerca ci avvicina di un passo alla comprensione migliore di come il Covid-19 influenzi il cuore e il sistema circolatorio e alla fine possa portare a nuovi modi per proteggere il cuore.
Coronavirus and your health
I vaccinati con più di 50 anni si ammalano di variante Delta (e muoiono) più dei non vaccinati: lo dicono i dati inglesi
Il Public Health England, l’agenzia governativa del Ministero della Salute, ha pubblicato il 20 agosto scorso il rapporto tecnico con i dati aggiornati al 15 agosto. E i numeri sono sorprendenti
DI PB
LONDRA – L’Inghilterra è una delle nazioni che sta compiendo più di tutte un’operazione di trasparenza sui dati relativi alle infezioni da Sars Cov2 e ai decessi tra popolazione vaccinata e non. Il Public Health England, l’agenzia governativa del Ministero della Salute, ha pubblicato il 20 agosto scorso il rapporto tecnico con i dati aggiornati al 15 agosto.
Analizzando la tabella sui ricoveri ospedalieri e i decessi di persone infettate dalla variante Delta, in base allo stato di vaccinazione emergono dati sui quali è necessario porre attenzione.
Il totale dei casi di variante Delta registrati dal primo febbraio al 15 agosto sono 386’735.
Di questi 183’133 sono persone non vaccinate, 163’329 sono vaccinate.
I casi di persone infettate nonostante la vaccinazione sono suddivisi in: infettate entro i primi 21 giorni dalla prima dose, infettate dopo 21 giorni dalla prima dose e infettate quattordici giorni dopo la seconda dose.
La tabella divide la popolazione in over 50 e under 50. I dati più preoccupanti risultano proprio nella fascia di popolazione sopra i cinquant’anni, dunque quella maggiormente a rischio in caso di malattia con sintomatologia grave.
Il totale delle persone infettate nella fascia di popolazione over 50 è 48’264.
Di queste 4’891 sono non vaccinate e ben 39’131 sono vaccinate. Portando queste cifre in percentuali significa che i vaccinati over 50 infettati dalla variante Delta costituiscono l’88,9% delle persone infettate a fronte dell’11% di non vaccinati.
Scendendo poi nell’analisi specifica dei 39’131 soggetti vaccinati emerge un ulteriore dato preoccupante: dei 39’131 infettati ben 32’828 sono persone che hanno ricevuto la doppia dose, dunque che hanno terminato il ciclo vaccinale. Sono 6’075 quelle infettate a distanza di 21 giorni dalla prima dose e solo 228 quelle che hanno preso il virus entro i primi 21 giorni dalla prima dose.
Si vedano poi i numeri dei decessi sempre con riferimento alla fascia di popolazione con più di cinquant’anni di età. La tabella del Public Health prende in esame le morti verificatesi entro 28 giorni dalla data del risultato di positività al test.
I decessi totali di over 50 sono 1’076: 318 non vaccinati e 745 vaccinati, di cui ben 652 vaccinati con doppia dose.
Numeri che pongono interrogativi.
Fonte: Ticino libero