Questo invece è quello che dice questa SIM. Io ho comprato un CW call sul Brent pensando che col l'inizio del caldo continuasse a salire, ma per ora sono sotto del 40%...sigh.
Voi che ne pensate?
Peleg
JOURNAL - 16:32 - 6 Maggio 2005
La crescita mondiale rallenta, ma il consumo di petrolio non accenna a diminuire e il prezzo rimane stabile sopra i 50 dollari al barile. Il Pil Usa del primo trimestre ha deluso le attese degli economisti: è cresciuto del 3,1% contro il 3,4% previsto. Dall’altra parte del Pacifico, in Giappone, secondo il Fondo monetario internazionale nel 2005 la crescita sarà solo dello 0,8% contro il 2,3% del 2004. Anche la Cina nel primo trimestre dell’anno ha visto il suo sviluppo rallentare leggermente al 9,7% contro il 9,9% del trimestre precedente. Nonostante questo, il consumo di greggio continua a crescere e i maggiori Paesi produttori non tengono più il passo con l’aumento della domanda. “L’Opec ha sforato i tetti di produzione previsti e non riuscirà ad aumentarla ancora, per questo il prezzo rimane forte”, spiega l’analista di una sim milanese.
“Questa situazione è il risultato di anni in cui le major, preoccupate di mantenere alta la redditività dei capitali investiti, hanno tagliato al minimo i nuovi investimenti nelle divisioni di estrazione e raffinazione”, commenta Francisco Blanch, strategist di Merrill Lynch.
Per Davide Tabarelli, uno dei massimi esperti del settore, economista senior del centro Ricerche Industriali ed Energetiche (Rie) di Bologna, “anche se adesso le maggiori compagnie riprendessero a investire, i risultati arriverebbero solo fra due-tre anni. Nel frattempo il prezzo del greggio resterà vicino a 45 dollari al barile. Superare questo livello significa rallentare l’economia mondiale”. Solo due mesi fa , durante l’euforia del caro petrolio, Goldman Sachs paventava un prezzo del greggio a 120 dollari… “Prima di arrivare a quei prezzi avremmo uno shock petrolifero”, spiega Tabarelli.
“Non conviene a nessuno un greggio troppo caro, nemmeno all’Opec che rischia di causare un rallentamento dell’economia mondiale e di vedere le proprie esportazioni diminuire - spiega un analista – è per questo che gli ultimi dati sull’aumento delle riserve Usa sono stati gonfiati”. Secondo l’analista, le scorte di greggio Usa, per dodici settimane consecutive in rialzo, sono il risultato di un aumento delle importazioni e non evidenziano invece il calo dei consumi di greggio. “Le autorità americane erano convinte che la crescita delle riserve, anche se sostenuta da un aumento delle importazioni, avrebbe calmato il prezzo internazionale del greggio. Invece il mercato ha capito che il dato era drogato, perché i consumi non calavano. E’ per questo che il prezzo del petrolio è rimasto forte”, spiega l’analista.
“I dati sulle riserve Usa non sono più significativi come una volta. Nonostante il Paese a stelle strisce rimanga il primo consumatore di greggio con una quota del 25%, dietro di lui c’è già la Cina che da sola brucia il 10% della produzione mondiale e presto aumenteranno i consumi di tutta l’area asiatica, spinti dallo sviluppo dell’India”, spiega Tabarelli, che aggiunge: “Molti economisti leggono prima il dato sul Pil per capire come reagirà la domanda di petrolio. Secondo me è meglio il contrario: dalla domanda di greggio si capisce se l’economia di un Paese rallenterà o crescerà”. Il consumo di petrolio in Usa quest’anno sta salendo dell'1%, in netto rallentamento rispetto al +3% dell’anno prossimo, quindi, secondo quanto spiega Tabarelli, la locomotiva Usa potrebbe rallentare ulteriormente