Per l'Italia, meglio per il mercato italiano, giunti ormai a metà dell'anno, vale quanto detto. Quanto alle sensazioni che si vivono qui, solo due notazioni.
Settimana scorsa ero a NYC a far visita ad un amico il quale mi confidava che già erano in arrivo via Europa dal Giappone e Corea e Taiwan nuovi investimenti finanziari a seguito del rialzo del tasso di interesse statunitense. Quindi, capitali che si trasferiscono qui, e che lasciano l'Europa. Pertanto - nonostante il lieve aumento del numero dei disoccupati e l'impressione che sia giunto il momento di puntare su chimici e prodotti di largo consumo, avendo secondo alcuni opinionisti, il mercato già beneficiato della crescita dei tecnologici nel 2003 e nei primi mesi del 2004 - vi sarà un'ulteriore iniezione di liquidità qui negli US.
In secondo luogo, a cena venerdì scorso tra gli altri con un giovane economista tedesco del IMF, ho avvertito nelle sue parole - senza che io potessi intuire se fosse un'opinione diffusa all'interno di quell'istituzione oppure solo il senso di superiorità di un giovane promettente che guardava verso un italiano con degnazione - piuttosto dileggianti verso l'Italia e la sua incapacità a gestire l'euro e l'inflazione causata da molti fattori (non ultimo quello che ho tentato di spiegare legato all'assenza in Italia di una moneta paragonabile ad 1 Marco e quindi alla desuetudine a maneggiare coins di un certo valore) un senso di sfiducia nel nostro sistema che certo non fa bene. E me ne sono rammaricato.
Saluti