Distruggete i populisti

Distruggete i populisti e salvate la globalizzazione! Usando i media e le masse…
Davide 26 febbraio 2017 , 20:29 Notizie dal Mondo, Notizie dall'Europa, Opinione 14 Commenti 3,931 Viste

DI MARCELLO FOA

Il Cuore Del Mondo

Alcuni articoli sono rivelatori. Uno di questi lo ha pubblicato La Stampa, lo scorso 15 febbraio, a firma di Charles A. Kupchan. E voi direte: chi è? Semplice: è uno dei principali pensatori dell’establishment americano. Docente di affari internazionali alla Georgetown University e membro del Council on Foreign Relations, dal 2014 al 2017 è stato assistente speciale per la Sicurezza nazionale del presidente Barack Obama. Tanto per intenderci.

Uno dei pochi ad aver colto l’importanza di questo articolo è stato il sito di analisi Piccole Note, secondo cui ci troviamo di fronte a un Manifesto della Controrivoluzione globale.

Kupchan, da intellettuale di rango, analizza il successo della Brexit e di Trump, a mio giudizio correttamente.

In lotta per guadagnare un salario di sussistenza, a disagio con la diversità sociale alimentata dall’immigrazione, e preoccupati per il terrorismo, un numero considerevole di elettori delle democrazie occidentali ha la sensazione di aver tutto da perdere dalla globalizzazione – e vuole abbandonarla. Giusto. La legittima rabbia di questi elettori rende chiaro che i nostri sistemi politici post-industriali non hanno fatto abbastanza per gestire la globalizzazione e garantire che i suoi benefici fossero condivisi più ampiamente nelle nostre società. Qualunque cosa si pensi di Donald Trump, la sua ascesa rivela che c’è un disperato bisogno di riformulare il patto sociale che sostiene il centrismo democratico e il sostegno popolare a un ordine liberale internazionale.

Il punto, secondo Kupchan, è che Trump e i populisti non sono in grado di rispondere a tale necessità. E dunque occorre porre rimedio alla loro vacuità programmatica onde scongiurare il rischio che la Pax Americana e la Pax Britannica, che hanno fornito le basi dell’attuale mondo globalizzato, naufraghino definitivamente. Già, ma come?

E qui il discorso diventa davvero interessante.

In primo luogo, i centristi di tutte le convinzioni politiche devono unirsi per offrire un nuovo patto sociale che rappresenti un’alternativa credibile alle false promesse economiche dei populisti.



Kaplan parla di “nuove iniziative in materia di istruzione, formazione professionale, politica commerciale, politica fiscale e minimi salariali“. Sapendo però che

“la globalizzazione è destinata a durare. Ma la disomogeneità dei suoi effetti distributivi dev’essere affrontata per il bene della politica democratica.

Seguiamo il suo ragionamento e veniamo al secondo punto, leggetelo con attenzione:

Mentre gli Stati Uniti e le altre democrazie occidentali sono scosse dalle forze populiste, gli effetti moderatori dei contrappesi istituzionali saranno di importanza cruciale. Il sistema legislativo, i tribunali, i media, l’opinione pubblica e l’attivismo – rappresentano tutti un freno all’autorità esecutiva e devono essere pienamente adoperati.

E tenetevi forte sul terzo:

Se gli Stati Uniti e la Gran Bretagna saranno, almeno temporaneamente, latitanti quando si tratta di difendere l’ordine liberale internazionale, l’Europa continentale dovrà difendere la posizione. Nel momento in cui la coesione interna dell’Unione europea è messa alla prova dallo stesso populismo che occorre sconfiggere, non è buon momento per chiederle di colmare il vuoto lasciato dal disimpegno anglo-americano. Ma almeno per ora, la leadership europea è la migliore speranza per l’internazionalismo liberale.

Cosa vuol dire tutto questo? Traduco:

1) L’élite che da quasi 30 anni promuove la globalizzazione ha individuato correttamente le radici del problema ma non ha alcun progetto credibile su come risolverlo. Le idee abbozzate da Kupchan potrebbero essere bollate, a loro volta, come “populiste” per la loro vacuità e nascondono una contraddizione per ora insanabile. In un passaggio, l’ex consigliere di Obama scrive che “i posti di lavoro che stanno diminuendo di numero soprattutto per l’automazione, non a causa del commercio estero”. Ma se questo è il problema: come pensano di risolverlo? Mistero.

2) Kupchan invoca le istituzioni. Scusate, ma non capisco: non sono stati proprio gli ambienti transnazionali a promuoverne scientemente lo sradicamento a livello nazionale e, contestualmente, il trasferimento di poteri a quelle sovranazionali? Non è paradossale che a invocare i “contrappesi istituzionali” siano coloro che li hanno screditati e talvolta vanificati?


Ben più significativa è l’affermazione successiva: Cosa vuol dire che “i media, l’opinione pubblica e l’attivismo (…) devono essere pienamente adoperati?” Notate bene che Kapchan non parla di “alcuni media” o di “testate sulle nostre posizioni” ma di media, di opinione pubblica in senso assoluto, e usa il termine “adoperare”, come se l’establishment a cui appartiene avesse il potere di orientare l’insieme dei media.

Scusate – si potrebbe e si dovrebbe obiettare – ma non siamo in democrazia? La stampa non è libera? In teoria sì ma di fatto il mainstream è ormai sinonimo di conformismo, che a tratti sfocia nel pensiero unico. Anche in Occidente. Tema che chi legge questo blog conosce bene, obiettivo che si ottiene ricorrendo alle tecniche di spin che descrivo da 10 anni (vedi il saggio “Gli stregoni della notizia Da Kennedy alla guerra in Iraq. Come si fabbrica informazione al servizio dei governi”).

La novità è che tali tecniche venivano usate per sostenere i governi, a cominciare dalla Casa Bianca. Ora apprendiamo che possono essere usate anche contro di essa se il presidente, come Trump, non è gradito, sebbene legittimamente eletto.

E lo stesso vale per il riferimento all’attivismo ovvero a quei movimenti delle masse improvvisi e insistenti, che evidentemente non sono frutto di una spontanea presa di coscienza delle folle, ma di attente regie che, sfruttando metodi ben noti agli specialisti, raggiungono l’effetto voluto. Al riguardo segnalo l’ottimo saggio del giornalista del Tg5 Alfredo Macchi Rivoluzioni s.p.a. Chi c’è dietro la primavera araba.
Metodi che finora venivano impiegati fuori dai Paesi occidentali, ad esempio incentivando le Rivoluzioni colorate, ma Kupchan afferma che debbano essere utilizzati anche negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali.

Il messaggio implicito complessivo è inquietante: “Possiamo usare i media e le masse contro i populisti”. E lo stanno già facendo.


3) Stupefacente è la terza ammissione. Essendo la Casa Bianca e Downing Street fuori controllo, deve essere l’Unione europea a difendere la globalizzazione. E allora si spiega perché il fidatissimo e duro Shulz si candidi a Berlino, con l’obiettivo di scalzare una Merkel in fase calante, troppo debole. E si capisce perché si suggerisca all’impresentabile presidente della Commissione europea Juncker di farsi da parte per lasciare spazio a un falco come il finlandese Jyrki Katainen.

Ma ancora una volta emerge una contraddizione: l’impopolarità dell’Unione europea, alimentata da politiche così rigide da sfociare nell’ottusità, rappresenta una delle ragioni del successo dei movimenti populisti.
Come può un Moloch come la Ue (e sul suo liberalismo sorvoliamo…) costituire il fulcro in difesa degli interessi globalisti e al contempo diventare il promotore del cambiamento per riconquistare una classe media impoverita e arrabbiata?

Insomma, l’analisi è corretta, gli obiettivi sono dichiarati – vogliono salvare la globalizzazione – ma senza il sostegno di riforme credibili e convincenti. Chiara invece è la determinazione nel voler distruggere l’onda “populista” e fermare Trump, anche ricorrendo a metodi che vanno oltre la normale dialettica politica.

Andiamo bene…
 
Blondet... è proprio un vero vero populista
upload_2017-3-6_17-48-1.png


MOGHERINI ACCELERA LA POLITICA ANTI-RUSSA. DEI MORTI VIVENTI.
Maurizio Blondet 5 marzo 2017 12

Il titolo è ben trovato, perché dice una involontaria verità: “Macedonia, Ue chiede di affidare governo a opposizione”. La notizia nella versione mainstream è questa:

Bruxelles 2 mar. (askanews) – Il responsabile della politica Estera dell’Ue, Federica Mogherini, ha chiesto al presidente macedone Gjorge Ivanov di dare mandato all’opposizione di sinistra di formare un nuovo esecutivo, come previsto dalla Costituzione del Paese.

La Carta fondamentale prevede infatti che il mandato venga affidato “al candidato appartenente a uno dei partiti che hanno ottenuto la maggioranza all’Assemblea”: “Questa è la Costituzione e ci aspettiamo che venga rispettata”.

Ivanov si è rifiutato di affidare il mandato “a una persona o a un partito il cui programma prevede un attentato alla sovranità, l’integrità e l’indipendenza territoriale della Macedonia”, allusione al principale partito della minoranza albanese, il Dui, che entrerebbe a far parte della coalizione e che ha chiesto l’istituzione dell’albanese come seconda lingua ufficiale in tutto il Paese. (fonte Afp)

Quindi la Mogherini, come la UE, hanno un solo cruccio: difendere legalità costituzionale e la “democrazia” nei paesi circonvicini. Questo secondo la versione ufficiale. La verità è una brutale ingerenza: da parecchi mesi ormai si succedono a Skopjie manifestazioni anti-governative con lanci di vernici colorate -insomma un’altra rivoluzione dei colori con le tipiche firme dei servizi occidentali. “l’Ue e gli Usa intendono installare in Macedonia un nuovo governo filo-occidentale, nel tentativo d’isolare la Serbia ed eliminare qualsiasi influenza russa nei Balcani”, ha reso noto Sputnik. D’accordo, la fonte è moscovita. Ma bisogna ricordare di che tipo è la “opposizone” a cui la Mogherini ha ordinato di dare il governo.

E’ l’opposizione che il 9 maggio 2015 ha scatenato la sanguinosa battaglia di Kumanovo, uccidendo otto poliziotti e ferendone una quarantina. Si trattava di un gruppo penetrato dal vicino Kossovo (sotto amministrazione NATO, e ovviamente base della Cia), una cinquantina di kossovari armati con armi automatiche, fucili da cecchino e granate, e molto ben addestrati. La zona in cui erano penetrati è abitata dalla minoranza albanese; se lo scopo dell’attacco era di provocare una sollevazione della minoranza, è stato un fallimento: nel corso delle sparatorie, per salvarsi, molti albanesi presi fra i due fuochi sono riparati (ebbene sì) in Serbia. Ma forse lo scopo era di ammazzare alcuni poliziotti in modo che essi reagissero sparando sui manifestanti albanesi: tattica collaudata dalla NATO a piazza Maidan in Ucraina, che ha portato al colpo di Stato e alla giunta anti-russa di Kiev.


Macedonia, funerali dei poliziotti uccisi dall’Uck
UE dalla parte dell’UCK, il “partito”- di gangster
Può farlo sospettare la presenza dei cecchini nel gruppo armato. Lo fa’ sospettare anche il fatto che durante i combattimenti la missione OSCE a Skopje si mise immediatamente in contatto con il gruppo armato, che continuava a sparare asserragliata nelle case del villaggio di Diva, e quando le cose si misero male per i terroristi, “esercitò un ruolo costruttivo per il cessate-il fuoco”, riscuotendo l’elogio con queste parole da parte dell’ambasciatore Usa a Skopje, Daniel B. Baer. Un altro indizio: Jens Stoltenberg segretario generale NATO, e Johannes Hans, austriaco, allora Kommissario per l’Allargamento della UE, praticamente presero posizione a favore dei “ribelli”. “Questo attacco – affermò allora Hahn –non deve essere visto come un’opportunità di ritardare una soluzione dei problemi del Paese”. I problemi interni della ex repubblica jugoslava di Macedonia sono costituiti essenzialmente dalla circostanza che la maggioranza non vuol entrare nella NATO. E forse nemmeno la forte minoranza albanese, dato che l’Occidente della libertà e della democrazia ha dovuto servirsi di albanesi venuti dal Kossovo. Che sono poi risultati quasi tutti membri in vista dell’UCK, il “partito”- di gangster sulle cui attività criminali nel Kossovo, dove spadroneggiano protetti dalla più grande base americana in Europa, non possiamo ricostruire perché porterebbe via troppo spazio: traffico di droga e trffico di donne, agganci col terrorismo islamico , eccetera. Uno degli uccisi nello scontro di Kumanovo, Fadil Fejzullahu, “ compare in una foto assieme all’ambasciatore degli Stati Uniti nella capitale macedone Skopje, Paul Wohlers, responsabile della politica e delle attività americane nei Balcani”.

Macedonia: cosa c’è dietro l’attacco di Kumanovo? - Lookout

Subito dopo, l’attivissima e da nessuno votata eurocrate ha fatto produrre il seguente titolo:

“Mogherini a Belgrado: futuro Serbia è nella Ue”
Che vi piaccia o no, voi serbi dovete entrare nella UE, ha intimato a nome di una UE in pieno sfacelo. Ma è tutto lavoro disinteressato, fatto in realtà per la NATO. Dai media: “La nostra Unione restera’ incompleta fino a quando la Serbia e gli altri Paesi della regione ne resteranno fuori”, ha detto Mogherini in un discorso pronunciato in mattinata nel parlamento serbo. In cui èstata malissimo accolta da (dice l’ANSA) “i ultranazionalisti e antieuropeisti del partito Srs di Vojislav Seselj, rimasti sempre in piedi, che hanno mostrato cartelli con su scritto in serbo e in inglese “La Serbia non crede a Bruxelles”…Durante tutto l’intervento, Mogherini è stata contestata al grido di “Srbija, Rusija, ne treba nam Unija“, cioè “Serbia, Russia, non ci serve l’Unione europea“.



Basterebbe per una giornata di duro lavoro pro NATO, si direbbe.
Macché: “Per l’Alto commissario europeo le contestazioni non sono finite. Nel pomeriggio a Tirana (Albania), mentre lasciava il Politecnico, sono stati esposti da alcuni studenti dei cartelli con scritte come “Vogliamo elezioni libere ed eque”. Come mostra un video, la Mogherini si è affrettata a salire in macchina, mentre gli agenti hanno sgomberato il picchetto”.

Si è affrettata a salire, insomma è scappata. Non sembra che le proposte anti-russe dell’Alta Rapp eccetera siano popolarissime in questi giorni nei Balcani. Invece noi, europeisti veri e puri, siamo contentissimi di quest’altra notizia, che forse spiega in parte l’attivismo militaresco e le ingerenze ed intimazioni dell’Alta Rapp:

La UE crea un centro di comando congiunto per le missioni militari”.
La UE dunque si trasforma in una alleanza militare. E ancora una volta, alla chetichella.

Secondo la Reuters, i ministri di Esteri e Difesa dei 28 stati membri si riuniscono il 6 a Bruxelles per mettere insieme un “centro di comando” unificato “per missioni militari non-esecutive della UE in Mali, in Somalia e in Centrafrica”.
Non esecutive? Significa che saranno soprattutto missioni per addestramento e formazione dei militari di qui paesi (e la fornitura di armi, no?). Attenzione però: “In futuro questo comando potrebbe aver l’obbiettivo di sorvegliare delle missioni militari, e potrebbe diventare un vero quartier generale europeo, desiderato specificamente dalla Francia e dalla Germania di fronte alle incertezze create dall’elezione di Donald Trump”.

Ecco dunque il motivo: Hollande e Merkel, e dunque Juncker e Mogherini, temono che Washington diventi meno ostile a Mosca e possa tornare una pace; e loro, che secondo il piano Obama-Clinton hanno eseguito tutte le politiche per rendere (senza necessità alcuna) Putin un nemico, militarizzano la UE e accelerano l’espansione della NATO ad Est, cercando di ficcarci a forza Serbia e Macedonia, le ultime briciole, e anche le più renitenti (sono filo-russe e ortodosse).
Tutto ciò ha qualcosa di ridicolo e sinistro assieme: Hollande sicuramente, Angela Merkel quasi certamente, hanno i mesi contati.
E’ dunque come zombi di un filmaccio del terrore che applicano le politiche per cui sono stati condizionati, incespicando e con gli sguardi vuoti mentre i loro corpi si decompongono, con sinistro automatismo da morti viventi. La zombi Mogherini esegue questi programmi secondo istruzioni date a suo tempo, probabilmente contando su un ritorno del morto-vivente Obama con la Clinton o delle loro politiche, una volta eliminato Trump. Calcolo che, purtroppo, potrebbe rivelarsi indovinato: Obama è tornato a fare l’opposizione al ticoon con tutti i mezzi, compresi quelli illegali a disposizione dello Stato Profondo.

Paesi baltici: occupazione Usa “duty free”

Circondata la base russa di Kaliningrad
Perché, attenzione, prima di dover sloggiare, Obama ha assestato ancora un colpo alla sicurezza europea: ha firmato con i tre staterelli baltici un accordo (SOFA, Status of Forces Agreements) per cui sostanzialmente Lituania, Estonia e Lettonia pagano di tasca propria per l’insediamento sul loro territorio delle truppe americane. Le truppe godranno di immunità penale per delitti commessi nei paesi baltici, detassazioni, prezzi più bassi, tutta una serie di privilegi dell’occupante, nel quadro di quella che, di fatto, la cornice legale per la presenza permanente delle truppe Usa e NATO.







Ben contenti, i governanti di quei paesi, fieramente anti-Putin, stanno febbrilmente costruendo le caserme e investendo per rammodernare le infrastrutture e i comfort di vecchie basi come Rukla, Adazhi e Tapa, dove da primavera alloggeranno gli americani e i soldati della NATO; i quali avranno allora a disposizione spacci e supermercati a loro riservati, in pratica dei duty free, dove acquisteranno in esenzione da IVA e da accise (per esempio sui liquori), e prezzi sui beni locali ridotti rispetto a quelli che paga la popolazione locale. Negli accordi SOFA i tre paesi hanno rinunciato per contratto a trarre “additional income”, reddito addizionale, dai commerci con truppe estere.



L’occupazione sottocosto per l’occupante. Condizioni un po’ vergognose, ancora più umilianti di quelle dei tempi dell’occupazione sovietica. Ma i capi di quei giovani governi sono felicissimi di farsi proteggere dagli americani e dalla NATO. Notoriamente hanno dei conti da regolare con Mosca. Lo spiega eloquente la foto qui sotto:



Lei è Kersti Kaljulaid, presidente della repubblica dell’Estonia, col marito Georgi-Rene Maksimovski, nella serata all’Opera con cui si è conclusa la giornata del 24 gennaio – data dell’indipendenza estone – salutata da una sfilata militare di truppe britanniche. Il costume con cui la coppia si è presentata è un messaggio politico: è il costume etnico di “Seto”, una minoranza etnico-linguistica (rimasta pagana fino al XV secolo), oggi divisa tra Estonia e Russia. Divisa vuol dire che 15000 Seto abitano in Estonia, e (secondo il censimento russo del 2002) 184 in Russia, nella zona di Pechory. Ma la signora presidente dell’Estonia ha rivendicazioni territoriali sul territorio di quei 184, e forte della protezione NATO ha cominciato a mandare messaggi come quello che la foto illustra: il suo cuore sanguina per i fratelli Seto, anzi è anche lei una Seto, irredenta e infelice. Anche perché il fratello della presidenta ha avuto un processo per appropriazione indebita, poi caduto nel nulla… insomma la “democrazia” come noi la conosciamo è proprio arrivata in Estonia, paese NATO. Speriamo che non ci dobbiamo trovare, noi italiani, in quanto membri della stessa alleanza, a dover fare la guerra alla Russia per liberare i 184 Seto.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto