francescomarzia
Forumer attivo
di investirci sopra crando una nuova azienda nazionale di farmaceutici dopo la carlo erba venduta un decennio fa.
L'azienda californiana Genentech lancia una nuova terapia
contro il cancro al colon. Nel team anche un italiano
Usa, farmaco della speranza
che ferma le cellule tumorali
L'avastin ha superato tutti i test clinici
allungando la vita dei malati di 16 mesi
dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI
I medici americani la definiscono "un'avanzata cruciale" nella lotta contro il cancro. La nuova cura del tumore all'intestino, che arresta le cellule cancerogene privandole di sangue, ha superato con successo pochi giorni fa la prova definitiva dei test clinici. Il farmaco si chiama Avastin ed è stato messo a punto dalla Genentech, azienda biotecnologica di San Francisco. Ma dietro c'è la tenacia di uno scienziato italiano, Napoleone Ferrara, che da 15 anni in California si è dedicato a questa ricerca.
Ma le prime notizie sono bastate a conquistare le prime pagine dei giornali americani, e a provocare un rialzo del 45% delle azioni Genentech a Wall Street: la Borsa ormai è certa che il nuovo medicinale avrà l'imprimatur della Food and Drug Administration, l'agenzia federale che autorizza la messa in commercio dei farmaci. Già si sa infatti che l'Avastin è stato testato positivamente su 900 pazienti volontari, affetti da cancro al colon con metastasi diffuse ad altri organi, e considerati ormai inoperabili. Metà delle cavie sono state curate soltanto con il nuovo farmaco, agli altri è stato somministrato insieme con la chemioterapia. Secondo le prime indiscrezioni la nuova cura avrebbe prolungato la speranza di vita dei malati ben oltre i 16 mesi. Questo è considerato un grosso successo, visto che per le chemioterapie tradizionali anche un allungamento della vita tra i 2 e i 12 mesi è considerato già un buon risultato. Un'autorità come Leonard Saltz, lo scienziato del Memorial-Sloan Kettering Cancer Center di New York che ha messo a punto la chemioterapia più efficace contro il cancro intestinale, ha definito il risultato della Genentech "un passo avanti molto importante".
- Pubblicità -
L'Avastin appartiene a una nuova generazione di farmaci, definiti nel linguaggio medico angiogenesi-inibitori, che puntano a combattere i tumori chiudendo i canali della circolazione sanguigna che nutrono le cellule cancerogene. Di questa nuova frontiera nella lotta al cancro si parla da tempo. Ha suscitato grandi speranze già nel 1998, quando un gruppo di ricercatori dell'ospedale pediatrico di Boston riuscì a dimostrare l'efficacia degli angiogenesi-inibitori in esperimenti condotti sui topi. Il premio Nobel della medicina James Watson disse allora che la cura del cancro era ormai "in vista". In seguito però le aspettative erano state frustrate da diverse delusioni nei test clinici umani, compresi quelli condotti con lo stesso Avastin per il tumore al seno.
Perciò il successo della Genentech nei test sui malati di tumore intestinale è stato salutato con entusiasmo dal capo dei ricercatori di Boston, Judah Folkman: "L'allungamento della vita ottenuto con questa cura è un progresso decisivo, la notizia merita di essere salutata con gioia". Dietro l'Avastin ci sono altri 65 farmaci della stessa generazione, elaborati da diversi centri di ricerca e aziende farmaceutiche, ancora in attesa di superare i vari stadi dei test clinici. Alcuni scienziati si sono espressi con più cautela in attesa del congresso di Chicago, sottolineando che non si può parlare ancora di "vittoria" contro il cancro, soprattutto se il nuovo farmaco va accoppiato con la chemioterapia. La stessa Genentech ha evitato per il momento di alimentare speranze eccessive sull'applicazione dell'Avastin a forme di tumore diverse da quello intestinale. "Non si può precipitare alla conclusione che funzionerà con ogni tipo di cancro escluso quello al seno" ha detto un portavoce dell'azienda.
La Genentech è il numero uno mondiale delle biotecnologie: fondata nel 1976 a San Francisco, fu la prima azienda a elaborare il gene dell'insulina (anche in quel caso per merito di uno scienziato italiano emigrato in California, Roberto Crea), e dalla fine degli anni Novanta è finita sotto il controllo della multinazionale Roche.
L'amministratore delegato della Genentech, Art Levinson, ha detto che per l'Avastin gran parte del merito va a Napoleone Ferrara, che lavora a questo progetto dal 1988. E' da quell'anno che Ferrara è stato assunto nel centro ricerche della Genentech, dopo essersi laureato in medicina all'università di Catania e aver vinto una borsa di studio per la University of California di San Francisco. Specialista in endocrinologia riproduttiva e in oncologia molecolare, nel 1988 Ferrara isolò la proteina denominata Vegf, che induce i vasi sanguigni a suddividersi e a moltiplicarsi. Dimostrò che le cellule cancerogene producono alte dosi di quella proteina; in questo modo si garantiscono l'alimentazione sanguigna necessaria per la crescita del tumore. Di qui la nuova pista seguita dalla ricerca: privare le cellule cancerose della Vgef, per "denutrirle" e arrestare lo sviluppo del tumore. Il farmaco Avastin è un anticorpo monoclonale, a sua volta una proteina, disegnata appositamente per individuare e attaccare la Vgef.
"Come un missile attirato da una fonte di calore", secondo la definizione di Levinson. Ferrara in questi giorni è in vacanza in Italia, in attesa che il suo lavoro affronti l'esame di Chicago. Se l'Avastin ottiene il nulla osta della Food and Drug Administration, si stima che le vendite potrebbero raggiungere rapidamente il miliardo di dollari.
(21 maggio 2003)
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La Genentech è il numero uno mondiale delle biotecnologie: fondata nel 1976 a San Francisco, fu la prima azienda a elaborare il gene dell'insulina (anche in quel caso per merito di uno scienziato italiano emigrato in California, Roberto Crea), e dalla fine degli anni Novanta è finita sotto il controllo della multinazionale Roche.
L'azienda californiana Genentech lancia una nuova terapia
contro il cancro al colon. Nel team anche un italiano
Usa, farmaco della speranza
che ferma le cellule tumorali
L'avastin ha superato tutti i test clinici
allungando la vita dei malati di 16 mesi
dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI
I medici americani la definiscono "un'avanzata cruciale" nella lotta contro il cancro. La nuova cura del tumore all'intestino, che arresta le cellule cancerogene privandole di sangue, ha superato con successo pochi giorni fa la prova definitiva dei test clinici. Il farmaco si chiama Avastin ed è stato messo a punto dalla Genentech, azienda biotecnologica di San Francisco. Ma dietro c'è la tenacia di uno scienziato italiano, Napoleone Ferrara, che da 15 anni in California si è dedicato a questa ricerca.
Ma le prime notizie sono bastate a conquistare le prime pagine dei giornali americani, e a provocare un rialzo del 45% delle azioni Genentech a Wall Street: la Borsa ormai è certa che il nuovo medicinale avrà l'imprimatur della Food and Drug Administration, l'agenzia federale che autorizza la messa in commercio dei farmaci. Già si sa infatti che l'Avastin è stato testato positivamente su 900 pazienti volontari, affetti da cancro al colon con metastasi diffuse ad altri organi, e considerati ormai inoperabili. Metà delle cavie sono state curate soltanto con il nuovo farmaco, agli altri è stato somministrato insieme con la chemioterapia. Secondo le prime indiscrezioni la nuova cura avrebbe prolungato la speranza di vita dei malati ben oltre i 16 mesi. Questo è considerato un grosso successo, visto che per le chemioterapie tradizionali anche un allungamento della vita tra i 2 e i 12 mesi è considerato già un buon risultato. Un'autorità come Leonard Saltz, lo scienziato del Memorial-Sloan Kettering Cancer Center di New York che ha messo a punto la chemioterapia più efficace contro il cancro intestinale, ha definito il risultato della Genentech "un passo avanti molto importante".
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L'Avastin appartiene a una nuova generazione di farmaci, definiti nel linguaggio medico angiogenesi-inibitori, che puntano a combattere i tumori chiudendo i canali della circolazione sanguigna che nutrono le cellule cancerogene. Di questa nuova frontiera nella lotta al cancro si parla da tempo. Ha suscitato grandi speranze già nel 1998, quando un gruppo di ricercatori dell'ospedale pediatrico di Boston riuscì a dimostrare l'efficacia degli angiogenesi-inibitori in esperimenti condotti sui topi. Il premio Nobel della medicina James Watson disse allora che la cura del cancro era ormai "in vista". In seguito però le aspettative erano state frustrate da diverse delusioni nei test clinici umani, compresi quelli condotti con lo stesso Avastin per il tumore al seno.
Perciò il successo della Genentech nei test sui malati di tumore intestinale è stato salutato con entusiasmo dal capo dei ricercatori di Boston, Judah Folkman: "L'allungamento della vita ottenuto con questa cura è un progresso decisivo, la notizia merita di essere salutata con gioia". Dietro l'Avastin ci sono altri 65 farmaci della stessa generazione, elaborati da diversi centri di ricerca e aziende farmaceutiche, ancora in attesa di superare i vari stadi dei test clinici. Alcuni scienziati si sono espressi con più cautela in attesa del congresso di Chicago, sottolineando che non si può parlare ancora di "vittoria" contro il cancro, soprattutto se il nuovo farmaco va accoppiato con la chemioterapia. La stessa Genentech ha evitato per il momento di alimentare speranze eccessive sull'applicazione dell'Avastin a forme di tumore diverse da quello intestinale. "Non si può precipitare alla conclusione che funzionerà con ogni tipo di cancro escluso quello al seno" ha detto un portavoce dell'azienda.
La Genentech è il numero uno mondiale delle biotecnologie: fondata nel 1976 a San Francisco, fu la prima azienda a elaborare il gene dell'insulina (anche in quel caso per merito di uno scienziato italiano emigrato in California, Roberto Crea), e dalla fine degli anni Novanta è finita sotto il controllo della multinazionale Roche.
L'amministratore delegato della Genentech, Art Levinson, ha detto che per l'Avastin gran parte del merito va a Napoleone Ferrara, che lavora a questo progetto dal 1988. E' da quell'anno che Ferrara è stato assunto nel centro ricerche della Genentech, dopo essersi laureato in medicina all'università di Catania e aver vinto una borsa di studio per la University of California di San Francisco. Specialista in endocrinologia riproduttiva e in oncologia molecolare, nel 1988 Ferrara isolò la proteina denominata Vegf, che induce i vasi sanguigni a suddividersi e a moltiplicarsi. Dimostrò che le cellule cancerogene producono alte dosi di quella proteina; in questo modo si garantiscono l'alimentazione sanguigna necessaria per la crescita del tumore. Di qui la nuova pista seguita dalla ricerca: privare le cellule cancerose della Vgef, per "denutrirle" e arrestare lo sviluppo del tumore. Il farmaco Avastin è un anticorpo monoclonale, a sua volta una proteina, disegnata appositamente per individuare e attaccare la Vgef.
"Come un missile attirato da una fonte di calore", secondo la definizione di Levinson. Ferrara in questi giorni è in vacanza in Italia, in attesa che il suo lavoro affronti l'esame di Chicago. Se l'Avastin ottiene il nulla osta della Food and Drug Administration, si stima che le vendite potrebbero raggiungere rapidamente il miliardo di dollari.
(21 maggio 2003)
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La Genentech è il numero uno mondiale delle biotecnologie: fondata nel 1976 a San Francisco, fu la prima azienda a elaborare il gene dell'insulina (anche in quel caso per merito di uno scienziato italiano emigrato in California, Roberto Crea), e dalla fine degli anni Novanta è finita sotto il controllo della multinazionale Roche.