marasma ha scritto:
Non ho MAI detto né ho mai voluto dire che tu speculi sulla credulità della gente. E se qualcun altro avesse inteso questo, lo ribadisco e lo chiarisco con forza.
Quelli sono i "furbacchioni".
Riporto quello che ho scritto:
"Siano i furbacchioni come Anel.. o Grigl.. (non facciamogli pure pubblicità), i visionari studiosi deliranti come Celeron, le macchiette come Gervasi (anche se lui non è "astro"), gli ingenui innocui come astrofinanziatico o bios, li si riconosce subito"
Tu sei quindi, chiaramente, tra i "visionari studiosi deliranti". Se vuoi posso anche aggiungere "innocui". Da questo punto di vista non ci sono problemi.
Io penso che, prescindendo da tutto, dovresti avere maggior rispetto per le persone e gli argomenti che non conosci. Non è soltanto una questione di educazione, o di buone maniere.
E' una questione di civiltà.
In passato ti sei più volte definito un cultore dell'Ellade: in quanto tale, sicuramente sai che sulla facciata del tempio di Apollo, a Delfi, vi era la scritta "
Gnothi sauton" (conosci te stesso).
Grandi uomini, come Socrate, Platone ed altri, fino ad un passato recente, consci di "sapere di non sapere" hanno indirizzato la loro sete di conoscenza primariamente su loro stessi, facendo proprio il motto
Gnothi sauton.
Ti invito a fare altrettanto: non restare davanti al Tempio ad ammirare la scritta, ma varca la soglia.
C'è un passo di un libro, di un autore che tu hai in passato definito un visionario folle. Te lo riporto:
"Affrontando vari argomenti, ho notato quanto è difficile comunicare la propria comprensione, anche quando si parla dell'argomento più comune e ci si rivolge a una persona ben conosciuta. Il nostro linguaggio è troppo povero per poter fornire delle descrizioni esatte e complete.
E ho scoperto che questa mancanza di comprensione tra gli uomini è un fenomeno matematicamente regolato con la stessa precisione della tavola pitagorica. La comprensione dipende, in generale, dalla cosiddetta «psiche» degli interlocutori, e più in particolare dallo stato di questa «psiche» nel momento considerato. L'esattezza di questa legge si può verificare a ogni passo.
Per una reciproca comprensione, non è sufficiente che chi parla sappia come parlare, è anche necessario che chi ascolta sappia come ascoltare. Per questo motivo posso affermare che se parlassi nel modo che ritengo esatto, tutti coloro che sono qui, con pochissime eccezioni, penserebbero che sono pazzo. Ma dal momento che devo parlare a questo uditorio così com'è, e che i partecipanti mi devono seguire, occorre prima di tutto porre le basi per una comprensione comune. Nel corso del nostro incontro dovremo fissare dei punti di riferimento affinché la conversazione risulti efficace.
Per ora vorrei soltanto proporvi di provare a osservare le cose, i fenomeni che vi circondano, e soprattutto voi stessi, da un punto di vista diverso da quello che vi è abituale o naturale. Osservare soltanto, perché fare di più non è possibile se non con la volontà e la cooperazione dell'ascoltatore, quando esso smette di ascoltare passivamente e comincia a fare, cioè quando entra in uno stato attivo.
Molto spesso, parlando con la gente, sentiamo esprimere più o meno apertamente l'idea che l'uomo, così come l'incontriamo nella vita ordinaria, è in qualche modo il centro dell'universo, la «corona della creazione» o, per lo meno, un'entità grande e importante; che le sue possibilità sono quasi illimitate, e i suoi poteri quasi infiniti.
Ma, contemporaneamente, vengono avanzate un certo numero di riserve: perché l'uomo sia così, si dice che occorrono delle condizioni eccezionali, delle circostanze speciali, l'ispirazione, la rivelazione, e così via. Tuttavia, se studiamo questa concezione dell'uomo, ci accorgiamo subito che essa è costituita da un insieme di caratteristiche che non appartengono a un unico uomo, ma a più individui reali o immaginari. Nella vita reale non incontreremo mai un uomo del genere, né nel presente, né come personaggio storico del passato.
Infatti ogni uomo ha le proprie debolezze e, se lo guardiamo da vicino, il miraggio di grandezza e di potenza svanisce. D'altra parte, il fatto più interessante non è che gli uomini vedano gli altri attraverso questo miraggio, ma che, per una particolare caratteristica del loro
psichismo, essi, come per riflesso, lo trasferiscano a se stessi e se l'attribuiscano; e se non proprio per la totalità, almeno in parte. Così, pur essendo delle nullità o quasi, essi immaginano di corrispondere a questo tipo collettivo, o di non esserne molto lontani.
Ma se un uomo sa essere sincero verso se stesso, non sincero come s'intende abitualmente,
ma spietatamente sincero, allora, di fronte alla domanda: «Che cosa sei?»
non conterà su una risposta rassicurante.
E ora, senza aspettare che arriviate da soli all'esperienza di cui sto parlando, e perché possiate comprendere meglio ciò che intendo dire, vorrei suggerire a ciascuno di voi di porsi la domanda: «Che cosa sono?» Sono certo che il 95% di voi si troverà in imbarazzo, e che finirete per rispondervi con un'altra domanda: «Che cosa significa?» Questa è la prova che un uomo ha vissuto tutta la vita senza porsi tale domanda, e che ritiene scontato di essere «qualcosa», addirittura qualcosa di molto prezioso che non è mai stato messo in dubbio. Nello stesso tempo egli è incapace di spiegare che cos'è questo qualcosa, incapace persino di darne una minima idea, dal momento ch'egli stesso l'ignora. E se l'ignora, non è forse perché questo «qualcosa» molto semplicemente non esiste, ma solamente si suppone che esista? Non è strano che le persone dedichino così poca attenzione a se stesse, alla conoscenza di se stesse? Non è strano che chiudano gli occhi con tanto sciocco compiacimento su ciò che sono realmente, e che passino la vita nella piacevole convinzione di rappresentare qualcosa di prezioso?
Esse si dimenticano di guardare il vuoto insopportabile che si cela dietro la superba facciata creata dal loro autoinganno, e non si rendono conto che questa facciata ha un valore puramente convenzionale. Per la verità, non è sempre così.
Non tutti si guardano così superficialmente.
Ci sono degli uomini che cercano, che hanno sete della verità profonda e si sforzano di trovarla, che tentano di risolvere i problemi posti dalla vita, di arrivare all'essenza delle cose, dei fenomeni, e di penetrare in se stessi. Se un uomo ragiona e pensa in modo corretto, qualunque strada segua per risolvere questi problemi, deve inevitabilmente ritornare a sé e cominciare a risolvere il problema di ciò che egli stesso rappresenta e di qual è il suo posto nel mondo che lo circonda. Infatti, senza questa conoscenza, la sua ricerca sarà priva di un centro di gravità.
Le parole di Socrate: «Conosci te stesso» restano il motto di tutti coloro che cercano la vera conoscenza e l'essere."
[...]
"Poichè al mondo TUTTO E’ UNO, tutto è uguale davanti alle Leggi, e di conseguenza, mediante uno studio completo e appropriato, si può acquisire la Conoscenza da un problema qualsiasi, purchè si sappia come “imparare”. Ciò che è più vicino a noi è l’uomo; e di tutti gli uomini, quello più vicino a te sei tu stesso. Incomincia con lo studio di te stesso; ricorda il detto “Conosci te stesso” ".
[...]
"Esci una sera sotto il vasto cielo stellato, alza gli occhi a quei milioni di mondi sopra la tua testa. Forse su ognuno di essi formicolano miliardi di esseri simili a te, persino superiori a te, per costituzione. Guarda la Via Lattea. In quell'infinità, la Terra non può nemmeno essere considerata un granello di sabbia. La Terra vi si dissolve, sparisce, e con essa sparisci anche tu. Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi? Dove vuoi andare? L'impresa cui ti stai accingendo non potrebbe essere pura follia?
Di fronte a tutti quei mondi, intèrrogati sui tuoi scopi e le tue speranze, sulle tue intenzioni e i mezzi per realizzarle, su ciò che si può esigere da te, e domàndati fino a che punto sei preparato a rispondere. Ti attende un viaggio lungo e difficile; ti stai dirigendo verso un paese strano e sconosciuto. La strada è infinitamente lunga. Non sai se ti potrai riposare, né dove ciò sarà possibile. Devi prevedere il peggio. Devi prendere con te tutto ciò che è necessario per il viaggio. Cerca di non dimenticare nulla, perché poi sarà troppo tardi per rimediare all'errore: non avrai tempo di ritornare a cercare ciò che hai dimenticato. Valuta le tue forze. Sono sufficienti per tutto il viaggio? Quando sarai in grado di partire?
Ricordati che più tempo passerai per strada, più avrai bisogno di portarti delle provviste, cosa che ritarderà ulteriormente la tua marcia, e allungherà pure la durata dei preparativi. E ogni minuto è prezioso. Una volta che ti sei deciso a partire, perché perdere tempo?
Non contare sulla possibilità di tornare. Questa esperienza potrebbe costarti carissima. La guida si è impegnata soltanto a condurti alla meta, non è obbligata a riaccompagnarti indietro. Sarai abbandonato a te stesso, e guai a te se ti infiacchisci o perdi la strada, potresti non ritornare mai più. E anche se la trovi, resta il problema: tornerai sano e salvo?
Ogni sorta di disavventure attendono il viaggiatore solitario che non conosce bene la via, né le regole di condotta che essa comporta. Tieni a mente che la tua vista ha la proprietà di presentarti gli oggetti lontani come se fossero vicini. Ingannato dalla prossimità della meta verso cui tendi, abbagliato dalla sua bellezza e non avendo misurato le tue forze, non noterai gli ostacoli sulla via; non vedrai i numerosi fossati che tagliano il sentiero. In mezzo a prati verdi cosparsi di splendidi fiori, l'erba alta nasconde un profondo precipizio. É molto facile inciampare e cadervi dentro, se gli occhi non sono attenti a ogni passo che stai per fare.
Non dimenticarti di concentrare tutta la tua attenzione su ciò che ti sta immediatamente intorno. Non occuparti di mete lontane, se non vuoi cadere nel precipizio.
Però non dimenticare il tuo scopo. Ricordatene continuamente e mantieni vivo il desiderio di raggiungerlo, per non perdere la direzione giusta. E una volta partito, stai attento; ciò che hai oltrepassato, resta indietro e non si ripresenterà più: ciò che non osservi sul momento, non lo osserverai mai più. Non essere troppo curioso, e non perdere tempo con ciò che attira la tua attenzione ma non ne vale la pena. Il tempo è prezioso, e non deve essere sprecato per cose che non sono direttamente in relazione con la tua meta.
Ricordati dove sei e perché sei lì.
Non aver troppa cura di te, e rammenta che nessuno sforzo viene mai fatto invano.
E adesso puoi metterti in cammino."
G.I. Gurdjieff "Vedute sul mondo reale".