Germania: CRAC BANCA GREENSILL Allarme “contagio”: “Ricorda crisi 2007-2008”

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CRAC BANCA GREENSILL IN GERMANIA/ Allarme “contagio”: “Ricorda crisi 2007-2008”
Pubblicazione: 13.03.2021 - Dario D'Angelo
Greensill, crac banche in Germania mette in apprensione il sistema bancario tedesco e non solo. Gli osservatori: “Ricorda la Grande Crisi”.


Un nuovo crac finanziario fa tremare il sistema bancario tedesco e non solo. L’ultimo scandalo in ordine di tempo è quello della Greensill, banca australiana con sede a Londra specializzata nel finanziamento delle supply chain, nel cosiddetto “reverse factoring“.
Di fatto Greensill è specializzata nel pagare i fornitori al posto delle aziende, garantendo, dettaglio vitale per quelli piccoli, incassi più veloci che se aspettassero i tempi di pagamento usuali, venendo poi rimborsata dalle aziende committenti. Una delle sue attività più redditizie, però, la vede concedere prestiti ad aziende che copre con i loro crediti ad altre imprese, impacchettandoli in complessi strumenti finanziari che immette sul mercato. Qualcosa di molto simile ai processi che hanno innescato la grande crisi del 2007, ma che evidentemente non hanno insegnato nulla ad alcune banche d’affari.

Fatto sta che una settimana fa Greensill ha presentato domanda di insolvenza a causa del mancato rinnovo da parte di una società, la Bond and Credit Company (Tokyo Marine), di garanzie assicurative su 4,6 miliardi di dollari di prestiti. La richiesta inoltrata ad un tribunale del Regno Unito è stata quella di ricevere protezione dalle richieste dei creditori, sulla scia di un “grave stress finanziario“, culminato nell’incapacità di rimborsare un prestito del valore di 140 milioni di dollari a Credit Suisse.

CRAC GREENSILL, COS’E’ SUCCESSO
L’effetto domino è stato immediato: l’assenza di garanzie, minacciando la capacità di funding di Greensill, ha portato Credit Suisse a sospendere all’inizio del mese i fondi di investimento dei suoi clienti in supply chain contenenti i propri prestiti. A pesare sulla scelta, adottata subito dopo anche da Gam, è stata l’incertezza sulla loro valutazione. Nel mirino, adesso, è finita anche la Bafin, ente di vigilanza tedesco che ancora una volta è sembrata non annusare il pericolo come nel caso Wirecard. Al momento Greensill è stato bloccata per “eccesso di debito” e denunciata poiché non in grado di “esibire le prove di commesse” che avrebbe acquistato da altri. Ma anche la BCE si è attivata per verificare l’esposizione degli istituti di credito. Adesso il rischio “contagio” è infatti elevato: diversi analisti vedono segnali simili a quelli che portarono allo scoppio della grande crisi con il fallimento di Lehman Brothers.


Come ricorda HuffPost, Greensill in Germania ha tra i suoi clienti una marea di soggetti istituzionali, Comuni come Monheim, lander come la Turingia, la città di Colonia che lì aveva depositato circa 15 milioni da utilizzare per la ristrutturazione del teatro dell’opera. Sono più di 50 gli attori pubblici che hanno scelto di rivolgersi a Greensill Bank e la ragione è nella caccia spasmodica a tassi di interesse convenienti: Greensill Bank offriva commissioni vantaggiose sui depositi in un periodo storico caratterizzato dai tassi negativi imposti dalla Bce per garantire adeguata liquidità e prestiti a imprese e famiglie. Basti pensare che le casse di risparmio tedesche (Sparkassen) applicano un tasso dello 0.5% sui depositi di investitori istituzionali. Qui nasce il problema: come in altri Paesi anche in Germania i depositi sono garantiti dall’assicurazione dello Stato ma questo non vale, dal 2017, per i soggetti pubblici, esclusi per legge dallo schema di tutela di depositi. Circa l′85% dei 3,5 miliardi di euro depositati fanno capo a investitori retail, e quindi garantiti, ma ci sono circa 500 milioni di euro di clienti istituzionali, principalmente i Comuni che ora hanno un solo timore: dover dire ai cittadini di aver perso i loro soldi“.
 
I numeri che possono influire sulle elezioni regionali in Germania
Pubblicazione: 14.03.2021 - Mauro Bottarelli
L’appuntamento elettorale odierno in Germania è senz’altro da seguire. E sul voto potrebbero incidere alcune vicende finanziarie

Giornata elettorale oggi in Germania. Si vota infatti per il rinnovo dell’amministrazione comunale di Essen e, soprattutto, per quello dei Parlamenti regionali di Renania-Palatinato e Baden-Württemberg. Quest’ultimo Land è quello che presenta la sfida maggiormente attesa e osservata in vista del voto legislativo del 26 settembre prossimo, visto che l’amministrazione uscente era retta da una coalizione nero-verde fra Cdu e Grünen, laboratorio a detta di molti di quello che potrebbe essere il prossimo assetto a livello nazionale. L’appuntamento è di quelli di importanza fondamentale a livello interno, tanto che Euronews per definirlo ha utilizzato la formula molto americana del Super-Sunday. E le variabili in campo sono molte, moltissime.

In primis, la reazione in cabina dell’elettorato alla politica di contrasto della pandemia messa in campo dalla coalizione Cdu-Spd, al netto di un lockdown che soltanto dal 22 marzo comincerà a vedere la riapertura di alcuni esercizi, chiusi fin da prima di Natale. E se la polemica vaccinale appare decisamente ridimensionata rispetto a quanto accade ad esempio in Italia, nonostante il clamoroso fiasco europeo della gestione teutonica di Ursula von der Leyen, le elezioni di oggi avranno luogo con sullo sfondo lo scandalo finanziario legato a Greensill Capital, di cui vi ho parlato qualche giorno fa. Di fatto, un bruttissima gatta da pelare per la BaFin, l’ente regolatore dei mercati che si era appena – e a fatica – ripreso dal tracollo di Wirecard.
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C’è però un problema: quella che appariva unicamente una questione finanziaria legata alle cartolarizzazioni allegre delle fatture, utilizzate come motore della cosiddetta supply-chain finance, in Germania potrebbe tramutarsi in guai finanziari proprio per alcuni enti locali, esposti come migliaia di semplici cittadini ai buchi facenti capo al ramo bancario del fondo, la Greensill Bank. Dozzine di municipalità tedesche, infatti, hanno ceduto al fascino del brokeraggio e hanno parcheggiato milioni di euro presso i conti dell’istituto: ad esempio, Monheim on Rhein, città nell’area di Dusseldorf che ha depositato su quei conti qualcosa come 38 milioni di euro, quasi 1.000 euro per abitante. È andata meglio a Bad Duerrheim, il cui municipio ha affidato alle cure della banca “solo” 2 milioni di euro: «Ci aspettiamo il peggio, anche se continuiamo a sperare nel meglio», ha dichiarato alla Reuters un dirigente della municipalità, Alexander Stengelin.

Sgradevole. Soprattutto in un momento di difficoltà economica legato alla pandemia, nonostante l’enorme scostamento di bilancio posto in essere dall’esecutivo anche per tutto l’anno in corso e che ha consentito una copertura ottimale dei fondi di ristoro e sostegno all’economia e alle famiglie. Ma la Germania, si sa, ha le sue ossessioni. Ad esempio, il fatto che per la prima volta dal 1979 la Bundesbank non abbia pagato un dividendo al Tesoro – a causa degli extra-accantonamenti precauzionali dovuti all’aumento dei tassi sul debito – non è andato giù. È parso un pessimo segnale, soprattutto se sospinto da una retorica anti-Bce che pervade sempre maggiormente ampi strati dei cristiano-sociali, soprattutto i bavaresi della Csu e non più solo Alternative fur Deutschland.
Soprattutto alla luce di questo: l’ultimo dato disponibile rispetto alle aspettative inflazionistiche sul breakeven a 10 anni sono infatti salite all’1,19%, il massimo dal 2018 e in perfetto sincrono con l’aumento della massa monetaria M3 dell’eurozona, cresciuta del 12,5% su base annua a gennaio. A sua volta, il massimo dal 2007.
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E tutti sanno che l’inflazione per un tedesco rappresenta il corrispettivo della kriptonite per Superman o dell’aglio per Dracula. Weimar e il suo spettro, qualcosa di impresso nel dna. E attenzione, però, perché questi tre grafici mettono in prospettiva la situazione al di là delle ossessioni storiche, calandoci a forza nel presente. L’ultima sell-off obbigazionaria, infatti, oltre al rendimento del Bund ha fatto salire anche quello a 10 anni dei Pfandbriefe, i bond legati al mercato dei mutui. Di fatto, gli MBS tedeschi.
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Il 13 marzo scorso, per la prima volta dal giugno 2020, quello yield è tornato positivo, di fatto un proxy per maggiori costi legati al settore del real estate.
Quale, quindi, il timore?
Semplice, quello legato alla necessità di bloccare assolutamente quella dinamica rialzista.
La ragione?
Altrettanto semplice e chiaramente spiegata dal secondo e terzo grafico: un’impennata di quei tassi potrebbe punzecchiare pericolosamente la bolla immobiliare tedesca. Guarda caso, cresciuta anch’essa in tandem di re-couple pressoché perfetto con l’aumento dello stato patrimoniale della Bce attraverso i programmi di Qe ciclici. E ormai strutturali dal 2012.
Insomma, l’inflazione minaccia di toccare conti correnti già messi a repentaglio non solo dai tassi negativi sui depositi decisi dall’Eurotower ma anche dall’ennesimo scandalo finanziario e, come se questo già non bastasse per far ricorrere il tedesco medio al Valium in dosi oceaniche, ora cominciano anche a stagliarsi all’orizzonte potenziali timori sulla casa. Il tutto, cosa peggiore, in qualche modo legato alle scelte della Bce. Le stesse che hanno costretto la Bundesbank a non pagare il dividendo allo Stato per la prima volta in 41 anni.
Cosa dite, c’è abbastanza ciccia nel piatto per rendere l’appuntamento elettorale di oggi qualcosa da cui non si può prescindere? E attenzione, perché se tutte queste criticità potrebbero spiegare la tiepidezza di intervento di Christine Lagarde giovedì scorso, quasi una mossa preventiva per preservarsi dall’ira funesta di uno Jens Weidmann che ingoia bocconi amari ormai da otto mesi, da domani e per tre giorni si voterà in Olanda per le legislative anticipate. Di fatto, il braccio armato della Germania nella trattativa sul Recovery fund, il perno dei cosiddetti Paesi frugali, sceglie quale falco lo guiderà. Meglio tenere i fari puntati, perché sicuramente a palazzo Chigi lo faranno.
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