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Il conto della fusione: paga Sanpaolo
Novemila esuberi, 2.500 milanesi e 6.500 torinesi. Oggi parte la trattativa
MARCO SODANO TORINO
Le cifre sono sul tavolo, e dicono che il banchetto di nozze lo paga il Sanpaolo. Nel perimetro della superbanca - una sinergia tira l’altra - ci sono novemila dipendenti di troppo: il 30% lavorano in Intesa, 2.500 bancari, il 70 per l’istituto di Torino, 6.500 persone. Numeri confermati da fonti finanziarie che lavorano sulla fusione. Non spira aria torinese, e infatti ai piani alti di piazza San Carlo spiegano anche che Alfonso Iozzo, l’amministratore delegato del Sanpaolo designato alla vicepresidenza del consiglio di sorveglianza della superbanca, non ricoprirà quell’incarico. Siederà semplicemente in consiglio, come si disse all’indomani della nomina alla Cassa Depositi e prestiti - durante il balletto sulla compatibiltà dei due incarichi -: un pezzo di Torino lascia il ponte di comando, restano in campo gli altri nomi indicati dalla Compagnia di San Paolo, primo azionista di piazza San Carlo: l’ex rettore del Politecnico di Torino Rodolfo Zich, l’avvocato Cesare Ferrero (sindaco dell’Ifi) e il professor Pietro Garibaldi. Ai piani bassi, il malumore si concentra sui cantieri di lavoro che studiano l’integrazione tra i due sistemi: tutti guidati da personale di Intesa che, dicono i colleghi del Sanpaolo «hanno evidentemente il pallino in mano».
Per incoraggiare le uscite su base volontaria - e ridurre al minimo l’impatto del piano industriale che sarà presentato a giugno - la superbanca mette un miliardo a disposizione del fondo esodi. E oggi a Milano e Torino cominciano le trattative con il sindacato.
Il fondo permette l’uscita di chi andrà in pensione di qui a cinque anni: riceverà un assegno pari alla pensione per tutto il periodo. Resta da stabilire l’ammontare dell’incentivo. Qualche settimana fa la trattativa s’era rotta proprio sulla buonuscita: pari a un mese di stipendio per i dipendenti Intesa e a otto per i Sanpaolini. Ma il vero problema è coprire l’organico delle filiali, specie in provincia. Dove capita che si ritrovino gruppi di colleghi in maggioranza anziani: ci sono agenzie, dice il sindacato, che rischiano di trovarsi bloccate. Che chiede nuove assunzioni per coprire eventuali buchi d’organico. La parola d’ordine è: dalla fusione tra due banche sane non che nascere una banca sanissima. Altro che esuberi. In attesa del piano industriale di giugno.
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