governo LegaCinqueStelle non piace ai giornalai?

tontolina

Forumer storico
L’ITALIA NON HA E NON AVRA’ UNA CRISI DEL DEBITO!
Scritto il 6 giugno 2018 alle 10:21 da icebergfinanza
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Probabilmente molti di Voi lo ricorderanno, Icebergfinanza è stato uno dei pochissimi che nel 2011/2012 suggeriva di non lasciarsi prendere dal panico durante la crisi italiana.

Oltre ad un’intervista su Rai3, usci anche un mio articolo sul giornale locale…

«Ma l’Italia non può fallire» – Trento


Centinaia di articoli ed analisi per spiegare ai lettori per quale motivo l’Italia rischiava poco o nulla in quella crisi, per quale motivo molte leggende metropolitane veicolate per creare panico erano fake news, erano false.

Una sintesi eccola qui, ma gli articoli e le analisi erano centinaia davvero, in molti di voi, lettori di vecchia data se li ricorderanno.

Nel fine settimana insieme a Machiavelli, abbiamo condiviso un atteggiamento prudente da tenere a seguito delle nuove normative sul debito pubblico europeo, nessun suggerimento ora la crisi è solo all’inizio.

ITALIA: MAI RISCHIATO IL FALLIMENTO!
Oggi ci risiamo, è bastato eleggere un governo che è inviso a tutta la stampa italiana, ai poteri forti, alla finanza internazionale e subito scene di disperazione ovunque, racconti di peste e carestia che verranno, la fine del mondo dietro l’angolo, più o meno la stessa fine che dovevamo fare nel 2012!

Non tornerò sull’argomento in questa sede, ma non mancherò di seguire tutti gli sviluppi nei prossimi mesi, soprattutto quelli estivi, i più caldi, dove la liquidità evapora e la speculazione gongola. Sarà interessante osservare cosa farà la Banca Centrale Europea, nel caso qualcuno forzi oltre il dovuto la mano, se avrà il coraggio di far finta di nulla o interverrà al momento opportuno.

Sul Il Sole 24 Ore, spesso e volentieri schierato a senso unico a favore dell’euro, di cui torno a ripetere, non tutti i giornalisti sono tendenzialmente faziosi e dei quali in alcuni casi ho conoscenza personale e stima, dicevo sul Sole è apparso un articolo di Ken Fisher che condivido totalmente!



Ecco alcuni passaggi…

All’estero, ma anche in Italia, si sbagliano. Il debito italiano è più che gestibile. Che vi piaccia o meno per il nuovo governo che si è appena formato, non sarà certo la gestione del debito la sfida più grande. (…)

Ascoltate bene ora questo è quello che ripeto da tempo, ciò che conta sono i rendimenti!

Il differenziale rispetto ai Bund tedeschi non ha più importanza.

Il porto sicuro in tempi di crisi mondiale è il dollaro, non l’euro. Durante qualsiasi crisi, il dollaro aumenta e questo vale anche nei confronti dell’euro, a partire dalla sua entrata in vigore.
Comparare i BTp allo strumento finanziario di un altro paese dell’eurozona significa ignorare i flussi globali delle valute.
Il mercato statunitense dei titoli di stato vale 15,8 mila miliardi di euro mentre quello dei Bund tedeschi vale solamente 1,1 mila miliardi di euro.
Il debito statunitense è l’unico abbastanza grande da poter assorbire la domanda extra generata dalla crisi globale, ecco perché in situazioni di panico i capitali confluiscono verso gli Stati Uniti – come accaduto nel 2008 e durante la crisi del debito europeo tra il 2010 e il 2012.

Noi lo stiamo facendo dal 2013, noi siamo gli unici che in Italia lo hanno suggerito pubblicamente, ci sono migliaia e migliaia di lettori testimoni, la verità è figlia del tempo!

Di conseguenza, l’indicatore di riferimento «privo di rischio» appropriato per l’Italia è quello dei titoli di stato statunitensi. In modo sorprendente, i titoli di stato statunitensi decennali hanno un rendimento pressoché identico ai BTp decennali.

Se i titoli italiani fossero davvero rischiosi, i tassi dei BTp sarebbero molto più elevati rispetto a quelli statunitensi, come è quasi sempre stato. I mercati efficienti hanno già stabilito il prezzo della paura diffusa dei mini-BoT, dei tagli fiscali e dell’aumento della spesa pubblica e hanno deciso che i BTp non necessitano di alcun premio per il rischio. Fidatevi di loro.

In termini storici, il debito italiano è altissimo, ma il fatto che il tanto discusso rapporto tra debito pubblico e Pil ammonti al 133% (valore elevato secondo i parametri globali) ha poca importanza. Non ha infatti niente a che vedere con la capacità dell’Italia di sostenere l’onere degli interessi ricorrenti sul debito. Il Tesoro ha intelligentemente prolungato le scadenze medie dei suoi 2,3 mila miliardi di euro di debito dai tre anni del 1994 agli attuali 7 anni.

Ciò che importa è capire se il pagamento del debito paralizzerà l’Italia. Ciò non avverrà.

La versione online di questo articolo è corredata da grafici, con un arco temporale dal 1982 a oggi, che dimostrano quanto finora detto e che sono verificabili tramite i dati del Fmi, della Banca mondiale, dell’Ocse o dell’Istat. Vi invito ad andare a leggerveli e tenerli a mente, questa è informazione, complimenti per una volta tanto al Sole 24 Ore.

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ITALIA: USCITA DALL’EURO POTREBBE ESSERE LA MIGLIORE OPZIONE!
Scritto il 5 giugno 2018 alle 07:35 da icebergfinanza
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Partiamo da una premessa, l’euro è una delle tante unità monetarie che la storia ha costruito, nessuna unità monetaria è mai vissuta oltre la propria illusione, nessuno può uscire dall’euro, ma questo non toglie che senza una vera e propria riforma non degli Stati, ma della stessa Europa, del sistema della moneta unica, l’euro imploderà prima economicamente e poi politicamente.
La mancanza di riforma dell’eurozona e non dell’Italia porterà alla distruzione dell’euro!

Nel fine settimana insieme a Machiavelli vi abbiamo raccontato la nostra versione su quanto in realtà è accaduto quel tragico martedì scorso quando all’improvviso quasi senza alcun specifico motivo lo spread è esploso ben oltre i 300 punti. Bene, ieri sul Financial TImes, è apparso un articolo che prova a ricostruire le vicende degli ultimi mesi.

Ma prima facciamo un salto indietro e torniamo all’articolo di Zingales sulla BCE e sulla Grecia, la dinamica è diversa, non riguarda le banche, ma il mercato dei titoli di Stato è fatto quasi esclusivamente dalla BCE oggi
Grecia, Zingales: “Atene quasi forzata ad uscire dall’euro per creare
“Quella di dare liquidità alle banche è una decisione che prende qualsiasi banca centrale nel momento in cui stabilisce che le banche sono solventi ma illiquide. Questo perché la funzione principale di una banca centrale è quella di essere disponibile a fare prestiti in situazioni di tensioni di mercato alle banche che sono solventi.
Ora, nel caso della Grecia, abbiamo la certificazione fornita dalla stessa Bce qualche mese fa, che le sue banche sono solventi. Perché allora la Bce non fornisce loro liquidità illimitata? Perché la ELA(fornitura di liquidità di emergenza, ndr) è stata centellinata di giorno in giorno e poi bloccata (il 1° luglio La Bce ha fissato a 89 miliardi il livello massimo stabilito per l’erogazione di Ela alle banche greche, ndr)? In sostanza, la Bce tiene la Grecia appesa a un filo“.

Su questo si basa la polemica sull’assenza della BCE nel mese di maggio e precisamente martedì scorso.
Gli amici di Vocidallestero ci aiutano traducendo e sintetizzando l’articolo.
Mentre lo spread scende, il sospetto che nei momenti caldi della crisi politica italiana la BCE abbia messo in atto manovre per aumentare l’instabilità del mercato obbligazionario arriva sul Financial Times: sotto esame c’è un brusco calo degli acquisti dei titoli di stato italiani all’interno del QE da parte dell’istituto di Francoforte. Come ricorda Claudio Borghi (e anche Zingales), l’andamento dei tassi d’interesse (e dello spread) dei titoli pubblici italiani non è più stabilito dai mercati ma dalla BCE, da quando Draghi ha pronunciato l’ormai celebre “whatever it takes” per salvare l’euro. Il punto non è tanto questo caso specifico, quindi, quanto il potere di un organismo non eletto di esercitare la sua influenza sui tassi e quindi sulla politica dei governi.
Post Scriptum. Dopo la nostra traduzione, l’articolo originale è stato tagliato e modificato in diverse parti. Abbiamo modificato di conseguenza anche la traduzione, evidenziando in corsivo le parti aggiunte o molto diverse rispetto alla prima versione.

di Kate Allen, Claire Jones e Rachel Sanderson, 4 giugno 2018

Ovviamente la BCE ha dato la sua versione, quindi l’articolo originale del FT è stato subito modificato, ora attendiamo la risposta dettagliata all’interrogazione del deputato europeo, Marco Zanni, questa è la versione del Sole 24 Ore.
Vorrei sottolineare che il problema non è tanto la riduzione degli acquisti nell’arco temporale di maggio, ma quello che è in realtà accaduto martedì scorso, poi lo vedremo.
Bce, perché la riduzione negli acquisti di BTp italiani è una «fake news
In realtà non è altro che una delle tante comunicazione della BCE che non spiega l’anomalia del giorno in cui lo spread è esploso.
Bisognerebbe chiedere a quelli del Sole se le fakenews sono sempre a senso unico visto che un loro giornalista rilancia una fesseria in arrivo da Unicredit come se non si sapesse che i valori della BCE, sono a libro contabile iscritti al valore nominale e non certo mark to market, quindi il calo delle quotazioni dei BTP c’entra come i cavoli a merenda…

Per capirci questa è la dimensione di quello che è accaduto, qualcuno dirà che il compito della BCE non è quello di calmierare il mercato dei bond dei singoli Paesi, ma è evidente che già durante tutto il mese di maggio, i rendimenti dei titoli a due anni erano soggetti a particolari attenzioni da parte dei mercati, vista l’evidente possibilità di un governo Lega Cinque Stelle.

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Nessun complotto per carità, solo una “mancanza” di attenzione, visto che il mercato dei titoli di Stato in Europa è esclusiva della BCE ormai.

La perla politica del presidente Mattarella, con il rifiuto al governo giallo verde e l’incarico a Cottarelli, davvero non è stata digerita dai mercati?

Strana davvero la presunta telefonata riportata dal Corriere della Sera tra Giorgetti della Lega e Draghi…

Governo, Giorgetti: l’uomo delle nomine e quella telefonata «decisiva…
Oggi un articolo di Francesco Verderami sul Corriere della Sera dà sostanza a quelle voci e con la dovuta cautela sostanzia il nome pensato da tutti e pronunciato da nessuno all’interno del gossip romano: Mario Draghi.
Mercoledì sera, per esempio, la sera che ha cambiato il corso della legislatura, è entrato nella stanza dove c’era lo stato maggiore leghista ed è stato netto. «Ho parlato con il demonio», ha esordito sorridendo.
Poi si è fatto serio: «Il governo va fatto, troviamo una soluzione su Savona e chiudiamo». «Chi è il demonio?», gli è stato chiesto. «È un italiano che non sta in Italia. È un mio amico».
Di amici Giorgetti ne ha tantissimi, una rete di relazioni che coltiva con riservatezza. Maroni, negli anni in cui era al Viminale, si rivolse a lui per conoscere Draghi, che all’epoca stava a Bankitalia.
Alla fine del colloquio il titolare dell’Interno volle capire: «Ma gli dai del tu?». E l’altro: «Certo, è un mio amico». Insieme ad altre centinaia di amici, che stanno ai vertici dei maggiori istituti di credito, delle potenti fondazioni bancarie, delle maggiori aziende pubbliche e private.

Quindi passi per i suggerimenti al Sole della BCE…

«Il programma di acquisti Asset purchase programme viene condotto come al solito, non c’è stato alcun cambiamento – ha detto ieri a Il Sole 24 Ore un portavoce della Bce -. La Banca sta operando sul mercato e sta implementando il programma di acquisti come sempre». Non sono dunque basate su alcun fondamento le voci che davano la Bce meno attiva sull’Italia nel QE in questo momento di crisi: gli acquisti sul programma dedicato ai titoli di Stato PSPP sono in realtà cresciuti proprio di recente, passati dai 3,382 miliardi della settimana del 18 maggio ai 3,628 della settimana del 25 maggio (ultimi dati disponibili). Nel mese di maggio, le prime due settimane sono state di 1,29 miliardi e 7,89 miliardi: quel che conta è il risultato finale, 30 miliardi complessivi al mese.

La rotta del QE non cambia a causa di turbolenze come quelle dei BTp di questi giorni innanzitutto perché questi acquisti di politica monetaria non convenzionale non sono in alcun modo interventi effettuati con lo scopo di prevenire il rischio di perdita di accesso al mercato di un Paese vulnerabile e in difficoltà, che non è il caso dell’Italia ora e che comunque riguarda solo la finalità del programma Omt, si legge ancora.

E allora parliamo di coincidenze, in fondo si tratta sempre di quello, molte le coincidenze viste in questa crisi, vediamo al momento opportuno come si comporterà la BCE, visto che non si è comportata davvero tanto bene con la Grecia, ma credo che l’Italia per loro sia troppo importante e sistemica per la sopravvivenza dell’euro, in conto è la Grecia che fa la voce grossa, un conto è l’Italia come vedremo.

Non mi dilungo su questioni tecniche di quello che in realtà è successo dopo quella tragica domenica nella quale il presidente Mattarella ha fatto un altrettanto tragico errore per poi ritrovarsi un doppio Savona al governo, forse interessano a pochi, ma sottolineo l’ultimo commento di Zingales…

L’economista Luigi Zingales mette in rilievo su Foreign Policy come la decisione del presidente Mattarella di bloccare un governo appoggiato da una maggioranza parlamentare per il timore di reazioni dei mercati fosse sbagliata dal punto di vista sia economico sia politico. In particolare, sebbene nella disamina usi gli argomenti classici della dottrina economica liberale, Zingales sottolinea come non è neanche vero che in Eurozona il giudizio sui governi sia affidato ai mercati: in realtà è affidato alla BCE, che ha il potere di influenzare i mercati, ed è un organismo che nessuno ha eletto. È ora di scegliere la democrazia e non i mercati …

State tranquilli che il Sole 24 Ore non si prende la briga di tradurvi queste considerazioni, troppo pericolose per un gregge consapevole, un grazie di cuore agli amici di Voci dall’Estero, per il loro prezioso lavoro.

E invece, per sua stessa ammissione, la Banca centrale europea (BCE) ha un impatto sui prezzi di mercato. In caso contrario, perché si impegna nell’acquisto di obbligazioni sovrane per ridurne il rendimento, pratica nota come quantitative easing? Di conseguenza, il mercato obbligazionario europeo non si muove più in base al risultato delle decisioni di migliaia di operatori indipendenti; è diventato un “concorso di bellezza”, in cui si cerca di anticipare la prossima decisione della BCE. In un simile mercato, la dichiarazione di un membro della BCE che il quantitative easing dovrebbe concludersi prima del previsto (come ha fatto martedì Sabine Lautenschläger, membro del comitato esecutivo della BCE) può essere sufficiente per creare timore e aumentare lo spread tra obbligazioni italiane e tedesche.

Pippocamminadritto su twitter ci fa notare che…
… va cercato nella mattina del 29-05 sui futures btp corti alle 10 blocco 14k su otc..solo gli hedge americani fanno queste cose sui futures via dark pool
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E’ chiaro che di fronte a questa “anomalia” la BCE istituzionalmente non può fare nulla, tranne dichiarare pubblicamente come ha fatto Draghi nel 2012, che farà qualunque cosa per preservare l’euro dalla speculazione, perché non dimentichiamocelo se salta l’Italia, bye bye euro!
Nel fine settimana, dopo le continue accuse da parte dell’Europa, tutti folgorati sulla via di Roma, un’ondata di riposizionamenti epocali!

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Intanto mentre volano le parole, nei fatti la Germania si prepara a chiudere il Brennero, insieme all’Austria…Questa è la vostra europa solidale!

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Giustamente la risposta del Governo italiano è stata chiara, basta parole ora servono i fatti e meno male che non serviva alzare la voce, non serviva votare.

Ma davvero alzare la voce e minacciare non serve a nulla, quando sei nel mirino della maestra che continua a farti fare i compitini mentre suo figlio se ne frega di rispettare le regole ingozzandosi di surplus di bilancio o chiedendo di esentare le proprie banche decotte dalla supervisione della BCE?

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Ora non solo gli azionisti sono preoccupati per la sorte di Deutsche Bank, pure clienti e dipendenti…



Ma torniamo a noi, nei prossimi giorni faremo un’imponente opera di fact checking sulle innumerevoli fesserie dei giornalai che incominciano a girare in rete sui rischi della fine dell’euro, solo sui rischi, perché loro opportunità, proprio non ne vedono, ma in fondo quello è il loro mestiere, informare ad uso e consumo, ad immagine e somiglianza, denigrando le analisi e i pensieri di chi cerca di far comprendere la realtà manifesta.

Mentre incominciano a girare sondaggi farlocchi sull’entusiasmo dell’appartenenza alla moneta unica da parte degli italiani, noi vi ricordiamo il recente sondaggio di Eurobarometro…

Eurobarometro, quasi un italiano su due vuole uscire dall’Ue
Eurobarometro: appartenenza all’Ue positiva solo per il 39% degli italiani

Loro invece la raccontano così…
Italiani pro-euro, il no vince solo tra gli elettori leghisti
Euro, fuori o dentro: Italia spaccata ma i sondaggi vedono la vittoria dei no…
A scanso di equivoci, noi siamo per l’Europa unita, non per l’Europa dei capitali, delle monete, della plutocrazia, ma l’evidenza empirica e storica, boccia la moneta unica.

La prossima campagna elettorale per le elezioni europee del 2019, sarà tutta incentrata sul terrorismo mediatico che si concentrerà sui risparmi degli italiani, catastrofi e distruzioni quotidianamente minacciate, come accadde con la Brexit e con il referendum italiano.

Questo solo un esempio…

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La nota di JPMorgan sull’opportunità da parte dell’Italia di considerare chiusa l’esperienza euro la lascio leggere a Voi… jpmorgan’s stunning conclusion: an italian exit may be
Per chi non conosce l’inglese qui una sintesi… Italia e Target 2, JP Morgan: uscita euro potrebbe essere la migliore …
Il motivo di come una uscita dell’Italia dall’euro non sarebbe alla fine traumatica – tutt’altro, anzi, per JP Morgan – risiede nel fatto che la stessa importanza attribuita al parametro Target 2 è stata praticamente un po’ gonfiata. Così come la divisione di ricerca del colosso scrive, “le passività del Target 2 di un paese debitore danno un quadro solo parziale del costo che le nazioni creditrici dovrebbero sostenere se il paese debitore decidesse di uscire dall’euro. Questo, perchè i saldi target 2 sono solo una componente della Posizione internazionale netta degli investimenti, misurata dalla differenza tra gli asset finanziari totali esterni di un paese e tra le sue passività”. JP Morgan ritiene che sia questo parametro a dover essere usato, e per questo stila un grafico ad hoc, indicando le situazioni in cui versano i diversi paesi dell’area euro.

Noi ci fermiamo qui, il resto in diretta giorno dopo giorno sino all’epilogo finale, la nazionalizzazione di Deutsche Bank, questo è il vero pericolo per l’intera Europa, non l’Italia!
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Italia e Target 2, JP Morgan: uscita euro potrebbe essere la migliore opzione
04/06/2018 11:49 di Laura Naka Antonelli
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Target 2, altra spina nel fianco dell’Italia. Il Target 2 è un parametro chiave per monitorare la solidità finanziaria di un paese che fa parte dell’Eurosistema e i dati sul Target 2 italiano non sono stati mai di buon auspicio. Anzi: il parametro è stato spesso citato come prova dei flussi finanziari in uscita dall’Italia, dunque come termometro della fuga di capitali dal paese. Ora, dopo tutte le trattative alquanto concitate che si sono rese necessarie per far partorire l’esecutivo giallo-verde, dopo tutti gli avvertimenti e i moniti arrivati da ogni dove, con tanto di scenari da Apocalisse che si sarebbero concretizzati nel caso di un’uscita dell’Italia dall’euro, la divisione di ricerca di JP Morgan sentenzia che proprio quella che definisce il “Quitaly” – l’addio del paese all’Eurozona -potrebbe confermarsi la migliore opzione per l’Italia.

Com’è possibile, se si considera che, in un famoso discorso del gennaio del 2017 che gli analisti ben ricordano, fu lo stesso Draghi a ricordare quanto un’uscita dall’euro sarebbe stata dolorosa per i paesi che avessero avuto il coraggio di fare questa scelta ‘irreversibile’ (come lo stesso presidente della Bce ha detto?)

In una lettera al Parlamento europeo, Draghi dichiarò che “se un paese lasciasse l’Eurosistema, i crediti o i debiti che la sua banca centrale detenesse nei confronti della Bce dovrebbero essere saldati a pieno”.

Così facendo, il banchiere non fece altro che far coincidere il costo di uscita dall’euro a eventuali squilibri del Target 2.

Ora, è importante intanto ricordare, come sottolineato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali nel 2017, che il deterioramento dei bilanci Target 2 a partire dal 2015 non è solo una semplice conseguenza tecnica del Quantitative easing lanciato dalla Banca centrale europea, ma uno specchio di quelle che sono le preferenze degli investitori.

Per esempio, nel periodo 2010-2012, i bilanci subirono un deterioramento, che venne scatenato tuttavia soprattutto dalla perdita di accesso ai mercati per la raccolta di finanziamenti da parte dei paesi più tramortiti dalla crisi. A quel punto, le banche dei paesi periferici furono costrette a rimpiazzare le fonti private a cui ricorrevano per finanziarsi con la liquidità fornita dalla Bce.

Tuttavia, dal 2015 l’aumento degli squilibri del Target 2 è soprattutto il risultato di flussi transazionali decisi dagli investitori in risposta al QE della Bce.

JP Morgan spiega:
“Per esempio, quando Bankitalia, attraverso il programma QE, acquista bond da una banca tedesca o anche da una banca britannica che ha un conto aperto in Germania, viene generato un flusso, che si traduce in un aumento del deficit Target 2 di Bankitalia e in un aumento del surplus della Bundesbank. O quando Bankitalia acquista bond da un investitore domestico e questo investitore utilizza il ricavato per acquistare un asset estero, Bankitalia registra una passività nell’Eurosistema. In entrambi i casi – sottolinea JP Morgan – la liquidità creata dal piano QE di Bankitalia non rimane nei confini italiani, ma va alla Germania o ad altre giurisdizioni”.

In base a quanto riporta la stessa Bce, la maggior parte dei bond che vengono acquistati da una banca centrale nazionale nell’ambito del Quantitative easing viene venduta poi a controparti che non sono residenti nello stesso paese della stessa banca centrale, tanto che quasi la metà degli acquisti viene effettuata da controparti che operano anche al di fuori dell’euro, e che accedono al sistema di pagamento Target 2 attraverso la Bundesbank, ovvero la banca centrale tedesca.

In altre parole, la liquidità in eccesso creata con il piano QE dal 2015 non è rimasta parcheggiata nei paesi periferici, ma è andata a finire a nazioni creditrici come la Germania, che sono state inondate da ancora più cash (praticamente, fa notare Zerohedge, è accaduto esattamente il contrario di quanto la Bce di Mario Draghi desiderasse”.
Detto questo, il Target 2 rimane ancora un parametro per valutare il costo che una nazione dovrebbe accollarsi nel caso in cui volesse uscire dall’euro.
Tuttavia, si chiede JP Morgan, cosa accadrebbe se un paese prossimo a uscire dall’euro – in quanto in default, ovvero non capace di far fronte alle proprie passività – e pronto anche a ridenominare l’euro in una propria valuta di riferimento, decidesse di ignorare il saldo del target 2? D’altronde, in quella situazione, il paese in questione non avrebbe nulla da perdere.
In questo caso, l’uscita dall’euro da parte di un paese debitore sarebbe più un costo per i paesi creditori che non per la sua economia.
Una conclusione sconvolgente
, tanto più se si considera che la nascita del governo M5S-Lega è stata particolarmente travagliata proprio perchè il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dovuto sincerarsi che il nuovo esecutivo non diventasse una minaccia per l’euro.

Il motivo di come una uscita dell’Italia dall’euro non sarebbe alla fine traumatica – tutt’altro, anzi, per JP Morgan – risiede nel fatto che la stessa importanza attribuita al parametro Target 2 è stata praticamente un po’ gonfiata. Così come la divisione di ricerca del colosso scrive, “le passività del Target 2 di un paese debitore danno un quadro solo parziale del costo che le nazioni creditrici dovrebbero sostenere se il paese debitore decidesse di uscire dall’euro. Questo, perchè i saldi target 2 sono solo una componente della Posizione internazionale netta degli investimenti, misurata dalla differenza tra gli asset finanziari totali esterni di un paese e tra le sue passività”. JP Morgan ritiene che sia questo parametro a dover essere usato, e per questo stila un grafico ad hoc, indicando le situazioni in cui versano i diversi paesi dell’area euro.


Dall’analisi dei dati emerge che, a dispetto delle passività del Target 2, una uscita dell’Italia dall’euro scatenerebbe alle nazioni creditrici un danno decisamente inferiore rispetto alla prospettiva che, a fare lo stesso, sia la Spagna.
A fronte di passività nette per gli investimenti internazionali della Spagna, che alla fine dello scorso anno si attestavano a 1 trilione di euro, quasi tre volte il valore delle passività Target 2 spagnole, le passività italiane si sono attestate soltanto a 115 miliardi di euro: un valore pari a 1/4 circa delle sue passività Target 2, che ammontano a 426 miliardi.
Ciò significa, di conseguenza, che l’Italia sarebbe decisamente più capace rispetto alla Spagna di onorare gli obblighi verso l’estero.

Ma non solo.
La ragione per cui le passività nette per gli investimenti internazionali italiani dell’Italia sono così basse deriva dal surplus delle partite correnti che continua a caratterizzare il paese dalla crisi dei debiti sovrani esplosa nel 2012, e da deficit delle partite correnti sostanzialmente inferiori a quelli della Spagna prima della crisi. La presenza di un surplus delle partite correnti, in teoria, rende di fatto più facile per un paese come l’Italia uscire dall’euro rispetto a un paese che soffre invece un deficit delle partite correnti. E questo accade perchè, più alto è il deficit (delle partite correnti) di un paese debitore, più alto è il costo di una sua uscita, visto che appunto questo deficit dovrebbe essere chiuso in maniera brusca dopo l’addio all’Eurozona.

Allo stesso modo, più alto è il surplus delle partite correnti di un paese creditore, più alto è il costo di una sua uscita, visto che la valuta, verosibilmente, si apprezzerebbe. In questa situazione ipotetica, l’Italia si troverebbe nel mezzo, come dimostrato dal grafico:


E ciò significa, secondo JP Morgan, che proprio grazie al surplus delle partite correnti relativamente decente, il costo che l’Italia dovrebbe sostenere per uscire dall’euro sarebbe relativamente irrisorio.
L’Italia avrebbe dunque dalla sua parte il surplus delle partite correnti: inoltre, per JP Morgan beneficia anche di quel fenomeno che JP Morgan ha battezzato “l’addomesticamento” del debito pubblico, riferendosi al fatto che l’esposizione delle banche straniere verso il suo debito sovrano è decisamente diminuita.

E’ altrettanto vero che, a fronte delle banche straniere che hanno smobilizzato i BTP, si è fatto avanti quello che Zerohedge considera un vero e proprio hedge fund, che ha aspirato i bond italiani presenti sul mercato: ovvero, la Bce.
C’è da dire, prosegue JP Morgan che, se l’Italia non riuscisse a ottemperare ai propri obblighi finanziari internazionali, il default non sarebbe l’ideale nel suo caso, visto che la maggior parte dei BTP è detenuta da investitori domestici (banche comprese). Tale fattore “riduce le opzioni che un paese ha a disposizione per tentare di effettuare aggiustamenti alla propria economia nell’ambito dell’Unione monetaria” dove, visto che il deprezzamento della valuta e la monetizzazione del debito non sono possibili, un paese ha solo due opzioni: il default e la svalutazione interna (riduzione dei salari è un esempio).

Ora, visto il precedente della Grecia, JPM fa notare che una ristrutturazione del debito che coinvolgesse i creditori stranieri (come avvenuto nel caso della Grecia), avrebbe un valore di soli 267 miliardi di euro, pari al 15% del Pil. “In altre parole, l’analisi del rapporto costi-benefici di un taglio dei debiti suggerisce che una operazione di PSI (Private Sector Involvement) non converrebbe all’Italia.


questo punto, all’Italia rimarrebbe l’opzione della svalutazione interna. Ma neanche tale soluzione si adatterebbe all’economia italiana, che assiste a un rialzo dei costi unitari del lavoro dal 2009.

Ciò significa che è improbabile che l’Italia possa effettuare aggiustamenti in base alle regole dell’Unione monetaria: e tale fattore, unito alle massicce passività del Target 2, diventerebbe un asset, per Roma, che non salderebbe i conti a dispetto di quanto Draghi stesso considera perentorio e che allo stesso tempo, forte anche del surplus delle partite correnti – che crescerebbe soltanto se l’Italia decidesse di tornare alla lira, scatenando il balzo delle sue esportazioni -. Guadagnandoci più in questo modo che, sicuramente, ricorrendo alla svalutazione interna o all’ipotesi di default.

Noi ci fermiamo qui, il resto in diretta giorno dopo giorno sino all’epilogo finale, la nazionalizzazione di Deutsche Bank, questo è il vero pericolo per l’intera Europa, non l’Italia!

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L’austerità espansiva, la ricerca spasmodica di limiti e regole o riforme anacronistiche, una unione monetaria bocciata completamente dalla storia, stanno cancellando il sogno dei padri fondatori. Da nessuna parte c’è scritto che l’esperimento, il governo del cambiamento riuscirà nell’intento di cambiare le sorti di questa fallimentare moneta unica, ma bisogna provare, non si può perseverare con gli stessi errori prodotti sino ad oggi da una plutocrazia europea che cerca solo di difendere i suoi privilegi.
MACHIAVELLI: ITALIA PUNTO DI NON RITORNO! | icebergfinanza
 
Di conseguenza, l’indicatore di riferimento «privo di rischio» appropriato per l’Italia è quello dei titoli di stato statunitensi. In modo sorprendente, i titoli di stato statunitensi decennali hanno un rendimento pressoché identico ai BTp decennali.

sbagliatissimo!!! e l'inflazione???????????????????? non la consideriamo?....ci sono ben 2 punti di differenza!!

Inflazione in Stati Uniti - indice dei prezzi al consumo (CPI) attuale e storica americana

Inflazione in Italia - indice dei prezzi al consumo (CPI) attuale e storica italiana
 
Ore 15:00 l'Annunziata accusa Di Maio che il governo, dopo BEN 3 giorni dalla fiducia, ancora non avesse risolto i problemi dell'umanità o, almeno, dell'Italia. E lo sfida.

Subito dopo, il Governo davvero fa qualcosa e... magicamente tutta la sinistra globalista si straccia le vesti.

Quindi, per i piddini, se quelli al governo non fanno, hanno mentito agli elettori. Se fanno, non va bene quello che fanno.
 
Pandora TV - Alberto Micalizzi: Come proteggersi dalla prossima crisi di liquidità

La BCE rallenta il quantitative-easing sui titoli italiani e Giovedì prossimo potrebbe addirittura deciderne la sospensione immediata o a breve termine.
Questo getterebbe il Paese in una crisi di liquidità peggiore di quella del 2011. Quali azioni di emergenza possono essere intraprese dal G...

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Alberto Micalizzi: Come proteggersi dalla prossima crisi di liquidità - Pandora TV
 

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