Hezbollah si è rafforzato durante i conflitti in Siria

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Forumer storico
17 APRILE 2017
Il gruppo estremista sciita libanese è diventato uno dei più importanti e influenti alleati di Assad, riuscendo allo stesso tempo a trasformare se stesso

Tra i pochi vincitori delle guerre che si stanno combattendo in Siria c’è Hezbollah, un gruppo sciita libanese alleato dell’Iran e del regime del presidente siriano Bashar al Assad.
Non succede spesso che si parli di Hezbollah in relazione alla guerra siriana. Nei trent’anni precedenti all’inizio del conflitto, nel 2011, Hezbollah era conosciuto soprattutto per la sua aperta ostilità verso Israele, ma la sua capacità di agire fuori dai confini nazionali era sempre stata piuttosto limitata.
La guerra in Siria ha cambiato tutto: per Hezbollah – così come per altri gruppi, come lo Stato Islamico – la guerra è stata un’incredibile opportunità per rafforzarsi: per esempio gli ha permesso di formare la sua prima alleanza con una potenza globale, la Russia, e di mettersi a capo di una milizia in grado di fare operazioni militari all’estero. La trasformazione di Hezbollah, che è una delle conseguenze più importanti della guerra in Siria, è stata raccontata in un articolo sul Wall Street Journal della giornalista Maria Abi-Habib.

Da dove arriva Hezbollah

Hezbollah, che significa il “Partito di Dio”, nacque all’inizio degli anni Ottanta per combattere l’occupazione israeliana del Libano, che era cominciata dopo che alcuni militanti palestinesi provenienti dal Libano avevano compiuto degli attacchi in territorio israeliano. Fin dall’inizio Hezbollah ebbe l’appoggio dell’Iran, e in particolare delle Guardie Rivoluzionarie, l’unità d’élite dell’esercito iraniano creata dopo la rivoluzione khomeinista del 1979. I nemici di Hezbollah erano Israele e i suoi alleati: nel 1985 i vertici del gruppo diffusero una “lettera aperta” con la quale identificavano gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica come i principali nemici dell’Islam e invocavano la distruzione di Israele, responsabile a detta loro di occupare le terre abitate dai musulmani.
Nel 1989 gli Accordi di Taif misero fine alla guerra civile in Libano che si era combattuta nei 15 anni precedenti: tra le altre cose, con gli accordi si accettava la presenza dell’esercito siriano in territorio libanese – i soldati siriani sarebbero rimasti lì fino al 2005, anno della cosiddetta “rivoluzione dei cedri” – e si stabiliva il disarmo delle milizie armate. A Hezbollah, che aveva l’appoggio dell’Iran e della Siria, non furono però tolte le armi e tre anni dopo il gruppo partecipò alle elezioni nazionali per la prima volta nella sua storia.

Nel corso degli ultimi 25 anni Hezbollah ha accresciuto il suo ruolo nella società e nella politica libanese. Ha creato una serie di programmi sociali in aiuto alla popolazione, per esempio legati alla gestione di scuole e strutture ospedaliere, e ha cominciato a far parte del governo libanese, all’interno del quale ha assunto sempre più importanza. Allo stesso tempo non ha abbandonato la lotta armata contro Israele. Nel 2006 Hezbollah e Israele hanno combattuto una guerra, e nonostante l’evidente disparità di mezzi militari Hezbollah è sopravvissuta e ha continuato a reclutare nuovi soldati ed espandere il suo arsenale militare. Ma la sua opportunità più grande per crescere e trasformarsi in qualcosa di diverso è arrivata con l’inizio della guerra in Siria, nel 2011.

Cosa è cambiato con la guerra in Siria
Hezbollah è intervenuta in Siria per garantire la sopravvivenza del regime di Assad, suo prezioso alleato, e l’integrità delle sue linee di rifornimento dall’Iran al Libano. La partecipazione degli uomini di Hezbollah nella guerra siriana si fa risalire al 2011, anche se il gruppo ha negato qualsiasi coinvolgimento fino al 2013. Gli uomini di Hezbollah non solo hanno partecipato direttamente ad alcune battaglie molto importanti, come quella per la riconquista della città siriana di Qusayr nel 2013, ma hanno anche addestrato e consigliato le altre forze dello schieramento di Assad per combattere sia i ribelli che lo Stato Islamico (soprattutto i ribelli). Maria Abi-Habib ha scritto:

«Hezbollah ha contribuito alla sopravvivenza del regime di Assad aiutando l’esercito siriano, del tutto indisciplinato e afflitto dalla corruzione e dalle defezioni. Nelle città siriane prima sotto il controllo dei ribelli e poi riconquistate, i combattenti di Hezbollah sono stati visti tenere i soldati siriani per i polsi o per la divisa e forzarli a riportare ai legittimi proprietari gli elettrodomestici e i mobili saccheggiati. I civili siriani dicono che capita che i combattenti di Hezbollah trattino senza rispetto i soldati siriani sul fronte di guerra, un netto cambiamento rispetto alla deferenza del passato. Auto con vetri oscurati e con targhe libanesi arrivano sgommando ai checkpoint siriani, i comandanti di Hezbollah si rifiutano di consegnare i loro telefoni durante i controlli identificativi o di rispondere alle domande poste loro dagli alleati siriani.»

L’importanza di Hezbollah è cresciuta nel tempo, anche grazie alle armi ottenute dall’Iran. Andrew Exum, consigliere per il Medio oriente dell’ultima amministrazione Obama, ha detto: «È difficile vedere persone salire di rango nell’intelligence o nell’esercito siriani senza una qualche forma di benedizione di Hezbollah o degli iraniani». Rappresentanti di Hezbollah hanno partecipato ai negoziati sponsorizzati dalla Russia successivi alla sconfitta dei ribelli ad Aleppo e hanno incontrato l’inviato speciale della Cina che si occupa di questioni siriane. La stessa decisione del regime di Assad di riconquistare Aleppo, controllata dai ribelli, prima di avviare un’offensiva militare contro Raqqa, controllata dallo Stato Islamico, sarebbe stata un’idea di Hezbollah e dell’Iran. Questa strategia, diversa da quella pensata dai comandanti di Assad, si è poi dimostrata vincente, se la si guarda dalla prospettiva del regime siriano.

Ancora più rilevante è il fatto che la guerra siriana abbia permesso a Hezbollah di diventare una forza di “counter-insurgency”, ovvero una forza in grado di combattere efficacemente la guerriglia dei ribelli anti-Assad (il termine “insurgency” indica un tentativo prolungato di combattere un governo tramite tecniche di guerriglia; “counter-insurgency” indica la capacità di contrastare l'”insurgency”). Hezbollah, in pratica, ha fatto fruttare i suoi molti anni di esperienza di guerra asimmetrica contro Israele, cioè quella guerra combattuta tra due parti che hanno una enorme differenza di risorse militari. Non solo: Hezbollah, con l’aiuto di un corpo d’élite dell’esercito iraniano, ha addestrato delle milizie sciite semi-autonome di fatto slegate dal potere di Assad, che includono decine di migliaia di uomini e che sono già usate da Hezbollah per influenzare ancora di più la politica in Siria.

Israele e la Siria post-guerra
Hezbollah non è solo una preoccupazione per i nemici di Assad in Siria. Nonostante Israele abbia mantenuto finora un ruolo piuttosto marginale nella guerra siriana, evitando di farsi coinvolgere da una o dall’altra parte, non si può dire che il governo di Tel Aviv abbia rinunciato a difendere i suoi interessi. Periodicamente aerei da guerra israeliani fanno dei raid nello spazio aereo siriano per colpire obiettivi di Hezbollah, o convogli iraniani che si sospetta portino armi o altro materiale militare in qualche base di Hezbollah in Libano. Inoltre nel marzo di quest’anno Hezbollah ha annunciato la formazione delle “Brigate per la liberazione del Golan”, un gruppo con base operativa in Siria che ha l’obiettivo di riprendere il controllo delle alture del Golan, un territorio al confine tra Israele e Siria e conquistato dagli israeliani durante la guerra dei Sei giorni del 1967.

Anche la Siria post-guerra, ha scritto Abi-Habib, potrebbe diventare un’opportunità per Hezbollah. Secondo una stima recente della Banca Mondiale, la ricostruzione in Siria potrebbe valere più di 100 miliardi di dollari. Hezbollah a quel punto potrebbe mettere a disposizione la sua esperienza maturata dopo la guerra contro Israele nel 2006, quando organizzò la ricostruzione di interi quartieri di Beirut, e inserirsi nell’economica siriana post-bellica. È probabile che l’influenza di Hezbollah non riguarderà solo l’economia siriana, ma anche la politica del regime di Assad. Prima dell’inizio della guerra, Assad aveva mostrato di volersi avvicinare ad alcune monarchie del Golfo – per esempio stava migliorando i suoi rapporti con l’Arabia Saudita – e aveva anche considerato un trattato di pace con Israele, paese con cui la Siria non ha mai avviato relazioni diplomatiche e contro cui ha combattuto alcune guerre. Oggi la situazione è completamente diversa: Assad deve fare i conti con quello che vogliono i suoi alleati, perché è grazie a loro che è ancora lì, e i suoi alleati non vogliono fare la pace né con Israele né con i sauditi.

Perché Hezbollah ha già vinto, grazie alla guerra in Siria - Il Post
 
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"Fra Hezbollah e Israele la guerra è vicina" - Panorama
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15 maggio 2017 - Chiara Clausi

Beirut, Libano. A Dahya, quartier generale di Hezbollah, con il comandante Abu Hassan. Hassan spiega le ragioni dell’intervento di Hezbollah in Siria, le nuove tecniche imparate dai combattenti in guerra, la possibilità sempre più realistica di un nuovo scontro con Israele, la fine prossima di Bashar al Assad per mano dei servizi segreti, i legami con l’Iran, e il disegno che hanno in mente Stati Uniti e Israele per controllare il Medio Oriente. Una politica che sta facendo di Hezbollah un attore fondamentale non solo in Libano, ma in tutta la regione.

E ciò, ovviamente preoccupa Israele. Come spiega Boaz Ganor, Direttore dell’Istituto Internazionale del Contro-terrorismo ad Herzliya. Hezbollah è "un'organizzazione terroristica ibrida", "una marionetta nelle mani dell’Iran". E questo giustifica i raid di Israele in Siria.

Sia Ganor che Hassan, lontani mille miglia nelle idee, convergono su un punto: una nuova guerra è sempre più vicina.

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All’ingresso del bunker, aspetta il comandante Abu Hassan, uno dei reduci della guerra in Siria, fra i più rispettati. Nel suo ufficio, una scrivania, e un monitor collegato alle telecamere di sorveglianza. Alle pareti i ritratti di Nasser, Che Guevara, e Nasrallah, le bandiere gialle di Hezbollah, un kalashnikov appoggiato al muro. Hassan ha 54 anni, indossa pantaloni militari, scarponi neri, ha un fisico robusto da combattente. “Quando devi uccidere il serpente nella sua tana devi tagliare la testa e non la coda – esordisce -. Hezbollah ha partecipato alla guerra in Siria non per amore di Assad, ma per evitare che i sunniti entrassero in Libano. Perché se ne entrano 10.000, diventeranno 100.000. Il loro obiettivo è formare un grande esercito sunnita in Libano e avere lo sbocco sul mare. Abbiamo imparato dagli israeliani: bisogna portare la guerra sul terreno del nemico”.

Gli sciiti in Libano sono circa 1,6 milioni su 4,3 milioni di libanesi. I combattenti di Hezbollah sono circa 40 mila, quelli inviati in Siria tra i 10 mila e i 15mila. Ma Abu Hassan non vuole rivelare le perdite subite con precisione. Secondo i servizi israeliani sono almeno 1.500. “Abbiamo martiri, feriti, perdite economiche – ammette - ma è il prezzo da pagare per proteggere il Libano. Loro hanno utilizzato molti kamikaze, e noi abbiamo evitato morti, grazie ai nostri servizi di sicurezza”.

Servizi potentissimi come quelli del grande nemico, Israele. La guerra del 2006 tra lo Stato ebraico e Hezbollah nel sud del Libano brucia ancora ed è indimenticabile. Hezbollah la rivendica come una vittoria, una sconfitta per Israele, anche se le opinioni degli osservatori neutrali sono più sfumate.
Le parole Abu Hassan per il futuro sono minacciose: “Israele non accetterà mai un’altra sconfitta. Noi ci stiamo già preparando per una prossima guerra. Hezbollah ha aumentato di 10 volte il suo arsenale”. Molte volte gli israeliani colpiscono per vedere con quali armi Hezbollah risponde. Ma loro consapevoli di ciò, non le usano. Sul campo di battaglia Hezbollah ha postazioni finte, non ha nessuna postazione fissa. I suoi combattenti sono diventati dei veri esperti in Siria. “I guerriglieri dell’Isis sono tra i peggior nemici al mondo, amano la morte, invece gli israeliani amano la vita”.

Israele però resta il nemico per eccellenza, che vede dietro Hezbollah gli ordini di Siria e Iran. Ma per Abu Hassan, la “Siria è finita: un giorno ci sveglieremo e non troveremo più Bashar. Si stanno spendendo milioni per difenderlo”. L’Iran paga tutto, paga le armi, e così anche Hezbollah. “Succederà qualcosa a Bashar. I servizi lo faranno fuori - rivela il comandante - . Tutti quelli accusati dell’assassinio di Hariri nel 2005 sono stati uccisi, ma noi non sappiamo ancora chi ha ucciso loro”. ( Rafic Hariri è l'ex primo ministro del Libano, assassinato da un ordigno fatto esplodere al passaggio della sua auto nei pressi del St. George Hotel a Beirut).

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Per Randa Slim, analista del Middle East Institute, un think tank di Washongton Dc, l’intervento di Hezbollah nella guerra in Siria invece è stato cruciale per la sopravvivenza di Bashar al-Assad: “In Siria Hezbollah si è assicurata maggiore profondità strategica e si è garantita la via per il rifornimento delle armi dall’Iran. Ha difeso il suo alleato Bashar al-Assad, ha perso alcuni dei suoi migliori e più esperti combattenti, ma ha anche sviluppato un corpo più specializzato di combattenti. Se l’obiettivo di Hezbollah in Siria era la sicurezza e la stabilità del paese ha fallito. Se era il mantenimento di Assad al potere, allora ha vinto”.

Hezbollah è una punta di lancia sciita protesa verso Israele, per Boaz Ganor, Direttore dell’Istituto Internazionale del Contro-terrorismo ad Herzliya, il punto chiave è che “Hezbollah non riconosce il diritto di Israele di esistere e ha una capacità militare ineguagliabile, con oltre 100.000 razzi e missili che ha ricevuto dall’Iran solo per uno scopo - attaccare Israele”. Pertanto il conflitto è possibile, è solo una questione di tempo. Detto questo è anche vero che in questo momento l'organizzazione è troppo occupata in Siria, dove è dispiegato il suo personale militare, è quindi incapace di aprire un altro fronte con Israele.

Gli israeliani non stanno certo con le mani in mano. Dal 2013, quando Hezbollah è entrato in Siria, si sono moltiplicati i raid dell’aviazione sulle sue postazioni e depositi di armi.

"Israele ha una politica chiara – conferma Ganor - non vuole consentire a Hezbollah di ottenere armi sofisticate dall'Iran attraverso la Siria. Hezbollah ha ricevuto un ordine diretto dall'Iran di mandare le proprie truppe in Siria per proteggere il regime di Assad. Ha dimostrato ancora una volta di essere una marionetta iraniana. Hezbollah preferisce sempre promuovere l'interesse iraniano anche se questo è contrario agli interessi libanesi. L'obiettivo strategico iraniano è di diffondere la rivoluzione di Khomeini e controllare i territori della mezzaluna sciita che inizia in Iran, passa per l'Iraq, attraversa la Siria e finisce in Libano”.

La prossima guerra
Invece gli interessi di Israele riguardano in particolare il sud del Libano, teatro della guerra del 2006 con Hezbollah: “Israele è solo interessato ad avere un confine settentrionale Hezbollah con il Libano e il suo obiettivo è che i villaggi israeliani che confinano con il Libano possano avere una vita normale”. Hezbollah è ritenuta un’organizzazione terroristica da parte di Stati Uniti, Paesi Bassi, Canada e Israele. È un'organizzazione “ibrida”, sottolinea Ganor, che controlla territorio e popolazione, ed è incorporata nella società civile, e sta usando i civili come scudi umani. Ma non molto diversa “da Hamas o l’Isis”. Il problema è che deve fornire anche servizi “pseudo-legittimi” alla popolazione sotto il suo controllo - “l'approvvigionamento idrico e alimentare, l'istruzione e i servizi religiosi…”.

Siria e realpolitik
L’Iran rimane il tassello fondamentale per capire Hezbollah, come ricorda Ali Alfoneh, analista dell’Atlantic Council di Washington, che conferma infatti l’antico e pericoloso legame: “Fondata dai Corpi di Guardia Rivoluzionaria Islamica nel 1982, l'Hezbollah libanese non è solo la più antica, ma anche la più riuscita delle milizie sciite sostenute dall’Iran. Le responsabilità nel governo libanese non hanno reso Hezbollah meno, ma più dipendente, dalla grande autonomia finanziaria iraniana, dalla consegna delle armi al considerare l’Iran sua guida strategica”.

Anche per Augustus Richard Norton, autore di un classico sul movimento sciita, il legame che conta è quello con l’Iran, non quello con la Siria: “Parafrasando il detto di Lord Palmerston possiamo dire che la Siria non ha né alleati eterni né nemici perpetui in Libano”. E nel suo bunker il comandante Abu Hassan sa che quando si abbatterà la prossima tempesta l’unico scudo sicuro resterà quello degli Ayatollah di Teheran. Non ci resta che aspettare.

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