tontolina
Forumer storico
Seasonal bias azionari

corrado fantini
Quantitative Researcher and Independent Trader
13 articoli
www.linkedin.com
Da diversi anni analizzo i bias stagionali sulle commodities, intraday e multiday, ma non avevo mai approfondito il medesimo approccio applicato però al mercato azionario e, specificatamente, ai singoli comparti azionari nonché alle singole azioni USA. La ragione era (ed è) dettata dal fatto che la correlazione fra le varie azioni è ben superiore a quella fra assets appartenenti a categorie merceologiche differenti come le varie commodities. Di conseguenza, in prima battuta, una analisi focalizzata sul solo indice S&P500 pensavo potesse essere più che sufficiente.
E così recentemente, avvalendomi di un noto sito molto versatile e professionale, specializzato in back-tests a vari gradi di personalizzazione anche sul mercato azionario (non solo americano), ho deciso di approfondire anche questo segmento.
Devo dire che a parte le bellissime equity lines che emergevano, mano a mano che personalizzavo i bias azione per azione (equity lines tutte rigorosamente ottimizzate ed in-sample, ovviamente) il dato che più catturava la mia attenzione e confermava in parte anche le aspettative, era la sovrapposizione (tranne qualche eccezione) dei vari bias all’interno dell’anno solare per quasi tutte le azioni scansionate (un centinaio circa).
In particolare, fatto 100 il numero di azioni analizzate dal 2000 ad oggi, ho riportato graficamente quante di esse, mediamente, durante i vari giorni dell’anno solare, rispondevano positivamente al bias stagionale rialzista. Questo è rappresentato nel Grafico nr. 1
È del tutto evidente come nel primo quadrimestre dell’anno, e nell’ultimo trimestre dell’anno, si concentri la maggior parte dei bias rialzisti sulle azioni esaminate, e questo a prescindere dalla eterogeneità fra i vari comparti azionari oggetto di analisi.
Alcuni lo definiscono “semestre d’oro”, quello che abbraccia il 4° ed il 1° trimestre di ogni anno. Autorevoli analisti come Francesco Caruso , hanno anche impostato un proprio modello (“strategia del topo”) che in qualche modo sfrutta questa particolarità statistica. In generale, il noto aforisma “sell in may and go away” trova riscontro in queste evidenze.
Uno dei dettagli su cui tuttavia volevo portare la vostra attenzione, riguarda la formazione e la morfologia, al suo interno, di questo particolare bias stagionale azionario.
In particolare (Grafico 2), ipotizziamo che il 100% riportato nell’asse delle ordinate rappresenti il portafoglio di un investitore e che quindi la parte colorata afferisca la componente azionaria (a peso variabile, come da rappresentazione grafica) mentre la parte grigia rappresenti la componente cash. Di fatto stiamo ipotizzando di avere un’esposizione nel mercato azionario variabile giornalmente, sulla base della statistica fornita dalla media delle osservazioni ventennali testè esposte.
Questo approccio risponde anche alla nota teoria della Fuzzy Logic. Ovvero: non è razionale asserire che se la stagionalità rialzista è favorevole fino il 30 di aprile di ogni anno, un investitore debba rimanere fino al 30 di aprile 100% long di azioni e dal 1° di maggio 100% cash. C’è, e ci deve pur essere una gradualità, una sfumatura nei vari passaggi. Il Grafico 2 fornisce dunque una risposta oggettiva a tale esigenza.
Vediamo ora però come si sarebbe tradotto a livello di balance e di NAV, un siffatto approccio a partire dal 2000 fino ai nostri giorni.
Nel Grafico 3 troviamo in rosso il classico investimento Buy & Hold dell’S&P500, mentre in blu troviamo quello che ho definito “investimento ponderato”, ovvero un investimento speculativo in cui la componente azionaria viene ponderata sulla base delle evidenze argomentate precedentemente.
Cosa si può notare?
Bhè, anzitutto che la crisi del Covid del 2020, non avendo chiesto permesso a nessuno, né tanto meno alle stagionalità, ha spiazzato ogni ricorrenza statistica. E questo era in parte da preventivare, al pari di ogni black-swan che si rispetti.
In seconda battuta, notiamo che a parte il caso del 2020, tale approccio di esposizione morbida e graduata avrebbe sicuramente ridotto la volatilità del portafoglio, a parità di rendimento, dopo quasi 20 anni di osservazioni.
Specificatamente, la media delle performances annue dell’S&P500 nel periodo analizzato è stata pari all’8.30% a fronte di una deviazione standard delle medesime pari al 17.22%. Il portafoglio ponderato, invece, avrebbe prodotto una performance media pari al 5.40% ma con una volatilità decisamente inferiore e pari al 6.23%. Inoltre, il Max Draw-Down sarebbe ammontato al -55.19% per l’S&P500 contro il -31.08% del portafoglio ponderato.
Inseriamo ora una variante (Grafico 4). Ovvero: nei periodi dell’anno in cui la stagionalità di cui al Grafico 2 è avversa (tipicamente nei mesi estivi e in parte anche nei restanti periodi dell’anno in cui la quota azionaria è inferiore al 100%, come in inverno), anziché rimanere investiti cash, si potrebbe supporre di essere investiti in strumenti obbligazionari a medio termine.
Per effettuare un’analisi delle metriche di tale ipotesi, ho ipotizzato di allocare la componente non-azionaria nel Fondo Vanguard Intermediate-Term Bond (VBIIX), simile all’ETF IEF (iShares 7-10 years), ma che (a differenza di quest’ultimo, che è stato lanciato nel luglio 2002) era già quotato a partire dal 2000, consentendo pertanto di effettuare la simulazione a partire dal 01/01/2000.
Ecco dunque i risultati nel Grafico 5:
Premesso che la scala è logaritmica in quanto per entrambe le versioni di NAV è stato ipotizzato il compounding. Si nota chiaramente che questa integrazione apporta maggior rendimento (9.30% di performance annua media) al prezzo di un leggero incremento della volatilità delle performances che passa dal 6.23% al 7.01%. Resta immutato ahimè il 2020, dato che il black-swan legato al Covid ha creato un terremoto finanziario che ha colpito tutte le asset classes, nessuna esclusa.
Queste evidenze statistiche nate, come detto, dall’approfondimento del tema dei seasonal bias azionari, possono essere utili sia a livello di market-timing per l’investimento azionario, sia per una ponderazione della componente azionaria il più corretta ed efficiente possibile. Di fatto mirano ad apportare smoothing alle note teorie stagionali azionarie valide all’interno dell’anno solare.
- Data di pubblicazione: 25 aprile 2021
corrado fantini
Quantitative Researcher and Independent Trader
13 articoli
Seasonal bias azionari
Da diversi anni analizzo i bias stagionali sulle commodities, intraday e multiday, ma non avevo mai approfondito il medesimo approccio applicato però al mercato azionario e, specificatamente, ai singoli comparti azionari nonché alle singole azioni USA. La ragione era (ed è) dettata dal fatto che la
Da diversi anni analizzo i bias stagionali sulle commodities, intraday e multiday, ma non avevo mai approfondito il medesimo approccio applicato però al mercato azionario e, specificatamente, ai singoli comparti azionari nonché alle singole azioni USA. La ragione era (ed è) dettata dal fatto che la correlazione fra le varie azioni è ben superiore a quella fra assets appartenenti a categorie merceologiche differenti come le varie commodities. Di conseguenza, in prima battuta, una analisi focalizzata sul solo indice S&P500 pensavo potesse essere più che sufficiente.
E così recentemente, avvalendomi di un noto sito molto versatile e professionale, specializzato in back-tests a vari gradi di personalizzazione anche sul mercato azionario (non solo americano), ho deciso di approfondire anche questo segmento.
Devo dire che a parte le bellissime equity lines che emergevano, mano a mano che personalizzavo i bias azione per azione (equity lines tutte rigorosamente ottimizzate ed in-sample, ovviamente) il dato che più catturava la mia attenzione e confermava in parte anche le aspettative, era la sovrapposizione (tranne qualche eccezione) dei vari bias all’interno dell’anno solare per quasi tutte le azioni scansionate (un centinaio circa).
In particolare, fatto 100 il numero di azioni analizzate dal 2000 ad oggi, ho riportato graficamente quante di esse, mediamente, durante i vari giorni dell’anno solare, rispondevano positivamente al bias stagionale rialzista. Questo è rappresentato nel Grafico nr. 1
È del tutto evidente come nel primo quadrimestre dell’anno, e nell’ultimo trimestre dell’anno, si concentri la maggior parte dei bias rialzisti sulle azioni esaminate, e questo a prescindere dalla eterogeneità fra i vari comparti azionari oggetto di analisi.
Alcuni lo definiscono “semestre d’oro”, quello che abbraccia il 4° ed il 1° trimestre di ogni anno. Autorevoli analisti come Francesco Caruso , hanno anche impostato un proprio modello (“strategia del topo”) che in qualche modo sfrutta questa particolarità statistica. In generale, il noto aforisma “sell in may and go away” trova riscontro in queste evidenze.
Uno dei dettagli su cui tuttavia volevo portare la vostra attenzione, riguarda la formazione e la morfologia, al suo interno, di questo particolare bias stagionale azionario.
In particolare (Grafico 2), ipotizziamo che il 100% riportato nell’asse delle ordinate rappresenti il portafoglio di un investitore e che quindi la parte colorata afferisca la componente azionaria (a peso variabile, come da rappresentazione grafica) mentre la parte grigia rappresenti la componente cash. Di fatto stiamo ipotizzando di avere un’esposizione nel mercato azionario variabile giornalmente, sulla base della statistica fornita dalla media delle osservazioni ventennali testè esposte.
Questo approccio risponde anche alla nota teoria della Fuzzy Logic. Ovvero: non è razionale asserire che se la stagionalità rialzista è favorevole fino il 30 di aprile di ogni anno, un investitore debba rimanere fino al 30 di aprile 100% long di azioni e dal 1° di maggio 100% cash. C’è, e ci deve pur essere una gradualità, una sfumatura nei vari passaggi. Il Grafico 2 fornisce dunque una risposta oggettiva a tale esigenza.
Vediamo ora però come si sarebbe tradotto a livello di balance e di NAV, un siffatto approccio a partire dal 2000 fino ai nostri giorni.
Nel Grafico 3 troviamo in rosso il classico investimento Buy & Hold dell’S&P500, mentre in blu troviamo quello che ho definito “investimento ponderato”, ovvero un investimento speculativo in cui la componente azionaria viene ponderata sulla base delle evidenze argomentate precedentemente.
Cosa si può notare?
Bhè, anzitutto che la crisi del Covid del 2020, non avendo chiesto permesso a nessuno, né tanto meno alle stagionalità, ha spiazzato ogni ricorrenza statistica. E questo era in parte da preventivare, al pari di ogni black-swan che si rispetti.
In seconda battuta, notiamo che a parte il caso del 2020, tale approccio di esposizione morbida e graduata avrebbe sicuramente ridotto la volatilità del portafoglio, a parità di rendimento, dopo quasi 20 anni di osservazioni.
Specificatamente, la media delle performances annue dell’S&P500 nel periodo analizzato è stata pari all’8.30% a fronte di una deviazione standard delle medesime pari al 17.22%. Il portafoglio ponderato, invece, avrebbe prodotto una performance media pari al 5.40% ma con una volatilità decisamente inferiore e pari al 6.23%. Inoltre, il Max Draw-Down sarebbe ammontato al -55.19% per l’S&P500 contro il -31.08% del portafoglio ponderato.
Inseriamo ora una variante (Grafico 4). Ovvero: nei periodi dell’anno in cui la stagionalità di cui al Grafico 2 è avversa (tipicamente nei mesi estivi e in parte anche nei restanti periodi dell’anno in cui la quota azionaria è inferiore al 100%, come in inverno), anziché rimanere investiti cash, si potrebbe supporre di essere investiti in strumenti obbligazionari a medio termine.
Per effettuare un’analisi delle metriche di tale ipotesi, ho ipotizzato di allocare la componente non-azionaria nel Fondo Vanguard Intermediate-Term Bond (VBIIX), simile all’ETF IEF (iShares 7-10 years), ma che (a differenza di quest’ultimo, che è stato lanciato nel luglio 2002) era già quotato a partire dal 2000, consentendo pertanto di effettuare la simulazione a partire dal 01/01/2000.
Ecco dunque i risultati nel Grafico 5:
Premesso che la scala è logaritmica in quanto per entrambe le versioni di NAV è stato ipotizzato il compounding. Si nota chiaramente che questa integrazione apporta maggior rendimento (9.30% di performance annua media) al prezzo di un leggero incremento della volatilità delle performances che passa dal 6.23% al 7.01%. Resta immutato ahimè il 2020, dato che il black-swan legato al Covid ha creato un terremoto finanziario che ha colpito tutte le asset classes, nessuna esclusa.
Queste evidenze statistiche nate, come detto, dall’approfondimento del tema dei seasonal bias azionari, possono essere utili sia a livello di market-timing per l’investimento azionario, sia per una ponderazione della componente azionaria il più corretta ed efficiente possibile. Di fatto mirano ad apportare smoothing alle note teorie stagionali azionarie valide all’interno dell’anno solare.