Cattolica Ass (CASS) il buco si riflette in Borsa

tontolina

Forumer storico
L’analisi I rischi per la tenuta di un intero territorio, Diocesi compresa

Popolare di Vicenza, il buco
si riflette in Borsa

Dai colossi Generali e Allianz alla Popolare di Sondrio, fino a Cremonini e Amadori. Ecco chi paga il conto del flop. La Cattolica di Assicurazioni svaluta per 114 milioni di euro.
Il caso delle azioni vendute dalla Casa vinicola Zonin, una operazione infragruppo

di Stefano Righi
A dover fare i conti con le azioni della Popolare di Vicenza sono in molti. I soci sono infatti 118 mila.
Moltissimi i piccoli azionisti, le aziende artigianali, tutti messi in ginocchio dalla follia di titoli il cui prezzo veniva determinato unilateralmente, sulla base di perizie di parte. Ma diverse sono anche le società quotate coinvolte. Non si sottraggono al problema le Assicurazioni Generali e Allianz, Banca Ifis e Credit Suisse Life & Pension, la Coop Alleanza 3.0 e i supermercati Alì, la Banca Popolare di Sondrio e Finint, gli alimentari di Amadori e di Cremonini. E tra gli azionisti della banca vicentina si trova anche Mario Ciancio Sanfilippo, editore siciliano.

La più colpita però è la Cattolica di Assicurazioni, che negli anni scorsi ha firma
to un importante accordo con la Popolare di Vicenza che aveva risvolti sia industriali che finanziari.
Da un lato la Vicenza vendeva allo sportello i prodotti assicurativi della Cattolica, dall’altro le parti si scambiavano un consistente pacchetto azionario. Di 894.674 titoli quello in possesso della compagnia veronese, equivalente fino a un massimo di 55,9 milioni di euro. Una cifra che non esiste più, al punto che la Cattolica nell’ultimo bilancio ha svalutato le partecipazioni in Vicenza, Veneto Banca e Cassa di Risparmio di San Miniato per complessivi 114 milioni di euro, con larga ma inevitabile insoddisfazione da parte del management e dei soci veronesi, che si riuniranno in assemblea il 16 aprile per rinnovare il board e approvare i conti del 2015.
Ma a finire impoverite dalle scellerate scelte gestionali della Popolare di Vicenza non sono solo 118 mila azionisti e diverse società, ma anche alcune nodali organizzazioni ecclesiastiche. La Gestione della Diocesi di Vicenza del settimanale La Voce dei Berici risulta titolare di 26.255 azioni: un gruzzolo di 1,6 milioni di euro praticamente azzerato. Mentre la Provincia Veneta dell’Ordine dei Servi di Maria, che cura il Santuario di Monte Berico - uno dei centri identitari della comunità vicentina - ha in portafoglio 30.495 titoli, per un controvalore massimo di 1,9 milioni, che oggi valgono pressoché niente.

Compravendite
Nel frattempo si aggiungono dettagli alla vicenda delle azioni della banca passate di mano nel recente passato. Nel 2015 — l’anno del blocco pressoché totale della compravendita dei titoli della Banca Popolare di Vicenza — la Casa vinicola Zonin, allora presieduta da Gianni Zonin, è riuscita a vendere due terzi delle proprie azioni della Banca Popolare di Vicenza che, per quasi undici mesi di quell’anno, è stata presieduta dal medesimo Gianni Zonin. La notizia è stata recentemente confermata al Sole 24 ore dall’amministratore delegato della Casa vinicola, Massimo Tuzzi. Ma si tratterebbe di un’operazione infragruppo. Se, infatti, in occasione dell’assemblea di approvazione del bilancio 2014 la Casa vinicola si presentò titolare di 61.228 azioni (era l’aprile 2015), oggi quei titoli sono diventati 21.852. Sommariamente ne mancano proprio i due terzi cui fa riferimento Tuzzi. Ma, fanno sapere fonti a conoscenza dell’operazione, si tratterebbe solamente di un regolamento infragruppo, con il fine probabile di ottenere un vantaggio fiscale dalla minusvalenza che si è venuta a realizzare sui titoli che all’ultimo aumento di capitale (agosto 2014) erano stati ceduti a 62,50 euro e ora hanno un prezzo di recesso fissato a 6,3 euro e arriveranno in Borsa (nelle prossime settimane) a valori di molto inferiori.
Anche le circa 39 mila azioni di cui è aumentato il pacchetto in possesso della Fondazione Roi (all’assemblea di bilancio dello scorso anno si presentò titolare di 471.026 azioni della BpVi, oggi risulta titolare di 510.201 azioni), non verrebbero da un’operazione di mercato. Tantomeno con controparte aziende del gruppo Zonin, con cui la Fondazione Roi condivideva all’epoca il presidente. Secondo la medesima fonte sarebbero frutto della conversione di un prestito obbligazionario e di un «premio» successivo a un aumento di capitale, derivante dall’aver mantenuto il possesso delle azioni per un periodo prolungato.
 
I rischi legati ai prossimi aumenti di capitale di Popolare Vicenza e Veneto Banca sembrano essere stati al centro dell'incontro avvenuto questa mattina a Palazzo Chigi. Incontro che ha visto la presenza del ministro Padoan, del governatore Visco, di Carlo Messina (Ad di Intesa SanPaolo), di Federico Ghizzoni (Ceo di Unicredit) e dei vertici della Cassa Depositi e Prestiti. Secondo le tabelle di marcia il 18 aprile dovrebbe partire l'aumento da 1,75 miliardi di euro della Popolare di Vicenza, mentre a giugno toccherà a Veneto Banca raccogliere 1 miliardo di euro. Negli ultimi giorni sono emersi soprattutto i dubbi di Unicredit, che è garante dell'operazione di Vicenza, sulla possibilità di far slittare l'operazione viste le recenti turbolenze dei mercati.

Secondo quanto riportato questa mattina da Il Sole 24 Ore, i protagonisti starebbero pensando ad una soluzione di sistema che vedrebbe coinvolte le principali banche italiane, la Cassa Depositi e Prestiti e le Fondazioni per creare una paracadute per i due aumenti di capitale.
 
L’analisi I rischi per la tenuta di un intero territorio, Diocesi compresa

Popolare di Vicenza, il buco
si riflette in Borsa

Dai colossi Generali e Allianz alla Popolare di Sondrio, fino a Cremonini e Amadori. Ecco chi paga il conto del flop. La Cattolica di Assicurazioni svaluta per 114 milioni di euro.
Il caso delle azioni vendute dalla Casa vinicola Zonin, una operazione infragruppo

di Stefano Righi
A dover fare i conti con le azioni della Popolare di Vicenza sono in molti. I soci sono infatti 118 mila.
Moltissimi i piccoli azionisti, le aziende artigianali, tutti messi in ginocchio dalla follia di titoli il cui prezzo veniva determinato unilateralmente, sulla base di perizie di parte. Ma diverse sono anche le società quotate coinvolte. Non si sottraggono al problema le Assicurazioni Generali e Allianz, Banca Ifis e Credit Suisse Life & Pension, la Coop Alleanza 3.0 e i supermercati Alì, la Banca Popolare di Sondrio e Finint, gli alimentari di Amadori e di Cremonini. E tra gli azionisti della banca vicentina si trova anche Mario Ciancio Sanfilippo, editore siciliano.

La più colpita però è la Cattolica di Assicurazioni, che negli anni scorsi ha firmato un importante accordo con la Popolare di Vicenza che aveva risvolti sia industriali che finanziari.
Da un lato la Vicenza vendeva allo sportello i prodotti assicurativi della Cattolica, dall’altro le parti si scambiavano un consistente pacchetto azionario. Di 894.674 titoli quello in possesso della compagnia veronese, equivalente fino a un massimo di 55,9 milioni di euro. Una cifra che non esiste più, al punto che la Cattolica nell’ultimo bilancio ha svalutato le partecipazioni in Vicenza, Veneto Banca e Cassa di Risparmio di San Miniato per complessivi 114 milioni di euro, con larga ma inevitabile insoddisfazione da parte del management e dei soci veronesi, che si riuniranno in assemblea il 16 aprile per rinnovare il board e approvare i conti del 2015.
Ma a finire impoverite dalle scellerate scelte gestionali della Popolare di Vicenza non sono solo 118 mila azionisti e diverse società, ma anche alcune nodali organizzazioni ecclesiastiche. La Gestione della Diocesi di Vicenza del settimanale La Voce dei Berici risulta titolare di 26.255 azioni: un gruzzolo di 1,6 milioni di euro praticamente azzerato. Mentre la Provincia Veneta dell’Ordine dei Servi di Maria, che cura il Santuario di Monte Berico - uno dei centri identitari della comunità vicentina - ha in portafoglio 30.495 titoli, per un controvalore massimo di 1,9 milioni, che oggi valgono pressoché niente.

Compravendite
Nel frattempo si aggiungono dettagli alla vicenda delle azioni della banca passate di mano nel recente passato. Nel 2015 — l’anno del blocco pressoché totale della compravendita dei titoli della Banca Popolare di Vicenza — la Casa vinicola Zonin, allora presieduta da Gianni Zonin, è riuscita a vendere due terzi delle proprie azioni della Banca Popolare di Vicenza che, per quasi undici mesi di quell’anno, è stata presieduta dal medesimo Gianni Zonin. La notizia è stata recentemente confermata al Sole 24 ore dall’amministratore delegato della Casa vinicola, Massimo Tuzzi. Ma si tratterebbe di un’operazione infragruppo. Se, infatti, in occasione dell’assemblea di approvazione del bilancio 2014 la Casa vinicola si presentò titolare di 61.228 azioni (era l’aprile 2015), oggi quei titoli sono diventati 21.852. Sommariamente ne mancano proprio i due terzi cui fa riferimento Tuzzi. Ma, fanno sapere fonti a conoscenza dell’operazione, si tratterebbe solamente di un regolamento infragruppo, con il fine probabile di ottenere un vantaggio fiscale dalla minusvalenza che si è venuta a realizzare sui titoli che all’ultimo aumento di capitale (agosto 2014) erano stati ceduti a 62,50 euro e ora hanno un prezzo di recesso fissato a 6,3 euro e arriveranno in Borsa (nelle prossime settimane) a valori di molto inferiori.
Anche le circa 39 mila azioni di cui è aumentato il pacchetto in possesso della Fondazione Roi (all’assemblea di bilancio dello scorso anno si presentò titolare di 471.026 azioni della BpVi, oggi risulta titolare di 510.201 azioni), non verrebbero da un’operazione di mercato. Tantomeno con controparte aziende del gruppo Zonin, con cui la Fondazione Roi condivideva all’epoca il presidente. Secondo la medesima fonte sarebbero frutto della conversione di un prestito obbligazionario e di un «premio» successivo a un aumento di capitale, derivante dall’aver mantenuto il possesso delle azioni per un periodo prolungato.
  1. (MF-DJ)--Cattolica Assicurazioni non partecipera' all'aumento di
    capitale di Veneto Banca, mentre su quello di B.P.Vicenza bisognera'
    valutare.
    Lo ha detto ad Affari&Finanza di Repubblica l'a.d. di Cattolica
    Ass., Giovanni Battista Mazzucchelli.

    "Ci voleva una azienda solida e ben patrimonializzata come Cattolica per
    sopportare la botta delle pesanti svalutazioni che abbiamo dovuto fare per
    le nostre partecipazioni bancarie, reggere in termini di redditivita' e di
    dividendo, confermare il piano 2017 e il target utile netto di 200 mln",
    ha sottolineato il manager.


    Quanto agli aumenti di capitale che le due banche si apprestano a
    varare, "siamo in attesa si capire cosa succedera' a Vicenza. la
    situazione -ha spiegato Mazzucchelli- e' tutta da interpretare. Non
    abbiamo deciso nulla. Su Veneto Banca abbiamo deciso di restare alla
    finestra".

    Per quanto riguarda Bpvi non e' solo una questione di svalutazione della
    partecipazione (-48 mln), "dobbiamo rispondere a un paio di aspetti,
    tenendo conto che parliamo di una partnership strategica", ha concluso.
 
insomma Cattolica aderirà all'ADC di BPVi
per Veneto.... decideranno....
non è che fanno un altro aumento di capitale come l'anno scorso?
 
insomma Cattolica aderirà all'ADC di BPVi
per Veneto.... decideranno....
non è che fanno un altro aumento di capitale come l'anno scorso?

Ma assolutamente no !
Anzi , hanno ancora in cassa gran parte dei 500 mln raccolti con l'adc , visto che i 200 mln destinati ad acquisizioni non sono ancora stati spesi .Segnalo altresì che Cattolica ha un indice di Solvency doppio rispetto al minimo regolamentare richiesto .

Segnalo da ultimo che è stata deliberata l'incorporazione di FATA
 

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