il governo giallo-verde: una feroce continuità

tontolina

Forumer storico
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Signor Wade, lei ha vissuto e studiato in Italia formandosi con l’economista Federico Caffè… Come giudica il comportamento e le recenti scelte del Presidente Mattarella in merito al veto su Paolo Savona?

Devo fare una premessa, cioè che non sono un esperto di Costituzione italiana e quindi, ben lungi dal darvi un giudizio tecnico, vi dirò la mia da un punto di vista meramente politico.

La forzatura della nomina sul Ministero dell’Economia poneva un problema con molteplici sfaccettature. La prima era quella di avere un governo apertamente antagonista alla maggioranza della struttura europea, il che non è da considerarsi un male assoluto, visto la disfunzionalità dell’impalcatura che sorregge la moneta unica.

Ma il rischio nasce nel momento in cui sarebbe esistito un “piano b” del supposto governo “giallo-verde” per uscire dall’euro zona, cosa che invece rappresenta un atteggiamento irresponsabile e suicida da parte chi la propone.

Mi spiego meglio: in questa fase il dominio dei mercati e della finanza sulla politica è lampante e nefasto, ma corrisponde alla realtà delle cose. E alla luce di questo, la strategia e la tattica di un governo nazionale deve essere chiara e non può permettersi di aprire il fianco alle incertezze, soprattutto se queste si ripercuotono sulla pelle dei cittadini, anzi: sulla pelle delle fasce di popolazione più sfruttate e indifese.

Continui, la prego.

Vede, l’Italia è un paese ancora attaccato ai tubi della BCE per sopravvivere, e i tassi d’interesse sui titoli di stato sono pagati dalla collettività.

La connessione che esiste tra i conti pubblici e la capacità di attingere liquidità da parte della BCE sono un dato di fatto tangibile e innegabile.

E questo “governo mostro” nasceva con una doppia anima: da un lato una forte espansione fiscale legata alla dissennata flat tax e a un contradditorio e costoso reddito di cittadinanza; dall’altra un folle antagonismo verso il finanziatore di ultima istanza, ossia la BCE.

Il tentativo di implementazione di questa folle strategia avrebbe ucciso il cuore del paese, se immaginiamo la cittadinanza come una curva gaussiana, le code della distribuzione di ricchezza avrebbero esultato ma il 90 % del paese sarebbe stato danneggiato in maniera pesante e irreversibile.

Quindi, di contro alla retorica sbandierata dai giallo-verdi, ci saremmo trovati ad assistere a “ricchi sempre più ricchi…”

Certo. Chi dispone di ingenti ricchezze avrebbe avuto un enorme potere d’acquisto su tutti gli asset del paese. I grandi capitali domestici sono già altamente diversificati se non parcheggiati comodamente in paradisi fiscali, per non parlare dei capitali in mano alla criminalità organizzata che, in una fase di caos, diventerebbero magicamente puliti.

Insomma, la doppia tenaglia fra grandi capitali legali e illegali si sarebbe stretta definitivamente sul Paese.

E per le fasce meno abbienti e più povere, tragicamente, non sarebbe cambiato nulla, se non in peggio.

Lei disegna una sorta di scenario… sudamericano.

Sì, con i dovuti distinguo, ovviamente. Il primo è l’esistenza di una enorme classe media in Italia che, anche se in progressivo impoverimento, è ancora il cuore pulsante del paese.

Eppure chi sta appoggiando le scelte di Mattarella viene accusato di essere un ordo-liberista sostenitore delle tecnocrazie e assoggettato alla leadership tedesca.

Mi viene da sorridere… L’ipotetico governo gialloverde era del tutto calato all’interno della cornice neoliberista.

L’unica parvenza di redistribuzione della ricchezza era infatti legata al supposto reddito di cittadinanza che, tuttavia, era declinato in maniera niente affatto diversa da un mero sussidio di disoccupazione. Nulla di incondizionato e universale sarebbe stato erogato per riequilibrare la furiosa logica estrattiva e l’estensione indefinita della produttività sociale che vessano la classe lavoratrice.

La flat tax in più, e come già accennato, è una manovra spudoratamente regressiva, le cui ricette economiche avrebbero stimolato il lato dell’offerta in modo tragicamente identico agli ultimi quarant’anni.

Addirittura si può affermare che il governo giallo verde avrebbe persino scavalcato il neoliberismo, avvicinandosi a una forma di ultraliberismo senza pari.

Del resto, la ragione fondante dei “gialli” è molto più vicina all’ideologia della Silicon Valley di quanto non si possa pensare. Basti tenere presente che Casaleggio, l’occulto iniziatore di tutto, è sempre stato un adepto di quel modello lì.

Quindi, e per chiudere, tutte le incalzanti accuse dei “giallo-verdi” a provvedimenti e leggi degli ultimi governi erano viziate da una falsità di fondo?

I medesimi provvedimenti da loro criticati sarebbero stati replicati sotto altri cappelli ideologici, in nome di una presunta sovranità e invece sempre e solo al servizio del Capitale.

Il governo “gialloverde” sarebbe stato succube della stessa identica ideologia contro cui tanto si era scagliato durante la campagna elettorale italiana. Soltanto, “gialli” e “verdi”, si davano una facciata più radicale ed estrema, ma altrettanto incardinata nelle logiche di asservimento al Capitale.

Vede, al di là di tutta la retorica su cui si fondano simili formazioni politiche, la moneta non è il problema. Il problema è l’egemonia culturale e politica che plasma e dirotta determinate scelte. E in questo senso non esiste nessuno scarto con il passato in Italia, esiste solo una feroce continuità.

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Mentre in Italia la deriva sovranista va esacerbandosi e porta a galla il sostrato reazionario e intollerante che da sempre cova nel Bel paese, un personaggio dall’abilità politica ormai conclamata si prepara a tessere una serie di trame nere sull’Europa.

È Steve Bannon, esponente massimo dell’alt-right americana, ex ideologo e stratega di Donald Trump che, a conclusione delle ultime elezioni italiane, caldeggiava un’alleanza Lega-5stelle e, nella sua recente visita in Italia, si dichiarava entusiasta del nuovo governo giallo-verde arrivando a considerarlo “il centro di questa rivolta nazionalista populista.”

Di Bannon ormai sappiamo abbastanza, ma alla luce delle sue nuove mosse non guasta riavvolgerne il profilo, per evitare di incorrere nell’atavico errore di sottovalutarne la portata politica o derubricarlo a personaggio marginale perché, come lo descriveva il «Guardian» ai tempi della campagna trumpiana, “è una figura machiavellica che si pone l’obiettivo di smantellare le forze progressiste.”

Trame nere sull'Europa - I Diavoli
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L’ex ideologo di Trump ha lanciato in questi giorni il progetto «The Movement», una fondazione no-profit che avrà sede a Bruxelles e si porrà l’obiettivo di coordinare e far confluire in una rete di alleanze strategiche tutte le compagini nazionaliste d’Europa.
L’unione delle due categorie, quelle di “internazionale” e “sovranista”, trova ora una declinazione tutt’altro che ossimorica nelle trame che Bannon sta cercando di ordire.

E non a caso il fronte privilegiato è proprio quello europeo, laddove il momento storico sembra concedere campo a una serie di revanscismi inquietanti, già debitamente mappati:
il Pvv di Wilders nei Paesi Bassi;
il Fidesz e Viktor Orban in Ungheria;
il Front National di Marine Le Pen in Francia;
l’Alternative Für Deutschland di Alice Wiedel in Germania; il partito di Andrej Babiš in Repubblica Ceca;
l’Fpö di Heinze Christian Strache in Austria.

E Bannon ha incontrato quasi tutti i leader di queste forze politiche e ha dichiarato, rispetto al governo giallo-verde, che “se funziona in Italia, possiamo importare il modello ovunque”. Insomma, sembra avere un quadro chiarissimo di dove investire i suoi oscuri disegni politici e la sua altrettanto famigerata competenza da “Goebbels dei new media.”


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E' uno scenario in cui i populismi avanzano sulle macerie delle forze progressiste e dei movimenti di contestazione, demolendo le prime e vampirizzando le seconde. Steve Bannon e gli esponenti politici a lui vicini lo hanno ben chiaro, e per questo a una possibile federazione delle sinistre si preparano ad opporre una ferrea alleanza dei sovranismi.

La presa di coscienza, urgentissima e irrimandabile, è allora che una vera opposizione sarà europea o non sarà.
 

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