José Raul Capablanca y Graupera nacque nella capitale cubana, L'Avana, il 19 novembre 1888 e mori a New York l'8 marzo 1942 all'età di cinquantatré anni.
Dimostrò un grandissimo talento per gli scacchi assai precocemente. Imparò le regole dei gioco osservando giocare il padre, al quale un giorno fece notare che durante una partita era stata effettuata una mossa illegale. Il genitore del piccolo « Capa « rimase sorpreso dall'osservazione, perché non lo riteneva ancora in grado di comprendere il movimento dei pezzi, ma fu presto costretto a ricredersi quando, nell'affrontarlo, venne sconfitto.
A quel tempo Capablanca aveva solo cinque anni. Tre anni dopo ebbe la possibilità di frequentare il locale circolo scacchistico, ma solo il sabato. Appena dodicenne si misurò in una sfida non ufficiale con il campione di Cuba, Corzo e lo sconfisse con 4 vittorie e 6 pareggi dopo aver perso le prime 2 partite. Questo risultato fece un certo scalpore, specialmente per il talento che Capablanca dimostrò di avere in così giovane età. La sua precocità gli valse in seguito la fama di « Mozart degli scacchi anche se, a dire il vero, il suo stile ricorda più un Liszt, sempre ammesso che abbia un senso paragonare l 'ispirazione creativa di due discipline forse solo in apparenza così diverse, come la musica e gli scacchi.
ln realtà vengono abbastanza spontanei degli accostamenti tra gli stili degli scacchisti e quelli dei musicisti, benché naturalmente possano essere solo soggettivi. Altri esempi potrebbero essere: Mozart-Morphy, Bach-Anderssen, Paganini-]anovski, Strauss-Marco, Stravinskij-Nimzowitsch, Tartini-Mieses, Beethoven-Rubinstein e Philidor con se stesso, dal momento che era anche un noto musicista.
Il titolo morale di campione di Cuba non bastò per distoglierlo dai suoi studi, che nel1904 lo spinsero a trasferirsi a New York per frequentare la facoltà di ingegneria chimica alla Columbia University.
Secondo 10 stesso Capablanca, lo studio e l'apprendimento di conoscenze di qualsivoglia genere sono comunque molto utili per completare e perfezionare le capacità di un giocatore di scacchi. Nel tempo libero iniziò a frequentare il Manhattan Chess Club, distinguendosi per la sua abilità nel gioco lampo. Abbandonò poi gli studi per dedicarsi con maggiore impegno agli scacchi. Nel1909, sempre a New York, si batté in un match contro il campione americano Frank J. Marshall. Capablanca si fece sorprendere in una sola partita, ma poi ne vinse ben 8, intervallate da un totale di 14 patte. Nel1910 Marshall si prese la sua rivincita vincendo il torneo di New York e relegando Capablanca "solo" al secondo posto. Ma questo risultato del cubano era comunque molto prestigioso, tenuto conto che Marshall era sicuramente uno dei più forti giocatori di quel periodo. Un secondo posto alle spalle di un avversario superato in modo così netto l'anno precedente si spiega col fatto che Marshall era molto più temibile nei tornei che nelle sfide individuali, dove il fattore sorpresa si riduce di molto.
Questi successi furono per Capablanca un buon biglietto da visita per il grande torneo di San Sebastiano dei 1911. ln realtà alcuni Maestri si opposero alla sua partecipazione a un torneo di quella levatura, avvalorando la loro posizione con una clausola del regolamento ufficiale che ammetteva solo quei giocatori che avevano ottenuto almeno due quarti posti, negli ultimi dieci anni, in tornei internazionali. Tra gli oppositori vi era anche Bernstein, che venne battuto da Capablanca al primo turno in una brillante partita per la quale al cubano venne assegnato il premio Rothschild riservato alla più bella partita dei torneo. Probabilmente l'ostilità degli altri partecipanti era in realtà dovuta al timore di essere sconfitti da un giocatore poco esperto ma che tutti sapevano dotato di un talento eccezionale. Infatti avevano ragione: Capablanca vinse il prestigioso torneo relegando Marshall al quarto posto. Al secondo posto si classificò Rubinstein, che vinse poi lo stesso torneo l'anno successivo.
Il mito dell'imbattibilità
Ormai le porte dell'Olimpo scacchistico erano aperte al giovane astro della scacchiera, il quale ottenne una serie di risultati di altissimo livello in tutti i tornei ai quali in seguito partecipò. Dopo un viaggio preparatorio in vari paesi europei, nel 1913 vinse il torneo di New York a punteggio pieno. ln quel periodo fu assunto dal Ministero degli Affari Esteri di Cuba con degli incarichi atti a favorirlo nella sua attività scacchistica. Fu inviato in missione a San Pietroburgo, dove nel 1914 doveva svolgersi un grande torneo. L 'evento fu suddiviso in due fasi distinte. Prima si giocò un girone eliminatorio costituito da un vero e proprio torneo al quale presero parte quasi tutti i più forti Maestri deI tempo. Si sarebbero qualificati al girone finale solo i primi cinque classificati della fase precedente. Capablanca pareva non avere concorrenza: vinse il torneo di qualificazione con 8 punti, lasciando Lasker e Tarrasch secondi con 6,5. Ma l'esito definitivo della fase finale non era così scontato. Oltre al cubano furono ammessi Lasker, Alechin, Tarrasch e Marshall. Restarono invece esclusi, nell'ordine, Bernstein, Rubinstein, Nimzowitsch, Blackburne, Janovski e Gunsberg. La lotta deI girone finale fu incerta, ma alla fine Lasker riuscì a superare Capablanca nell'incontro diretto, aggiudicandosi il torneo con mezzo punto di vantaggio sul cubano: Lasker 13,5, Capablanca 13, Alechin 10, Tarrasch 8,5, Marshall 8. Lasker vinse per merito della sua esperienza e per la sua capacità di trovare dei punti deboli negli avversari, non soltanto da un punto di vista tecnico, ma anche sotto l'aspetto caratteriale. La partita persa con Lasker venne poi attentamente studiata da Capablanca, che la riportò commentata nel suo libro I fondamenti degli scacchi. Tra i suoi convincimenti vi era la considerazione che un giocatore apprende molte più cose dalle sue sconfitte che dalle sue vittorie, e l'esperienza avuta con Lasker fu sicuramente una lezione molto istruttiva.
La forza di gioco di Capablanca aumentò ancora dopo il 1914 e i suoi successi divennero sempre più costanti. Vinse i tornei di New York 1915, 1916 e 1918 e il torneo di Hastings 1919. Nel 1921 sfidò Lasker per il campionato deI mondo. L'incontro si disputò ail 'Avana e Capablanca si aggiudicò il titolo con 4 vittorie e 10 pareggi. Lasker attribuì al clima e alla stanchezza la ragione principale della sua sconfitta, ma il motivo per cui aveva accettato di battersi in casa deI cubano era probabilmente rappresentato dall'allettante borsa in palio. ln seguito Capablanca riprese a partecipare a tornei di grande importanza, vincendo a Londra nel 1922, a Hopatcong nel1926 e a New York nel 1927. Inoltre si piazzò al secondo posto a New York nel 1924 e al terzo a Mosca nel 1925.
La sua solidità di gioco, intanto, aveva fatto nascere il mito dell' imbattibilità del cubano, e in effetti le sue sconfitte erano alquanto rare. Questa fama lo accompagnò per tutta la sua carriera e forse costituì per lui un vantaggio psicologico supplementare che può spiegare, almeno in parte, alcuni suoi recuperi in posizioni difficili o disperate. Ma ci fu uno scacchista geniale e imprevedibile che si batté contro di lui senza timori reverenziali per il campionato dei mondo. Nel 1927, a Buenos Aires, Alechin si aggiudicò il titolo con 6 vittorie, 3 sconfitte e 25 patte. Ma Capablanca reagì ancora una volta positivamente a questa sconfitta, e la serie dei suoi successi a partire dal 1927 è impressionante. Vinse i tornei di Berlino 1928, Budapest 1928 e 1929, Ramsgate 1929, Barcellona 1929, Hastings 1929-30, New York 1931, Mosca 1936, Nottingham 1936 (ex aequo con Botvinnik), Parigi 1938. ln un match contro Euwe, disputato ad Amsterdam nel 1931, Capablanca prevalse con 2 vittorie e 8 patte.
Un po' scienziato, un po' artista, e fortunato
Capablanca scrisse alcuni libri sugli scacchi di notevole pregio che ebbero grande successo, con molte edizioni e traduzioni in diverse lingue, tra cui il tedesco, il russo, il serbo, lo svedese e l'olandese. Oltre "La mia carriera scacchistica" (Londra, 1920), "I fondamenti degli scacchi "(Londra, 1921), Il primo libro deg!i scacchi (Londra, 1935), Capablanca commentò le sue partite dei match contro Lasker e Alechin per il titolo di campione dei mondo e scrisse un libro sul torneo dell'Avana 1913 vinto da Marshall. Inoltre lasciò vari appunti delle sue Ultime lezioni radiofoniche che possono essere considerate il terzo volume della sua opera di divulgazione teorica degli scacchi, insieme con I fondamenti deg!i scacchi e Il primo !ibro deg!i scacchi. A lui fu dedicata una serie di francobolli commemorativi (Cuba 1951).
Capablanca rimase celebre nella storia degli scacchi per aver sviluppato una condotta di gioco più razionale e scientifica, basata sullo sfruttamento di ogni minimo vantaggio posizionale e incentrata sul finale della partita. L'insegnamento principale lasciatoci dal campione cubano fu appunto l'importanza da lui attribuita allo studio dei finali, che sono la chiave per comprendere l'essenza dei gioco degli scacchi. Ma Capablanca seppe esaltare anche gli aspetti artistici dei gioco, grazie soprattutto al suo talento e al suo intuito geniale che gli consentirono di cogliere in tempi brevissimi le sfumature più nascoste anche nelle posizioni più complesse. La sua solidità è proverbiale, ed egli detiene ancora il record dell'imbattibilità. Su 583 partite ufficiali ottenne 297 vittorie, 251 pareggi e 35 sconfitte. Considerando le sole partite di torneo, ne perse 26 su 485 giocate in 28 anni.
Moite cose sullo stile e sul carattere di Capablanca si possono comprendere studiando i suoi libri. Non scrisse moltissimo. Altri giocatori, come ad esempio Tarrasch e Mieses, furono molto più prolifici in tal senso. Fu lui stesso ad ammettere che scrivere una semplice lettera gli risultava un 'impresa ardua e penosa. Tuttavia ciò che scrisse lo scrisse bene. Il suo stile, la sua logica, le sue intuizioni, i suoi piani di gioco erano essenziali ma profondi, in apparenza semplici ma tecnicamente perfetti. I suoi scritti rispecchiano il suo carattere e il suo stile: sono essenziali ma completi, e per questo didatticamente assai validi. Non c'è niente di meglio che leggere i libri di Capablanca per acquisire una visione più ampia e precisa degli scacchi in modo semplice e diretto. " Il Maestro indica la via da seguire, ma poi lo studioso deve applicarsi con impegno e costanza per progredire ".
I principi che animano il gioco degli scacchi sono spesso accostabili alle leggi che regolano la vita e quindi anche l'esistenza umana. Da un punto di vista" filosofico " i libri di Capablanca possono anche essere visti come veri e propri insegnamenti di vita. Questa considerazione può estendere il valore dei libri di scacchi anche « oltre i ristretti confini scacchistici , come intuì tra i primi Nimzowitsch. «Abituatevi a giocare rapidamente ma non affrettatamente" affermava Capablanca nelle sue Ultime lezioni, e questa ammonizione dovrebbe essere considerata anche in riferimento alle azioni di tutti i giorni. Il ritmo di vita frenetico ma inconcludente e disordinato della moderna società occidentale rispecchia una mancanza di " allenamento degli individui in tal senso. Oppressa dal bisogno e dall'esigenza di sopravvivere l'umanità teme inconsciamente l'insuccesso, e tale paura nascosta aumenta la frenesia, ma anche la possibilità di causare danni che poi richiederanno tempo ed energie per essere rimediati. Capablanca era invece diverso. Egli era stato in parte affrancato dall'esigenza di procurarsi denaro poiché il governo cubano gli aveva affidato una mansione altamente compatibile con le sue esigenze di scacchista ad alto livello, cosicché poté dedicarsi pienamente allo sviluppo deI suo genio innato, e per questo fu a volte invidiato: agli occhi dei mondo era un uomo fortunato, proveniente dalla bella " isola fiorita e a cui tutto andava sempre bene.
Josè Raul Capablanca (1888-1942) fu un altro degli "eroi" della scacchiera, secondo la classificazione di Fine , e di certo rappresentò una figura un po’ atipica nel serio mondo scacchistico.
Anch’egli, come quasi tutti i grandi giocatori, apprese le regole degli scacchi in età molto precoce:
Non avevo ancora cinque anni quando, per caso, entrai nello studio privato di mio padre e lo trovai intento a giocare con un’altra persona. Prima di allora non avevo mai visto una partita di scacchi; i pezzi destarono la mia attenzione, ed il giorno seguente tornai a vederli giocare. Il terzo giorno, mentre stavo guardando, mio padre, un principiante decisamente mediocre, spostò un cavallo da una casa bianca ad un’altra casa bianca. Il suo avversario, evidentemente giocatore non migliore di lui, non se ne accorse. Mio padre vinse, ed io lo chiamai imbroglione mettendomi a ridere. Dopo una piccola baruffa, durante la quale fui quasi cacciato dalla stanza, mostrai a mio padre quello che aveva fatto. Mi chiese come facevo a conoscere gli scacchi e cosa ne sapevo. Gli risposi che avrei potuto batterlo; mi disse che era impossibile, visto che non avrei potuto nemmeno sistemare correttamente i pezzi. Giocammo, ed io vinsi. Ho incominciato così.
Divenne campione del mondo all’età di 33 anni battendo Emanuel Lasker a L’Avana nel 1921, e realizzando così ciò a cui il destino sembrava averlo predestinato.
Reuben Fine lo definisce come una personalità fallico-narcisista, che vuole a tutti i costi vincere e mettersi in mostra in ogni impresa tentata.
Capablanca in effetti si dedicò anche ad altri sport ( baseball, tennis, bridge), ed in tutti sviluppò il massimo agonismo.
Tuttavia una volta battuto Lasker nel match mondiale egli dimostrò un interesse minore verso gli scacchi, proponendo addirittura di cambiare alcune regole e di introdurre nuovi pezzi.
Egli riuscì, in un certo senso, a realizzare ciò che a Morphy non era riuscito, e cioè battere la figura paterna, incarnata da Lasker; dopo averlo fatto il suo interesse andò scemando.
Anche se breve la parabola scacchistica di Capablanca, insieme a quella di Morphy , rappresenta uno dei momenti ormai "mitici" della storia degli scacchi, ed è arricchita da centinaia di aneddoti più o meno verosimili.
Capablanca morì l’8 marzo del 1942 a New York per emorragia cerebrale, dovuta forse all’eccessiva ipertensione. Nel cimitero di Colon sulla sua tomba, posta nel viale principale, non vi sono parole ma solo il suo nome: "Capablanca".