Saras (SRS) in Italia si muore ancora sul lavoro

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OPERAI MORTI ALLA SARAS, PROCURA INDAGA PER OMICIDIO COLPOSO PLURIMO
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CAGLIARI - La Procura della Repubblica di Cagliari ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo per la tragedia dei tre operai morti martedì pomeriggio nella raffineria Saras di Sarroch. Lo ha confermato il procuratore capo del Tribunale di Cagliari, Mauro Mura, al termine di una riunione degli inquirenti. Domani sarà effettuata l'autopsia sui corpi dei tre operai e poiché si tratta di un atto irripetibile ad essa avranno diritto di assistere i periti degli indagati. Per questo è in corso l'elaborazione di un elenco di persone, che sarebbero coinvolte a vario titolo nella vicenda, che potrebbero essere destinatarie nelle prossime ore degli avvisi di garanzia. Sui nomi gli inquirenti mantengono uno stretto riserbo. All'individuazione dei nomi si dovrebbe arrivare, a quanto si è appreso, dall'esame delle carte, dei protocolli di lavorazione e dai primi rapporti di polizia giudiziaria.

ROSE ROSSE ALLA SARAS, SI PIANGONO LE VITTIME


di Roberta Celot

CAGLIARI - Sei rose, rosse e bianche, ai cancelli della Saras nel giorno del dolore e della rabbia per una strage che semina morti nei luoghi dove chi entra ci va per sopravvivere, portando a casa, spesso, meno di mille euro al mese. Fiori per ricordare Gigi, Daniele e Bruno, soffocati dentro una cisterna degli impianti della raffineria della famiglia Moratti, a Sarroch, morti ieri uno dopo l'altro nel tentativo disperato di salvarsi a vicenda. Oggi tutta l'area industriale si è fermata per uno sciopero di otto ore proclamato da Cgil, Cisl e Uil: un migliaio di lavoratori si è raccolto attorno allo stabilimento sin dal primo mattino.

Le rose legate ai cancelli, poi il silenzio per rispetto alle vittime e il cordoglio alle famiglie. Ma il lutto non ha coperto il 'grido' per chiedere la verità sulle cause di questa ennesima tragedia, per dire basta alle morte bianche, per avere un lavoro sì, ma un lavoro sicuro. Sarà sciopero anche il giorno dei funerali, probabilmente sabato: quattro ore di stop per i metalmeccanici, otto per l'interno territorio provinciale, così da consentire la massima partecipazione alla cerimonia funebre degli ultimi caduti sul lavoro in Sardegna: Gigi Solinas, 26 anni, Daniele Melis, di 28, Bruno Muntoni, di 56, tutti di Villa San Pietro, un paese con meno di duemila abitanti a pochi chilometri da Sarroch, tutti dipendenti di una ditta d'appalto che da anni svolge la manutenzione negli impianti della Saras. I Moratti hanno incontrato stamane i familiari delle vittime: 40 minuti di colloquio strettamente privato, lontano da telecamere e giornalisti. Per domani, intanto, il governatore Ugo Cappellacci ha deciso il lutto in tutta la regione, con le bandiere a mezz'asta negli uffici.

L'inchiesta sull'incidente è alle prime battute, ma c'é già chi pensa al processo. La Fiom-Cgil e la Provincia di Cagliari hanno annunciato di volersi costituire parte civile. "Lo facciano anche le altre istituzioni sarde", ha esortato il presidente dell'amministratore provinciale Graziano Milia, dai cancelli della raffineria. Nel frattempo, l'impianto di desolforazione, teatro della tragedia, è stato messo sotto sequestro. "Al momento - ha fatto sapere il Procuratore della Repubblica di Cagliari, Mauro Mura - non ci sono indagati e non c'é nemmeno un'ipotesi di reato. Contiamo di formularla a breve", ha precisato il magistrato, lasciando intendere di aspettare gli esiti dell'autopsia e dei primi accertamenti dei periti. L'accavallarsi delle ricostruzioni e i retroscena più o meno attendibili sulla dinamica del fatto, hanno provocato la presa di posizione del segretario generale della Cgil sarda Enzo Costa.

"Nessuno può nascondersi dietro l'alibi di un permesso firmato o non firmato. Sarebbe comunque gravissimo apprendere ufficialmente che dentro la raffineria le operazioni di lavoro vengano svolte in maniera spontanea, addirittura decise da singoli lavoratori". Il riferimento è ad una indiscrezione seconda la quale la procedura di apertura del portellone della cisterna sarebbe stata avviata senza la prevista autorizzazione scritta. Secondo le stesse voci, il portellone avrebbe dovuto restare chiuso perché l'azione di pressurizzazione con l'azoto sarebbe stata ancora in corso.
 
I Moratti ascoltati dal pm sulla quotazione Saras. 15 febbraio 2010
Gianmarco e Massimo Moratti sono stati sentiti sabato scorso dal pm della procura di Milano, Luigi Orsi, com e persone informate sui fatti nell'ambito dell'inchiesta sulla quotazione della Saras, la societa' che fa capo alla famiglia Moratti. I due fratelli avrebbero ribadito di essere estranei alla vicenda oggetto dell'indagine della procura, in quanto non hanno avuto alcun ruolo nell'analisi che ha portato a fissare a 6 euro il prezzo per l'ipo della Saras. L'inchiesta vede indagati nove tra manager e dipendenti di JpMorgan, Morgan Stanley e Caboto, le tre banche che hanno curato lo sbarco a Piazza Affari della societa' di raffinazione petrolifera. Per loro le accuse sono di falso in prospetto e aggiotaggio.15 febbraio 2010
Moratti ascoltati dal pm sulla quotazione Saras - Il Sole 24 ORE


Saras: i Moratti sentiti come testi. Ascoltati nell'inchiesta sulla quotazione del gruppo petrolifero. 5 febbraio, 19:28
Saras: i Moratti sentiti come testi (ANSA) - MILANO, 15 FEB - Gianmarco e Massimo Moratti, presidente e ad della Saras, sono stati sentiti come testimoni nell'inchiesta sulla quotazione del gruppo. I fratelli Moratti sabato in procura avrebbero ribadito di non aver mai saputo nulla poiche' non coinvolti nelle valutazioni tecniche per la quotazione in Borsa. Figurano indagati manager di Jp Morgan, Morgan Stanley e Caboto, le banche che hanno curato il debutto.
Nei loro confronti sono ipotizzati i reati di falso in prospetto informativo e aggiotaggio. Saras: i Moratti sentiti come testi - Cronaca - ANSA.it
 
Petroplus a un passo dal fallimento

un gruppo che ha focalizzato per anni il suo business esclusivamente sulla raffinazione del petrolio che già di per sé non offre grandi margini di guadagno. Gli alti costi industriali e di trasporto in Europa hanno poi schiacciato ulteriormente i margini costringendo Petroplus a fermare temporaneamente gli impianti già nel 2009
Petroplus a un passo dal fallimento


5 gennaio 2012




di qquebec 0 Commenti


Il noto gruppo petrolifero svizzero rischia di portare i libri in Tribunale dopo la chiusura di tre impianti su cinque. Serve più di un miliardo di dolari per sopravvivere. Obbligazioni declassate a CCC dalle agenzie di rating


La crisi colpisce dove meno ci si attende e spinge Petroplus verso il fallimento. Chi l’avrebbe infatti mai detto che uno dei più grossi fallimenti corporate europei del 2012 sarebbe potuto avvenire nella ricca e vicina Svizzera? Lì le banche sono piene di soldi, ma non li prestano tanto facilmente. Petroplus, leader europeo per la raffinazione e distribuzione di prodotti petroliferi con un giro d’affari da 20 miliardi di dollari all’anno e 2.500 dipendenti è da tempo in difficoltà e adesso non ha più liquidità sufficiente in cassa per assicurare il funzionamento degli impianti di raffinazione e le spese correnti, fra cui quelle per il personale, già sceso in piazza per protestare contro i possibili licenziamenti. Il gruppo svizzero con sede a Zugo ha già chiuso due delle cinque raffinerie presenti in Europa e si appresta a fermare gli impianti anche di quella francese Petite-Couronne in attesa che un pool di banche internazionali, fra cui le big elvetiche UBS e Credit Suisse, concedano alla società circa un miliardo di liquidità per poter proseguire le attività di raffinazione nelle altre raffinerie rimaste aperte, quella di Coryton in gran Bretagna e quella di Ingostadt in Germania. Ovviamente la capacità di raffinazione che lo scorso anno aveva superato i 650 mila barili di greggio al giorno, subirà una contrazione notevole e non è escluso che Petroplus, entrata a far parte delle blu chips della borsa di Zurigo nel 2006, possa adesso venire delistata (l’azione è passata dai 70 franchi della quotazione a poco più meno di 1,5 franchi) dopo aver perso nel giro di cinque anni il 98% del suo valore. Il problema sostanzialmente – fa rilevare Peter Gruman analista del settore energetico per UBS – non è dovuto tanto alla attuale crisi dei mercati europei o al rallentamento della crescita economica, bensi al fatto che la concorrenza asiatica e soprattutto cinese ha messo in ginocchio un gruppo che ha focalizzato per anni il suo business esclusivamente sulla raffinazione del petrolio che già di per sé non offre grandi margini di guadagno. Gli alti costi industriali e di trasporto in Europa hanno poi schiacciato ulteriormente i margini costringendo Petroplus a fermare temporaneamente gli impianti già nel 2009.

Rating Petroplus: downgrade sul debito all’ultimo livello junk

Intanto, dato il peggiorare della situazione e il blocco dei pagamenti verso i fornitori, le agenzie di rating Standard & Poor’s e Moody’s hanno declassato Petroplus rispettivamente a CCC+ e Caa2 con evidenti ripercussioni anche sulle quotazioni delle obbligazioni quotate i cui prezzi sono crollati. Petroplus è presente sul listino lussemburghese con quattro emissioni in dollari senior, fra cui una convertibile che scade nel 2015 e vale poco meno di un terzo del valore nominale in questo momento. Fra gli altri titoli senior, l’ultimo collocato sul mercato è Petroplus Finance 9,375% 2019 (Isin: USG7053TAA81) da 400 milioni che ha perso la metà del proprio valore (vedere grafico a fianco) e rende oltre il 20% a scadenza. “La situazione è molto grave – commenta Martin Schreiber, analista presso la Banca cantonale di Zurigo (ZKB) – dato che alla fine del terzo trimestre Petroplus ha avuto bisogno di 1,5 miliardi di dollari per assicurare la continuazione delle attività operative correnti e attualmente l’impresa dispone solo di 1,1 miliardi di dollari. Non si conoscono tuttavia esattamente le condizioni in cui si trova la società né l’ammontare delle liquidità necessarie, tuttavia – prosegue l’analista – i provvedimenti di chiusura degli impianti potrebbero dare avvio a una spirale negativa che potrebbe portare a un congelamento completo dei crediti stessi e quindi a un’insolvenza.
Petroplus a un passo dal fallimento | Obbligazioni e Titoli di stato | Investireoggi.it
 
LO STATO AMICO DELLA SARAS

di Marco Cobianchi - 7 Gennaio 2012
La raffineria sarda dei Moratti è nata e continua a prosperare grazie a una quantità inimmaginabile di aiuti di Stato. Oltre ai sussidi Cip6, che fruttano ogni anno 130 milioni di euro, in anni recenti la Saras ha firmato ben tre contratti di programma. Un impegno che costa allo Stato 577 milioni



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C'è un'altra grande impresa privata che campa alle spalle dei sussidi pubblici. Se ne parla poco: è la Saras. Sono i Moratti. La raffineria sarda della famiglia imprenditoriale (?) è nata, si è sviluppata e continua a prosperare grazie a una quantità di sussidi pubblici e aiuti di Stato inimmaginabile. La storia dei rapporti tra la Saras e le casse pubbliche, che in "Mani bucate" racconto per filo e per segno, è, sinteticamente, questa.

Angelo Moratti sbarca in Sardegna e costruisce il suo impero grazie al cosiddetto Piano di rinascita della Regione, finanziato con la legge numero 588/1962 che fa piovere sulla Sardegna 400 miliardi di lire, una cifra enorme per l'epoca. Alla Saras ne arrivano 40. Oggi l'azienda incassa i sussidi Cip6, erogati a partire dal 1992 a chi produce energia elettrica con fonti rinnovabili e "assimilate". La Saras brucia gli scarti della raffinazione del petrolio e rivende l'energia elettrica al gestore pubblico a un prezzo superiore a quello di mercato, incassando una quantità di soldi stimabile in più di 130 milioni di euro l'anno: soldi prelevati dalle bollette degli italiani.

E fin qui tutto chiaro, tutto (più o meno) noto. Ma c'è una parte meno nota, anzi, del tutto sconosciuta, che riguarda i contratti di programma. In anni recenti la Saras ne ha firmati addirittura tre in Sardegna: si chiamano Saras 1, Saras 2 e Saras 3. Il totale degli investimenti previsti dall'inizio degli anni Novanta fino ai primi anni Duemila è pari a 577 milioni di euro, il 46 per cento dei quali è a carico dello Stato attraverso diversi tipi di strumenti agevolativi.

Il primo contratto di programma risale al 26 giugno 1997. Le casse pubbliche si impegnano per un importo superiore rispetto a quello messo a disposizione dai Moratti - 268 miliardi di lire contro 232 - per ammodernare la raffineria di Sarroch e per la "realizzazione di una cittadella tecnologica nella provincia di Cagliari" in cambio della creazione di 274 nuovi posti di lavoro.

Il secondo è del 2001. Questa volta si tratta di un contratto di programma di 51,8 milioni di euro per i quali i Moratti devono ringraziare la Piaggio che a quei soldi ha rinunciato rimettendoli a disposizione di altre imprese bisognose di sussidi pubblici. Il terzo (Saras 3) riguarda un progetto nel settore dell'ecommerce al quale l'azienda ha poi rinunciato.

Finito di firmare contratti di programma, la famiglia decide di portare in borsa la Saras. E scoppia il putiferio. Quella quotazione è stata oggetto di indagini dalla procura di Milano che sospettava un "rigonfiamento" illecito del valore della società con lo scopo di spillare più soldi ai risparmiatori. L'inchiesta venne archiviata con questa motivazione (che, francamente, lascia a bocca aperta): "La frantumazione delle competenze non consente di identificare un autore del fatto o un nucleo di soggetti che in concorso abbiano perseguito l'effetto di quotare Saras a un prezzo sovrastimato". Poi non se ne è più parlato.



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