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Corte di Cassazione
Sezione III
Sentenza n. 68754 del 06/05/2003
La Gasparotto assicurazioni conveniva innanzi al pretore di Panna la s.r.l. Corallo e sull'assunto che aveva rilasciato l'immobile, nel quale svolgeva attività assicurativa con contatto diretto con il pubblico, a seguito di convalida per finita locazione intimata dalla società convenuta chiedeva la condanna della stessa al pagamento dell'indennità di avviamento.
La società convenuta resisteva, deducendo che nell'immobile la conduttrice aveva esercitato attività di broker assicurativo, da inquadrare nell'ambito delle professioni intellettuali, e non aveva, perciò, diritto all'indennità.
La causa veniva decisa dal tribunale di Parma, che accoglieva la domanda.
Proposto gravame, la corte di appello di Bologna lo rigettava con sentenza resa il 22 settembre 2000, considerando che la L. 792/1984 non contiene norme che vietino il broker - mediatore di assicurazione - di procacciare clientela; che l'attività di brokeraggio si differenzia da quella di agente o produttore di assicurazione perché, mentre il broker provvede a mettere in relazione l'assicurando e l'assicuratore senza essere legato né all'uno né all'altro da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza, sia l'agente che il produttore sono vincolati all'assicuratore da un rapporto di collaborazione e dall'esclusiva; che l'attività di broker non è riconducibile all'esercizio di professione Intellettuale di cui all'art. 2229 c.c.; che, in particolare, non assume carattere decisivo la qualifica di "professione" attribuita dal legislatore, essendo la medesima riconosciuta ad attività che presentano natura chiaramente imprenditoriale, come quella di mediatore, agente assicurativo, mediatore assicurativo; che coi riferimento al broker non si riscontra l'autonomia in materia di formazione degli albi professionali e di disciplina, che caratterizza le professioni intellettuali, in quanto il broker è assoggettato a poteri di controllo esercitati ora dall'ISVAP ed un tempo dal ministero dell'industria; che l'art. 1 L. 792/1984 consente al broker di esercitare funzioni simili a quelle degli agenti di assicurazione, sicché non si può considerare illegale l'attività di collaborazione alla gestione ed all'esecuzione dei contratti concretamente esercitata; che, in definitiva, l'attività di broker, come del resto quella di mediatore, non è soltanto professionale, ma anche imprenditoriale, di tal che non é sostenibile che il broker svolga un'attività di sola consulenza simile all'esercizio delle professioni intellettuali di cui all'art. 2229 c.c.
La società Corallo ha proposto ricorso per cassazione, affidandone l'accoglimento a due motivi; la Gasparotto ha resistito con controricorso; le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia "violazione, erronea e falsa applicazione della legge 28 novembre 1984, n. 792; violazione, erronea e falsa applicazione degli artt. 27, 34 e 35 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e succ. mod. integr. e dell'art. 2229 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia".
Il broker di assicurazioni - sostiene - non svolge e, comunque, a tenore di legge non deve svolgere un'attività di impresa, bensì di consulenza di stampo libero - professionale, come tale esclusa da quelle per le quali compete l'indennità di avviamento.
Già prima della L. 792/1984 il broker era un professionista che svolgeva attività di consulenza ed assistenza a favore dell'assicurando (Cass. 26 agosto 1998, n. 8467); la legge ha confermato questa caratteristica, ponendo in rilievo il ruolo di collaborazione con l'assicurando; ruolo che rappresenta il "prius" logico -giuridico dell'attività "lato sensu" mediatizia svolta in un secondo momento.
Dei due argomenti, con i quali la corte di merito ha supportato la conclusione che il broker svolge attività di impresa, il primo (nessuna norma della L. 792/1984 vieta al broker di procacciare clientela) non tiene conto del fatto che, se il procacciamento avviene nell'interesse del broker, la situazione non è dissimile da quella di qualsiasi altro professionista e, se avviene nell'interesse delle imprese di assicurazione, si pone in contrasto con la "ratio legis"; il secondo (le professioni intellettuali si caratterizzano per l'autonomia in materia di formazione degli albi e ci disciplina) non considera che "l'art. 2229 c.c. non esaurisce il novero delle professioni intellettuali poiché quéste, a loro volta, non si esauriscono nelle professioni cc.dd. protette".
Il broker svolge, quindi, attività libero professionale di consulenza ed assistenza a favore dell'assicurando ed il rapporto è fondato sull’"intuitus personae".
L'attività "lato sensu" mediatizia svolta in un secondo momento con il mettere in contatto l'assicurando con l'assicuratore al fine di provocare la conclusione del contratto si innesta sulla pregressa attività di consulenza e non assume carattere individuante.
Pertanto, l'attività del broker non implica quel contatto indifferenziato con l'utenza che costituisce il presupposto per il riconoscimento dell'indennità di avviamento.
Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia "violazione, erronea e falsa applicazione degli artt. 1 a 2 della legge 28 novembre 1984, n. 792, e dell'art. 3 della legge 7 febbraio 1979, n. 48, e succ. mod. ed integr. violazione dei principi generali. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia".
Il richiamo legislativo alla mediazione - sostiene - è improprio in quanto il broker non è imparziale, svolgendo attività di consulenza ed assistenza nella determinazione del contenuto del contratto esclusivamente a favore e nell'interesse dell'assicurando.
Inoltre dalle prove assunte (interrogatorio del legale rappresentante della Gasparotto e dichiarazione di A.G.) è emerso che la Gasparotto ha svolto nell'immobile locato prevalentemente l'attività di agente di assicurazioni; attività che, consentita quando si innesta in una pregressa attività di broker, assume carattere di illiceità quando, come nella specie, rappresenti l'attività di gran lunga prevalente del broker, escludendo il diritto all'indennità di avviamento.
I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per l'intima connessione, non possono ricevere accoglimento.
La figura del broker di assicurazioni ha trovato per la prima volta disciplina nella L. 792/1984, la quale all'art. 1 definisce "mediatore di assicurazione s riassicurazione, denominato anche broker, chi esercita professionalmente attività rivolta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione e riassicurazione, alle quali non sia vincolato da impegni di sorta, soggetti che intendano provvedere con la sua collaborazione alla copertura dei rischi, assistendoli nella determinazione del contenuto dei relativi contratti e collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione".
La definizione giustappone le due qualificazioni giuridiche prevalenti: quella di prestatore di opera intellettuale, sostenuta da parte della dottrina, e quella di mediatore, recepita da questa Corte nelle sentenze 12 novembre 1979, n. 5860; 29 maggio 1980, n. 3531; 21 ottobre 1980, n. 5676, e condivisa da altra parte della dottrina.
La legge, invece di ricomporre il dibattito sulla qualificazione giuridica del rapporto di brokeraggio, lo ha riaperto, sicché il contrasto manifestatosi anteriormente alla sua emanazione permane.
Secondo un orientamento dottrinale il contratto di brokeraggio va qualificato innominato misto ed è costituito dai contratti tipici della prestazione di opera intellettuale e della mediazione nell'accezione fiduciaria o unilaterale; secondo altro orientamento il momento della consulenza assume un'importanza tale che il contratto di brokeraggio deve essere qualificata attraverso lo schema del contratto di opera intellettuali o l'attività di intermediazione del broker, richiesta dal carattere bilaterale del rapporto assicurativo, ha carattere strumentale ed accessorio; altro orientamento ricomprende il brokeraggio nello schema mediatizio, riducendo l'attività di assistenza e consulenza ad un ruolo meramente subalterno; non manca un orientamento che qualifica il contratto di brokeraggio mediante lo schema del contratto di opera o di appalto a seconda che il broker sia o non sia piccolo imprenditore.
Dopo l'entrata in vigore della L. 792/1984 questa Corte si è occupata specificamente della tematica del brokeraggio con la sentenza 26 agosto 1998, n. 8467, riferendosi la sentenza 5 giugno 1992, n. 6956, a rapporto esauritosi anteriormente.
La Corte ha considerato che la legge, pur definendo il broker come un mediatore, ne pone in rilievo il ruolo di collaborazione con l'assicurando alla copertura dei rischi e di assistenza del medesimo nella determinazione del contenuto dei relativi contratti, oltre che di collaborazione eventuale alla gestione ed esecuzione degli stessi, valorizzando il momento della consulenza ed assistenza fornita all'assicurando, che nel complesso dell'attività di brokeraggio si colloca come "prius" logico ed indefettibile del successivo momento di intermediazione; momento che deve essere valutato nell'ottica della funzione sociale assolta nel settore dell'intermediazione assicurativa dal broker a livelle di assistenza della parte debole al fine di realizzarne la tutela effettiva come corollario del generale principio di solidarietà sociale.
Nella qualificazione giuridica dell'attività del broker non si può prescindere dal disposto degli artt. 4 lett. f) e g), 5 lett. e) ed f), 8 L. 792/1984, dai quali risulta che per esercitare l'attività di broker è necessaria l'iscrizione all'albo professionale e questa si ottiene assicurandosi contro il rischio imprenditoriale mediante la stipula di polizza di assicurazione della responsabilità civile per negligenza i) errori professionali e l'adesione al fondo di garanzia per risarcire gli assicurati e le imprese di assicurazione dei danni.
Ciò significa che nell'attività del broker è presente un rischio imprenditoriale da collegare all'aspetto mediatizio dell'attività.
La presenza del rischio imprenditoriale riconduce l'attività economica ausiliaria di quella assicurativa, organizzata ed esercitata dal broker, nell'ambito dell'impresa commerciale con conseguente prevalente rilievo del dato economico rispetto a quello del servizio prestato.
Non v'è dubbio che la complessiva attività del broker è connotata pure da profili di intellettualità, richiedendosi in chi la esercita specifiche ed approfondite conoscenze di economia, tecnica e diritta delle assicurazioni, ma l'esercizio di attività intellettuale è compatibile con quello di attività commerciale, solo che l'elemento organizzativo riveste carattere funzionale ed esterno, diversamente da quanto avviene nell'esercizio di attività intellettuali, nelle quali l'elemento organizzativo, se sussistente, ha carattere strumentale ed interno.
Concludendo, il broker di assicurazioni svolge attività mediatizia in forma di impresa commerciale, che denota connotati intellettuali, e in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo all'immobile adibito all'attività ha diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento.
La corte di merito ha ritenuto che l'attività della Gasparotto si è mantenuta entro i limiti seguiti dall'art. 1 L. 792/1984, corrispondentemente negando che abbia rivestito carattere di illiceità.
La censura che viene mossa sul punto alla corte di merito è di non avere valutato l'interrogatorio libero o non formale del titolare della Gasparotto (secondo il quale l'attività prevalente è stata quella di procacciamento di clienti e di stipula delle polizze in virtù di mandato delle compagnie assicuratrici) e la deposizione di Abbati Giorgia (secondo la quale l'attività da lei svolta presso la Gasparotto è stata identica a quella svolta presso la RAS).
Senonché il contenuto della deposizione è tale che la sua valutazione non avrebbe potuto portare a decisione differente, mentre la mancata valutazione dell'interrogatorio libero, costituente elemento sussidiario di convincimento, non integra il vizio di omesso esame di punto decisivo della controversia (Cass. 16 giugno 1986, n. 4002).
Il ricorso va, pertanto, rigettato; ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.