Italia cacciata dal Fondo per la Lotta all'AIDS

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L’Italia promette soldi al Fondo per la lotta contro l’Aids.
Poi non li dà ed è estromessa Il nostro è l’unico paese a non aver versato la quota all'organizzazione che investe in progetti contro Hiv, malaria e tubercolosi. Non ha dato né i 160 milioni di dollari annunciati da Berlusconi per il 2009, né i 183 milioni per il 2010. E l'insolvenza è costata il posto nel consiglio di amministrazioneL’Italia lascia il suo posto nel consiglio di amministrazione del Fondo globale per la lotta contro Aids, malaria e tubercolosi. E’ stata esclusa perché indietro con i pagamenti di ben due anni. E su quella sedia ora siede la Francia.


L’organizzazione, con sede a Ginevra, è un partenariato internazionale che si occupa di raccogliere e distribuire risorse per prevenire queste tre malattie con oltre 600 progetti in 140 paesi del mondo. Dicono che sia un vero peccato per l’Italia, che è stato il paese promotore del Fondo al tempo del G8 di Genova.

Nel 2009 all’Aquila, sempre in occasione del G8, il presidente del Consiglio dichiarò durante la conferenza stampa del secondo giorno di lavori che era stato lui a volere fortissimamente l’organizzazione ginevrina. ”Il nostro Paese – disse – è in leggero ritardo nel versare i soldi al Global Fund, ma entro il prossimo mese verseremo 130 milioni di dollari a cui ne aggiungeremo altri 30″.

Quei soldi non sono mai arrivati. E a quei 160 milioni di dollari che Silvio Berlusconi prometteva (una cifra fra l’altro che non corrispondeva a quanto promesso dall’Italia, che, secondo fonti del Fondo globale, aveva previsto per il 2009 una donazione di circa 183 milioni di dollari) si sono aggiunti altri 183 milioni per il 2010. In totale, mancano all’appello circa 366 milioni di dollari, oltre 240 milioni di euro.

Degli oltre 40 paesi donatori (a cui vanno aggiunte associazioni come quelle che fanno capo a Bill Gates e a Bono Vox) l’Italia è l’unico a non aver ancora versato la quota del 2009. Per quell’anno un miliardo di dollari è arrivato dagli Stati Uniti, 400 milioni dalla Francia, 184 dalla Gran Bretagna, 57 dalla Russia. Le stesse cifre più o meno sono state donate l’anno successivo: Australia, Belgio, Olanda, Cina, India, Giappone, Kuwait, Polonia, Romania, Sud Africa, Tailandia, solo per citarne alcuni, tutti i donatori hanno rispettato i loro impegni internazionali. Mancava di nuovo l’Italia, nel 2010 in compagnia del Portogallo, sull’orlo del tracollo finanziario.

“Essendo uno dei paesi promotori, spero davvero che l’Italia possa continuare a supportare il Fondo sia politicamente che finanziariamente – dice il presidente del Fondo Michel Kazatchkine -. E’ vero che a causa delle recenti sfide economiche, l’Italia ha avuto delle difficoltà a mantenere le promesse, ma spero vivamente che si possa trovare una soluzione”.

La cosa peggiore, aggiunge Stefan Emblad, responsabile della gestione delle risorse del Fondo, è che l’Italia non è riuscita a fare nessuna promessa per il periodo 2011-2013. “A ottobre al quartier generale dell’Onu di New York, si è tenuta la conferenza del Fondo presieduta dal segretario generale Ban Ki-moon - spiega Emblad-. Un appuntamento che ogni tre anni riunisce tutti i paesi donatori che in quell’occasione dichiarano con quale cifra si impegnano a sostenere i progetti da realizzare nel triennio successivo. Ebbene, nessuna promessa è arrivata dall’Italia”.

Se da un lato è meglio non promettere se poi bisogna disattendere, dall’altro, il fatto di avere completamente disatteso gli impegni e aver fatto scena muta sul futuro, ha causato la perdita del seggio. “A seguito della discussione fra i paesi membri si è deciso di sostituire nel consiglio di amministrazione l’Italia con la Francia, uno dei paesi più generosi, insieme agli Stati Uniti – ha detto Embland -. Di certo continueremo a dialogare con il ministero, ma credo che ci sia un impasse politico in Italia oltre che una generale mancanza di soldi”.

“Ma quei soldi sono davvero necessari per portare avanti altri progetti. Per dare un’idea di come opera il Fondo – ci spiega Embland – con circa 100 milioni di dollari (67 milioni di euro circa) il Fondo Globale può finanziare programmi annuali in cui fornisce farmaci antiretrovirali a 92mila persone affetta da Hiv, prevenendo 10mila morti l’anno, fornisce profilassi a 13mila donne sieropositive incinta per evitare la trasmissione madre-figlio, distribuisce oltre due milioni di zanzariere per proteggere le famiglie dalla malaria, medicine per oltre un milione di malati di malaria e cure per 83mila persone malate di tubercolosi”.

Il che vuol dire lottare contro malattie che limitano la possibilità di crescita economica e sociale di un paese e contribuire allo stato di salute del pianeta. Eppure i fondi non bastano mai. “Servirebbero oltre 15 miliardi di dollari per il triennio a venire – aggiunge il presidente Kazatchkine -. I donatori che si sono incontrati a New York ne hanno assicurati circa 11,7, una cifra che conferma la fiducia che i paesi hanno nel Fondo ma che purtroppo non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi e debellare le tre malattie. Personalmente, continuerò instancabilmente nel mio sforzo di cercare risorse addizionali al Fondo per contribuire anche al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio (otto traguardi di sviluppo che i membri dell’Onu si sono impegnati a raggiungere entro il 2015, ndr)”.

Ecco perché la donazione dell’Italia è così importante, soprattutto se si pensa che a luglio Roma ospiterà dopo vent’anni anni la Conferenza mondiale sull’Aids, dove sono attesi scienziati ed esperti internazionali, rappresentanti del mondo politico ed economico che affronteranno anche il tema dell’accesso alle cure nel sud del mondo, nell’anno del trentesimo anniversario della scoperta del virus dell’Hiv.

Come paese ospitante sarà il primo ministro a fare gli onori di casa. Già nel 2000 Berlusconi parlò di Aids, a bordo della nave Azzurra, sulla quale fece la crociera elettorale lungo le coste italiane. Sui malati raccontò una barzelletta.



L’Italia promette soldi al Fondo per la lotta contro l’Aids. Poi non li dà ed è estromessa | Carla Rumor | Il Fatto Quotidiano
 
l'importante è dare sempre nuovi stipendi a nuovi sottosegretari, veline elette alle regionali, escort di varia natura religione e censo, portaborse, enti inventati per foraggiare il consenso, pensioni scandalose, propagandisti televisivi ecc. ecc.
 
Mercoledì 11 Maggio 2011 10:43
Dalle radio della Guerra Fredda alla "Memoria del Futuro", dal Concordato alla biosicurezza: ecco i 90 comitati della presidenza del Consiglio. Uffici spesso inutili ma con migliaia di poltrone e consulenze.

C'è un ufficio a Roma che teme ancora la Jugoslavia comunista. Un comitato, inventato nel 1956, con il compito di regolare le trasmissioni della neonata Rai nel territorio di Trieste. Divisa in zone dopo la seconda guerra mondiale. Bene, quell'ufficio esiste ancora. Poco importa se il muro di Berlino è crollato, i confini non ci sono più, la Slovenia fa parte dell'Unione europea e la Rai si vede bene pure da Lubiana. Ad aprile il governo Berlusconi l'ha rinnovato per l'ennesima volta con precisione svizzera. Un presidente e un drappello di consulenti scelti fra esperti ministeriali, direttori in pensione ed ex politicanti a caccia di un posto al sole. A Trieste nemmeno si ricordavano di doverli indicare: «Non lo dica a noi, stiamo aspettando i nomi dal Comune e dalla Provincia. In più c'è un membro del ministero delle Poste e un esperto nominato dal governo», ribattono alla presidenza del Consiglio. Pure se lo domandi ai triestini del Corecom, il comitato regionale di controllo sulle trasmissione radiotelevisive, cascano dalle nuvole: «Il comitato statale? Era stato abolito. Abbiamo assunto noi quelle competenze ». Dopo un paio di giorni, però, qualcuno ci ripensa: «Forse ci siamo sbagliati, abbiamo le competenze di un altro comitato che adesso non c'è più. Quello potrebbe esistere ancora». Una svista? Macché. Ne sopravvivono a decine di uffici fantasma alla presidenza del Consiglio. Su Internet ne compaiono una trentina al massimo, quelli più attivi. Ma un elenco completo esiste. "L'espresso" l'ha trovato: novanta strutture spesso doppioni di altre, passate incolumi lungo le due Repubbliche. Nulla ha potuto il rogo delle leggi obsolete appiccato dal ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli. Nulla il taglio degli enti inutili che ha cancellato 480 poltrone giudicate «spreco», lasciandone tuttavia in vita più di mille. Sotto l'ombrello del potente segretario generale Manlio Strano ce ne sono addirittura di più. Capaci di sfilarsi dalla Finanziaria di Giulio Tremonti, che ai ministri ha fatto versare lacrime e al premier ha lasciato le consulenze praticamente intatte. Così, mentre gli ospedali tagliano letti per far quadrare i conti e la polizia prende il taxi perché non ha i soldi per la benzina, a Palazzo Chigi uno stipendio non si nega a nessuno. Alla faccia della devolution, è a Roma che si studia da decenni la toponomastica di Bolzano. Nomi di strade in tedesco ma conti all'italiana. C'è poi un comitato per la difesa non violenta, uno per l'infanzia e un altro con l'arduo compito di «rafforzare la classe dirigente del Paese». Ci sono gli esperti di sicurezza dei trasporti, quelli del credito agevolato. E c'è un commissario per ogni alluvione, smottamento o temporale si abbatta sull'Italia. Individuarli nel mare dei denari pubblici che annaffiano la Presidenza del consiglio non è impresa facile.

Nei bilanci, infatti, comitati, commissari e commissioni si mimetizzano fra i capitoli di spesa. Milioni di euro nascosti fra la paga dei dirigenti, il leasing per le nuove auto blu, il boom di missioni estere, arredi e manutenzioni. Eppure anche quest'anno i fondi previsti per foraggiare questi uffici fantasma sono oltre 12 milioni. Di cui circa 2,2 servono a elargire gettoni di presenza. Si passa da super-uffici come il comitato nazionale permanente per Mediocredito che nell'ultimo bilancio pesa per 1 milione 789 mila euro, agli 849 mila del Dipartimento innovazione, ai 424 mila per le politiche comunitarie, fino a 1 milione 105 mila euro per la struttura che avrebbe il compito di rilanciare l'immagine dell'Italia.

«Sono organismi a durata temporanea che si occupano di questioni urgenti», ribattono a Palazzo Chigi. Già. Come quello che ha il compito di attuare gli accordi fra Stato e Chiesa dopo il Concordato del ˜29, rivisto nel 1984. Gli uffici sono addirittura due: uno studia l'accordo, l'altro si occupa di interpretare eventuali incomprensioni. Perché, come si dice, due teste sono meglio di una. Soprattutto se a rimborso spese. Quando va bene si riuniscono tre volte l'anno, rivelano alla segreteria, e scavano negli accordi fra Italia e Santa Sede. Se si prova a chiamare Palazzo Chigi per chiedere a che punto siano i lavori e se ci sia qualche nodo irrisolto che ancora sfugge al Paese, la risposta è sempre la stessa: «Le inviamo la pubblicazione prodotta dal comitato. Lì potrete trovare tutte le risposte che vi interessano». Eccola: si intitola "Dall'accordo del 1984 al disegno di legge sulla libertà religiosa". Niente data. In copertina l'immagine di Giovanni Paolo II in preghiera ad Assisi coi capi delle altre religioni. Era il 27 ottobre 1986. L'introduzione è di Giuliano Amato, quand'era presidente del Consiglio. La prima volta era nel 1992.

Se c'è in ballo un'emergenza, non si bada a spese. L'esempio della Protezione civile fa scuola. La struttura di missione messa in piedi per organizzare gli aiuti a L'Aquila ha fatto schizzare i conti di Palazzo Chigi da 4,2 miliardi a più di 5 miliardi. Un aumento forse indispensabile. Solo che lo stesso meccanismo va avanti da anni anche per la Torino- Lione, che emergenza non è. Nel 2002 fu nominato un comitato per supportare la delegazione italiana per la Tav, nominata già nel 1996 per velocizzare l'opera. A distanza di 14 anni, non soltanto la Torino-Lione ancora non c'è, ma gli organismi pubblici nel frattempo si sono moltiplicati: «Ora stiamo pagando una commissione che fa consulenza a un commissario.

Eppure quel commissario ha già alle sue dipendenze un'altra struttura identica, istituita anche stavolta dalla presidenza del Consiglio, che fa la stessa consulenza », riassumono i giudici contabili. Non bastasse, dal 2005 gli esperti sono cresciuti in numero e costi. Prima ce n'era uno soltanto, poi due, poi tre, fino ai sei attuali. Lo stesso trend della commissione per il recepimento delle direttive europee. Nel 2002, quando l'Italia era appena entrata nell'euro ed era tutto da fare, bastavano 12 esperti per sbrigare le pratiche. Oggi invece ne servono 29. Spesso incompetenti. Secondo la Corte dei conti, infatti, queste figure tecniche «non sempre presentano i requisiti peculiari dell'istituto e appaiono sovrapponibili a quelli dell'amministrazione ». Dubbi anche sui tempi del mandato: «La durata si protrae a tal punto da non poter essere più definita temporanea». Con questo meccanismo, a ogni urgenza corrisponde un nuovo ufficio. Poi l'emergenza finisce e l'ufficio rimane. Durante il governo Berlusconi le strutture di missione foraggiate sono diventate 24. Storie di sprechi una simile all'altra. A partire da quelle che dovrebbero servire, sulla carta, a ridurre la spesa pubblica.

Per tagliare enti e leggi, infatti, era nata la cosiddetta "Unità per la semplificazione". Tanto ha semplificato da essere passata da 12 a 16 componenti nel giugno 2008. Una squadra di tre dirigenti, pagati per coordinare quattro funzionari, con la possibilità di assumere altri 12 esperti.

Al solito. O come la struttura che dovrebbe valutare l'impatto finanziario delle leggi. Nel 2003 contava 15 esperti, oggi sono saliti a 20 con un impatto finanziario, appunto, che per ora pagano i cittadini. Quando il centrodestra l'ha prorogata nel maggio 2008 ci ha pure aggiunto un posto da dirigente generale con compiti di studio. Al punto da prendersi la censura della Corte che già nell'aprile 2009 parlava di «incarichi non giustificabili». Se anche i tagli sfiorano Palazzo Chigi i superstiti sono sempre parecchi. Basta guardare l'Ente italiano per la montagna. Ha cambiato un paio di nomi, ma è sempre al suo posto. Una sforbiciata di organismi l'ha subita, spiegano a Palazzo Chigi. Peccato che restino in carica un consiglio direttivo e un comitato scientifico, oltre agli immancabili revisori dei conti. Ogni premier sceglie un suo presidente. E così Silvio Berlusconi ha nominato Massimo Romagnoli, un ex deputato di Forza Italia, al posto del prodiano Luigi Olivieri. Nella Finanziaria dei tagli, poi, Tremonti ha lasciato 407 mila euro diretti all'Agenzia nazionale per i giovani. Una missione sponsorizzata da Bruxelles, spiegano al dipartimento di Palazzo Chigi. Ma sorvolano sulla composizione: 34 membri. Il presidente è un ex dirigente dei giovani di Alleanza nazionale, Paolo Giuseppe Di Caro, rimasto fuori dal Parlamento e ripescato su indicazione governativa all'Ang, che gli passa uno stipendio da 101 mila euro. Largo ai giovani, si dirà. Perché Di Caro non si sente di certo solo. A tenergli compagnia, fra dirigenti e collaboratori, c'è una squadra da altri 450 mila euro l'anno.

L'esercito di esperti è quasi sempre fatto di «ex qualcosa»: professore o burocrate, generale in pensione o politico trombato, dirigente o assessore ripescato dal sottobosco dei partiti. Sono loro che mandano avanti la baracca dei comitati. Ce n'è uno per il turismo, che costerà circa un milione. Un altro si occupa di politiche comunitarie e spende 424 mila euro. C'è la struttura permanente per il Mediocredito che chiude a 1,7 milioni e, ancora, il comitato per la minoranza slovena, quello per l'accesso ai documenti amministrativi, per la statistica e per l'innovazione tecnologica. Una commissione assegna invece i vitalizi agli sportivi, un'altra i premi alla cultura, un'altra ancora aggiorna il protocollo dei vip. Secondo la Corte dei conti, questi cosiddetti esperti, tanto esperti non sono. Spesso anzi il curriculum è la fotocopia di profili già presenti (e stipendiati) nella pubblica amministrazione. Quei fannulloni, per dirla con Brunetta, che nemmeno volendo potrebbero fare gli straordinari a piazza Colonna, visto che a sbrigare il lavoro ci pensano i sosia a gettone. E se l'etica nella scelta dei consulenti qualche dubbio lo solleva, in fatto di bioetica l'Italia sta in una botte di ferro. Di commissioni temporanee, diventate permanenti, ce ne sono addirittura due. E quella che si occupa di biosicurezza, tecnologie e scienza della vita conta un numero di dirigenti, esperti e consulenti che da soli fanno un consiglio regionale. Dal presidente Leonardo Santi dell'università di Genova, alla pattuglia ministeriale da 14 delegati fino all'immancabile corazzata di esperti: quindici professori in viaggio verso la capitale da Milano, Napoli o Pavia.

L'ultimo nato di Palazzo Chigi ha un nome piuttosto evocativo: comitato per la memoria del Futuro. Dura in carica cinque anni, naturalmente rinnovabili. E' datato 2009, dopo la conferenza di Barcellona che si propose di trasformare il Mediterraneo in una spazio comune. Nella pratica gli esperti dovranno «promuovere relazioni internazionali », magari svolazzando nei paesi interessati. Che sia roba grossa si capisce al volo. Il presidente è Gianni Letta. Per il resto è un elenco di ambasciatori, professori, archeologi e superdirigenti da Joaquin Navarro Vals, ex portavoce di Giovanni Paolo II, al presidente dell'Ice Umberto Vattani fino a Irene Pivetti. E se mai ce ne fosse bisogno, l'articolo 2 apre le porte ad altro personale.

Stavolta, però, a piazza Colonna mettono le mani avanti: «Non derivano oneri a carico di Palazzo Chigi», spiegano dalla segreteria. E chi paga le missioni? «Le amministrazioni di appartenenza del personale ». Cioè sempre lo Stato. L'obiettivo finale è nobile. Una rete di musei «in cui figurino, l'uno accanto all'altro, elementi costruttivi capaci di testimoniare visivamente l'unitarietà di fondo della cultura mediterranea». E forse prima o poi nascerà l'ennesimo comitato. Stavolta certamente utile, almeno a spiegare a un italiano medio che cosa significhi quella frase.

Tommaso Cerno e Primo Di Nicola - L'Espresso - 26 agosto 2010
 
Ma dicevi le stesse cose quando al governo c'erano altri o solo adesso sono aumentati i caddies?


questa è una domanda molto interessante
e da estendere oltre i sottosegretari, anche alle consulenze d'oro
un dato che non ho mai trovato sono i vlaori delle consulenze ecc ecc sotto ogni governo .... Craxi Prodi Dalema Berlusconi ...
 
Io ho trovato questo,avete cose aggiornate?Blitz quotidiano
Quotidiano on-line
Ecco i 27 “enti inutili” che la manovra finanziaria sopprimerà
Sono 27 gli ‘enti inutili’ finiti nella ‘black list’ degli istituti pubblici da accorpare e sciogliere, contenuta nella manovra. Tagli che non conoscono confini, dalla previdenza alla ricerca, non escludendo le eccellenze. Ecco di seguito la lista:

- Stazione sperimentale per l’industria delle Conserve alimentari (Ssica)

- Stazione sperimentale del vetro

- Stazione sperimentale per la seta

- Stazione sperimentale per i combustibili

- Stazione sperimentale carta, cartoni e paste per carta (Ssccp)

- Stazione sperimentale per le industrie degli oli e dei grassi (Ssog)

- Stazione sperimentale per le industrie delle essenze e dei derivati degli agrumi (Ssea)

- Stazione sperimentale delle pelli e materie concianti

- Istituto per la promozione industriale (Ipi)

- Centro per la formazione in economia e politica dello sviluppo rurale

- Comitato nazionale italiano per il collegamento tra il governo e la Fao

- Ente teatrale italiano

- Stazione zoologica ‘A. Dohrn’

- Istituto nazionale di ricerca meteorologica (Inrim)

- Istituto nazionale di alta matematica ‘F. Severi’ (Indam)

- Istituto nazionale di astrofisica (Inaf)

- Istituto nazionale di oceanografia e i geofisica sperimentale (Ogs)

- Istituto di studi giuridici internazionali

- Ente nazionale delle sementi elette (Ense)

- Istituto previdenziale per il settore marittimo (Ipsema)

- Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro (Ispels)

- Istituto postelegrafonici (Ipost)

- Istituto degli affari sociali

- Istituto di studi e analisi economica (Isae)

- Ente italiano montagna (Eim)

- Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura navale (Insean).


segnati in rosso quelli per cui ho forti dubbi
ma, non conosco gli enti summenzionati, e sarebbe da verificarne l'output

ad esempio
ho partecipato ad un comizio dell'On XXX che presentava il sig YY , eletto (ed attualmente indagato )

XX disse che voleva una Provincia ' economica, magra come una acciuga'
nulla ha detto delle prestazioni offerte dalla provincia in questione

tagliare i costi ha poco senso se non si valuta l'output
una auto a 20.000 è tanto o poco?
per una 500 è tanto
per una A4 è poco
il costo non è l'unico parametro
 

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