La BORSA ...................che TRAPPOLA !!!!!!!!!!!!!!!!!!

SINIBALDO

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Molti italiani, negli ultimi anni, si sono fatti affascinare dall’investimento azionario.

Complici le moderne tecnologie, che hanno permesso l’investimento “on-line”, tanti oscuri piccoli borghesi hanno creduto di essere finanzieri, hanno creduto di poter comprendere il mercato, di dominarlo, di diventare ricchi con facilità.

Queste cose succedono, invece, solo nei film prodotti ad Hollywood: la realtà è ben diversa.

La grande finanza fa e disfa a suo piacimento ed il piccolo investitore, con il suo giardinetto frutto di tanti anni di sacrifici e di risparmi, diventa solo il parco buoi da sacrificare al momento opportuno.

Una ricerca effettuata da Eurispes ha scoperto che, per ogni cento lire investite sul mercato quattro anni fa, e suddivise equamente tra tutti i titoli del listino, oggi restano soltanto 56,4 lire.

Peggio ancora è andata a chi ha puntato su titoli del Nuovo Mercato: la perdita ha ridotto il patrimonio di oltre il 70% e delle originarie cento lire ne sono rimaste solo 27,4.

Il vecchio titolo di Stato, bene rifugio per tanto tempo, ultimamente bistrattato avrebbe reso decisamente meglio.

Naturalmente l’indagine Eurispes prende in considerazione il mercato nel suo insieme, perché qualche titolo ha generosamente premiato i suoi azionisti.

E’, per esempio, il caso di Eni, che ha segnato in quattro anni un rialzo di ben il 170%, ma anche Autostrade, Enel e Saipem hanno avuto un ottimo rendimento.

Per capire quanto il piccolo risparmiatore sia un fuscello nelle mani dei burattinai della grande finanza bastano i casi di due titoli guida di piazza Affari: Fiat e Telecom Italia.

Il titolo dell’azienda torinese, invischiata in un mare di guai, che mette in cassa integrazione gli operai, nell’ultimo anno è salito del 21% dopo aver visto scendere a capofitto la sua quotazione dal 2000 al 2003.

Telecom, una gallina dalle uova d’oro, “regalata” dal governo D’Alema al finanziere Colaninno ed oggi di proprietà del gruppo Tronchetti Provera, è la maglia nera del mercato delle “grandi”: in un anno il titolo ha polverizzato il 60% del suo valore.

I lavoratori dovrebbero diventare “proprietari” delle aziende nelle quali lavorano, ma non attraverso l’acquisto delle azioni, tramite la socializzazione.

Se però tutte le grandi aziende fossero socializzate il mercato non potrebbe avere questi alti e bassi e i pescicani non potrebbero guadagnare premendo qualche bottone dagli uffici della City, di Wall Street o di qualche sperduto e sconosciuto paradiso fiscale.


SINIBALDO
 

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