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La riunione dei banchieri centrali di venerdì 19, si conclude con un nulla di fatto e con qualche strascico polemico che in realtà non è assolutamente peregrino. D'altra parte la guerra delle monete è in corso e la riunione di venerdì equivaleva ai generali dei diversi schieramenti che dovrebbero scambiarsi cortesie. Un utopia. Chi ha ragione e chi ha torto ? Diciamo tutti, anche se con qualche sfumatura. Vediamo allora di capire un come stanno le cose.
LA VICENDA - Greenspan, il capo della FED, afferma senza mezzi termini, che il deficit USA non può essere finanziato in eterno dagli stranieri. Stupisce non tanto la frase ovvia, quanto il fatto che lo dica proprio lui. Che il deficit USA sia preoccupante lo andiamo dicendo da tempo, tanto noi su queste colonne, quanto più autorevoli fonti. Il lamento di Greenspan appare un pò un pianto del coccodrillo. Il banchiere centrale ha sempre tirato la volata a Bush mantenendo viva questa sottospecie di crescita americana, abbiate pazienza ma proprio "a la carte", che altrimenti non avrebbe nemmeno ragione di esistere. So che i magnificatori dell'economia USA stanno balzando dalla sedia ma la forza dell'economia stessa americana non è certo rappresentata al momento da questo guazzabuglio di moneta a buon mercato offerta dalla FED e spesa pubblica forsennata. Mettetevi dunque l'animo in pace ma la riduzione fiscale ha contribuito ad essa per meno del 20% ed è stata tutta orientata ai ceti medio-alti. La forza dell'economia americana l'abbiamo vista all'opera negli anni '90, quando la new economiy è esplosa creando anche una bolla si ma anche un crescita reale media pari al 3.6% annuo medio, fatta di ricerca ed investimenti e posti di lavoro di qualità, oltre che quasi piena occupazione. Qui di investimenti nemmeno l'ombra e la Silicon Valley sembra tornata agli anni '60, quando campava di commesse militari perchè tale era, cioè una realtà di imprese che lavoravano più che altro per il Pentagono. Greenspan quindi fa la voce grossa verso i mercati dimenticando che senza quell'accaparramento di impieghi in dollari gli USA andrebbero a rotoli ? In realtà sa bene che questo pericolo non va corso, così come sa che prima di affondare il dollaro e provocare una crisi finanziaria che di fatto diverrebbe mondiale, i possessori di T-Bond agirebbero con i piedi di piombo, tutto in teoria, poi nella pratica sappiamo che i mercati hanno anche il vizio dell'irrazionalità e di questo è bene tenerne conto. Intanto però il dollaro accusa il colpo e va ancora un pò giù. Ovvero un'altra boccata d'ossigeno all'economia USA, un'altra spina nel fianco europeo; la Cina è come una Svizzera del III° millennio in questa contesa, apparentemente neutrale, poi ne parliamo. Alan Greenspan quindi non è immune da responsabilità, la sua è una responsabilità nemmeno colposa ma perchè abbia assunto un atteggiamento accondiscendente verso la politica di Bush, andrà forse spiegato. La mia tesi per lo meno è questa. L'appartenenza alla medesima collocazione politica è relativa, salvo che comunque funziona come base di condivisione di progetti o comunque costringe lo stesso Greenspan ad un atteggiamento meno duro verso l'amministrazione. Più evidente è invece la necessità di appoggiare la politica estera di Bush dopo l'11 settembre. Guardate sembra un aspetto poco interessante ma in realtà non si poteva mandare un paese in guerra con un'economia recessiva. Sopratutto perchè degli USA bisognava conservare un immagine vincente, di un paese reattivo e capace di sbaragliare i problemi subito, recessioni comprese. Occorreva tenere la corda e giustificare una spesa pubblica feroce, soprattutto per gli armamenti. Ma in questo modo si è data l'accelerazione ad un problema strutturale dell'economia americana. A crescita non corrisponde proporzionale redistribuzione della ricchezza prodotta e lavoro di qualità. Il primo aspetto è testimoniato dalle statistiche dell'Ufficio Statistico Federale: dal 90 al 2001 il reddito annuo del ceto medio, scende dal 5.4% annuo al 3.4%, mentre quello dei super manager è stabile intorno al 7% annuo. Il secondo dall'inesorabile perdita di posti di lavoro di eccellenza, verso il "vergine" mercato cinese. La cosiddetta localizzazione delle risorse umane, che segue quella che fu delle industrie. Nell'ultimo triennio si parla di almeno 500.000 posti emigrati. A questi dati chiari come l'acqua di sorgente, si aggiungono altri dati per nulla trascurabili, quali il salto da 38 a 50 milioni di americani senza assistenza sanitaria nell'arco degli ultimi tre anni e la situazione debitoria personale oramai stabilmente sopra il 100% del reddito annuo alla quale fa l'eco un per niente sorprendente aumento dei fallimenti privati. Aggiungiamo la crescita delle spese carcerarie e il quadro è completo. Abbiamo una società in profonda crisi, la quale viene colpita nel pieno di questa crisi e cade semplicemente nella trappola delle risposte sbagliate. La storia sembra fatta apposta per far intrecciare i destini e le vicende. L'integralismo arriva come risposta devastante e sbagliata di una società in crisi già da tempo come quella mussulmana e colpisce un'altra società in crisi come quella occidentale, crisi sintetizzata dal simbolo dell'Occidente per eccellenza: gli USA.
EUROPA - Tutto questo discorso può sembrare che non centri nulla con la questione monetaria che affrontiamo ma in realtà centra eccome. Gli USA hanno bisogno di un dollaro debole, che eviti l'esplodere delle loro contraddizioni ma nello stesso tempo l'arma è a doppio taglio; una frana rovinosa da parte del dollaro stesso, costringerebbe la FED ad agire e gli USA quindi di fronte a vere scelte di economia non questa aria fritta vista fin ora e anche a scelte dolorose che andrebbero a flagellare una società già stremata dal punto di vista del disagio sociale; quali che saranno non saprei. In alternativa potrebbe invece rivedere il tutto e finirla di giocare all'Impero, rivedere i rapporti con il resto del pianeta e strappare alle sirene dell'integralismo le aree più emarginate del globo con scelte coraggiose, magari rivedere il famoso tenore di vita di ciascun americano. Dopotutto la sperequazione della redistribuzione di ricchezza è talmente evidente negli stessi USA, che forse più che l'americano medio, sarà qualche privilegiato a dover rinunciare a qualcosa. All'americano medio rimane solo di indebitarsi un pò di meno, come rinuncia da fare. La voce dell'Europa dunque è quella di Schroder, potete scommetterci. Il Cancelliere tedesco ha ragione da una parte, dall'altra come Greenspan ha le sue colpe. O meglio le colpe sono comuni all'intera Europa. Giustamente però tira le orecchie agli USA: è vero in effetti che l'Europa ha avviato riforme strutturali e lui ne sa qualcosa, visti i recenti provvedimenti in tema di tredicesime e orari di lavoro e i fischi con le tensioni sociali inevitabili che è costretto a subire ma ripeto, giustamente da una parte è vero che all'Europa non gli si può continuare a chiedere di fare la virtuosa, quando da oltre oceano si mettono a fare il mestiere più antico del mondo in economia; svalutare monete e pompare nel sistema denaro pubblico, considerando il fatto che tale metodo, alla fine porta a seri guai se sfugge dal controllo e a conseguenze che sopratutto l'Italia conosce da quando non ha più in mano proprio la sciagurata arma delle svalutazioni facili. Con il risultato che oggi siamo come pesci in barile di fronte alle grandi sfide della globalizzazione, assolutamente impreparati e con il fianco scoperto. Quanto all'Europa e qui veniamo alle colpe, è ora che capisca che come isola felice non può più esistere. Anche se da questo punto di vista stiamo attenti però, perchè quello che l'Europa rappresenta come modello non è qualcosa di insulso, forse è uno dei più elevati al momento come sicurezza sociale e qualità della vita, oltre che di sicurezza sanitaria intesa anche come prevenzione. E' però un sistema troppo avanti. Sembrerebbe paradossale ma è così. Da oltre oceano non mancano gli estimatori di un modello di Europa, come terra che ha trovato finalmente la pace e vive nel benessere. Il problema appunto è che il resto del mondo è una polveriera in continua evoluzione, con nuovi paesi in via di sviluppo e assetati di risorse, oltre che di spazi commerciali. In teoria quindi, il modello europeo di pace e stato sociale era un utopia innestata nella realtà globale, che di fronte ai grandi cambiamenti epocali va in crisi inesorabilmente. La crisi europea quindi è la crisi di un continente troppo avanti per il suo tempo, mentre quella americana è la crisi di un sistema dinamico quanto instabile e foriero di profonde fratture sociali, che finiscono per deteriorare la stessa democrazia e trasformarla in una specie di medio evo del III° millennio, dove alla fine governa l'elite. Quali soluzioni quindi per l'Europa ? Sicuramente non si tratta di rinnegare un modello che è sempre meglio che trascinare un terzo della popolazione nell'indigenza e fuori da ogni possibilità di cura, schiava delle assicurazioni. Si tratta invece di salvarne intanto i principi, poi riformare il possibile e tenerlo come esempio futuro, quando il nostro pianeta sarà più omogeneo per ricchezza e sviluppo. Ovvero si tratta di aspettare secoli forse ma appunto per questo va tenuto tutto quello che è possibile tenere anche se ciò comporta avere tassi di crescita inferiori non come quelli attuali ma diciamo sul mezzo punto percentuale. Quello che conta cioè non è la torta quanto le fette con cui viene divisa. Nel frattempo però l'Europa dovrebbe iniziare ad investire più in sviluppo delle tecnologie ad esempio. Generalmente negli investimenti, l'Europa spende metà degli USA e non si sta sul palcoscenico mondiale con simili numeri.
CINALa contesa euro-dollaro vede la Cina apparentemente neutrale nel senso che essendo lo yuan agganciato alla moneta americana, poco importa ai cinesi della diaspora USA-Europa. Loro si fanno zitti zitti gli affari loro e in effetti è così. La Cina attrae capitali ma li esporta anche. Il vertice APEC di Santiago di questo week end, non è un ritrovo di buoni amici ma una cosa importante. Asia USA e Sud America e in particolare il Brasile, sono le protagoniste del III° millennio, gli USA tentano di esserlo nel senso che la Cina, finirà per scippargli la leadership sia nel sud-est ma in particolare e questa appare una vera notizia, in aree tabù come il Sud America. Ci sono ingenti investimenti che si stanno dirigendo in Argentina. In una bella e breve intervista sul Sole24 Ore di domenica, Charles Calomiris professore di Istituzioni Internazionali della Columbus University, molto vicino a Bush, denuncia questo rischio di scivolamento degli USA, in posizioni di secondo piano in futuro, rispetto alla Cina soprattutto per quanto riguarda l'influenza in aree del pianeta come appunto Asia ma anche nel meno scontato Sud America e aggiungo anche Africa; anche lì gli investimenti cinesi sono piuttosto presenti. Nel 1999 alla Reagan Library, Bush pronunciò questa frase:<<Non neghiamo che c'è una Cina ma neghiamo alla Cina il diritto di imporre le proprie leggi alla persone libere>>. Un bel discorso ma se business is business, chi mette i soldi ha voce in capitolo, così come la questione della moneta cinese. Gli USA mostrano i muscoli con l'Europa ma vanno con il capo chino nella "Città proibita" a lamentare la sleale concorrenza dello yuan cinese, chiedendone lo sganciamento del dollaro. Hu Jintao, il premier cinese, dice si ma si sa che la cosa procederà se e nei modi che vorranno stabilire i cinesi. Singolare comunque che la lamentela europea diventa americana per gli stessi motivi. Uno spettacolo vero ? !! Aggiungiamo come contorno, che la moneta cinese rivalutata se proprio dovesse disturbare i cinesi, disturba nella misura in cui in Cina ci sono aziende americane che fatturano proprio grazie all'export.
CONCLUSIONE - Un bel mix quindi di fatti e circostanze, che vedono questa guerra monetaria in atto, la quale poi cos'altro non è che una serie di barriere doganali invisibili ? Svalutare una moneta e rendere difficile l'export per un paese io lo considero alla stessa stregua di una barriera doganale. Ma attenzione. Il dollaro cede terreno perchè dalla Casa Bianca così vogliono in realtà, come abbiamo spiegato ma non dimentichiamo che il mercato vende dollari perchè il paese è oppresso dai debiti ma sopratutto per un discorso sul lungo termine. Gli USA producono più deficit di quanto producano ricchezza. E' questa la verità che non si vuole dire e tutti i bei discorsi sulle future rosee crescite che metteranno tutto a posto, somigliano tanto alla vecchia "variabile indipendente" con la quale si identificava il lavoro ai tempi delle vulcaniche stagioni sindacali italiane. Ecco questa crescita, questo PIL sembra altrettanto una variabile indipendente. Viene e va a seconda delle dichiarazioni e delle volontà, secondo loro ...
© pubblicato su Deepenings time il 21..11.2004
LA VICENDA - Greenspan, il capo della FED, afferma senza mezzi termini, che il deficit USA non può essere finanziato in eterno dagli stranieri. Stupisce non tanto la frase ovvia, quanto il fatto che lo dica proprio lui. Che il deficit USA sia preoccupante lo andiamo dicendo da tempo, tanto noi su queste colonne, quanto più autorevoli fonti. Il lamento di Greenspan appare un pò un pianto del coccodrillo. Il banchiere centrale ha sempre tirato la volata a Bush mantenendo viva questa sottospecie di crescita americana, abbiate pazienza ma proprio "a la carte", che altrimenti non avrebbe nemmeno ragione di esistere. So che i magnificatori dell'economia USA stanno balzando dalla sedia ma la forza dell'economia stessa americana non è certo rappresentata al momento da questo guazzabuglio di moneta a buon mercato offerta dalla FED e spesa pubblica forsennata. Mettetevi dunque l'animo in pace ma la riduzione fiscale ha contribuito ad essa per meno del 20% ed è stata tutta orientata ai ceti medio-alti. La forza dell'economia americana l'abbiamo vista all'opera negli anni '90, quando la new economiy è esplosa creando anche una bolla si ma anche un crescita reale media pari al 3.6% annuo medio, fatta di ricerca ed investimenti e posti di lavoro di qualità, oltre che quasi piena occupazione. Qui di investimenti nemmeno l'ombra e la Silicon Valley sembra tornata agli anni '60, quando campava di commesse militari perchè tale era, cioè una realtà di imprese che lavoravano più che altro per il Pentagono. Greenspan quindi fa la voce grossa verso i mercati dimenticando che senza quell'accaparramento di impieghi in dollari gli USA andrebbero a rotoli ? In realtà sa bene che questo pericolo non va corso, così come sa che prima di affondare il dollaro e provocare una crisi finanziaria che di fatto diverrebbe mondiale, i possessori di T-Bond agirebbero con i piedi di piombo, tutto in teoria, poi nella pratica sappiamo che i mercati hanno anche il vizio dell'irrazionalità e di questo è bene tenerne conto. Intanto però il dollaro accusa il colpo e va ancora un pò giù. Ovvero un'altra boccata d'ossigeno all'economia USA, un'altra spina nel fianco europeo; la Cina è come una Svizzera del III° millennio in questa contesa, apparentemente neutrale, poi ne parliamo. Alan Greenspan quindi non è immune da responsabilità, la sua è una responsabilità nemmeno colposa ma perchè abbia assunto un atteggiamento accondiscendente verso la politica di Bush, andrà forse spiegato. La mia tesi per lo meno è questa. L'appartenenza alla medesima collocazione politica è relativa, salvo che comunque funziona come base di condivisione di progetti o comunque costringe lo stesso Greenspan ad un atteggiamento meno duro verso l'amministrazione. Più evidente è invece la necessità di appoggiare la politica estera di Bush dopo l'11 settembre. Guardate sembra un aspetto poco interessante ma in realtà non si poteva mandare un paese in guerra con un'economia recessiva. Sopratutto perchè degli USA bisognava conservare un immagine vincente, di un paese reattivo e capace di sbaragliare i problemi subito, recessioni comprese. Occorreva tenere la corda e giustificare una spesa pubblica feroce, soprattutto per gli armamenti. Ma in questo modo si è data l'accelerazione ad un problema strutturale dell'economia americana. A crescita non corrisponde proporzionale redistribuzione della ricchezza prodotta e lavoro di qualità. Il primo aspetto è testimoniato dalle statistiche dell'Ufficio Statistico Federale: dal 90 al 2001 il reddito annuo del ceto medio, scende dal 5.4% annuo al 3.4%, mentre quello dei super manager è stabile intorno al 7% annuo. Il secondo dall'inesorabile perdita di posti di lavoro di eccellenza, verso il "vergine" mercato cinese. La cosiddetta localizzazione delle risorse umane, che segue quella che fu delle industrie. Nell'ultimo triennio si parla di almeno 500.000 posti emigrati. A questi dati chiari come l'acqua di sorgente, si aggiungono altri dati per nulla trascurabili, quali il salto da 38 a 50 milioni di americani senza assistenza sanitaria nell'arco degli ultimi tre anni e la situazione debitoria personale oramai stabilmente sopra il 100% del reddito annuo alla quale fa l'eco un per niente sorprendente aumento dei fallimenti privati. Aggiungiamo la crescita delle spese carcerarie e il quadro è completo. Abbiamo una società in profonda crisi, la quale viene colpita nel pieno di questa crisi e cade semplicemente nella trappola delle risposte sbagliate. La storia sembra fatta apposta per far intrecciare i destini e le vicende. L'integralismo arriva come risposta devastante e sbagliata di una società in crisi già da tempo come quella mussulmana e colpisce un'altra società in crisi come quella occidentale, crisi sintetizzata dal simbolo dell'Occidente per eccellenza: gli USA.
EUROPA - Tutto questo discorso può sembrare che non centri nulla con la questione monetaria che affrontiamo ma in realtà centra eccome. Gli USA hanno bisogno di un dollaro debole, che eviti l'esplodere delle loro contraddizioni ma nello stesso tempo l'arma è a doppio taglio; una frana rovinosa da parte del dollaro stesso, costringerebbe la FED ad agire e gli USA quindi di fronte a vere scelte di economia non questa aria fritta vista fin ora e anche a scelte dolorose che andrebbero a flagellare una società già stremata dal punto di vista del disagio sociale; quali che saranno non saprei. In alternativa potrebbe invece rivedere il tutto e finirla di giocare all'Impero, rivedere i rapporti con il resto del pianeta e strappare alle sirene dell'integralismo le aree più emarginate del globo con scelte coraggiose, magari rivedere il famoso tenore di vita di ciascun americano. Dopotutto la sperequazione della redistribuzione di ricchezza è talmente evidente negli stessi USA, che forse più che l'americano medio, sarà qualche privilegiato a dover rinunciare a qualcosa. All'americano medio rimane solo di indebitarsi un pò di meno, come rinuncia da fare. La voce dell'Europa dunque è quella di Schroder, potete scommetterci. Il Cancelliere tedesco ha ragione da una parte, dall'altra come Greenspan ha le sue colpe. O meglio le colpe sono comuni all'intera Europa. Giustamente però tira le orecchie agli USA: è vero in effetti che l'Europa ha avviato riforme strutturali e lui ne sa qualcosa, visti i recenti provvedimenti in tema di tredicesime e orari di lavoro e i fischi con le tensioni sociali inevitabili che è costretto a subire ma ripeto, giustamente da una parte è vero che all'Europa non gli si può continuare a chiedere di fare la virtuosa, quando da oltre oceano si mettono a fare il mestiere più antico del mondo in economia; svalutare monete e pompare nel sistema denaro pubblico, considerando il fatto che tale metodo, alla fine porta a seri guai se sfugge dal controllo e a conseguenze che sopratutto l'Italia conosce da quando non ha più in mano proprio la sciagurata arma delle svalutazioni facili. Con il risultato che oggi siamo come pesci in barile di fronte alle grandi sfide della globalizzazione, assolutamente impreparati e con il fianco scoperto. Quanto all'Europa e qui veniamo alle colpe, è ora che capisca che come isola felice non può più esistere. Anche se da questo punto di vista stiamo attenti però, perchè quello che l'Europa rappresenta come modello non è qualcosa di insulso, forse è uno dei più elevati al momento come sicurezza sociale e qualità della vita, oltre che di sicurezza sanitaria intesa anche come prevenzione. E' però un sistema troppo avanti. Sembrerebbe paradossale ma è così. Da oltre oceano non mancano gli estimatori di un modello di Europa, come terra che ha trovato finalmente la pace e vive nel benessere. Il problema appunto è che il resto del mondo è una polveriera in continua evoluzione, con nuovi paesi in via di sviluppo e assetati di risorse, oltre che di spazi commerciali. In teoria quindi, il modello europeo di pace e stato sociale era un utopia innestata nella realtà globale, che di fronte ai grandi cambiamenti epocali va in crisi inesorabilmente. La crisi europea quindi è la crisi di un continente troppo avanti per il suo tempo, mentre quella americana è la crisi di un sistema dinamico quanto instabile e foriero di profonde fratture sociali, che finiscono per deteriorare la stessa democrazia e trasformarla in una specie di medio evo del III° millennio, dove alla fine governa l'elite. Quali soluzioni quindi per l'Europa ? Sicuramente non si tratta di rinnegare un modello che è sempre meglio che trascinare un terzo della popolazione nell'indigenza e fuori da ogni possibilità di cura, schiava delle assicurazioni. Si tratta invece di salvarne intanto i principi, poi riformare il possibile e tenerlo come esempio futuro, quando il nostro pianeta sarà più omogeneo per ricchezza e sviluppo. Ovvero si tratta di aspettare secoli forse ma appunto per questo va tenuto tutto quello che è possibile tenere anche se ciò comporta avere tassi di crescita inferiori non come quelli attuali ma diciamo sul mezzo punto percentuale. Quello che conta cioè non è la torta quanto le fette con cui viene divisa. Nel frattempo però l'Europa dovrebbe iniziare ad investire più in sviluppo delle tecnologie ad esempio. Generalmente negli investimenti, l'Europa spende metà degli USA e non si sta sul palcoscenico mondiale con simili numeri.
CINALa contesa euro-dollaro vede la Cina apparentemente neutrale nel senso che essendo lo yuan agganciato alla moneta americana, poco importa ai cinesi della diaspora USA-Europa. Loro si fanno zitti zitti gli affari loro e in effetti è così. La Cina attrae capitali ma li esporta anche. Il vertice APEC di Santiago di questo week end, non è un ritrovo di buoni amici ma una cosa importante. Asia USA e Sud America e in particolare il Brasile, sono le protagoniste del III° millennio, gli USA tentano di esserlo nel senso che la Cina, finirà per scippargli la leadership sia nel sud-est ma in particolare e questa appare una vera notizia, in aree tabù come il Sud America. Ci sono ingenti investimenti che si stanno dirigendo in Argentina. In una bella e breve intervista sul Sole24 Ore di domenica, Charles Calomiris professore di Istituzioni Internazionali della Columbus University, molto vicino a Bush, denuncia questo rischio di scivolamento degli USA, in posizioni di secondo piano in futuro, rispetto alla Cina soprattutto per quanto riguarda l'influenza in aree del pianeta come appunto Asia ma anche nel meno scontato Sud America e aggiungo anche Africa; anche lì gli investimenti cinesi sono piuttosto presenti. Nel 1999 alla Reagan Library, Bush pronunciò questa frase:<<Non neghiamo che c'è una Cina ma neghiamo alla Cina il diritto di imporre le proprie leggi alla persone libere>>. Un bel discorso ma se business is business, chi mette i soldi ha voce in capitolo, così come la questione della moneta cinese. Gli USA mostrano i muscoli con l'Europa ma vanno con il capo chino nella "Città proibita" a lamentare la sleale concorrenza dello yuan cinese, chiedendone lo sganciamento del dollaro. Hu Jintao, il premier cinese, dice si ma si sa che la cosa procederà se e nei modi che vorranno stabilire i cinesi. Singolare comunque che la lamentela europea diventa americana per gli stessi motivi. Uno spettacolo vero ? !! Aggiungiamo come contorno, che la moneta cinese rivalutata se proprio dovesse disturbare i cinesi, disturba nella misura in cui in Cina ci sono aziende americane che fatturano proprio grazie all'export.
CONCLUSIONE - Un bel mix quindi di fatti e circostanze, che vedono questa guerra monetaria in atto, la quale poi cos'altro non è che una serie di barriere doganali invisibili ? Svalutare una moneta e rendere difficile l'export per un paese io lo considero alla stessa stregua di una barriera doganale. Ma attenzione. Il dollaro cede terreno perchè dalla Casa Bianca così vogliono in realtà, come abbiamo spiegato ma non dimentichiamo che il mercato vende dollari perchè il paese è oppresso dai debiti ma sopratutto per un discorso sul lungo termine. Gli USA producono più deficit di quanto producano ricchezza. E' questa la verità che non si vuole dire e tutti i bei discorsi sulle future rosee crescite che metteranno tutto a posto, somigliano tanto alla vecchia "variabile indipendente" con la quale si identificava il lavoro ai tempi delle vulcaniche stagioni sindacali italiane. Ecco questa crescita, questo PIL sembra altrettanto una variabile indipendente. Viene e va a seconda delle dichiarazioni e delle volontà, secondo loro ...
© pubblicato su Deepenings time il 21..11.2004