Macroeconomia La guerra delle valute e la crisi dei sistemi

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La riunione dei banchieri centrali di venerdì 19, si conclude con un nulla di fatto e con qualche strascico polemico che in realtà non è assolutamente peregrino. D'altra parte la guerra delle monete è in corso e la riunione di venerdì equivaleva ai generali dei diversi schieramenti che dovrebbero scambiarsi cortesie. Un utopia. Chi ha ragione e chi ha torto ? Diciamo tutti, anche se con qualche sfumatura. Vediamo allora di capire un come stanno le cose.

LA VICENDA - Greenspan, il capo della FED, afferma senza mezzi termini, che il deficit USA non può essere finanziato in eterno dagli stranieri. Stupisce non tanto la frase ovvia, quanto il fatto che lo dica proprio lui. Che il deficit USA sia preoccupante lo andiamo dicendo da tempo, tanto noi su queste colonne, quanto più autorevoli fonti. Il lamento di Greenspan appare un pò un pianto del coccodrillo. Il banchiere centrale ha sempre tirato la volata a Bush mantenendo viva questa sottospecie di crescita americana, abbiate pazienza ma proprio "a la carte", che altrimenti non avrebbe nemmeno ragione di esistere. So che i magnificatori dell'economia USA stanno balzando dalla sedia ma la forza dell'economia stessa americana non è certo rappresentata al momento da questo guazzabuglio di moneta a buon mercato offerta dalla FED e spesa pubblica forsennata. Mettetevi dunque l'animo in pace ma la riduzione fiscale ha contribuito ad essa per meno del 20% ed è stata tutta orientata ai ceti medio-alti. La forza dell'economia americana l'abbiamo vista all'opera negli anni '90, quando la new economiy è esplosa creando anche una bolla si ma anche un crescita reale media pari al 3.6% annuo medio, fatta di ricerca ed investimenti e posti di lavoro di qualità, oltre che quasi piena occupazione. Qui di investimenti nemmeno l'ombra e la Silicon Valley sembra tornata agli anni '60, quando campava di commesse militari perchè tale era, cioè una realtà di imprese che lavoravano più che altro per il Pentagono. Greenspan quindi fa la voce grossa verso i mercati dimenticando che senza quell'accaparramento di impieghi in dollari gli USA andrebbero a rotoli ? In realtà sa bene che questo pericolo non va corso, così come sa che prima di affondare il dollaro e provocare una crisi finanziaria che di fatto diverrebbe mondiale, i possessori di T-Bond agirebbero con i piedi di piombo, tutto in teoria, poi nella pratica sappiamo che i mercati hanno anche il vizio dell'irrazionalità e di questo è bene tenerne conto. Intanto però il dollaro accusa il colpo e va ancora un pò giù. Ovvero un'altra boccata d'ossigeno all'economia USA, un'altra spina nel fianco europeo; la Cina è come una Svizzera del III° millennio in questa contesa, apparentemente neutrale, poi ne parliamo. Alan Greenspan quindi non è immune da responsabilità, la sua è una responsabilità nemmeno colposa ma perchè abbia assunto un atteggiamento accondiscendente verso la politica di Bush, andrà forse spiegato. La mia tesi per lo meno è questa. L'appartenenza alla medesima collocazione politica è relativa, salvo che comunque funziona come base di condivisione di progetti o comunque costringe lo stesso Greenspan ad un atteggiamento meno duro verso l'amministrazione. Più evidente è invece la necessità di appoggiare la politica estera di Bush dopo l'11 settembre. Guardate sembra un aspetto poco interessante ma in realtà non si poteva mandare un paese in guerra con un'economia recessiva. Sopratutto perchè degli USA bisognava conservare un immagine vincente, di un paese reattivo e capace di sbaragliare i problemi subito, recessioni comprese. Occorreva tenere la corda e giustificare una spesa pubblica feroce, soprattutto per gli armamenti. Ma in questo modo si è data l'accelerazione ad un problema strutturale dell'economia americana. A crescita non corrisponde proporzionale redistribuzione della ricchezza prodotta e lavoro di qualità. Il primo aspetto è testimoniato dalle statistiche dell'Ufficio Statistico Federale: dal 90 al 2001 il reddito annuo del ceto medio, scende dal 5.4% annuo al 3.4%, mentre quello dei super manager è stabile intorno al 7% annuo. Il secondo dall'inesorabile perdita di posti di lavoro di eccellenza, verso il "vergine" mercato cinese. La cosiddetta localizzazione delle risorse umane, che segue quella che fu delle industrie. Nell'ultimo triennio si parla di almeno 500.000 posti emigrati. A questi dati chiari come l'acqua di sorgente, si aggiungono altri dati per nulla trascurabili, quali il salto da 38 a 50 milioni di americani senza assistenza sanitaria nell'arco degli ultimi tre anni e la situazione debitoria personale oramai stabilmente sopra il 100% del reddito annuo alla quale fa l'eco un per niente sorprendente aumento dei fallimenti privati. Aggiungiamo la crescita delle spese carcerarie e il quadro è completo. Abbiamo una società in profonda crisi, la quale viene colpita nel pieno di questa crisi e cade semplicemente nella trappola delle risposte sbagliate. La storia sembra fatta apposta per far intrecciare i destini e le vicende. L'integralismo arriva come risposta devastante e sbagliata di una società in crisi già da tempo come quella mussulmana e colpisce un'altra società in crisi come quella occidentale, crisi sintetizzata dal simbolo dell'Occidente per eccellenza: gli USA.

EUROPA - Tutto questo discorso può sembrare che non centri nulla con la questione monetaria che affrontiamo ma in realtà centra eccome. Gli USA hanno bisogno di un dollaro debole, che eviti l'esplodere delle loro contraddizioni ma nello stesso tempo l'arma è a doppio taglio; una frana rovinosa da parte del dollaro stesso, costringerebbe la FED ad agire e gli USA quindi di fronte a vere scelte di economia non questa aria fritta vista fin ora e anche a scelte dolorose che andrebbero a flagellare una società già stremata dal punto di vista del disagio sociale; quali che saranno non saprei. In alternativa potrebbe invece rivedere il tutto e finirla di giocare all'Impero, rivedere i rapporti con il resto del pianeta e strappare alle sirene dell'integralismo le aree più emarginate del globo con scelte coraggiose, magari rivedere il famoso tenore di vita di ciascun americano. Dopotutto la sperequazione della redistribuzione di ricchezza è talmente evidente negli stessi USA, che forse più che l'americano medio, sarà qualche privilegiato a dover rinunciare a qualcosa. All'americano medio rimane solo di indebitarsi un pò di meno, come rinuncia da fare. La voce dell'Europa dunque è quella di Schroder, potete scommetterci. Il Cancelliere tedesco ha ragione da una parte, dall'altra come Greenspan ha le sue colpe. O meglio le colpe sono comuni all'intera Europa. Giustamente però tira le orecchie agli USA: è vero in effetti che l'Europa ha avviato riforme strutturali e lui ne sa qualcosa, visti i recenti provvedimenti in tema di tredicesime e orari di lavoro e i fischi con le tensioni sociali inevitabili che è costretto a subire ma ripeto, giustamente da una parte è vero che all'Europa non gli si può continuare a chiedere di fare la virtuosa, quando da oltre oceano si mettono a fare il mestiere più antico del mondo in economia; svalutare monete e pompare nel sistema denaro pubblico, considerando il fatto che tale metodo, alla fine porta a seri guai se sfugge dal controllo e a conseguenze che sopratutto l'Italia conosce da quando non ha più in mano proprio la sciagurata arma delle svalutazioni facili. Con il risultato che oggi siamo come pesci in barile di fronte alle grandi sfide della globalizzazione, assolutamente impreparati e con il fianco scoperto. Quanto all'Europa e qui veniamo alle colpe, è ora che capisca che come isola felice non può più esistere. Anche se da questo punto di vista stiamo attenti però, perchè quello che l'Europa rappresenta come modello non è qualcosa di insulso, forse è uno dei più elevati al momento come sicurezza sociale e qualità della vita, oltre che di sicurezza sanitaria intesa anche come prevenzione. E' però un sistema troppo avanti. Sembrerebbe paradossale ma è così. Da oltre oceano non mancano gli estimatori di un modello di Europa, come terra che ha trovato finalmente la pace e vive nel benessere. Il problema appunto è che il resto del mondo è una polveriera in continua evoluzione, con nuovi paesi in via di sviluppo e assetati di risorse, oltre che di spazi commerciali. In teoria quindi, il modello europeo di pace e stato sociale era un utopia innestata nella realtà globale, che di fronte ai grandi cambiamenti epocali va in crisi inesorabilmente. La crisi europea quindi è la crisi di un continente troppo avanti per il suo tempo, mentre quella americana è la crisi di un sistema dinamico quanto instabile e foriero di profonde fratture sociali, che finiscono per deteriorare la stessa democrazia e trasformarla in una specie di medio evo del III° millennio, dove alla fine governa l'elite. Quali soluzioni quindi per l'Europa ? Sicuramente non si tratta di rinnegare un modello che è sempre meglio che trascinare un terzo della popolazione nell'indigenza e fuori da ogni possibilità di cura, schiava delle assicurazioni. Si tratta invece di salvarne intanto i principi, poi riformare il possibile e tenerlo come esempio futuro, quando il nostro pianeta sarà più omogeneo per ricchezza e sviluppo. Ovvero si tratta di aspettare secoli forse ma appunto per questo va tenuto tutto quello che è possibile tenere anche se ciò comporta avere tassi di crescita inferiori non come quelli attuali ma diciamo sul mezzo punto percentuale. Quello che conta cioè non è la torta quanto le fette con cui viene divisa. Nel frattempo però l'Europa dovrebbe iniziare ad investire più in sviluppo delle tecnologie ad esempio. Generalmente negli investimenti, l'Europa spende metà degli USA e non si sta sul palcoscenico mondiale con simili numeri.

CINALa contesa euro-dollaro vede la Cina apparentemente neutrale nel senso che essendo lo yuan agganciato alla moneta americana, poco importa ai cinesi della diaspora USA-Europa. Loro si fanno zitti zitti gli affari loro e in effetti è così. La Cina attrae capitali ma li esporta anche. Il vertice APEC di Santiago di questo week end, non è un ritrovo di buoni amici ma una cosa importante. Asia USA e Sud America e in particolare il Brasile, sono le protagoniste del III° millennio, gli USA tentano di esserlo nel senso che la Cina, finirà per scippargli la leadership sia nel sud-est ma in particolare e questa appare una vera notizia, in aree tabù come il Sud America. Ci sono ingenti investimenti che si stanno dirigendo in Argentina. In una bella e breve intervista sul Sole24 Ore di domenica, Charles Calomiris professore di Istituzioni Internazionali della Columbus University, molto vicino a Bush, denuncia questo rischio di scivolamento degli USA, in posizioni di secondo piano in futuro, rispetto alla Cina soprattutto per quanto riguarda l'influenza in aree del pianeta come appunto Asia ma anche nel meno scontato Sud America e aggiungo anche Africa; anche lì gli investimenti cinesi sono piuttosto presenti. Nel 1999 alla Reagan Library, Bush pronunciò questa frase:<<Non neghiamo che c'è una Cina ma neghiamo alla Cina il diritto di imporre le proprie leggi alla persone libere>>. Un bel discorso ma se business is business, chi mette i soldi ha voce in capitolo, così come la questione della moneta cinese. Gli USA mostrano i muscoli con l'Europa ma vanno con il capo chino nella "Città proibita" a lamentare la sleale concorrenza dello yuan cinese, chiedendone lo sganciamento del dollaro. Hu Jintao, il premier cinese, dice si ma si sa che la cosa procederà se e nei modi che vorranno stabilire i cinesi. Singolare comunque che la lamentela europea diventa americana per gli stessi motivi. Uno spettacolo vero ? !! Aggiungiamo come contorno, che la moneta cinese rivalutata se proprio dovesse disturbare i cinesi, disturba nella misura in cui in Cina ci sono aziende americane che fatturano proprio grazie all'export.

CONCLUSIONE - Un bel mix quindi di fatti e circostanze, che vedono questa guerra monetaria in atto, la quale poi cos'altro non è che una serie di barriere doganali invisibili ? Svalutare una moneta e rendere difficile l'export per un paese io lo considero alla stessa stregua di una barriera doganale. Ma attenzione. Il dollaro cede terreno perchè dalla Casa Bianca così vogliono in realtà, come abbiamo spiegato ma non dimentichiamo che il mercato vende dollari perchè il paese è oppresso dai debiti ma sopratutto per un discorso sul lungo termine. Gli USA producono più deficit di quanto producano ricchezza. E' questa la verità che non si vuole dire e tutti i bei discorsi sulle future rosee crescite che metteranno tutto a posto, somigliano tanto alla vecchia "variabile indipendente" con la quale si identificava il lavoro ai tempi delle vulcaniche stagioni sindacali italiane. Ecco questa crescita, questo PIL sembra altrettanto una variabile indipendente. Viene e va a seconda delle dichiarazioni e delle volontà, secondo loro ...

© pubblicato su Deepenings time il 21..11.2004
 
sul thread del Bund ne parliamo spesso ma sto notando che anche sulle pagine finanziarie dei nostri quotidiani ci si sta rendendo conto del giochetto che stanno facendo nel pacifico
Su Repubblica di oggi in sintesi:
tra gli economisti si va facendo strada il convincimento che gli USA e i paesi asiatici abbiano concluso una specie di patto amichevole, che escluderebbe l'Europa, facendone la principale vittima delle conseguenze di questo patto.
In pratica, secondo questa ipotesi, le banche centrali asiatiche, in primo luogo quella della cina, procederebbe a massicci acquisti di Bonds del tesoro statunitense , contribuendo a finanziare il gigantesco deficit estero americano e impedendo al dollaro di precipitare. In cambio i paesi asiatici, sempre Cina in testa, inonderebbero i mercati americani, di prodotti a basso prezzo , conquistando grosse fette di mercato. Dall'altra parte dell'Atlantico , l'Europa continuerebbe a subire il peso di un euro forte che frena le sue esportazioni.
Poi segue il commento di Stephen Roach di Morgan Stanley: potrebbe giungere il giorno in cui gli investitori stranieri reclamino migliori condizioni per il finanziamento della furia consumatrice dell'America e della sua assenza di risparmio. Quello sarà il giorno in cui il dollaro affonderà e i tassi d'interesse saliranno a razzo ( ps: a queste parole i lettori shortisti-bundaroli andranno in brodo di giuggiole :D :smile: ). Con una tale crisi una recessione americana sarebbe quasi certa e il resto del mondo che gravita attorno agli US , la seguirà rapidamente...
E' uno scenario del genere quello che la Cina ha lasciato intravedere venerdì scorso, facendo trapelare l'intenzione ( poi smentita ) di un possibile riequilibrio delle sue riserve in dollari a favore dell'euro.
Insomma aggiungo io, se non siamo alla fase dei ricatti, poco ci manca :smile:
 
Molto interessanti le vostre opinioni.... ci sarebbe molto da discutere....
Allego qualche grafico collegato...


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E questo è la fase di rivalutazione dello Yen degli anni 80..... la valuta Cinese avrà lo stesso destino....
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su Affari&finanza di lunedì

L' AMERICA SCARICA I SUOI GUAI SUL RESTO DEL MONDO

di Giuseppe Turani
Giovanni Tamburi, uno dei migliori banchieri d'affari della piazza milanese, e profondo conoscitore della media impresa, spiega perchè è più pessimista che mai sull'economia mondiale.


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29 Novembre 2004 13:43 MILANO

(WSI) - "Ero pessimista un anno e mezzo fa e continuo a essere pessimista. Lo so che molti vorrebbero finalmente un po' di ottimismo, ma la situazione è quella che è e non è affatto bella. Anzi, continuano a esserci molte ragioni di inquietudine. E questo senza andare a tirare fuori il terrorismo o la situazione geo-politica. Il quadro, insomma, è già preoccupante così".


Giovanni Tamburi è uno dei migliori banchieri d'affari della piazza milanese (pochi come lui conoscono la media impresa italiana) e è difficile ricordare l'ultima volta in cui è stato ottimista.


E' cambiato qualcosa di recente?


"Vuol dire se rimango sempre pessimista?"


Si.


"Non vedo motivi di ottimismo intorno a noi. Per mesi e mesi abbiamo spiegato che l'economia internazionale andava frenando e che la ripresa era alle ultime battute. Oggi, vedo che questo comincia a essere consegnato anche nei documenti previsionali delle grandi banche d'affari internazionali, quelle con uffici studi che sembrano eserciti. Insomma, quella che fino a qualche settimana fa sembrava una visione un po' estrema del mondo, adesso sta diventando una previsione con tanto di timbri e firme". Il boom del 2004, cioè, sta finendo? "Giudichi lei. Possiamo prendere una previsione a caso. Questa che ho in mano è della banca Schroder, e forse non sono nemmeno quelli che vedono più nero. Ebbene, fra il 2004 e il 2005 l'America passa da una crescita del 4,3 per cento a una del 3 per cento. L'area euro dall'1,8 per cento all'1,5. Il Giappone dimezza addirittura la sua crescita: dal 4 al 2 per cento. E il mondo, nel suo complesso, scende dal 3,7 per cento di crescita del 2004 al 2,7 del 2005. E, ripeto, qui dentro non abbiamo le incognite di nuove azioni terroristiche come non abbiamo eventi catastrofici. Qui stiamo ragionando di normale evoluzione delle cose. E la semplice verità è che ci stiamo ripiegando, l'economia mondiale si sta richiudendo, mette il freno e passa alla marcia inferiore".


Ma, tutto sommato, non va poi così male...


"Nel conto, ovviamente, non abbiamo messo la Cina, che di fatto sta dimezzando la sua velocità di crescita".


Però non siamo in recessione...


"Ma ci sono in giro molti segnali preoccupanti. Vengono un po' da tutte le parti, dall'America, dall'Europa e dall'Asia".


Dagli Stati Uniti che cosa arriva?


"Il mistero di un'economia che finora è andata avanti grazie a operazioni molto spericolate e che si torva, secondo me, e anche secondo molti economisti di valore, in uno stato di instabilità grave".


Cioè?


"Cerco di spiegarmi. Se noi guardiamo i dati del Pil e le relative previsioni, tutto sembra andare più o meno bene. Se invece andiamo un po' più a fondo, allora vediamo emergere i guai. Di recente è stato calcolato l'andamento del debito aggregato americano (famiglie, imprese, Stato). Ebbene, siamo al 300 per cento del Pil. Si tratta del più alto valore dell'intera storia americana. All'inizio degli anni Trenta era arrivato a quota 270 per cento. All'inizio degli anni Novanta era un terzo in meno, a quota 200 per cento".


E questo che cosa significa?


"Molte cose e quasi nessuna bella".


Cioè?


"Intanto significa che, come peraltro si è già detto e scritto, dietro questo boom americano recente, c'è una montagna di debiti. Anzi, la più alta montagna di debiti della storia. E questo fa dell'economia americana (che è la più grande del mondo e quella da cui dipende tutto il resto) un soggetto molto instabile. Ma pone anche il problema di sistemare in qualche modo il debito. E la strada, qualunque cosa dicano le autorità americane, è una sola: far pagare il debito, il boom recente, agli altri, cioè al resto del mondo. La strategia economica americana, in questo momento, è appunto quella di esportare il loro debito attraverso il dollaro. Quelli che ci consigliano, quindi, di imitare l'America (fare debiti per crescere, per consumare di più) trascurano appunto questo piccolo particolare: gli americani possono farlo, con molti rischi, anche perché hanno il dollaro, uno strumento fantastico per esportare i debiti e farli pagare agli altri".


E come si fa?


"E' molto semplice: basta svalutare il dollaro. Questo rende un po' più competitive le loro merci e quindi si migliora un po' la situazione. Tutti hanno sempre detto che gli americani non potevano andare avanti con questo ritmo, e infatti stanno cercando di rallentare un po'. Per non cadere in recessione, svalutano il dollaro e cercano di aumentare le esportazioni, a danno ovviamente di tutti gli altri, che possono solo subire".


Lei vede dei rischi in questa operazione?


"Vedo dei danni sicuri per noi. Ma c'è anche qualche rischio per loro. Nel senso che non è affatto detto che queste operazioni riescano. Ripeto: l'America (non Greenspan o Bush) non si è mai trovata nel corso della sua storia a dover fronteggiare un debito così ciclopico. Ci stiamo muovendo su un terreno ignoto, mai percorso da nessuna Amministrazione. A questo aggiunga che nel giro di pochi mesi l'America deve ridurre del 30 per cento la sua velocità di crescita. Sarebbe un'impresa difficile da fare con un'economia a posto. Con un'economia piena di debiti (e con le imprese che già denunciano di non aver più tanta voglia di investire) il rischio di qualche sbandata, il rischio di finire nel fosso, è purtroppo reale. E, se sbanda l'America, sono guai seri per tutti, sul serio...".


Insomma, lei è preoccupato perché pensa che la locomotiva America possa sfuggire di mano...


"Esatto. Questo pericolo c'è. Ma poi sono preoccupato anche perchè nel mondo stanno avvenendo tante cose importanti, tanti cambiamenti di fronte ai quali servirebbe molta prudenza e invece vedo che la più grande economia del mondo li affronta con leggerezza, indebitandosi come mai nella sua storia".


A che cosa si riferisce?

"Quando è mai successo che un'industria automobilistica giapponese abbia dovuto chiudere i battenti per vari giorni non per mancanza di domanda (che è normale) quanto per mancanza di acciaio?".


E questo che cosa significa?


"Significa che solo adesso ci stiamo accorgendo che il boom cinese è qualcosa che sconvolge tutti i parametri economici internazionali. E' un problema e andrebbe gestito meglio. Pochi forse sanno che ormai il consumo di petrolio della Cina ha superato quello del Giappone. E questo nonostante la Cina abbia auto-limitato la sua crescita, di fatto dimezzandola. In realtà, stiamo viaggiando con la locomotiva numero 1, l'America, che si trova in uno stato di instabilità (andrebbe messa in sicurezza, come le case lesionate) e con la locomotiva numero 2, la Cina, che è talmente grande che rischia di creare problemi ovunque".


La svalutazione del dollaro non può essere una buona medicina per tutti?


"Assolutamente no. E' solo un modo per ribaltare su altri un po' dei debiti americani. Sull'Asia e sulla Cina, comunque, non avrà effetti perché quelle economie si muovono insieme al dollaro. La faccenda riguarda, e molto da vicino, purtroppo, noi europei".


In che senso ci riguarda?


"Nel senso che alla fine quelli che pagheranno siamo noi".


E come pagheremo?


"Abbiamo già cominciato. Grazie alla svalutazione del dollaro nel 2005 cresceremo meno del 2004, e penso che la cosa andrà avanti per parecchio tempo. Il boom americano, insomma, non nasce dalla genialità di Greenspan e di Bush, ma dal fatto che alla fine saremo noi a pagare. E questo spiega perché sono fuori dal mondo quelli che ci dicono di imitare gli Stati Uniti. A chi facciamo pagare i nostri debiti? All'America?".


Quindi è un disastro, qui in Europa?


"Sì, an che perché le aziende, per resistere, stanno delocalizzando in Asia. Stanno fuggendo, chiudono gli impianti qui e vanno ovunque, ma fuori dall'Europa. D'altra parte, in quei paesi un lavoratore costa fra i 70 e i 100 dollari al mese. Poco più di mille dollari all'anno. Qui da noi, gira e rigira, siamo introno ai 25 mila dollari all'anno. Non c'è gara, purtroppo".


E quindi che cosa accadrà dell'Europa?

"Continueremo a perdere industrie. Saremo un continente di cultura, servizi e turismo. Insomma, faremo i camerieri di americani e cinesi. Qui c'è un mercato interessante: dieci anni i cinesi in giro per il mondo a fare i turisti erano 3,7 milioni, quest'anno sono già 24 milioni e crescono continuamente".


Fuori dallo scherzo...


"Guardi che non scherzo molto. L'industria tessile è già quasi tutta all'estero, credo che qui non si faccia più una sola mutanda o un solo paio di jeans. Molte aziende di scarpe si trovano nella stessa identica situazione Mentre noi parliamo e discutiamo, qui le aziende scappano..."

quando si tornerà con i piedi per terra.....?
 
intervento di g.zibordi sul forum di cobraf:

Io ripeto solo cose che leggo e soprattutto che mi sembra altri operatori guardano, diciamo che in teoria la moneta cinese può apprezzarsi anche del +40%.

Per una discussione competente vedi Nouriel Roubini che spiega bene come l'"Equilibrio del Terrore Finanziario" sia instabile (come lo chiamava, parafrasando l'equilibrio del terrore nucleare di una volta con l'Urss, Larry Summers segretario del tesoro sotto Clinton, )

Oggi c'era sciopero generale qui per protestare contro una manovra da 8 miliardi di dollari (6 miliardi di euro). Molte famiglie cinesi hanno messo i loro risparmi in dollari per cui ad esempio se ci fosse un -30% di svalutazione del dollaro, in Cina il pubblico ci rimettebbe forse 30 o 40 miliardi (il Pil cinese è quasi quanto quello italiano) e avresti un altra Tien-An-Men (o come si scrive)

Ma il grosso dei dollari lo ha ammassato la banca centrale cinese (e quelle di Hong Kong, Taiwan India... che pure fissano la loro valuta al dollaro), circa 1500 miliardi di riserve in toto. Moltiplicate una svalutazione del -30% per 1.500 miliardi di dollari = 4-500 miliardi di dollari di PERDITA SUL CAMBIO. Per la Cina da sola si stima che possa perdere dal 10 al 15% del PIL.

Quindi fanno il possibile per rimandare la resa dei conti, ma
==> OGNI MESE CHE PASSA ACCUMULANO ALTRI DOLLARI con l'export
==> PIU DOLLARI ACCUMULANO, PIU IL CAMBIO DIVENTA SOTTOVALUTATO E
==> PIU' AUMENTA LA PERDITA SUL CAPITALE IL GIORNO CHE RIVALUTANO !

Ogni banca centrale asiatica guarda l'altra per controllare che non abbia cominciato a vendere dollari, hanno tutti paura di essere gli ultimi con il cerino in mano.

Ad esempio il Giappone per due anni ha tenuto il cambio semi-fisso con il dollaro spendendo mi sembra 130 miliardi a sostegno del dollaro, anche la Corea, ma ORA HANNO SMESSO E STANNO LASCIANDO APPREZZARE gradualmente lo Yen e il Won. Guardate qua sotto la Corea. Il fatto che il dollaro ha perso un -12% da agosto verso il Won significa che i poveri coreani hanno RIVALUTATO del 12% verso i cinesi (che sono legati al dollaro) e ovviamente ne soffrono

Il bello è che la Cina può magari continuare questo gioco altri otto mesi, per cui si crea liquidità, si tengono bassi i tassi e si alimenta così una bolla su tutti i mercati, azionari e obbligazioni, le borse salgono e anche i bonds tengono. Ma ogni giorno che passa aumenta la pressione interna ed esterna a rivalutare

La cosa che rende il mercato finanziario globale interessante sono queste bombe ad orologeria. Nel 1997 le valute asiatiche crollarono, ora è l'opposto, il dollaro frana verso di loro (le valute libere come il Won Coreano qui sotto), ma sono sempre i cambi che danno la spinta
 
Fleursdumal ha scritto:
La cosa che rende il mercato finanziario globale interessante sono queste bombe ad orologeria.

Si è decisamente interessante sapere che dopo domani potrebbe aprire tutto in gap down e farmi saltare gli stop :-D
 

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