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FMI, BOT, Telecom Italia e monete
Buonasera,
nel clima di perenne incertezza legato alle prospettive di una ripresa economica, il FMI prova a divenire il faro della situazione andando a pubblicare il suo consueto "World Economic Outlook" semestrale. La principale sorpresa di questo studio non viene certo dalle stime di crescita dell'area Euro, riviste al ribasso allo 0,5% dall'1,1% per il 2003 e all'1,9% dal 2,3% per il 2004, ma dal severo monito e dalla esplicita critica che gli analisti del FMI volgono nei confronti della politica monetaria della BCE. Il monito è chiaro: la BCE è invitata a mantenere il livello dei tassi molto basso al fine di stimolare nuovamente gli investimenti. Già, ma quanto bassi?
E' lo stesso studio che ha fornito la risposta a questa naturale domanda: << Il taglio di 50 punti base dei tassi d'interesse deciso dalla Banca centrale europea in giugno è stato positivo, ma è necessario un ulteriore allentamento monetario se l'inflazione dovesse minacciare di rallentare troppo; o per esempio, se l'attività economica non riprendesse velocità in fretta, o se l'Euro si apprezzasse significativamente>>. Proprio sull’Euro il FMI si sofferma in particolare, andando ad esprimere la nostra stessa preoccupazione riportata nella newsletter del 15/09: << il sostanziale apprezzamento dell'euro negli ultimi due anni potrebbe ridurre le prospettive di una ripresa trainata dalle esportazioni>>.
Quindi, secondo il FMI i rischi sono molto simili a quelli dell’economia statunitense e riguardano crescita ancora troppo debole e male trainata dagli investimenti e rischi di deflazione. Su questo ultimo punto in Italia si tocca un tasto dolente, viste le recenti polemiche sui tassi di inflazione reali e tassi ISTAT. In generale, dal confronto ne emerge l’inadeguatezza del sistema economico “Europa”, poiché la diversità delle sue regioni porta ad avere Paesi con tassi di inflazioni molto al di sotto della media europea, pari a circa la metà del dato inflazionistico italiano fornito dall’ISTAT e altri Paesi che soffrono di tassi inflazionistici ben più elevati. Sono in particolare questi ultimi a soffrire la devoluzione della sovranità in campo di politica monetaria, poiché si trovano nell’incredibile paradosso che i tassi bancari non riescono a proteggere i risparmi dall’inflazione.
Fenomeno di poco conto se contenuto in un arco temporale relativamente ridotto, ma di devastante impatto se prolisso per periodi comprendenti diversi anni, poiché alla fine di questo periodo, la gestione passiva dei risparmi operata unicamente attraverso il mero deposito bancario, porterà ad una sensibile diminuzione del proprio potere d’acquisto.
Fortunatamente, anche in Italia cominciano ad affacciarsi i cosiddetti titoli di stato legati all’inflazione, che sono ben diversi delle obbligazioni a tasso variabile; diversità che consiste nel rendimento non legato alle decisioni in campo di politica monetaria, bensì al tasso di inflazione di una data regione. In Francia questi strumenti sono presenti dal 1999 e hanno riscosso un buon successo, sono gli OATi (Obligations Assimilables du Trésor indexées sur l'inflation) e hanno il pregio di remunerare i propri sottoscrittori al tasso di inflazione di una data regione. In Francia è possibile ancorare i tassi di rendimenti variabili al tasso di inflazione europea o solamente a quella francese. In Italia il Tesoro si è deciso all’emissione di BOT a lunga scadenza legati al tasso di inflazione e nonostante il tasso di rendimento leggermente superiore a quello dei rendimenti dei classici BOT, i primi sono andati a ruba, con enormi richieste soprattutto dagli istituzionali.
In campo societario è la corte di Giustizia Europea ad aver animato la giornata, poiché oggi ha emesso una sentenza sancendo l’illegalità dei contributi sulle licenze imposti a Telecom. Questa sentenza va a favore della Telecom, poiché stabilisce che lo Stato Italiano non può pretendere dai gestori telefonici dei contributi legati al loro fatturato.
Grazie a questa sentenza Telecom potrebbe non solo cessare di pagare gli oneri contributivi per i prossimi esercizi, quindi con un notevole beneficio sugli utili, ma potrebbe anche pretendere il risarcimento per quelli versati; operazione che riporterebbe nelle casse della compagnia telefonica italiana circa 2 miliardi di euro di contributi dovuti dal 1998 al 2003. I benefici sui conti di Telecom sono indiscutibili, poiché permetterebbero di ridurre l’incredibile debito accumulato dall’inglobamento di Olivetti a 30,6 miliardi di euro, andando così ad aiutare non poco la società telefonica a raggiungere l’obiettivo di riduzione dei debiti del piano triennale del gruppo previsto per il 2004. Le azioni Telecom Italia hanno reagito subito bene alla notizia della sentenza, poiché è proprio l’enorme debito del gruppo ad avere spinto molte case d’affari a rivedere al ribasso il proprio giudizio sulla compagnia telefonica italiana. Traggono beneficio da questa sentenza anche i principali azionisti di Albacom, quindi Mediaset ed ENEL.
Noi cogliamo l’occasione per ribadire nuovamente la nostra preferenza per i telefonici, gli energetici e i titoli del settore dell’intrattenimento; i primi da sfruttare anche sulla forza, mentre gli ultimi due da accumulare sulla debolezza.
Nella seconda metà della giornata i dati macroeconomici positivi provenienti da oltre oceano hanno prodotto un ennesimo rilancio del rialzo a Piazza Affari. Nel dettaglio, i sussidi di disoccupazione registrano un decremento superiore alle attese portandosi sotto la soglia psicologica delle 400.000 unità, mentre il Superindice (Leading Indicator), pur registrando un incremento pari alle attese va a costituire il quarto aumento mensile consecutivo fornendo un segnale di continuità della ripresa economica in corso, rassicurando non poco.
Infine, chiudiamo con una curiosità: il sito di appassionati di numismatica, banconote.it, ha proposto la nuova bozza dell’ormai famosa ed attesa banconota da 1 euro che dovrebbe favorire la presa di coscienza del valore della nuova moneta, servendo da deterrente psicologico all’incremento dei prezzi. La bozza di quello che potrà essere il nuovo biglietto di piccolo taglio è stata presentata a Wim Duisenberg, che ha accolto divertito l’iniziativa, precisando tuttavia che non è di sua competenza accogliere iniziative di questo genere, né approvarle.
Buonasera,
nel clima di perenne incertezza legato alle prospettive di una ripresa economica, il FMI prova a divenire il faro della situazione andando a pubblicare il suo consueto "World Economic Outlook" semestrale. La principale sorpresa di questo studio non viene certo dalle stime di crescita dell'area Euro, riviste al ribasso allo 0,5% dall'1,1% per il 2003 e all'1,9% dal 2,3% per il 2004, ma dal severo monito e dalla esplicita critica che gli analisti del FMI volgono nei confronti della politica monetaria della BCE. Il monito è chiaro: la BCE è invitata a mantenere il livello dei tassi molto basso al fine di stimolare nuovamente gli investimenti. Già, ma quanto bassi?
E' lo stesso studio che ha fornito la risposta a questa naturale domanda: << Il taglio di 50 punti base dei tassi d'interesse deciso dalla Banca centrale europea in giugno è stato positivo, ma è necessario un ulteriore allentamento monetario se l'inflazione dovesse minacciare di rallentare troppo; o per esempio, se l'attività economica non riprendesse velocità in fretta, o se l'Euro si apprezzasse significativamente>>. Proprio sull’Euro il FMI si sofferma in particolare, andando ad esprimere la nostra stessa preoccupazione riportata nella newsletter del 15/09: << il sostanziale apprezzamento dell'euro negli ultimi due anni potrebbe ridurre le prospettive di una ripresa trainata dalle esportazioni>>.
Quindi, secondo il FMI i rischi sono molto simili a quelli dell’economia statunitense e riguardano crescita ancora troppo debole e male trainata dagli investimenti e rischi di deflazione. Su questo ultimo punto in Italia si tocca un tasto dolente, viste le recenti polemiche sui tassi di inflazione reali e tassi ISTAT. In generale, dal confronto ne emerge l’inadeguatezza del sistema economico “Europa”, poiché la diversità delle sue regioni porta ad avere Paesi con tassi di inflazioni molto al di sotto della media europea, pari a circa la metà del dato inflazionistico italiano fornito dall’ISTAT e altri Paesi che soffrono di tassi inflazionistici ben più elevati. Sono in particolare questi ultimi a soffrire la devoluzione della sovranità in campo di politica monetaria, poiché si trovano nell’incredibile paradosso che i tassi bancari non riescono a proteggere i risparmi dall’inflazione.
Fenomeno di poco conto se contenuto in un arco temporale relativamente ridotto, ma di devastante impatto se prolisso per periodi comprendenti diversi anni, poiché alla fine di questo periodo, la gestione passiva dei risparmi operata unicamente attraverso il mero deposito bancario, porterà ad una sensibile diminuzione del proprio potere d’acquisto.
Fortunatamente, anche in Italia cominciano ad affacciarsi i cosiddetti titoli di stato legati all’inflazione, che sono ben diversi delle obbligazioni a tasso variabile; diversità che consiste nel rendimento non legato alle decisioni in campo di politica monetaria, bensì al tasso di inflazione di una data regione. In Francia questi strumenti sono presenti dal 1999 e hanno riscosso un buon successo, sono gli OATi (Obligations Assimilables du Trésor indexées sur l'inflation) e hanno il pregio di remunerare i propri sottoscrittori al tasso di inflazione di una data regione. In Francia è possibile ancorare i tassi di rendimenti variabili al tasso di inflazione europea o solamente a quella francese. In Italia il Tesoro si è deciso all’emissione di BOT a lunga scadenza legati al tasso di inflazione e nonostante il tasso di rendimento leggermente superiore a quello dei rendimenti dei classici BOT, i primi sono andati a ruba, con enormi richieste soprattutto dagli istituzionali.
In campo societario è la corte di Giustizia Europea ad aver animato la giornata, poiché oggi ha emesso una sentenza sancendo l’illegalità dei contributi sulle licenze imposti a Telecom. Questa sentenza va a favore della Telecom, poiché stabilisce che lo Stato Italiano non può pretendere dai gestori telefonici dei contributi legati al loro fatturato.
Grazie a questa sentenza Telecom potrebbe non solo cessare di pagare gli oneri contributivi per i prossimi esercizi, quindi con un notevole beneficio sugli utili, ma potrebbe anche pretendere il risarcimento per quelli versati; operazione che riporterebbe nelle casse della compagnia telefonica italiana circa 2 miliardi di euro di contributi dovuti dal 1998 al 2003. I benefici sui conti di Telecom sono indiscutibili, poiché permetterebbero di ridurre l’incredibile debito accumulato dall’inglobamento di Olivetti a 30,6 miliardi di euro, andando così ad aiutare non poco la società telefonica a raggiungere l’obiettivo di riduzione dei debiti del piano triennale del gruppo previsto per il 2004. Le azioni Telecom Italia hanno reagito subito bene alla notizia della sentenza, poiché è proprio l’enorme debito del gruppo ad avere spinto molte case d’affari a rivedere al ribasso il proprio giudizio sulla compagnia telefonica italiana. Traggono beneficio da questa sentenza anche i principali azionisti di Albacom, quindi Mediaset ed ENEL.
Noi cogliamo l’occasione per ribadire nuovamente la nostra preferenza per i telefonici, gli energetici e i titoli del settore dell’intrattenimento; i primi da sfruttare anche sulla forza, mentre gli ultimi due da accumulare sulla debolezza.
Nella seconda metà della giornata i dati macroeconomici positivi provenienti da oltre oceano hanno prodotto un ennesimo rilancio del rialzo a Piazza Affari. Nel dettaglio, i sussidi di disoccupazione registrano un decremento superiore alle attese portandosi sotto la soglia psicologica delle 400.000 unità, mentre il Superindice (Leading Indicator), pur registrando un incremento pari alle attese va a costituire il quarto aumento mensile consecutivo fornendo un segnale di continuità della ripresa economica in corso, rassicurando non poco.
Infine, chiudiamo con una curiosità: il sito di appassionati di numismatica, banconote.it, ha proposto la nuova bozza dell’ormai famosa ed attesa banconota da 1 euro che dovrebbe favorire la presa di coscienza del valore della nuova moneta, servendo da deterrente psicologico all’incremento dei prezzi. La bozza di quello che potrà essere il nuovo biglietto di piccolo taglio è stata presentata a Wim Duisenberg, che ha accolto divertito l’iniziativa, precisando tuttavia che non è di sua competenza accogliere iniziative di questo genere, né approvarle.