JOACKIN
joakin
DI GIANLUCA FREDA
blogghete.blog.dada.net
“Un giorno, chiederanno anche a te qualcosa, tu ascolterai e ricambierai chi ti ha aiutato”.
(Paulo Coelho, Lo Zahir)
Il 25 giugno scorso, cioè cinque giorni dopo che il video fasullo della “morte di Neda” era stato diffuso attraverso Twitter e Facebook a tutti i media dal mondo, sulla stampa comparve un articolo firmato dal noto scrittore brasiliano Paulo Coelho. In esso Coelho affermava di aver riconosciuto nel video di Neda, visto su internet, un suo amico, un medico iraniano di nome Arash Hejazi. Hejazi è l’uomo che nel video si trova alla sinistra di Neda (e con ogni probabilità è lui a rovesciare il finto sangue sul viso della ragazza). Coelho si mostra preoccupato per la sorte dell’amico, lo contatta per mail e riceve conferma: è proprio Hejazi l’uomo che compare nel video.
Nella foto: Paulo Coelho
Cerca poi di contattare l’amico anche via cellulare, ma al telefono risponde, per motivi non precisati, un giornalista della CNN. Finalmente il 24 giugno Hejazi dà notizia del suo arrivo a Londra e a questo punto Coelho decide di offrire alla stampa la conversazione via mail avuta con l’amico. L’articolo di Coelho è una delle cose più strane che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi, non solo per il contenuto sibillino, ma anche per gli interrogativi che pone circa i veri motivi della sua pubblicazione. Cercherò di spiegare di seguito ciò che voglio dire.
Io non conosco molto Paulo Coelho come scrittore. Qualche anno fa acquistai il suo romanzo Lo Zahir, di cui si faceva un gran parlare, ma nella mia memoria i contenuti del testo si confondono con i ricordi della mia folle notte d’amore con Demi Moore, di cui sognai dopo essermi addormentato a pagina 11. I pochi brani che ho leggiucchiato dei suoi testi (materiale scaricato più che altro da internet) contengono copiosi riferimenti al mondo della massoneria ed esplicitano, spesso con illuminante chiarezza, i fondamenti della filosofia massonica e i loro risvolti nei rapporti interpersonali degli appartenenti alla fratellanza. Si prenda ad esempio questo brano, tratto per l’appunto da Lo Zahir:
"Che cos'è la Banca dei Favori?"
"Lo sai sicuramente. Ogni essere umano la conosce".
"E' possibile. Tuttavia non riesco ancora a capire di che tu stia parlando".
"Era citata in un libro di uno scrittore americano. E' la banca più potente del mondo. E opera in tutti i campi".
"Io vengo da un paese senza tradizioni letterarie. Non potrei fare favori a nessuno".
"Questo non ha importanza. Posso farti un esempio: io so che tu sei un personaggio destinato ad affermarsi, ad avere molta influenza, un giorno. Lo so perché, un tempo, ero come te: ambizioso, indipendente, onesto. Oggi non ho più l'energia di allora, ma intendo aiutarti perché non posso o non voglio sentirmi inerte: il mio sogno non è la pensione, bensì la lotta intrigante rappresentata dalla vita, dal potere, dalla gloria. Così comincio a fare versamenti sul tuo conto - depositi che non sono in denaro, ma in contatti. Ti presento a questa e a quella persona, facilito determinate trattative, purchè siano lecite. Tu sai che mi devi qualcosa, anche se io non chiedo mai niente".
"E un giorno..."
"Proprio così. Un giorno, ti chiedo qualcosa: tu potrai rifiutarmelo, ma saprai di essermi debitore. Se farai ciò che domando, io continuerò ad aiutarti. Gli altri sapranno che sei una persona leale, effettueranno versamenti sul tuo conto - saranno sempre dei contatti, perchè questo ambiente vive di essi, soltanto di essi. Un giorno, chiederanno anche a te qualcosa, tu ascolterai e ricambierai chi ti ha aiutato. Con il passare del tempo, la tua rete si estenderà nel mondo, conoscerai quelli che avrai bisogno di conoscere, e la tua influenza aumenterà sempre di più."
"Oppure potrò non fare ciò che mi chiedi..."
"Certo. La Banca dei Favori è un investimento a rischio, come qualsiasi altro. Potrai rifiutarti di farmi il favore che ti chiedo, pensando che ti ho aiutato perché lo meritavi, perché tu sei il migliore, e tutti abbiamo il dovere di riconoscere il tuo talento. Bene, allora io ti ringrazierò e chiederò a qualcun altro, sul conto del quale ho effettuato dei depositi. Ma, da quel momento, senza che ci sia bisogno di dire niente, tutti sapranno che non meriti alcuna fiducia. Potrai crescere ancora, sì, ma non fino al punto che vorresti. A un certo momento, la tua vità comincerà a declinare: sarai arrivato a metà, non alla fine, sarai mezzo contento e mezzo triste - non sarai né un uomo frustrato né un uomo realizzato. Non sarai né freddo né caldo: sarai tiepido, e, come dice un evangelista in uno dei libro sacri, le cose tiepide non colpiscono il palato."
Non credo di stare facendo una rivelazione inaudita: lo stesso Coelho non ha mai negato la propria appartenenza alla massoneria e perfino Wikipedia lo definisce “uno dei maggiori esponenti della massoneria moderna”. Non è un caso che egli venga invitato tutti gli anni al Forum Economico di Davos insieme a personalità quali Henry Kissinger, Bill Gates, Shimon Peres, Gordon Brown e Rupert Murdoch. Quello che in verità non sapevo è che Coelho fosse membro anche dell’INP (Harvard International Negotiative Initiative), un’organizzazione che si occupa di gestione della psicologia dei soggetti in zone di guerra e che così definisce i suoi scopi: “Riconoscendo la necessità di approcci nuovi e psicologicamente sofisticati ai conflitti contemporanei, la INP lavora per estendere il campo di applicazione tanto della psicologia quanto della gestione del conflitto”. Coelho fa anche parte del Doha Center for Media Freedom, un’organizzazione con sede in Qatar, guidata dal francese Robert Menard, che riceve fondi USA per diffondere i nobili ideali della grande libertà mediatica americana (quella che ci propone perle come la “morte di Neda”) anche in Medio Oriente. Infine Coelho è membro della Maybach Foundation, un’organizzazione che “promuove contatti in tutto il mondo tra mentori e allievi, facilita e sovrintende alle loro relazioni”. La Maybach Foundation riceve i suoi fondi da associazioni sparse in tutto il mondo, quali la Daimler AG e la Silverstein Properties (di proprietà di Larry Silverstein, l’uomo che acquistò l’intero complesso del World Trade Center e lo assicurò per 7 miliardi dollari 6 mesi prima degli attacchi dell’11/9).
Chi credeva che Coelho fosse un semplice scrittore di romanzetti New Age, insomma, farà meglio a ricredersi.
Ora, la lettera pubblicata da Coelho sulla stampa è strana per diversi motivi. Tanto per cominciare, Coelho spiega ai lettori che il suo amico Hejazi è un “medico”. Il che non è del tutto inesatto: è vero che Arash Hejazi è laureato in medicina, ma è anche vero che egli stesso afferma in quest’intervista (rilasciata nell’aprile di quest’anno in lingua portoghese, che Hejazi parla perfettamente insieme all’inglese, lo spagnolo e ovviamente il farsi): “En primer lugar, actualmente no practico la medicina. En realidad dejé de practicarla hace diez años, porque tenía que dividir mi tiempo entre la medicina, como trabajo, y la literatura, como pasión” (Prima di tutto, attualmente non pratico la medicina. In realtà ho smesso di praticarla da dieci anni, perché dovevo dividere il mio tempo tra la medicina, come lavoro, e la letteratura, come passione). Eh già, perché Coelho nell’articolo, per motivi non chiari, non ha fatto il minimo riferimento alla cosa più importante: che Hejazi, in occidente, non è tanto noto per essere un “medico”, ma per essere uno scrittore di racconti di fiction, nonché titolare e fondatore della Caravan Books, che tra l’altro traduce e pubblica in Iran proprio i libri di Coelho! Tutti i libri di Coelho sono stati pubblicati in Iran dalla Caravan e quasi sempre tradotti in farsi dallo stesso Hejazi. Perché Coelho preferisce definire Hejazi un medico (cosa che egli è fino a un certo punto) e non fa il minimo riferimento alla sua ben più nota attività di scrittore, editore e traduttore dei suoi libri?
Di sicuro non per “proteggerlo” dal malvagio Ahmadinejad, visto che nell’articolo Hejazi viene menzionato con nome e cognome e che l’articolo è stato pubblicato solo dopo l’arrivo di Hejazi a Londra. Inoltre, non mi è chiaro perché mai un medico dovrebbe correre dei rischi, fino al punto di fuggire precipitosamente dal proprio paese, solo per aver soccorso una manifestante ferita: non mi risulta che esistano paesi nel mondo in cui ciò sia vietato o sia motivo di persecuzione, tanto più che il video era stato visto ormai da tutto il mondo e c’era ben poco da mettere a tacere. Le cose ovviamente cambiano se consideriamo il fatto che il video di Neda, come si è visto, non è altro che un falso costruito dalla CIA con la collaborazione di Hejazi per screditare il regime iraniano. Allora sì che comincio a capire i motivi della fuga precipitosa! Soprattutto se si considera che il “regime change”, progettato dalla CIA con la collaborazione di Mousawi, Rafsanjani e dei loro stolidi sostenitori, non era andato a buon fine.
Hejazi era (è?) per la CIA un contatto ideale. La sua casa editrice, come quasi tutti i gruppi d’opposizione in Iran, riceve fondi dal Congresso USA per svolgere opera di destabilizzazione in patria. Hejazi ha una residenza a Londra, studia alla londinese Oxford Brookes, parla diverse lingue e fa la spola tra Londra e Teheran, sotto la copertura delle sue attività culturali, il che gli ha permesso, fino a qualche anno fa, una certa libertà nello scambio d’informazioni riservate nonché la possibilità di ricevere direttive dall’esterno senza dare troppo nell’occhio. Poi però è venuto il brutto giorno in cui il governo iraniano ha mangiato la foglia. Il brutto giorno arrivò nel maggio del 2005, quando successe qualcosa che fece un certo scalpore anche sui media occidentali e che all’epoca si ritenne inspiegabile. Membri del servizio governativo iraniano si recarono allo stand della Caravan Books, nel bel mezzo della Fiera Internazionale del Libro di Teheran, sequestrando tutte le copie non ancora vendute (circa 1000) dell’edizione iraniana de Lo Zahir di Paulo Coelho. Ora, questa non è una storia di ordinaria censura. Prima di tutto la censura è qualcosa che si pratica, di norma, il più possibile dietro le quinte, cercando di non fare troppo rumore. In questo caso, invece, si scelse un appuntamento internazionale per eseguire il sequestro, in modo che la cosa facesse quanto più scalpore possibile, soprattutto all’estero. Fino a quel momento tutti i libri di Coelho erano stati tranquillamente pubblicati in Iran, sia pure con qualche piccola “correzione”. Inoltre, nel libro di Coelho non c’era assolutamente nulla che potesse impensierire il regime degli ayatollah, tant’è vero che il libro aveva già passato il vaglio della burocrazia culturale e aveva ottenuto l’autorizzazione alla pubblicazione e alla stampa. Si può legittimamente supporre che non si volesse colpire il libro di Coelho in sé, bensì la casa editrice che lo pubblicava e soprattutto il suo direttore, Hejazi, i cui rapporti con i servizi segreti stranieri dovevano essere ormai venuti alla luce. E lo si voleva fare in modo che il messaggio arrivasse forte e chiaro, nel bel mezzo di una convention internazionale: sappiamo cosa state facendo, da oggi in poi vi teniamo d’occhio. Hejazi riuscì comunque a vivacchiare, grazie alle protezioni dell’occidente e ai suoi contatti con Londra, dove passava buona parte del suo tempo. Immagino che dopo aver rovesciato la celebre fialetta di sangue finto sulla faccia di “Neda” la sua sopravvivenza in Iran non sarebbe più così facile. Faccio notare: cinque o sei giorni fa, dopo la pubblicazione dell’articolo di Coelho, ero andato sul sito personale di Hejazi (www.hejazi.ir ) e sul suo blog (http://hejazi.ir/en/blog/ ), dove c’erano molte cose interessanti, tra cui diverse foto di Hejazi e Coelho durante le presentazioni dei libri dello scrittore brasiliano in Iran e la promessa di Hejazi di spiegare ai lettori del suo blog ciò che aveva visto durante il tentativo di soccorrere la povera Neda. Oggi sia il sito che il blog sono spariti, non si capisce bene il perché. Contenevano informazioni compromettenti? Mah... di sicuro lo zelo nel cancellare le tracce è eccessivo per un “medico” la cui unica colpa sarebbe quella di aver soccorso una ragazza ferita. E a proposito di cancellare le tracce: da Youtube, da Google e da MySpace è anche sparita la parte centrale dell’intervista rilasciata alla BBC da Hejazi, dopo il suo arrivo a Londra, sull’”affaire Neda”. Si badi, non tutta l’intervista: solo la parte centrale, quella in cui Hejazi faceva dichiarazioni implausibili (e contrastanti con altre sue dichiarazioni precedenti) riguardo al sicario Basij che avrebbe ucciso Neda. L’intervista è ancora visibile per intero sul sito della BBC (e sui blog che la linkano, tra cui quello di Coelho); ma non appena la BBC dovesse decidere di rimuovere il video, le dichiarazioni di Hejazi svanirebbero dalla memoria del web (a meno che qualcuno non si prodighi a salvare il filmato, cosa che io non sono riuscito a fare). Per questo motivo, oltre a linkare di seguito il video dell’intervista integrale, riporto a futura memoria la trascrizione delle dichiarazioni di Hejazi (una volta tanto senza traduzione, tanto è un inglese abbastanza semplice da capire):
blogghete.blog.dada.net
“Un giorno, chiederanno anche a te qualcosa, tu ascolterai e ricambierai chi ti ha aiutato”.
(Paulo Coelho, Lo Zahir)
Il 25 giugno scorso, cioè cinque giorni dopo che il video fasullo della “morte di Neda” era stato diffuso attraverso Twitter e Facebook a tutti i media dal mondo, sulla stampa comparve un articolo firmato dal noto scrittore brasiliano Paulo Coelho. In esso Coelho affermava di aver riconosciuto nel video di Neda, visto su internet, un suo amico, un medico iraniano di nome Arash Hejazi. Hejazi è l’uomo che nel video si trova alla sinistra di Neda (e con ogni probabilità è lui a rovesciare il finto sangue sul viso della ragazza). Coelho si mostra preoccupato per la sorte dell’amico, lo contatta per mail e riceve conferma: è proprio Hejazi l’uomo che compare nel video.
Nella foto: Paulo Coelho
Cerca poi di contattare l’amico anche via cellulare, ma al telefono risponde, per motivi non precisati, un giornalista della CNN. Finalmente il 24 giugno Hejazi dà notizia del suo arrivo a Londra e a questo punto Coelho decide di offrire alla stampa la conversazione via mail avuta con l’amico. L’articolo di Coelho è una delle cose più strane che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi, non solo per il contenuto sibillino, ma anche per gli interrogativi che pone circa i veri motivi della sua pubblicazione. Cercherò di spiegare di seguito ciò che voglio dire.
Io non conosco molto Paulo Coelho come scrittore. Qualche anno fa acquistai il suo romanzo Lo Zahir, di cui si faceva un gran parlare, ma nella mia memoria i contenuti del testo si confondono con i ricordi della mia folle notte d’amore con Demi Moore, di cui sognai dopo essermi addormentato a pagina 11. I pochi brani che ho leggiucchiato dei suoi testi (materiale scaricato più che altro da internet) contengono copiosi riferimenti al mondo della massoneria ed esplicitano, spesso con illuminante chiarezza, i fondamenti della filosofia massonica e i loro risvolti nei rapporti interpersonali degli appartenenti alla fratellanza. Si prenda ad esempio questo brano, tratto per l’appunto da Lo Zahir:
"Che cos'è la Banca dei Favori?"
"Lo sai sicuramente. Ogni essere umano la conosce".
"E' possibile. Tuttavia non riesco ancora a capire di che tu stia parlando".
"Era citata in un libro di uno scrittore americano. E' la banca più potente del mondo. E opera in tutti i campi".
"Io vengo da un paese senza tradizioni letterarie. Non potrei fare favori a nessuno".
"Questo non ha importanza. Posso farti un esempio: io so che tu sei un personaggio destinato ad affermarsi, ad avere molta influenza, un giorno. Lo so perché, un tempo, ero come te: ambizioso, indipendente, onesto. Oggi non ho più l'energia di allora, ma intendo aiutarti perché non posso o non voglio sentirmi inerte: il mio sogno non è la pensione, bensì la lotta intrigante rappresentata dalla vita, dal potere, dalla gloria. Così comincio a fare versamenti sul tuo conto - depositi che non sono in denaro, ma in contatti. Ti presento a questa e a quella persona, facilito determinate trattative, purchè siano lecite. Tu sai che mi devi qualcosa, anche se io non chiedo mai niente".
"E un giorno..."
"Proprio così. Un giorno, ti chiedo qualcosa: tu potrai rifiutarmelo, ma saprai di essermi debitore. Se farai ciò che domando, io continuerò ad aiutarti. Gli altri sapranno che sei una persona leale, effettueranno versamenti sul tuo conto - saranno sempre dei contatti, perchè questo ambiente vive di essi, soltanto di essi. Un giorno, chiederanno anche a te qualcosa, tu ascolterai e ricambierai chi ti ha aiutato. Con il passare del tempo, la tua rete si estenderà nel mondo, conoscerai quelli che avrai bisogno di conoscere, e la tua influenza aumenterà sempre di più."
"Oppure potrò non fare ciò che mi chiedi..."
"Certo. La Banca dei Favori è un investimento a rischio, come qualsiasi altro. Potrai rifiutarti di farmi il favore che ti chiedo, pensando che ti ho aiutato perché lo meritavi, perché tu sei il migliore, e tutti abbiamo il dovere di riconoscere il tuo talento. Bene, allora io ti ringrazierò e chiederò a qualcun altro, sul conto del quale ho effettuato dei depositi. Ma, da quel momento, senza che ci sia bisogno di dire niente, tutti sapranno che non meriti alcuna fiducia. Potrai crescere ancora, sì, ma non fino al punto che vorresti. A un certo momento, la tua vità comincerà a declinare: sarai arrivato a metà, non alla fine, sarai mezzo contento e mezzo triste - non sarai né un uomo frustrato né un uomo realizzato. Non sarai né freddo né caldo: sarai tiepido, e, come dice un evangelista in uno dei libro sacri, le cose tiepide non colpiscono il palato."
Non credo di stare facendo una rivelazione inaudita: lo stesso Coelho non ha mai negato la propria appartenenza alla massoneria e perfino Wikipedia lo definisce “uno dei maggiori esponenti della massoneria moderna”. Non è un caso che egli venga invitato tutti gli anni al Forum Economico di Davos insieme a personalità quali Henry Kissinger, Bill Gates, Shimon Peres, Gordon Brown e Rupert Murdoch. Quello che in verità non sapevo è che Coelho fosse membro anche dell’INP (Harvard International Negotiative Initiative), un’organizzazione che si occupa di gestione della psicologia dei soggetti in zone di guerra e che così definisce i suoi scopi: “Riconoscendo la necessità di approcci nuovi e psicologicamente sofisticati ai conflitti contemporanei, la INP lavora per estendere il campo di applicazione tanto della psicologia quanto della gestione del conflitto”. Coelho fa anche parte del Doha Center for Media Freedom, un’organizzazione con sede in Qatar, guidata dal francese Robert Menard, che riceve fondi USA per diffondere i nobili ideali della grande libertà mediatica americana (quella che ci propone perle come la “morte di Neda”) anche in Medio Oriente. Infine Coelho è membro della Maybach Foundation, un’organizzazione che “promuove contatti in tutto il mondo tra mentori e allievi, facilita e sovrintende alle loro relazioni”. La Maybach Foundation riceve i suoi fondi da associazioni sparse in tutto il mondo, quali la Daimler AG e la Silverstein Properties (di proprietà di Larry Silverstein, l’uomo che acquistò l’intero complesso del World Trade Center e lo assicurò per 7 miliardi dollari 6 mesi prima degli attacchi dell’11/9).
Chi credeva che Coelho fosse un semplice scrittore di romanzetti New Age, insomma, farà meglio a ricredersi.
Ora, la lettera pubblicata da Coelho sulla stampa è strana per diversi motivi. Tanto per cominciare, Coelho spiega ai lettori che il suo amico Hejazi è un “medico”. Il che non è del tutto inesatto: è vero che Arash Hejazi è laureato in medicina, ma è anche vero che egli stesso afferma in quest’intervista (rilasciata nell’aprile di quest’anno in lingua portoghese, che Hejazi parla perfettamente insieme all’inglese, lo spagnolo e ovviamente il farsi): “En primer lugar, actualmente no practico la medicina. En realidad dejé de practicarla hace diez años, porque tenía que dividir mi tiempo entre la medicina, como trabajo, y la literatura, como pasión” (Prima di tutto, attualmente non pratico la medicina. In realtà ho smesso di praticarla da dieci anni, perché dovevo dividere il mio tempo tra la medicina, come lavoro, e la letteratura, come passione). Eh già, perché Coelho nell’articolo, per motivi non chiari, non ha fatto il minimo riferimento alla cosa più importante: che Hejazi, in occidente, non è tanto noto per essere un “medico”, ma per essere uno scrittore di racconti di fiction, nonché titolare e fondatore della Caravan Books, che tra l’altro traduce e pubblica in Iran proprio i libri di Coelho! Tutti i libri di Coelho sono stati pubblicati in Iran dalla Caravan e quasi sempre tradotti in farsi dallo stesso Hejazi. Perché Coelho preferisce definire Hejazi un medico (cosa che egli è fino a un certo punto) e non fa il minimo riferimento alla sua ben più nota attività di scrittore, editore e traduttore dei suoi libri?
Di sicuro non per “proteggerlo” dal malvagio Ahmadinejad, visto che nell’articolo Hejazi viene menzionato con nome e cognome e che l’articolo è stato pubblicato solo dopo l’arrivo di Hejazi a Londra. Inoltre, non mi è chiaro perché mai un medico dovrebbe correre dei rischi, fino al punto di fuggire precipitosamente dal proprio paese, solo per aver soccorso una manifestante ferita: non mi risulta che esistano paesi nel mondo in cui ciò sia vietato o sia motivo di persecuzione, tanto più che il video era stato visto ormai da tutto il mondo e c’era ben poco da mettere a tacere. Le cose ovviamente cambiano se consideriamo il fatto che il video di Neda, come si è visto, non è altro che un falso costruito dalla CIA con la collaborazione di Hejazi per screditare il regime iraniano. Allora sì che comincio a capire i motivi della fuga precipitosa! Soprattutto se si considera che il “regime change”, progettato dalla CIA con la collaborazione di Mousawi, Rafsanjani e dei loro stolidi sostenitori, non era andato a buon fine.
Hejazi era (è?) per la CIA un contatto ideale. La sua casa editrice, come quasi tutti i gruppi d’opposizione in Iran, riceve fondi dal Congresso USA per svolgere opera di destabilizzazione in patria. Hejazi ha una residenza a Londra, studia alla londinese Oxford Brookes, parla diverse lingue e fa la spola tra Londra e Teheran, sotto la copertura delle sue attività culturali, il che gli ha permesso, fino a qualche anno fa, una certa libertà nello scambio d’informazioni riservate nonché la possibilità di ricevere direttive dall’esterno senza dare troppo nell’occhio. Poi però è venuto il brutto giorno in cui il governo iraniano ha mangiato la foglia. Il brutto giorno arrivò nel maggio del 2005, quando successe qualcosa che fece un certo scalpore anche sui media occidentali e che all’epoca si ritenne inspiegabile. Membri del servizio governativo iraniano si recarono allo stand della Caravan Books, nel bel mezzo della Fiera Internazionale del Libro di Teheran, sequestrando tutte le copie non ancora vendute (circa 1000) dell’edizione iraniana de Lo Zahir di Paulo Coelho. Ora, questa non è una storia di ordinaria censura. Prima di tutto la censura è qualcosa che si pratica, di norma, il più possibile dietro le quinte, cercando di non fare troppo rumore. In questo caso, invece, si scelse un appuntamento internazionale per eseguire il sequestro, in modo che la cosa facesse quanto più scalpore possibile, soprattutto all’estero. Fino a quel momento tutti i libri di Coelho erano stati tranquillamente pubblicati in Iran, sia pure con qualche piccola “correzione”. Inoltre, nel libro di Coelho non c’era assolutamente nulla che potesse impensierire il regime degli ayatollah, tant’è vero che il libro aveva già passato il vaglio della burocrazia culturale e aveva ottenuto l’autorizzazione alla pubblicazione e alla stampa. Si può legittimamente supporre che non si volesse colpire il libro di Coelho in sé, bensì la casa editrice che lo pubblicava e soprattutto il suo direttore, Hejazi, i cui rapporti con i servizi segreti stranieri dovevano essere ormai venuti alla luce. E lo si voleva fare in modo che il messaggio arrivasse forte e chiaro, nel bel mezzo di una convention internazionale: sappiamo cosa state facendo, da oggi in poi vi teniamo d’occhio. Hejazi riuscì comunque a vivacchiare, grazie alle protezioni dell’occidente e ai suoi contatti con Londra, dove passava buona parte del suo tempo. Immagino che dopo aver rovesciato la celebre fialetta di sangue finto sulla faccia di “Neda” la sua sopravvivenza in Iran non sarebbe più così facile. Faccio notare: cinque o sei giorni fa, dopo la pubblicazione dell’articolo di Coelho, ero andato sul sito personale di Hejazi (www.hejazi.ir ) e sul suo blog (http://hejazi.ir/en/blog/ ), dove c’erano molte cose interessanti, tra cui diverse foto di Hejazi e Coelho durante le presentazioni dei libri dello scrittore brasiliano in Iran e la promessa di Hejazi di spiegare ai lettori del suo blog ciò che aveva visto durante il tentativo di soccorrere la povera Neda. Oggi sia il sito che il blog sono spariti, non si capisce bene il perché. Contenevano informazioni compromettenti? Mah... di sicuro lo zelo nel cancellare le tracce è eccessivo per un “medico” la cui unica colpa sarebbe quella di aver soccorso una ragazza ferita. E a proposito di cancellare le tracce: da Youtube, da Google e da MySpace è anche sparita la parte centrale dell’intervista rilasciata alla BBC da Hejazi, dopo il suo arrivo a Londra, sull’”affaire Neda”. Si badi, non tutta l’intervista: solo la parte centrale, quella in cui Hejazi faceva dichiarazioni implausibili (e contrastanti con altre sue dichiarazioni precedenti) riguardo al sicario Basij che avrebbe ucciso Neda. L’intervista è ancora visibile per intero sul sito della BBC (e sui blog che la linkano, tra cui quello di Coelho); ma non appena la BBC dovesse decidere di rimuovere il video, le dichiarazioni di Hejazi svanirebbero dalla memoria del web (a meno che qualcuno non si prodighi a salvare il filmato, cosa che io non sono riuscito a fare). Per questo motivo, oltre a linkare di seguito il video dell’intervista integrale, riporto a futura memoria la trascrizione delle dichiarazioni di Hejazi (una volta tanto senza traduzione, tanto è un inglese abbastanza semplice da capire):