FORTEBRACCIO
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la volontà del Pd di andare da solo alle elezioni, sfidando Forza Italia a fare altrettanto, e in cui la maggioranza del governo Prodi entrava in crisi.
E tra i consiglieri più ascoltati del Cavaliere il partito di chi preme per un governissimo fondato su Forza Italia e Pd per fare la riforma elettorale è molto ben rappresentato.
Tifano per il governo istituzionale l'ex colomba Gianni Letta e l'ex falco Giuliano Ferrara. Due personaggi distanti anni luce che hanno in comune la fiducia incondizionata del Cavaliere e l'amicizia con Veltroni.
Rafforzata dalla frequentazione, ormai quotidiana, con il plenipotenziario del leader del Pd Goffredo Bettini.
Ma la lobby del governissimo può contare anche su un personaggio tornato a essere molto influente come Giuseppe Pisanu.
L'ex ministro dell'Interno è stato tra i primi a invocare un governo a termine con l'asse Berlusconi-Veltroni, "un compromesso per fare le riforme".
E nel Transatlantico di Montecitorio ha spiegato a un capannello di giovani deputati forzisti che bisognerebbe fare come negli anni Settanta: "Aldo Moro ed Enrico Berlinguer si misero d'accordo perché con l'inflazione a due cifre non si poteva governare contro una parte del Paese".
La Carfagna quasi prendeva appunti, estasiata dalla lezione.
Il progetto, l'accordo diretto Berlusconi-Veltroni sulle riforme, è in gestazione da mesi, con o senza il governo Prodi.
La crisi del centrosinistra l'ha accelerato, mettendo in fibrillazione gli alleati del Cavaliere. Nella Casa delle libertà, senza colpo ferire, l'ex premier ha incassato il ritorno di Gianfranco Fini.
Dopo settimane di violente polemiche, i giorni dell'ira, quando sulle reti Mediaset passarono le immagini di repertorio della sua nuova compagna Elisabetta Tulliani, appena sentito odore di elezioni anticipate, il leader di An si è fatto vivo per giurare che c'è una sola alleanza e un solo candidato premier, Berlusconi.
Stop ai litigi con Silvio, ancora una volta, e ragionamenti sul futuro: "Nei cinque anni in cui ho fatto il vice di Berlusconi ho capito una cosa: i delfini devono nuotare in mare.
Se restano in terra finiscono spiaggiati".
Traduzione:nella prossima legislatura Fini non farà il vice del Cavaliere. Ambisce a occupare un incarico dove è lui il numero uno: presidente della Camera con libertà d'azione politica o, in alternativa, sindaco di Roma.
Più ambiguo il comportamento di Pier Ferdinando Casini, in trattativa su tutti i tavoli: con Berlusconi, con Clemente Mastella, con spezzoni della Margherita, con Massimo D'Alema e Franco Marini per un governo istituzionale allargato all'Udc.
Obiettivo: guadagnare tempo per costruire il polo di centro, la Cosa bianca, necessaria per sopravvivere alla tempesta in arrivo.
Ma la Cosa bianca non c'è, la Cosa rossa neppure, il Pd è in alto mare, senza statuto, carta dei valori, sezioni sul territorio, soldi da investire nella campagna elettorale.
L'unico punto fermo della politica italiana è sempre lui, il Cavaliere.
E sulle macerie del centrosinistra e del governo Prodi Berlusconi sogna la sua ultima, spericolata reincarnazione: non più il Caimano, ma il Pacificatore.
Proprio lui che per anni ha diviso gli italiani tra buoni e cattivi, tra missionari della libertà e seguaci del regime, tra amici di Cesare Previti e toghe rosse, si prepara a candidarsi alla testa della Terza Repubblica come l'uomo in grado di ricucire un Paese diviso e rissoso.
Per farlo, però, ha bisogno del Pd di Veltroni, l'interlocutore ideale per sbarazzarsi dello scomodo volto del passato e avere le carte in regola per candidarsi al Quirinale in nome dell'unità nazionale, quando sarà il momento.
Per questo, dicono, il laboratorio Segrate, il governo Fi-Pd, potrebbe essere esportato nel resto d'Italia.
Subito, per fare la legge elettorale e tornare a votare.
O dopo le elezioni, in caso di ingovernabilità.
A meno che in mezzo non arrivi qualche imprevisto: nelle vesti di un governo del presidente guidato da Mario Draghi. O di un altro personaggio che ha dimostrato di avere nove vite, un certo Romano Prodi.
di Marco Damilano