L'Antitrust indaga, d'accordo, ma bisogna sapere che... (1 Viewer)

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Forumer storico
La decisione dell’Antitrust di aprire un'indagine per verificare l'ipotesi che nove compagnie petrolifere si siano messe d'accordo per manipolare i prezzi dei carburanti, implica in realtà due ordini di problemi: quello del costo elevato dei carburanti e quello della trasparenza dei mercati. Per quanto riguarda il costo dei carburanti e in particolare quello della benzina, di cui gli italiani fanno esperienza tutti i giorni, si giunge alla conclusione, apparentemente paradossale, che le variazioni del prezzo del greggio sono un elemento secondario nella sua determinazione. In tutta Europa, infatti, l'autorità pubblica ha fatto dei carburanti un pilastro delle proprie entrate per la natura dei carburanti stessi (l'imposta è difficile da evadere, si incassa subito e si può variare con rapidità, si applica su un bene di largo consumo e l'automobilista medio non può certo farsi una scorta di benzina data la sua pericolosità). Per conseguenza, su un euro pagato da un automobilista, quasi settanta centesimi vanno allo Stato oppure alle autorità locali sotto forma di accise (imposte sulla quantità) e Iva (imposta sul valore). L’aumento del prezzo del greggio può arricchire di più il ministero dell’Economia che i Paesi nel cui territorio il greggio è stato estratto.

I rimanenti trenta centesimi sono infatti divisi tra i produttori di petrolio (nell'ordine di 10-15 centesimi) e le imprese che svolgono le fasi successive della lavorazione (raffinazione, trasporto, stoccaggio, gestione della pompa). Per conseguenza, una riduzione di un centesimo del solo prezzo pagato ai produttori (pari al 5-10 per cento di quanto ricavano) incide assai poco sul prezzo alla pompa.

Anche i centesimi contano, naturalmente, e gli automobilisti hanno reagito agli aumenti degli ultimi anni riducendo leggermente il loro consumo di carburante, e addirittura andando alla ricerca di altri possibili carburanti a base di oli vegetali.

Non è però adeguando più rapidamente il prezzo della benzina al prezzo del petrolio che si incide in maniera sostanziale sui costi dell'automobilista; occorrerebbe invece affrontare il discorso del carico fiscale sulla benzina che però quasi tutti preferiscono lasciare così com'è, in quanto una sua riduzione sensibile farebbe sorgere la necessità di trovare altre imposte alternative, probabilmente più scomode (oltre a incoraggiare un consumo inquinante). Non potendo abbassare sostanzialmente il prezzo della benzina, le compagnie petrolifere non hanno molta convenienza a competere sul filo dei centesimi, preferiscono invece spostare la concorrenza sul piano dei «regali» agli automobilisti. Evidentemente i loro uffici marketing devono aver concluso che la prospettiva di una riduzione di 2-3 centesimi al litro attira gli automobilisti meno della prospettiva di accumulare punti per avere l'ennesimo giubbotto «in regalo».

Appare in ogni caso giustificato indagare più a fondo su quel 10-15 per cento del prezzo sul quale le compagnie petrolifere possono effettivamente agire e domandarsi come mai la caduta del prezzo del petrolio - e anche la caduta del cambio del dollaro, moneta nella quale il petrolio è pagato - non si traduca in tempi brevi in una caduta dei prezzi alla pompa. E questo non tanto per la possibile riduzione di qualche centesimo, quanto per un'esigenza di equità fiscale e di buon funzionamento dei mercati. Più che il risparmio, conta il principio; e le compagnie petrolifere, che amano esser considerate dei capisaldi dell'economia di mercato, dovrebbero essere le prime a dichiararsi soddisfatte di una simile indagine. Quello petrolifero è, in realtà, un mercato molto opaco anche per motivi tecnici che implicano scambi complessi tra estrattori, raffinatori e distributori. Proprio per questo, però, occorrerebbe fare un po' di luce, e l'indagine dell'Antitrust sarà benvenuta se ricostruirà la provenienza e i passaggi della benzina di determinate pompe petrolifere, scelte magari a campione, per capire in quanto tempo e con quali costi effettivi un barile di greggio appena estratto si trasforma in benzina e quindi quanto deve aspettare l'automobilista per vedere in concreto il vantaggio di un calo dei prezzi petroliferi e quanto dovrebbe essere questo vantaggio.

Se i mercati devono veramente funzionare, deve cessare la «riservatezza» delle società petrolifere su loro stesse e sui loro processi di lavorazione. Negli Stati Uniti alcune grandi società petrolifere hanno cominciato a pagare a suon di multe questa riservatezza e le inesattezze dei loro bilanci. E' questo il sintomo di una diversa sensibilità dell'opinione pubblica: se si vuole davvero il mercato, questo è uno dei punti sui quali cominciare ad agire sul serio.



Mario Deaglio
Fonte: www.lastampa.it
 

Zymurgy

Forumer attivo
L'antitrust indaga, prevede di terminare le sue indagini nel MARZO 2008, per scoprire quello che già sappiamo tutti, basta andar per strada: che la benzina costa più o meno uguale da tutte le parti.

Dall'esito di questa indagine discenderà che ... un caxzo.

Nel frattempo però avremo continuato a pagare la benzina un botto più dgli altri (anche se comunque troppo poco, per me)
 

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