La Ue vuole far sparire dalle etichette la data di scadenza per facilitare lo smaltimento dell’olio vecchio
Dopo il via libera senza dazi dell’olio tunisino sul mercato dell'Unione europea,
“Una scelta sbagliata - come ha dichiarato Coldiretti - che non aiuta i produttori tunisini, danneggia quelli italiani e aumenta il rischio delle frodi a danno dei consumatori”, arriva un'altra notizia che dà un ulteriore colpo di grazia all’olio extravergine l’oliva. La Ue vuole far sparire dalle etichette la data di scadenza per facilitare lo smaltimento dell’olio vecchio, con la conseguenza di ulteriore incertezza sulla qualità dei prodotti che consumiamo. La notizia ha sconvolto i produttori d’olio. I primi a scendere in campo per protestare sono stati gli agricoltori pugliesi con lo slogan per un no alle “mani dell’Europa nell’olio”.
Comunicare informazioni dettagliate su un prodotto, è indispensabile soprattutto per gli alimenti così da rendere consapevole il consumatore su ciò che sta per acquistare. Non solo, rappresenterebbe una maggiore tutela per i prodotti made in Italy e per la salute del consumatore.
Che fine farebbe il nostro preziosissimo olio extravergine d’oliva?
Per vederci chiaro sull’argomento si è ritenuto indispensabile chiedere un parere a due esperti doc di extravergine: a Paolo Scialla agronomo e redattore della guida SlowFood e a Fausto Borella fondatore di Masestrod’olio e curatore del libro guida Terred’olio.
Paolo Scialla: “Sulle intenzioni della Ue di modificare la normativa ancora ne so ancora poco però, per me su tutte le bottiglie dell’olio extravergine dovrebbe essere obbligatorio indicare l’annata della campagna olivicola. La data di scadenza che troviamo su prodotti di largo consumo è calcolata dal momento in cui s’imbottiglia fino ad un massimo di diciotto mesi. L’anno d’imbottigliamento non è detto che corrisponda all’anno della raccolta. Per assurdo si potrebbero anche imbottigliare oli franti tre anni prima. La normativa andrebbe rivisitata. Quindi la cosa migliore sarebbe dare l’obbligo di indicare l’anno della campagna olivicola cioè l’anno in cui avviene la raccolta e la frangitura già obbligatorio per i prodotti DOP e IPG dove si è certi dell’anno di produzione e d’imbottigliamento. A mio avviso l’olio extravergine d’oliva è consigliabile consumarlo entro dodici mesi, oltre i quali si ossida, inacidisce, si perdono tutti i valori nutrizionali. Raggiunti i diciotto mesi non è che scade, perde tutte le proprietà nobili che decadono fino ad annullarsi, l’olio diventa una sostanza grassa e basta”.
Fausto Borella: “La Ue in realtà vorrebbe che non siano più obbligatori i diciotto mesi di scadenza dall’imbottigliamento che da una parte è dannoso dall’altra dovrebbe provare ad autoregolamentare gli oleifici, le aziende. Si sa che l’olio cattivo sta nei silos. Un olio imbottigliato oggi primo aprile 2016 avrebbe come scadenza fine 2017 quindi, se magari è del 2014 invece di essere del 2015 addirittura senza anche la data di scadenza, se viene controllato e si scopre che non è extravergine partirebbero le multe oppure addirittura il ritiro. Per le industrie quindi, da una parte potrebbe essere un boomerang dall’altra è il consumatore che sarebbe disorientato e lasciato solo e non sarebbe più tutelato. Come al solito si vanno a trovare degli escamotage che non fanno bene a nessuno. Vi sarebbe un’altra legge che porta una grossa perdita. Se dovesse passare questa legge come al solito si cercherebbe di aiutare l’industria anche se poi, ripeto diventerebbe un boomerang”.
“Se arrivasse l’obbligo dell’annata di produzione blizzerebbe tutti - continua Borella - però a quel punto non esisterebbe più l’olio. Anch’io che faccio il poeta ma, racconto un milione di litri italiani, qui ci sono in ballo trecento milioni di litri. Io parlo quindi di un centesimo di produzione nazionale e di qualità, gli altri 99 centesimi chi li manda avanti? E’ ovvio che se venisse fuori l’obbligo dell’annata di produzione, non ci sarebbe più olio e sarebbe un disastro. Lo dico dispiaciuto, io vorrei che ci fosse l’obbligo dell’annata di produzione. Però è così, d’altra parte noi compriamo tonnellate di olio provenienti dalla Grecia, Spagna, abbiamo liberato i dazi per la Tunisia, poi c’è stata la Turchia ogni volta c’è ne è una. Arriva l’olio, o viene importato e fatto diventare, come giusto che sia, comunitario e non comunitario ma con i maneggi diventa addirittura 100 per 100 italiano, insomma non ne usciamo mai, questo è il problema. Vediamo gli sviluppi nei prossimi giorni per questa nuova proposta di legge”.
Insomma a quanto pare le leggi di mercato vengono sempre prima della salute per il consumatore. L’unica cosa forse sarebbe stare molto attenti a ciò che compriamo dando la prevalenza alla qualità del nostro made in Italy.