Un po' di politica, così, per caso.
Da un lato, lui, Claudio Abbado, il cocco della sinistra, di Prodi, di D'Alema, della Melandri, con il suo festival di Ferrara foraggiato a larghe mani dai governi di centrosinistra come fosse una festa dell'Unità.
Dall'altro lato, l'altro, l'irregolare sospettato di simpatie a destra, Riccardo Muti, il grande sconfitto nella sfida della bacchetta tra direttori d'orchestra italiani famosi nel mondo e da premiare con un posto nella casta.
Il legame tra il Pd e Abbado nasce da lontano.
Per esempio, nel ’99, governo Prodi: al concerto in onore dei leader socialisti europei, alla presenza di Jospin, diretto dal grande “rivale” di Abbado, Riccardo Muti, il “Corriere” faceva notare uno strano gelo della nomenklatura presente: «Il presidente D’Alema, grande amico di Claudio Abbado, da cui è unito anche dall’appartenenza politica, continuava a guardare Muti come se si impegnasse a capire l’uomo più che l’artista. Complimenti in sintonia con lo sguardo investigativo. Giovanna Melandri, in versione ministro del silenzio, ha fatto pressappoco scena muta. Per fortuna è arrivato Veltroni, sorridente, gentile…».
Una foto perfetta della freddezza che la sinistra riserva generalmente al maestro Muti.
A differenza di ciò che accade con Abbado.
Basti pensare alle leggi approvate a ripetizione dai governi di centrosinistra per finanziare le iniziative di “Ferrara Musica” di Abbado, grazie ai vari ministri Berlinguer, Veltroni e Melandri.
Ecco, Giovanna Melandri, ex ministro della Cultura, presidentessa del Maxxi di Roma: proprio lei da mesi è n prima fila per sostenere la candidatura del maestro Abbado come senatore a vita:. Ma perché Abbado sì e Riccardo Muti no?