Le mie paure sul debito Americano

Nonsoniente

Forumer storico
Riforma previdenziale e insolvenze sul debito USA

Dallo strategic alert dell'EIR dell'11 gennaio

Un portavoce del presidente George W. Bush ha ammesso che si sta considerando di non restituire i 1600 miliardi di dollari che nel corso dell'ultimo decennio il governo ha preso in prestito dal fondo previdenziale governativo, il Social Security Trust Fund. Si tratta di una scelta che potrebbe immediatamente polverizzare la fiducia sui titoli governativi USA all'estero, dando così il colpo di grazia al dollaro, ha commentato Lyndon LaRouche il 5 gennaio.

Nel 1983 il Congresso approvò un aumento dei contributi previdenziali con l'intento di dotare il fondo di un surplus da utilizzare quando l'esborso pensionistico avrebbe superato il gettito contributivo. I "prestiti" sottratti a questo surplus però sono andati aumentando sotto l'amministrazione Bush, per compensare le minori entrate dovute agli sgravi fiscali ai super ricchi e le maggiori uscite dovute ai costi militari e di sicurezza dopo l'11 settembre. Il gettito del Trust Fund viene automaticamente girato al General Revenue Fund e speso secondo le priorità del bilancio. In cambio del contante, il Trust Fund riceve titoli trentennali del Tesoro – obbligazioni del governo degli Stati Uniti.
Adesso però i ragionieri di Bush sostengono che quest'obbligo del governo sovrano a restituire il capitale al fondo previdenziale "non è realistico". Questo significa che in futuro, il denaro "preso in prestito" dall'amministrazione Bush non sarà disponibile per pagare le pensioni e quindi impedire il tracollo dell'intero sistema previdenziale. Robert Greenstein, del Centro per il bilancio e le priorità politiche, è convinto che se l'amministrazione Bush non onorerà i suoi obblighi verso il Social Security Trust Fund, rimborsando i titoli del Tesoro alla loro scadenza, significa che Bush "è disposto a ridurre il governo USA all'insolvenza per la prima volta nella storia".

Confrontato con l'aumento dei contributi previdenziali che fu deciso nel 1983 proprio per garantire il pagamento delle pensioni nel futuro, Charles Blahous, assistente del presidente per la politica economica e coordinatore della politica previdenziale della Casa Bianca, ha detto che "non è consolante per un lavoratore nel 2025 sapere che ci fu un accordo nel 1983" e che bisogna trovare "un'altra soluzione", ovviamente riferendosi alle intenzioni del governo di privatizzare il sistema previdenziale.

La proposta di Blahous prevede che nei nuovi contratti di lavoro, più dei due terzi dei contributi vadano ai fondi pensione privati – posseduti da banche e altri istituti finanziari – e contestualmente una riduzione media delle pensioni del 30%. Ciò costringerà il governo a indebitarsi "solo" per mille, massimo tremila miliardi di dollari per tappare il buco nel periodo di transizione. Secondo Peter Wehner, il vice del consigliere di Bush Karl Rove, la privatizzazione previdenziale "è una delle iniziative più importanti dei conservatori nell'epoca moderna", e l'attuale sistema previdenziale "è in rotta di collisione con un iceberg".

Persino il New York Times si è sentito in dovere di criticare la spudoratezza dell'amministrazione Bush, nell'edizione del 10 gennaio. Primo, fa notare che il piano non sarà presentato prima di febbraio, in modo che la sua spesa (fino a 2 mila miliardi in 10 anni) non figuri nel bilancio, perché già tale spesa basterebbe a indurre l'opinione pubblica a bocciare il piano, commenta il noto quotidiano.

Poi il Times passa a spiegare che Peter Wehner, dello staff della Casa Bianca, all'inizio di gennaio ha scritto un promemoria in cui si menzionano "drastici tagli alle pensioni" e aggiunge che Bush ha "deliberatamente accorciato i tempi in cui il sistema resta in attivo, affermando che i conti finiranno in rosso nel 2018". Ma il 2018 è solo l'anno in cui il Trust Fund inizierà ad attingere al suo surplus, un surplus, che basta a pagare le pensioni completamente fino ad almeno il 2042, spiega il Times.

Ma, come sopra spiegato, il surplus Bush se lo è già speso. E lo stesso Times commenta al proposito: "Dicendo che il 2018 è l'anno fatale, il presidente rafforza la falsa impressione che il fondo previdenziale altro non sia che una pila di 'pagherò' senza valore". Il Times ricorda come questi fondi siano invece investiti in titoli di stato, i più sicuri, e non tenuti sotto il materasso, e getta la sfida: "Se i titoli in mano al Social Security Trust Fund non valgono niente, come si fa adesso a dirlo agli investitori internazionali, che detengono 4300 miliardi di titoli uguali, che obbligano allo stesso modo il governo a pagare come dovrebbe pagare quelli del Trust Fund? Il Presidente è irresponsabile fino al punto da mettere in dubbio che gli Stati Uniti onorino i suoi obblighi sul debito".

Il 5 gennaio LaRouche aveva testualmente detto che Bush intende privare la previdenza "con una insolvenza sul debito sovrano degli Stati Uniti. Se il Presidente degli Stati Uniti, decide di non pagare il debito sovrano, quanto varrà il dollaro il giorno dopo? Sprofonderemo laggiù dove abbiamo già relegato l'Argentina, immediatamente". "Che cosa dovrebbero fare i cinesi, gli indiani ed altri grandi detentori di titoli denominati in dollari? Cercheranno di liquidare il più rapidamente possibile, per evitare le conseguenze del disastro del dollaro. E poi?"


Solo per dire che le mie paure non sono del tutto infondate.
 
ma quel che è peggio
è la lezione che insegneranno ai politicanti italiani

sono quasi certa che nei nascituri fondi pensionistici integrativi vi piazzeranno ogni sorta di schifezza e quando magari noteranno che qualcosina di buono rimarrà allora adotteranno il metodo Bush

ste metodo americano così democratico....
 
Pensioni USA: una battaglia decisiva per il welfare mondiale


Il fanatismo paga: questo sembra lo slogan della Casa Bianca che, dopo aver ottenuto a novembre la rielezione con la carica dei fondamentalisti religiosi e le truffe elettorali, ha deciso di rincarare la dose delle stesse tattiche per realizzare la privatizzazione delle pensioni, il punto programmatico più importante impostole dai suoi controllori di Wall Street. Le grandi finanziarie vedono nei contributi pensionistici l'ancora di salvezza per tenere in vita le proprie bolle speculative.
Così gli americani sono adesso bombardati da una campagna massmediale di menzogne sulla necessità di riformare il sistema pensionistico che viene giudicato "in bancarotta". Il sistema pensionistico USA è una delle colonne del "welfare" e fu fondato da F.D. Roosevelt nel contesto del suo programma di ricostruzione dalla Grande Depressione degli anni Venti. Mentre Bush si ripromette di distruggere questa storica conquista, i suoi agenti pubblicitari incalzano con spot televisivi che descrivono Bush come il "continuatore" dell'opera di Roosevelt in materia di pensioni.

L'affronto e la menzogna sono tali per cui James Roosevelt, il nipote del presidente Franklin Delano, ha duramente protestato ed ha chiesto che non si trasmetta più tale inserzione che fa rivoltare suo nonno nella tomba.
Altre menzogne simili vengono fatte camminare attraverso i mezzi ufficiali: chi telefona ad un ufficio pubblico, al posto della solita musichetta deve ascoltare una registrazione che racconta che è assolutamente arrivato il momento di riformare le pensioni. La parlamentare Nancy Pelosi ha denunciato il fatto che gli impiegati della Social Security sono costretti dal governo a spacciare menzogne allarmistiche agli assistiti. E via di questo passo.
 
Battuta d'arresto repubblicana sulla Social Security

Dal 19 marzo al 3 aprile il Congresso USA è in vacanza. Nelle proprie circoscrizioni i parlamentari solitamente si dedicano agli incontri con la base elettorale. Mentre i democratici hanno un fitto programma di incontri con gli elettori, ai repubblicani è stato detto di abbassare il tono, evitare gli incontri con il grande pubblico delle Town Hall, ma dedicarsi alle redazioni dei giornali, ai circoli privati, ai Lions Club, alle Camere di Commercio, ecc.
Il motivo è la privatizzazione della Social Security: il comune cittadino non ne vuol sentire parlare. Su oltre 300 incontri pubblici che i parlamentari democratici hanno in programma, 55 sono su invito di organizzazioni indipendenti nelle roccaforti repubblicane.
Il 17 marzo sette parlamentari repubblicani hanno apertamente disertato Bush, votando contro un meccanismo per tagliare dalla sanità 14 miliardi di dollari in cinque anni. La legge è stata bocciata con 52 voti contro 48.
A non abbassare i toni sono invece i signori di Wall Street e della City di Londra, che non debbono fare i conti con l'elettorato perché hanno rifilato questa gatta da pelare ai propri politici.
Il Financial Times ha pubblicato sulla prima pagina dell'edizione del 21 marzo la minaccia della Standard & Poor's di una retrocessione per Stati Uniti, Germania, Francia ed Inghilerra.
"La spesa per le pensioni e la sanità" scrive l’organo della City di Londra "cresce tanto rapidamente da ridurre il debito dei paesi più ricchi e industrializzati a livello di 'spazzatura' entro trent'anni, a meno che i rispettivi governi non decidano rapidamente di pareggiare i bilanci e ridurre le uscite, secondo un rapporto diffuso oggi. ... La Standard & Poor's ... sostiene che il prevalere dell'attuale tendenza fiscale comporterebbe retrocessioni dei titoli della Francia, degli USA, della Germania e del Regno Unito dalla categoria di 'investimento' a quello di 'spazzatura' – la Francia verso il 2020, USA e Germania prima del 2030, il Regno Unito prima del 2035".
Ovviamente la 'previsione' di S&P, come quelle simili diffuse da ambienti conservatori USA, parte da premesse fallaci secondo cui l'economia mondiale continuerà a contrarsi e il reddito medio della stragrande maggioranza della popolazione continuerà a diminuire, fattori che si traducono in una diminuzione del gettito fiscale, il quale risulterebbe quindi insufficiente per provvedere a sanità e pensioni. Non si tratta dunque di 'previsoni' ma di programmi di deindustrializzazione a tappe forzate che passano per l'eliminazione di presunte "bocche inutili".
 

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