Cisco, 40 arresti in Brasile per importazioni illegali
Cisco, 40 arresti in Brasile per importazioni illegali e frode fiscale
Cisco, il gigante Usa delle reti e dei servizi informatici, è sotto inchiesta in Brasile per aver importato irregolarmente prodotti per cinque anni di seguito, causando perdite per 750 milioni di dollari al fisco locale.
Clamoroso il bilancio dell'offensiva della magistratura brasiliana: dopo una serie di irruzioni della polizia negli uffici della multinazionale sono finiti in manette l'attuale presidente di Cisco Brasil, Pedro Ripper, il suo predecessore, Carlos Roberto Carnevali, e altre 40 persone a San Paolo, Rio de Janeiro e Salvador de Bahia. La polizia federale ha emesso anche cinque mandati di cattura contro altrettanti manager Cisco negli Stati Uniti.
Secondo le accuse, Cisco era al centro di una rete di 30 imprese, alcune in realtà inesistenti, che importavano prodotti di informatica a prezzi sottofatturati. Sono stati arrestati anche sei agenti delle dogane brasiliane che coprivano il traffico fraudolento. Gli arresti sono scattati dopo due anni di inchiesta.
«Abbiamo tutta la collaborazione della polizia statunitense», ha detto il numero uno dell'Erario al ministero dell'Economia, Gerson Scheen.
Da Cisco nessun commento oltre al comunicato sul sito, dal quale si apprende che agli arrestati, dei quali non sono state rese note le identità, non sono state ancora mosse accuse formali.