Sconto da 2,1 miliardi per le Fondazioni bancarie
da Repubblica.it:
Sconto da 2,1 miliardi per le Fondazioni bancarie
di ANDREA GRECO
MILANO - Sedici miliardi di euro e rotti. Ci sarebbe da coprire la prossima Finanziaria, a far emergere nei bilanci delle prime venti Fondazioni bancarie le plusvalenze tra i valori di carico degli istituti partecipati e i loro prezzi in Borsa.
Guadagni solo teorici, mentre assai tangibili sarebbero i 2,1 miliardi di risparmi fiscali che ne deriverebbero, se gli enti cedessero tutti i loro patrimoni bancari entro fine anno.
Per un'appendice della legge Ciampi, infatti, sono valide fino al 31 dicembre 2005 le agevolazioni per le Fondazioni che cedono titoli della "banca conferitaria" (così si chiama quella storicamente controllata). Dal giorno dopo, sui guadagni di capitale oggi tax free si pagherà il 12,5 o il 13,2%, secondo che la quota venduta sia "qualificata" o meno.
È comunque denaro da lasciare all'Erario: agli ultimi valori di Borsa, ben 2.112 milioni. La cifra emerge da un'elaborazione in cui si assume che il valore di carico dei pacchetti sia quello indicato nei bilanci civilistici (e si applica un'aliquota media del 13%).
Anche se, in taluni casi, determinate politiche di gestione o scelte fiscali hanno modificato questo valore dal prezzo di carico fiscale. È il caso, per dire, degli enti soci del SanPaolo e della Carimonte, che avevano in passato girato i titoli a società holding modificando così i valori di carico.
Nelle Fondazioni già si affina l'ingegneria finanziaria in vista di limature di quote o altre operazioni che, nei prossimi 10 mesi, permettano di sfruttare i vantaggi della normativa. Fatte salve le esigenze superiori di stabilità e presenza sul territorio d'origine degli attori.
È poco probabile, per dire, che gli enti più piccoli abbandonino le loro radici bancarie, come non venderà facilmente l'ente socio di Mps, arroccato sulla "senesità" della banca, né chi è vincolato da patti di sindacato, come Cariplo in Banca Intesa.
Rimangono, in pratica, le Fondazioni del Sanpaolo Imi - che potrebbero smaltire parte dei titoli privilegiati, esclusi dal patto parasociale - e dell'Unicredit.
Qui, tra le più dinamiche nella gestione dei patrimoni, spiccano Cariverona e la Crt, difatti sia a Verona che a Torino si prova a cogliere l'opportunità in scadenza, senza perdere troppo peso (e quindi potere) nel crocevia finanziario di Piazza Cordusio.
Il meccanismo è semplice: negli ultimi bilanci disponibili delle Fondazioni (2003), le immobilizzazioni finanziarie, comprese quelle nelle banche sottostanti, sono quasi sempre scritte a valori storici, sensibilmente inferiori a quelli di un mercato che sulle banche ha recuperato percentuali a due cifre l'ultimo anno.
Parecchie centinaia di milioni di euro le plusvalenze, specie tra gli enti soci di Mps, Sanpaolo e Unicredit, dove i singoli guadagni potenziali oltrepassano il miliardo a testa. Ma come garantirsi i risparmi legati alla vendita di titoli senza sfasciare i delicati congegni che sostengono l'azionariato di molti poli creditizi?
L'opzione diretta è disfarsi delle azioni e basta, magari girandole a controparti amiche e dirottando la liquidità verso lidi più profittevoli (il rendimento annuo è fondamentale, poiché rende possibili le erogazioni sul territorio, e la conseguente creazione del consenso locale).
Gli enti però studiano metodi più soft e graduali. Per esempio la creazione di fondi chiusi, gestiti da Sgr cui conferire i pacchetti avendo in cambio quote del fondo; oppure la nascita di holding con cui concambiare i titoli delle banche conferitarie. Nei due casi, il nuovo valore di carico diverrebbe quello della transazione, con ciò ottenendo il risparmio fiscale sulle relative plusvalenze.
C'è però un intoppo: nessuna fondazione può detenere il 51% di una società, se non è strumentale. Questo potrebbe indurre gli enti a trovarsi nuovi soci, nei futuri escamotage, e restare in minoranza come la legge prevede. Su questi modelli si confrontano, già ora, le rivali Crt e Crv, che non scartano l'ipotesi di scendere al 5% i loro due pacchi di Unicredit, assicurandosi la tassazione zero sull'eccedente.
L'Acri, associazione che raggruppa gli enti, solo ribadisce un principio: maggiori oneri fiscali futuri porteranno analoghe riduzioni delle erogazioni. E cita uno studio comunitario che mostra come in cui tanti paesi europei (Germania, Austria, Gran Bretagna, Spagna, Francia, Svezia, Olanda) il fisco è più benigno, su dividendi o altri redditi dei soggetti con finalità sociali e sussidiarie.