Londra muove sulle Generali. L'Italia scopre i fondi locusta
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di Alberto Grassani
Dopo settimane di voci e indiscrezioni, ieri gli hedge fund inglesi hanno veramente bussato alle Assicurazioni Generali. Con una lettera, indirizzata al presidente Antoine Bernheim e agli amministratori delegati, Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot, la londinese Algebris Investments ha chiesto al consiglio d'amministrazione di Trieste di risolvere quelli che – come azionista – ritiene «i problemi strutturali della società, soprattutto in tema di corporate governance».
Il fondo, affiliato a The Children Investment's Fund (Tci), contesta la struttura di governo societario «anomala» di Generali, l'incerta creazione di valore del piano industriale, i conflitti di interesse con Mediobanca e una remunerazione del presidente «inaccettabilmente elevata». L'inedita presa di posizione di Algebris – titolare di una quota dello 0,3% di Generali e opzioni a salire all'1% del capitale – sembra coordinata con un gruppo di investitori istituzionali che , stando a quanto riportato dall'agenzia Radiocor, può contare sul 2% dei diritti di voto. Uno scenario che ieri ha avuto ampi riflessi a Piazza Affari con strappi violenti del titolo Generali (+2,60% a fine seduta).
È evidente che la presa di Mediobanca sulla compagnia non è in discussione e che il 2% del capitale del Leone conta poco nell'assemblea triestina. Ma l'attacco dei fondi esteri non verrà sottovalutato nel patto di sindacato di Piazzetta Cuccia convocato per venerdì. Se non altro perché Algebris minaccia di «avviare consultazioni con altri soci di Generali», di raggruppare investitori per il 10% del capitale e di convocare un'assemblea sulla governance.
Nel dettaglio, il fondo inglese sostiene che la compagnia assicurativa abbia un «grande potenziale» ma che a causa dei problemi di governace «esprima solo il 60% dei propri utili potenziali». «La minore creazione di valore per gli azionisti – dice la lettera – risulta evidente da un confronto di lungo periodo con le due più grandi compagnie di assicurazione europee (Axa e Allianz) e le due più grandi istituzioni finanziarie italiane (UniCredit e Intesa Sanpaolo). In un confronto a 3, 4 e 5 anni, Generali ha generato un rendimento per gli azionisti inferiore di circa il 30% rispetto alle società prese a confronto». Algebris riconosce quindi che «l'aggiornamento del piano industriale del 28 settembre costituisca un passo nella direzione giusta», ma chiede l'«individuazione di obiettivi a 3-5 anni in termini di utili per azione, dividendi per azione, risultato operativo e combined ratio». Ancora, domanda una «riduzione significativa della componente fissa della remunerazione del top management e un incremento di quella variabile» subordinata in modo trasparente agli obiettivi industriali.
Sul tema delle remunerazioni, la lettera è particolarmente ruvida e sottolinea che «nel 2006 il presidente di Generali ha ricevuto circa nove volte il compenso del presidente di Axa e il suo salario fisso è stato pari a circa quattro volte quello dell'a.d. di Axa e a due volte quello di Allianz». Tutto questo «senza un chiara giustificazione».
Le richieste di Algebris Investments, società fondata da Davide Serra, sono piuttosto invasive. Per quanto riguarda la governance il fondo propone «un presidente non esecutivo, un solo amministratore delegato e figure responsabili per le funzioni chiave del gruppo». E, ancora, un consiglio «libero da conflitti di interesse con Mediobanca» che vigili sulle operazioni con parti correlate. Tante raccomandazioni che, più che parlare dei progressi fatti da Generali – dove solo nel 2004 è stato istituito il mandato triennale per il management – guardano a opportunità future. Secondo le stime di Algebris i cambiamenti proposti porterebbero 4,5-5 miliardi di euro di profitti netti nel 2009 contro i 3,8 stimati da Generali. Valutazioni che non trovano riscontro a Trieste.
Dalla compagnia – che ha chiuso 18 trimestri con utili in crescita – hanno fatto sapere di essere aperti «a tutte le opportunità per un dialogo costruttivo con gli azionisti attuali e potenziali». Fonti vicine a Generali hanno però sottolineato che «se si spinge il management a prendere maggiori rischi la compagnia diventerà più vulnerabile ai fattori di crisi».
da
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