Antonveneta/ Bossi: mai aiuti e soldi alla Lega dalla Banca Popolare di Lodi
Mercoledí 11.01.2006 10:19
Unipol/ La direzione Ds verso l'ok compatto al documento di Fassino
Sondaggio Apcom–Ipsos/ Per sei italiani su dieci gli scandali legati alle scalate bancarie riguardano il mondo politico e il mondo finanziario con identiche responsabilità
Sono arrivati in procura a Milano gli ispettori inviati dal ministro della Giustizia, Roberto Castelli, per effettuare alcune verifiche in merito alla fuga di notizie avvenuta nei giorni scorsi con la pubblicazione su Il Giornale delle conversazioni intercettate, ma mai trascritte, tra Giovanni Consorte e il segretario dei Ds Piero Fassino.
La scalata a Telecom Italia nel mirino dei pm. Tutti i dettagli
Unipol/ Stefanini: continuare a crescere anche con Mps. Nessuna iniziativa contro Consorte
Bnl/ E' ufficiale: la Banca d'Italia ha bocciato l'opa lanciata da Unipol. Lo speciale di Affari
Poche parole, secche e precise, con le quali il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, nega qualsiasi coinvolgimento nell'inchiesta sulla scalata all'Antonveneta. "Smentisco di conoscere alcun dirigente della Banca Popolare di Lodi. E smentisco che la dirigenza della Banca Popolare di Lodi abbia mai aiutato la Lega Nord in qualsiasi modo, tantomeno con i soldi". Così il Senatur, attraverso un comunicato reso noto dall'ufficio stampa del Carroccio, in merito a notizie di stampa secondo le quali avrebbe avuto cento milioni di lire dall'istituto di credito lodigiano.
Secondo quanto scritto dal quotidiano la Repubblica, anche il nome di
Umberto Bossi, segretario federale e leader della Lega Nord, entra nei verbali dell'indagine Antonveneta. Ieri, mentre i magistrati delle Procure di Milano e di Roma che conducono le inchieste sul risiko delle scalate bancarie dei mesi scorsi si incontrano, si scambiano informazioni e stendono progetti comuni, in una stanza accanto a quella del vertice viene interrogato di nuovo uno dei collaboratori più stretti di
Gianpiero Fiorani, l'ex presidente di Bpi. Ed è nel corso di questo interrogatorio che viene messo nero su bianco l'episodio che fa compiere un nuovo passo avanti alle indagini sulle protezioni politiche di Fiorani e della sua banca.
Al Senatur sarebbe stata versata una cifra tutt'altro che astronomica: circa cento milioni di vecchie lire, pagate in contanti. Cifra modesta ma linfa preziosa per le casse della Lega nel periodo in cui il Carroccio - relegato all'opposizione - versava in una crisi di liquidità quasi drammatica.
A parlarne ai magistrati è Donato Patrini, il funzionario di Bpl che gestiva una serie di contatti politici per conto di Fiorani.
Nei mesi scorsi, interrogato in gran segreto, Patrini aveva indicato una serie di nomi di beneficiari della generosità della banca lodigiana: dai
deputati Luigi Grillo e Ivo Tarolli, al sottosegretario alle Riforme
Aldo Brancher (Forza Italia), fino al ministro per le Riforme Roberto
Calderoli, leghista. Che la Lega Nord fosse particolarmente cara a Fiorani lo aveva confermato anche la comparsa, negli ultimi verbali del banchiere in carcere, anche del nome di
Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega in Lombardia. Nei vecchi verbali di Patrini, il nome di Bossi era rimasto sullo sfondo, citato in qualche passaggio ma non come diretto percettore di finanziamenti. Ieri Patrini viene convocato, interrogato di nuovo: e parla dei soldi per Bossi. In contemporanea, in un'altra stanza, viene interrogato a sorpresa anche il segretario di Fiorani, Rosario Mondani. "Stiamo facendo una serie di controlli incrociati", spiega uno dei pm lasciando la Procura.
Che il tema dei finanziamenti ai politici stia - al di là dell'understatement ufficiale - abbastanza a cuore alla Procura lo conferma anche la scelta di interrogare d'urgenza Patrini e Mondani in una giornata già densa di altri impegni. Su tutti il summit con i magistrati romani del dopo-Toro. L'incontro - che ha avuto un preambolo cordiale nella notte di lunedì quando i magistrati e investigatori si sono ritrovati a cena - è durato quasi tutta la mattina. Moltissimi gli argomenti trattati: dalle scalate ad Antonveneta e a Bnl fino alle imprese di Ricucci, in particolare la scalata su Rizzoli-Corriere della Sera e gli intrecci di interessi, immobili e quattrini con l'ex presidente di Confcommercio Sergio Billé. Un capitolo a parte, sul quale si è insistito molto, quello della vigilanza di Banca d'Italia.
I timori di uno scontro tra le procure, come voleva un antico schema fisso che negli anni ha visto contrapposti magistrati romani a quelli milanesi, sono stati chiaramente smentiti dalle parole degli stessi pm ancor più che dalla cena della notte precedente: "Ci siamo visti - hanno spiegato un po' tutti i protagonisti dell'incontro - per razionalizzare al massimo il nostro lavoro, ci siamo scambiati punti di vista, idee e documenti". Né sono stati prospettati gli annunciati e temutissimi conflitti di competenza: "Lavoreremo per condurre un'indagine comune".
A differenza di quanto sostenuto da alcune indiscrezioni, magistrati milanesi e romani non avrebbero parlato del filone
Telecom dell'inchiesta. Filone per il quale, tuttavia, rimane vivo l'interesse. Nelle prossime settimane gli investigatori tenteranno di ricostruire l'intera vicenda: dalla scalata iniziale della Bell (guidata da quelli che Massimo D'Alema definì "capitani coraggiosi", Colaninno, Gnutti e Consorte) fino alle vicende successive, al proliferare di operazioni sospette che passano da paradisi off-shore fino all'uscita di scena dei raider bresciani e all'arrivo di Tronchetti Provera.
Di questi intrecci, quelli emersi sino ad ora - i 48 milioni di euro incassati da Consorte e Sacchetti all'estero - sarebbero solamente una piccola parte.
http://canali.libero.it/affaritaliani/finanza/Bossicentomilioni.html