giuseppe.d'orta
Forumer storico
Con la definitiva conversione in legge del Decreto Bersani è stata introdotta una novità relativa ai contratti bancari di durata piuttosto rilevante.
Originariamente, infatti, la modifica dell'art. 118 del Testo Unico Bancario riguardava solo le modifiche unilaterali. Nella formulazione definitiva è stato aggiunto un secondo comma che recita, testualmente: "In ogni caso, nei contratti di durata, il cliente ha sempre la facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura".
Con quel "in ogni caso" e "sempre", la norma stabilisce chiaramente che, a prescindere dalle variazioni intervenute o meno, la banca non può mai applicare penalita' e spese di chiusura nel caso in cui il cliente receda da un contratto di durata (conti correnti bancari, finanziamenti, gestioni, depositi, ecc.).
La norma, almeno su questo punto, sembrerebbe piuttosto chiara. Diciamo "sembrerebbe" perché, per l'ennesima volta, l'ABI, l'associazione delle banche italiane, ha provveduto immediatamente a diramare una circolare con la quale puntualizza che, secondo la loro interpretazione, con i termini "penale" e "spese di chiusura", non si devono intendere una serie di costi che sono –invece– chiaramente penali e spese di chiusura.
Il caso più classico è quello della penale di estinzione anticipata dei mutui. Secondo l'ABI, sarebbe un "compenso omnicomprensivo da corrispondere in caso di estinzione anticipata del rapporto stesso" e che quindi non si tratterebbe di somme aventi natura di penale o di spese di chiusura.
Il tentativo di arrampicarsi sugli specchi giocando con le parole appare abbastanza evidente.
Cosa faranno le banche? Applicheranno semplicemente la lettera e lo spirito della legge o si appelleranno all'interpretazione speciosa dell'ABI continuando bellamente ad applicare penali e spese di chiusura anche quando vietate dalla legge?
Temiamo che prevarrà la seconda ipotesi poiché le banche sanno molto bene che saranno pochissimi i clienti che si prenderanno la briga di far valere le loro ragioni con azioni legali.
Originariamente, infatti, la modifica dell'art. 118 del Testo Unico Bancario riguardava solo le modifiche unilaterali. Nella formulazione definitiva è stato aggiunto un secondo comma che recita, testualmente: "In ogni caso, nei contratti di durata, il cliente ha sempre la facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura".
Con quel "in ogni caso" e "sempre", la norma stabilisce chiaramente che, a prescindere dalle variazioni intervenute o meno, la banca non può mai applicare penalita' e spese di chiusura nel caso in cui il cliente receda da un contratto di durata (conti correnti bancari, finanziamenti, gestioni, depositi, ecc.).
La norma, almeno su questo punto, sembrerebbe piuttosto chiara. Diciamo "sembrerebbe" perché, per l'ennesima volta, l'ABI, l'associazione delle banche italiane, ha provveduto immediatamente a diramare una circolare con la quale puntualizza che, secondo la loro interpretazione, con i termini "penale" e "spese di chiusura", non si devono intendere una serie di costi che sono –invece– chiaramente penali e spese di chiusura.
Il caso più classico è quello della penale di estinzione anticipata dei mutui. Secondo l'ABI, sarebbe un "compenso omnicomprensivo da corrispondere in caso di estinzione anticipata del rapporto stesso" e che quindi non si tratterebbe di somme aventi natura di penale o di spese di chiusura.
Il tentativo di arrampicarsi sugli specchi giocando con le parole appare abbastanza evidente.
Cosa faranno le banche? Applicheranno semplicemente la lettera e lo spirito della legge o si appelleranno all'interpretazione speciosa dell'ABI continuando bellamente ad applicare penali e spese di chiusura anche quando vietate dalla legge?
Temiamo che prevarrà la seconda ipotesi poiché le banche sanno molto bene che saranno pochissimi i clienti che si prenderanno la briga di far valere le loro ragioni con azioni legali.